Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
SIGNIFICANTE
Il significante, essendo di natura uditiva, si svolge soltanto nel tempo e ha i
caratteri che trae dal tempo: rappresenta un’estensione che è misurabile in
una dimensione, è una linea.
In opposizione ai significati visivi (es. segnaletica stradale, segnali marittimi)
che possono offrire complicazioni simultanee su più dimensioni, i significanti
acustici non dispongono che della linea del tempo: i loro elementi si presentano
l’uno dopo l’altro e formano una catena.
Gli elementi che costituiscono il significante seguono una precisa successione
spazio-temporale e non possono essere simultanei.
CAP. 3 LA SCUOLA DI PRAGA
Praga nel periodo tra le due guerre svolse per più ragioni un ruolo culturale di
rilievo: essa era un punto di collegamento tra la cultura slava e la cultura
europea occidentale, oltre che un centro intellettuale molto attivo.
Praga fu sede provvista, fra le due guerre, di molti esuli russi, arricchendosi
grazie al loro contributo.
Al tempo stesso la città ha proprio nella sua tradizione culturale una particolare
attenzione ai problemi linguistici.
La tesi di fondo dei linguisti praghesi è che nei fatti umani e nella lingua in
particolare l’aspetto fondamentale è l’intenzione, la destinazione. Il perno della
concezione linguistica praghese diventò il Wozu, cioè la domanda intorno al
fine. Per questo si parla della scuola di Praga come una scuola funzionalista,
scuola fondata a Praga da Brentano: l’attività psichica umana ha come motore
la sua finalità, destinazione.
Il termine funzione va inteso nel contesto praghese come “essere in funzione
di…”, ossia come finalità: ci si chiede perciò a che cosa serva un determinato
fatto, verso quale fine esso sia destinato.
Praga è ancora legata alle ricerche di Comenius, interessanti dal punto di vista
sintattico e lessicale, in quanto ha sottolineato l’esistenza di strutture
linguistiche comuni.
Il circolo di Praga fu fondato nel 1926 da Vilém Mathesius, un linguista
praghese che aveva imboccato la strada della sincronia.
Intorno a lui si erano riuniti altri esponenti boemi come Havranek, Mukarovsky,
Trnka, Vachek, ma anche molti studiosi di origine russa come Jakobson,
Trubeckoj e Karcevskij e occidentale come Bühler, Martinet, Tesnière, Vendryes,
Benveniste.
Un contributo fondamentale è stato in particolare quello russo che ha accostato
la lingua considerandola come un tutto strutturato; il formalismo russo che si
sviluppò tra il ’17 e il ’30 aveva inoltre focalizzato la sua attenzione sulla
funzione letteraria e poetica della lingua.
Anche questo elemento confluirà nella scuola di Praga.
Jakobson, ad esempio, fu uno dei fondatori dell’OPOJAZ, ovvero la società per
l’analisi della lingua poetica.
Un altro elemento importante della componente orientale è la nozione di
fonema.
Anche la componente occidentale è piuttosto importante ed è rappresentata da
studiosi come Bühler, Martinet, Tesnière, Vendryes, Benveniste: il loro
contributo sta soprattutto nella dottrina di Saussure.
Queste tre componenti, quella praghese, quella russa e quella occidentale,
saranno sintetizzate, anzitutto nell’opera di Trubeckoj.
Le posizioni della scuola di Praga furono illustrate nelle Tesi pragmatiche che
comparvero nel primo volume dei “Travaux du Cercle Linguistique de
Prague” nel 1929, manifesto collettivo del movimento.
La lingua, in quanto prodotto dell’attività umana, deve essere analizzata in
rapporto alla sua funzione che è di espressione o di comunicazione. Essa è
definita come un sistema di mezzi d’espressione appropriati ad uno scopo.
La prospettiva fondamentale è quella sincronica, ma l’evoluzione non può
essere trascurata: la stessa sincronia è coinvolta nell’evoluzione, poiché una
sezione considerata sincronicamente presenta residui dello stadio in
distruzione e anticipazioni dello stadio futuro.
Non va posta quindi una barriera invalicabile fra metodo sincronico e
diacronico. Bisogna tuttavia passare dallo studio dell’evoluzione delle forme
isolate allo studio dell’evoluzione dei sistemi.
Per quanto riguarda l’analisi del suono si sottolinea innanzitutto la preminenza
funzionale dell’aspetto acustico su quello articolatorio: le immagini acustiche
soggettive, cioè le rappresentazioni, possono essere considerate elementi di un
sistema linguistico “soltanto quando esse svolgono in questo sistema una
funzione di differenziazione dei significati”, ovvero quando si può parlare di
fonemi.
Ogni lingua ha un proprio sistema di denominazione mediante il quale essa
articola tutta la realtà “sia essa esterna o interna, reale o astratta, in elementi
che possono essere colti linguisticamente”. Fondamento della denominazione è
la parola, necessariamente presente in tutte le lingue anche se diversamente
strutturata.
Le parole possono essere divise in categorie (sostantivo, verbo, ecc.)
caratterizzate a loro volta da categorie specifiche (genere, animato, numero
per i sostantivi; aspetto, tempo per il verbo, ecc.).
I praghesi non concepiscono la lingua come astrattamente unitaria. In base alla
diversità delle funzioni svolte, essi distinguono più linguaggi appartenenti alla
stessa lingua: essi distinguono tra linguaggio interiore e linguaggio manifesto.
Il linguaggio orientato socialmente ha una funzione comunicativa o una
funzione poetica a seconda che sia diretto verso la realtà o il segno stesso.
TRUBECKOJ
Prendiamo ora in considerazione la teoria fonologica di Trubeckoj:
inizialmente egli era convinto che la natura psichica del fonema comportasse
necessariamente l’introspezione come strumento fondamentale di indagine
linguistica (riprende la definizione di Boudouin, secondo la quale noi
conosciamo i fonemi attraverso una semplice introspezione).
L’esperienza gli dimostrò però che le cose non stavano così. La struttura
linguistica non può essere oggetto di introspezione: si tratta di un fatto
psichico, ma non tutto ciò che è nella coscienza, nella psiche, può essere
oggetto di osservazione diretta mediante introspezione.
Trubeckoj arriva quindi alla conclusione che esistono in effetti delle dimensioni
della psiche, e la lingua è una di queste, che non si lasciano indagare
direttamente: noi possiamo solo formulare su di esse delle ipotesi più o meno
felici.
Si dovrà perciò distinguere tra una conoscenza di cui noi siamo
immediatamente consapevoli e una conoscenza che certo noi non possediamo,
ma di cui abbiamo consapevolezza. Ci sono dunque cose che noi non sappiamo
di sapere.
La riflessione filosofica, del resto, fin dall’antichità ha mostrato come alcuni
principi siano connaturati, siano coessenziali al nostro discorso e al nostro
pensiero; ricordiamo per esempio il principio di non contraddizione, un principio
che Aristotele considerava come “implicitamente” affermato.
La conoscenza della struttura linguistica passa quindi attraverso i consueti
procedimenti delle scienze empirico-deduttive e solo attraverso l’esperimento,
noi possiamo ricostruire la struttura linguistica.
Il fondamento indispensabile di questo esperimento che si pone come il primo
passo nella determinazione di una metodologia nella linguistica è il seguente:
la verifica della pertinenza mediante la prova di commutazione.
Questa prova è stata ideata da Trubeckoj che tiene innanzitutto conto degli
insegnamenti di Saussure: nella lingua contano soltanto le differenze, ossia non
gli aspetti positivi, ma il differenziarsi, il contrapporsi di questi aspetti.
Trubeckoj parte dalle opposizioni foniche: esse sono semplicemente le svariate
differenze dei suoni che intervengono nei testi dei parlanti. Ma entro le
opposizioni foniche andranno individuate e inventariate come costitutive della
struttura linguistica soltanto certe di queste opposizioni, che sono dette
fonologiche.
Tali opposizioni non possono essere ridotte a semplici differenze foniche, ma
intervengono nel meccanismo della lingua svolgendo una funzione distintiva o
diacritica: per stabilire se un suono è pertinente, se ha cioè rilevanza, se serve
effettivamente nella comunicazione, esso permette di differenziare i significati,
è importante la prova di commutazione, con la quale si vuole quindi verificare,
date coppie oppositive di suoni, se la presenza di questa differenza fonica
comporti una differenza anche sul piano dei valori intellettuali, cioè dei
contenuti.
Definiamo quindi il fonema come l’estremo di un’opposizione fonologica.
I foni possono essere caratterizzati in base alla modalità in cui vengono
articolati, pronunciati.
Ad esempio:
il fono “P”: esso è occlusivo (viene articolato attraverso una iniziale
- chiusura delle labbra, a cui segue un’apertura), bilabiale e sordo (non
vibrano le corde vocali quando viene articolato il fono);
il fono “B”: esso è occlusivo, bilabiale e sonoro (vibrano le corde vocali).
-
Per verificare se questi due foni sono anche fonemi, mettiamo in pratica la
prova di commutazione: si costruiscono coppie minime, cioè due parole
all’interno delle quale due foni vengono sostituiti l’uno all’altro, ad esempio
sostituendo nella stessa parola “P” o “B” (esempio: “Pere” e “Bere”).
“P” e “B” svolgono una funzione distintiva o diacritica a livello di significati,
in quanto permette la differenziazione dei significati stessi: “P” e “B” sono
quindi fonemi.
Si distinguono due tipi di opposizione fonologica:
privativa: questo tipo di opposizione fonologica si manifesta quando uno
- dei due fonemi considerati è privo di un tratto distintivo presente
nell’altro, tratto che viene definito priznak, Merkmal.
Per esempio nel fono “B” c’è sonorità, tratto di cui è privo invece il
fonema “P”. Se prendiamo invece i foni “T” e “D”, il fono “D” è
caratterizzato da sonorità, caratteristica che invece il fono “T” non ha.
Il fonema che si caratterizza per la presenza di un tratto è detto
marcato, l’altro è detto non marcato;
graduale: questo tipo di opposizione fonologica si manifesta quando lo
- stesso tratto distintivo si presenta in tutti e due i fonemi, ma con gradi
diversi. Per esempio se prendiamo le parole “Venti” (plurale “Vento”) e
“Venti” (numero), entrambe le parole hanno in sé il tratto distintivo &