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MOSE'
La figura di Mosè è stato oggetto di svariati tipi di interpretazione oltre a quella biblica. Tra queste
possiamo annoverare l'interpretazione artistica del Mosè di Michelangelo. A partire da
quest'opera, poi, anche Freud analizzò la figura di questo patriarca. Inizialmente Freud dedicò
alla scultura di Michelangelo un originale contributo critico, mentre più tardi, si soffermò proprio
sull'uomo Mosè in tre saggi diversi. L'attenzione alla psiche del personaggio di Mosè e alla sua
prospettiva artistica per mezzo dell'opera di Michelangelo, inoltre, furono due punti osservati
anche da Thomas Mann, il quale rappresenta il protagonista del suo romanzo breve, "Daas
Gesetz", ispirandosi non solo al Mosè di Michelangelo ma anche a Michelangelo stesso, così
come alla figura complessa e tormentata del Mosè rappresentata da Freud.
1. Michelangelo, la passione per l'uomo e il "volto cornuto" di Mosè
Michelangelo è stato un'artista geniale e inquieto del tardo Rinascimento, il quale si allontana
dalla iconografia tradizionale dal momento che rappresenta in maniera anomala e originale i
personaggi biblici. Egli, in particolare, fa sua la lezione del mondo antico e della bellezza emanata
dalla figura umana che si manifesteranno appunto nei suoi nudi e nelle sue figure
apparentemente calme ma in realtà piene di forza, con il corpo e i muscoli contratti. Nella
realizzazione delle sue opere Michelangelo lavora direttamente sul marmo mentre la perfezione
del corpo viene raggiunta attraverso lo studio dettagliato dell'anatomia umana, non solo in
maniera indiretta, ma anche sezionando all'occorrenza cadaveri di uomini e animali. Alcuni
contemporanei di Michelangelo gli mossero una serie di critiche, soprattutto riguardo l'audacia dei
nudi che rappresentavano figure bibliche o comunque religiose. Michelangelo però non si curò
mai delle critiche in quanto egli non intendeva la bellezza fisica come fine a se stessa ma come
espressione della spiritualità. Riguardo il Mosè raffigurato da Michelangelo, si tratta di una
scultura marmorea imponente alta 2,35 m ed eseguita tra il 1513 e il 1516. Nel 1505, in
particolare, Michelangelo riceve l'incarico di realizzare la tomba di papa Giulio II da collocare al
centro della basilica di San Pietro. Egli lavora per molti anni al progetto, inizialmente pensato in
modo grandioso; tuttavia esso incontra notevoli difficoltà nella realizzazione e solo dopo la morte
di Giulio II, Michelangelo riprendere il progetto della tomba con gli eredi del Papa, questa volta
però non più destinata alla basilica vaticana ma alla chiesa di San Pietro in Vincoli. Allo stesso
modo, il progetto grandioso di un tempo viene notevolmente ridimensionato, riducendo le statue
da realizzare a 7. Tra queste viene appunto scolpito il Mosè che rappresenta senza dubbio l'opera
più imponente e grandiosa del progetto.
Mosè, come tutte le altre opere di Michelangelo, è una scultura animata e resa quasi viva, proprio
per via della passione che Michelangelo nutre per l'uomo. A questo proposito anche Mann, in un
saggio dedicato alla poetica michelangiolesca, afferma come a colpirlo sia soprattutto il pensiero
di Michelangelo, innamorato dell'anima dell'uomo che risplende attraverso il corpo. Egli, in
particolare, si sofferma sugli occhi del Mosè in quanto condivide con Michelangelo l'idea che gli
occhi portino effettivamente a qualcosa di spirituale. Di fatto nello sguardo di Mosè è come se
tutto a un tratto si riversassero le emozioni che l'artista ha vissuto durante la fase creativa.
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L'espressione di Mosè e la tensione del suo volto catturano inevitabilmente l'osservatore
proiettandolo in un'altra dimensione, dove l'eroe non è più solo semplice oggetto di una
raffigurazione, ma ne è anche la causa e l'evento, dal momento che la creazione artistica pone in
conflitto due realtà: la realtà di Mosè in quanto uomo che ha liberato Israele dalla schiavitù
dell'Egitto e la realtà dell'artista che l'ha raffigurato e che rappresenta la crisi degli ideali del
Rinascimento e dei valori universali.
Ricollegando su questo punto il pensiero di Freud, è proprio da questo conflitto tra due realtà che
traspare la logica della psiche, ovvero il dramma dell'uomo che emerge dalla scultura ma anche
della realtà che viene proiettata fuori dal marmo. In questo modo, Mosè proiettandosi fuori dal
marmo, attraversa il tempo e diventa narrazione. A questo proposito molti critici commettono
spesso l'errore di non seguire il filo della narrazione che si evidenzia nella statua, in quanto essi si
preoccupano di individuare solo il momento preciso in cui l'autore ha scolpito l'immagine del
patriarca. Allo stesso modo anche Freud, pur contrapponendosi alle interpretazioni tradizionali,
secondo cui quello rappresentato da Michelangelo è il momento estremo in cui Mosè si trattiene
prima di balzare in piedi, sostenendo invece che la scultura rappresenta il momento in cui Mosè,
indignato dal comportamento del suo popolo, sta per levarsi in piedi, lasciando cadere le tavole
della legge, non tiene conto dell'elemento narrativo.
Nella sua interpretazione del Mosè, in particolare, Freud considera due dettagli, ossia
l'atteggiamento della mano destra in rapporto alla barba fluente di Mosè e la posizione capovolta
delle tavole. A sostegno della sua tesi Freud costruisce anche una sequenza all'interno della
quale inserisce la figura scolpita da Michelangelo. Questo procedimento è lo stesso utilizzato
nell'analisi dei sogni, egli quindi individua l'antefatto legato all'immagine da analizzare, e
attraverso una determinata argomentazione arriva all'interpretazione dell'oggetto in questione.
Secondo Freud lo scoppio d'ira di Mosè precede la posa michelangiolesca. Egli quindi individua
un primo stadio, quello del riposo, in cui Mosè siede tranquillo; nel secondo passaggio, invece,
Mosè raggiunge la massima tensione, quindi Mosè sta per balzare in piedi e le tavole
cominceranno a scivolargli dalle mani; infine il terzo passaggio corrisponderebbe alla scultura di
Michelangelo, dove è rappresentato lo sforzo terribile di Mosè nel trattenere la propria passione.
Se invece consideriamo alcuni elementi contenuti nel racconto biblico, in esso si dice che Dio
parla a Mosè dicendogli di salire sul monte Siani e di restare lassù, in quanto egli gli darà le tavole
di pietra, la legge e il comandamento che ha scritto per istruire il popolo d'Israele. Mosè resta sul
monte 40 giorni e 40 notti ad ascoltare la voce di Dio e infine riceve le tavole della testimonianza.
A questo punto Dio comanda a Mosè di tornare dal suo popolo che però nel frattempo lo ha
tradito. Mosè, quindi, alla vista del suo popolo è impossessato dall'ira e spezza le tavole sacre
che Dio gli ha consegnato. Solo più tardi, Dio affiderà a Mosè delle nuove tavole della legge a
conferma del suo perdono. Questa volta, però, è Mosè ad intagliare le tavole mentre Dio vi scrive
le parole che erano sulle tavole precedenti. Anche questa volta Mosè resta 40 giorni e 40 notti al
cospetto di Dio; poi discende la montagna e si presenta al suo popolo con il volto raggiante. In
questo punto, nel testo biblico è usato il verbo ebraico che significa "emettere un corno, un
raggio", da cui poi è derivata la traduzione della Volgata come "faccia cornuta". Il Mosè di
Michelangelo è ispirato proprio a questo passaggio, per questo motivo Mosè è rappresentato con
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due piccoli corni sulla testa.
Un altro elemento interessante è il velo con cui, da quel momento, Mosè si copre il volto prima di
parlare faccia a faccia con Dio. A questo proposito, Dio stesso spiega a Mosè che nessuno può
vedere il volto di Dio. Ma anche il volto di Mosè, nel momento in cui egli diffonde la parola di Dio,
diventa un volto divino. Questo spiega anche la straordinaria bellezza del volto di Mosè scolpito
da Michelangelo, che conferisce a Mosè l'aria di un vero santo e al tempo stesso di un terribile
principe. Non a caso Vasari riesce a vedere ritratta nel marmo proprio quella divinità che Dio
aveva messo nel volto di Mosè. Tenendo conto di queste osservazioni, è possibile provare a
comprendere i motivi del volto severo e accigliato del Mosè raffigurato da Michelangelo. E' molto
probabile, infatti, che alla mente di Mosè, in quel momento, si affacciasse più di un pensiero, dopo
tutte le vicende che lo avevano portato a ricevere la legge dalle mani di Dio. Mosè sicuramente
serbava il ricordo di come Dio fosse riuscito a frenare la sua collera, per poi cadere invece egli
stesso nell'ira, nel momento in cui aveva scagliato a terra le tavole della legge. Inoltre c'è anche il
pensiero di tornare ad un popolo che non si era preoccupato di tradirlo e di abbandonare Dio. Un
altro elemento degno di nota è il fatto che sia Mosè, la seconda volta, a intagliare la pietra
affinché Dio vi scriva la legge. Questo aspetto, in particolare, sta a significare che l'uomo sin
dall'inizio esercita il libero arbitrio sulla propria vita e sul proprio destino. In questo senso, la
severità dipinta sul volto di Mosè sembrerebbe indicare piuttosto la disposizione d'animo di un
uomo che ha sperimentato l'ira e il perdono di Dio verso il suo popolo e che adesso è chiamato a
custodire la sua legge. In realtà, però, si possono attribuire molti altri pensieri e significati
all'espressione severa e accigliata di Mosè così come è stata rappresentata da Michelangelo. A
questo proposito, esiste anche un aneddoto secondo cui Michelangelo stesso rimase a tal punto
suggestionato dalla perfezione di quel volto e dalla forza e vitalità che emanava, da vibrargli un
colpo di martello per aspettarsi quasi una parola da quel marmo. Nella statua del Mosè, inoltre,
risulta evidente la tensione che Michelangelo avverte nell'animo umano che lo spinge a raffigurare
i suoi nudi in pose contorte.
2. Mosè e il romanzo storico di Freud
Nel saggio "Sintesi delle nevrosi di traslazione", dopo aver individuato il percorso delle nevrosi
classiche (ovvero l'isteria d'angoscia, l'isteria di conversione e la nevrosi ossessiva), Freud
riconsidera queste nevrosi in rapporto, però, alle tendenze sessuali dell'essere umano. Questo
saggio pone quindi la psicanalisi in linea con la rivoluzione biologica e antropologica operata da
Darwin. Secondo Freud le nevrosi attuali sono il f