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DISCIAMOOOOOOOOOOOOOOOOO CHE NON SCI STO CAPENDO UNA SCIPPA
I need a dizionario from Massimo to italiano
Meccanismo di buona formazione sono regole di restrizione sull’ applicabilità. Mi permettono
di evitare di costruire doppioni di parole (NO sovrapposizione, derivare con due suffissi parole
che sono già state derivate)
Condizione della base unica, uno specifico affisso in maniera particolare si può
o aggiungere solo ad una categoria lessicale (solo ad aggettivi, solo ad avverbi ecc…)
si è arrivati poi alla condizione modificata della base unica, per cui gli affissi non si
aggiungono solo ad una categoria, ma a due (aggettivi o verbi, aggettivi o sostantivi)
Blocco, non riguarda il significato.
o Blocco vero e proprio
Regola del blocco agisce all’interno della stessa parola.
Tipi di suffissi, in base al tipo di categoria lessicale generata:
Suffissi nominali, a loro volta divisi in
Suffissi nominali deverbali, generano un nome a partire da un verbo.
o D’azione (-mento, -zione) e i meno frequenti (-tura, -ata/ita/uta)
D’agente (-tore)
Suffissi nominali denominali, generano un nome a partire da un sostantivo.
D’agente (-aio, -are, -ista)
Di luogo (-aio, -eria)
Nomi di qualità, sostantivo a partire da aggettivo. (non sono una vera e propria categoria)
-ità
Suffissi verbali
-izzare, -eggiare
Suffissi aggettivi di relazione
-oso, -ese, -ano, -ino, -(a)bile
Suffissi valutativi non cambia la categoria lessicale della parola di partenza (genera parole
con significato leggermente diverso) per questo non possono essere l’elemento testa, poiché
cambiano esclusivamente il significato.
Mano manina
Pancia pancione, palazzo palazzina , palazzetto, sigaro sigaretta
Ridere ridarella
Prefissazione:
No testa
Buon grado di ricorsività
Nella maggior parte dei casi i composti sono sostantivi. Fanno eccezione le combinazioni tra
due aggettivi, che danno luogo ad un aggettivo, e quando combiniamo un aggettivo che indica
un colore più un sostantivo si forma un aggettivo. (rosa confetto) Non tutte le combinazioni
sono possibili, come per esempio nome + preposizione, preposizione + aggettivo.
Una piccola accezione a questo sono i cosiddetti “composti neoclassici” (es. filosofia, biografia)
e hanno come caratteristica l’essere formati da forme legate, che autonomamente non esistono.
Individuare l’elemento testa, spesso non è sufficiente sapere la categoria lessicale. I composti
formati da due sostantivi non possono determinare l’elemento testa basandosi sulla categoria
lessicale, perché entrambi gli elementi sono sostantivi. In “capostazione” capo è l’elemento
testa perché la parola si riferisce ad un tipo specifico di capo. (criterio dell’”è un”, che si può
basare sulla categoria lessicale o, se non basta, al significato del composto.) La forma
produttiva della composizione in italiano fa sì che l’elemento testa sia a sinistra (al contrario
della derivazione, in cui la testa è sempre a destra). Quando abbiamo a che fare con composti
derivati dal latino o calchi dall’inglese la testa è comunemente a destra. (es. scuolabus,
terremoto)
Analizzando un composto, mi chiedo:
come trovare l’elemento testa
dov’è l’elemento testa
Esistono composti come saliscendi o portachiavi per i quali abbiamo difficoltà a trovare un
elemento testa. Per questo, esiste un terzo criterio che divide i composti in:
1. Endocentrici, elemento testa è uno dei due elementi componenti
2. Esocentrici, elemento testa non è individuabile in uno dei componenti
I composti hanno un diverso legame tra di loro, infatti, alcuni sono scritti come una sola parola
mentre altri come due parole. (vagone letto scaldabagno)
Composti stretti
Composti larghi
Sintagmi
Freccia = andamento cronologico, dal sintagma si passa al composto largo, e poi a quello stretto
Composti subordinati, nei quali il rapporto tra i due elementi potrebbe essere chiarito
attraverso un legame di tipo subordinativo tra i due componenti. (capostazione = capo
(della) stazione)
Composti coordinanti, in cui i due elementi sono sullo stesso livello (vagone ristorante =
vagone (e) ristorante, divanoletto = divano (e) letto)
Composti attributivi, in cui un elemento porta un’informazione sulla caratteristica
dell’elemento testa
Composti appositivi, simili a quelli attributivi, (es. viaggio lampo)
Distinzione tra composti e sintagmi:
a) Atomicità sintattica, il composto è opaco per quanto riguarda la sintassi. (la sintassi non
può operare all’interno del composto. Esso funziona come una sola unità. Nella sintassi
la combinazione di parole che danno vita ad un sintagma è una combinazione che
sottosta alle regole sintattiche, spostando elementi, per esempio.)
i. In un composto non è possibile inserire nuovi elementi. (posso dire
“Mario porta le chiavi”/”Mario porta MOLTE chiavi”, ma non posso dire
“portachiavi portamoltechiavi”)
ii. In un composto non è possibile fare sostituzioni. (“Mario ha una come
cassa?”)
iii. In un composto non è possibile che uno dei due elementi del composto sia
l’antecedente di un’anafora. (“Il capostazione che è vicina a quella di
Rifredi” intendendo solo alla stazione, escludendo capo)
Plurale dei composti: Quando abbiamo dei composti stretti il plurale si fa sull’elemento testa
(capistazione, terremoti il plurale è nella testa che, però, è a destra). Quando pomodoro era
ancora considerato un composto, il suo plurale era “pomidoro”. Nei composti di tipo attributivo
entrambi gli elementi formano il plurale (casseforti, perché ormai non si considera più un
composto, bensì un’unica parola). Nei composti esocentrici formati da verbo + nome c’è un
plurale interno, cioè la parola nasce già così, non è il plurale della parola (sintatticamente non
rilevante).
Sintassi: Struttura delle unità comunicative, cioè delle unità che mi permettono di dire qualcosa.
Con queste definizione si è indicata la frase, come segno linguistico predicativo (in questo
senso comunicativo) o insieme di parole. Frase: sintagma nominale + verbale (Mario/corre) ma
non sempre è necessario il verbo (“da quella parte per il bagno” “e ora pausa”)
Sintagma nominale + Sintagma predicativo (per lo scritto)
Per il parlato abbiamo a che fare con unità comunicative molto diverse. (a volte basta solo una
parola, perché la cosa più importante è l’intonazione)
Nello scritto parliamo di frase, nel parlato di enunciato. L’intonazione ci permette di usare come
unità significativa anche unità non verbali, come un verso. La sintassi classica osserva tutte le
parti della frase e cerca di capirne i legami di dipendenza che legano i singoli elementi.
Ha portato avanti un procedimento di tipo analitico, per vedere come si combinano i vari
elementi. Per Chomsky l’analisi sintattica non si occupa dei singoli elementi, bensì si basa su
tutta la frase.
Grammatica/sintassi generativa: Le frasi per lui sono il punto finale di un processo di
trasformazione che parte da un modello di base che non cambia mai e che, attraverso una serie
di meccanismi, dà luogo alle frasi che noi usiamo. Il suo obiettivo era trovare regole di
funzionamento che permettono di spiegare in maniera deterministica il passaggio da quella che
lui chiama “struttura profonda” della frase, per poi arrivare alla “struttura superficiale”.
Chomsky ha basato la sua teoria della grammatica generativa sull’inglese: secondo lui queste
teorie dovrebbero essere applicabili a tutte le lingue, poiché basate su meccanismi mentali.
Vuole trovare degli universali linguistici. Applicando le teorie chomskiane ad altre lingue si
sono venute a creare grammatiche generative talmente complesse che anche i linguisti, negli
anni ’90, hanno iniziato ad adottare il programma minimalista, ovvero individuare solo alcuni
elementi della struttura profonda.
Il ‘900 fu un secolo fondamentale per lo sviluppo della linguistica generale.
Linguistica testuale (si occupa di vedere com’è fatto e cos’è un testo) Il problema della
linguistica testuale è capire dove finisce e dove comincia un testo, trovare i confini tra testi
diversi, basandosi su questi due criteri:
Analisi della coesione struttura del testo
Analisi della coerenza contenuto, significato del testo
Pragmatica (come utilizziamo gli strumenti che ci fornisce la lingua, i cosiddetti “atti
linguistici”) La teoria degli atti linguistici aveva lo scopo di osservare gli aspetti pragmatici
della lingua, come facciamo a comunicare con gli strumenti a nostra disposizione. È stato
possibile arrivare ad una distinzione:
Atto locutorio, cioè produrre un atto linguistico
Atto illocutorio, in questo caso la forza pragmatica di un particolare enunciato
Quando parliamo facciamo sempre locuzione e illocuzione.
Atto perlocutorio: risultati che otteniamo in seguito ad una nostra locuzione
Sociolinguistica: calare la lingua nella realtà, studiare i singoli atti di parola e cercare di dare
loro una certa sistematicità. Ha quindi lo scopo di osservare il modo in cui sono utilizzati gli
strumenti forniti dalla lingua. Si analizzano:
1. Variazione diacronica in base al tempo
2. Variazione diatopica influenze regionali
3. Variazione diabesica canale di trasmissione
4. Variazione diastratica livello di istruzione (capacità di maneggiare tutta la lingua)
5. Variazione diafasica in base al luogo in cui mi trovo e alle persone con cui parlo.
Indica la variazione di registro, da quello più formale a quello più colloquiale, fino ad
arrivare al gergo.
Anni ’60 e ’70 si sviluppano una serie di approcci e metodi chiamati “umanistico – affettivi”,
che mettevano come obiettivo della didattica lavorare sulla dimensione affettiva e psicologica
degli studenti. (non sottoposti a situazioni stressanti)
Altro aspetto fondamentale di questi metodi è l’alto grado di specificità in un primo momento,
nella singola lezione o all’interno di un corso. L’attenzione alla situazione psicologica degli
studenti doveva avere una continuità prima, durante e alla fine della lezione.
Il metodo che mette al centro la dimensione affettiva e psicologica è conosciuto come
“com