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Le nozioni sono articolate su diverse opzioni e combinate nelle parti del discorso. Il giapponese

non adopera nozioni come persona, modo o tempo a carico del verbo, mentre il latino sì. Il russo

distingue le voci verbali del passato per genere e numero (voci maschili, femminili, neutro) ma non

per persona. L’arabo distingue tra voci verbali maschili e femminili soltanto alle seconde e terze

persone. In ceco da tutti i nomi si possono trarre aggettivi indicanti il possesso, più o meno come in

italiano si dice ‘casa materna’ nel senso di casa di proprietà della madre. La grammatica di una

lingua è costituita essenzialmente dalle modalità di codifica che essa sceglie per le sue nozioni, a

questo scopo possono essere usati tre tipi di manovra: una sulla forma delle parole mediante i

processi della morfologia, una sulla struttura degli enunciati nell’ordine delle parole e dei

costituenti, una sull’intonazione collocandone diverse sulla stessa sequenza di elementi che

possono ottenere enunciati diversi. Da una parte si hanno opzioni ad alto numero e dall’altra a

basso, nel primo caso si può parlare di codificazione densa (ipercodificazione) e nel secondo di

codificazione rada (ipocodificazione).

La grammatica delle lingue dispone di risorse che servono a drammatizzare (come termine

metaforico) l’enunciato. L’organizzazione permette di compiere sull’enunciato una serie di

operazioni che somigliano a quelle che si compiono durante l’ideazione e la messa in scena di

un’azione drammatica: distribuire e definire ruoli (agente, paziente, protagonisti, antagonisti, etc.),

stabilire il momento di entrata e di uscita di ciascun personaggio (come a teatro), descrivere

sequenze di azione, alternative o parallele, costruire prospettive, stabilire i tempi, distanziare gli

eventi, etc. questo carattere dipende dalla proprietà semiotica della narratività dei codici linguistici

per cui l’enunciato nasce drammatizzato sin dall’inizio.

Alcuni teorici linguistici suggeriscono di distinguere nell’enunciato un certo numero di componenti

drammatici, elementi che svolgono il ruolo di drammatizzare l’enunciato stesso. Bloomfield ha

sostenuto che la struttura del tipo di enunciato più frequente in inglese comprende un attore e

un’azione, es. John ran, John ha corso, dove ‘John’ è l’attore che compie l’azione di correre. Gli

indirizzi recenti della linguistica riconoscono che le diverse posizioni dell’enunciato servono per

importare all’interno alcuni ruoli del mondo esterno, per rappresentarli sotto forma di argomenti del

verbo. La lista dei ruoli tematici (theta) riflessi nell’enunciato non è ben definita. Eppure, esiste un

accordo su ruoli come agente o attore, paziente o persona entità che subisce l’azione espressa,

sede dell’esperienza o entità che esperisce lo stato psicologico espresso dal predicato,

beneficiario (dativo) o entità che beneficia dell’azione, luogo in cui si svolge l’azione espressa,

fonte od origine dell’azione, es. Luigi (beneficiario) ha ricevuto il libro (paziente) da Franco (fonte) a

Milano (luogo). Tra le proprietà formali delle grammatica è utile distinguere il carattere sistemico, la

modularità, la regolarità, la ripartibilità in classi, la presenza di funzioni logico-grammaticali. Alcune

di queste vanno intese come metafore, rappresentazioni efficaci solo per analogia. Per sistema si

intende un insieme di oggetti posti in relazione reciproca tale che modificandone per alterazione,

eliminazione o aggiunta anche uno soltanto, tutto ne risulta modificato per qualche aspetto. Ad es.

se per qualche ragione una strada di grande traffico viene chiusa, il movimento dei veicoli verrà

rallentato o modificato totalmente e costretto a riversarsi su un’altra strada; solo ristabilendo lo

stato originario, il flusso del traffico ritorna quello che era. Le grammatiche sono sistemi dissipativi,

con molte inerzie e punti nei quali non arriva o solo molto indebolito dall’effetto dei cambiamenti.

Un es. viene dal latino che aveva due forme per marcare il passato, l’imperfetto e il perfetto. Nelle

lingue romanze questo si complica perché accanto alle due forme ne compare una composta con

l’ausiliare, il passato prossimo. L’insieme di significati che venivano espressi in latino da due forme

si distribuisce su tre. Per modularità si descrive la sistematicità della grammatica che consiste in

un sistema composto di altri parziali o di moduli, le cui aree sono regolate da principi che valgono

solo per loro. In italiano non esiste differenza di casi, salvo che nei pronomi personali e quella dei

relativi, ad es. ‘me’ e ‘mi’ operano soltanto nella funzione del complemento oggetto e indiretto. Allo

stesso modo il ‘che’ relativo opera solo come soggetto o complemento oggetto (es. ho visto il

palazzo che hai comprato, complemento oggetto; ecco il cavallo che vincerà, soggetto).

Ogni sistema può avere un centro e una periferia quindi la grammatica è composta di una

costellazione di centri, ciascuno dei quali con la sua periferia. Il centro è occupato dalle strutture

più frequenti e di applicazione più generale, la periferia da quelle meno frequenti e di applicazione

più limitata.

Essenziale proprietà semiotica è la regolarità e la partizione in classi o parti del discorso per

cui non esistono lingue composte di elementi che siano completamente diversi l’uno dall’altro e

che si comportino ciascuno a modo suo. Per ciascuna parola ognuno dei suoi utenti dovrebbe

memorizzare una serie di comportamenti difformi e la memoria si caricherebbe di elementi diversi.

Quindi, per motivi di economia e maneggevolezza d’uso che è sempre possibile ravvisare delle

regolarità di funzionamento e ripartire in classi dotate ciascuna di talune somiglianze.

Osservazione del comportamento e del significato, parti su cui hanno oscillato le parti del discorso.

Parti diverse codificano in modo altrettanto differente la realtà e i nomi tenderebbero a codificare

principalmente gli aspetti stabili della realtà e i verbi quelli instabili. Si può costruire una scala di

possibilità teoriche, perché non è facile delineare un sistema delle parti, a un estremo si colloca

una lingua che abbia marche formali stabili per ciascuna, e la distinzione colta solo con il

comportamento sintattico o significato, una lingua può non avere marche.

Tra le diverse proprietà modulari si può distinguere una grammatica fine cui fanno parte tutti i

fenomeni che rispondono almeno un requisito formale (in cui differenze notevoli di significato sono

affidate a differenze minime di significante, [es. carnoso – carnale, spiegare – dispiegare, etc.]) e

un requisito semantico (differenze minime di significato si nascondono dietro cospicue differenze di

significante). L’alternanza di una vocale o l’aggiunta di una consonante prefissata (es. arrossire –

arrossare, finire – sfinire) possono creare differenze anche se le parole di ciascun gruppo rientrano

in aree di significato omogenee. La finezza consiste nella irrilevanza fonica dei materiali ai quali è

affidato il compito di distinguerli, anche tra oggetto animato (es. derubare, ‘hanno derubato la

signora’) e oggetto inanimato (es. rubare, ‘rubo il sale’).

Un’essenziale classe di risorse semiotiche della grammatica lo designa il termine che dal greco

significa ‘mostrare’, deittico (suo equivalente è shifter, commutatore). Uno tipico è il pronome

personale ‘io’ che ha la caratteristica di essere una parola arbitraria e di designare colui che

emette l’enunciato trovandosi con lui in una relazione esistenziale; ‘io’ designa entità diverse

secondo chi lo adopera, finché viene usato da uno stesso P1 indica stabilmente solo lui, ‘io’

commuta la sua referenza nel passaggio da un’enunciazione all’altra all’infinito.

Ogni lingua ha un certo repertorio di parole che cambiano secondo il contesto dell’enunciazione in

cui vengono proferite. Tu, questo, quello, qui, lì, ora, allora sono deittici perché indicano entità o

persone o luoghi nel tempo e nello spazio, diverse secondo la situazione, intelaiandosi, si collega

con il contesto esterno. Un deittico ha, inoltre, la funzione di garantire la coesione interna

dell’enunciato.

Riflessività e distributività sono sottoclassi dei deittici. Nell’enunciato ‘Luisa prende il bambino, lo

lava e si veste’, dove il punto di attacco è Luisa, mentre lo si collega a bambino. Si è un deittico

riflessivo che si riflette sul soggetto dell’enunciato perché coreferente con esso come stessa entità.

Lo è un deittico non-riflessivo. Il fenomeno della riflessività interessa i pronomi personali e gli

aggettivi possessivi, dunque strettamente legato alle nozioni di persona. La distributività si osserva

nella terza persona, es. ‘i bambini hanno scritto la lettera con la maestra, e ognuna ha usato la sua

penna’. L’es. è giustamente distributivo perché implica che esista più di una penna e che ogni

singolo bambino abbia usato la sua propria, si distribuiscono gli elementi dell’insieme dei bambini

in modo tale che a ciascuno corrisponda un elemento dell’insieme delle penne.

Si indicano con ‘parole generali’ espressioni del tipo: dammi quel coso, non posso cosare, avere

sulla punta della lingua, etc. perché indicano in modo generale entità che possono semmai essere

specificate contestualmente. Hanno equivalenti in altri codici: le variabili (x,y,z) o le costanti

algebriche (a,b,c) che hanno la stessa funzione di designare delle quali non è importante o è

impossibile definire la natura.

Tutte le lingue hanno mezzi per indicare il numero di volte che un certo oggetto, menzionato

dall’enunciato, viene preso in conto, ossia la sua numerosità: i quantificatori (non il numero

grammaticale). E’ una risorsa semiotica in quanto non tutte possono farlo; si distinguono in

categorie: marche morfologiche in grado di esprimere il numero; una classe di parole di tipo

nominale specializzate per esprimere la cardinalità in modo rigoroso da zero a infinito i numerali;

una classe di parole specializzata per esprimere quantità approssimate e di massa dal nulla a

tutto. I numerali sono di tipo nominale, aggettivi e nomi, organizzati in modo diverso secondo le

lingue, la maggior parte dei sistemi di numerali incorpora una base dieci, ciò significa che per ogni

dieci unità si possa oltre (imposta dal fatto accidentale delle dieci dita). In francese ci sono più

basi, una base venti o una base sessanta (es. qu

Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
24 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/12 Linguistica italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ValentinaTT di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Linguistica e comunicazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi Roma Tre o del prof Simone Raffaele.