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Per quanto riguarda gli affissi:
(a) Gli affissi non possono occorrere indipendentemente dai temi a cui si
attaccano e non è possibile inserire una pausa di esitazione, tra affisso e il
suo tema.
(b) Gli affissi non possono essere accentati
(c) Gli affissi sono integrati nella forma fonologica di cui fanno parte
(d) Gli affissi sono molto selettivi rispetto al tema a cui si attaccano.
e) Gli affissi non possono essere spostati indipendentemente loro temi, e la
seconda occorrenza di un affisso non può esse eliminata.
Per quanto riguarda gli articoli determinativi, particolare the:
(a) l’articolo determinativo può essere seguito da una pausa di esitazione.
(b) L’articolo determinativo, per quanto sia generalmente atono talvolta può
portare l’accento di parola.
(c) C’è un grado di integrazione fonologica fra l’articolo e l’elemento
adiacente, in quanto la forma fonetica dell’articolo è condizionata dal suono
successivo (d) The può stare in pratica davanti ad ogni parte del
discorso: aggettivo,avverbio, verbo,preposizione.
(e) L’articolo determinativo non può muoversi in autonomia; se si muove, lo fa
all’interno del sintagma nominale di cui è un membro. Spesso, una seconda
occorrenza dell’articolo può essere eliminata, ma talvolta non è possibile.
Un’altra componente è la sintassi, che riunisce le parole traendo il lessico e
raggruppandole in unita sintattiche, in questo tipo di modello, occorre
raccogliere i sintagmi nominali nella sintassi, piuttosto che attaccare l’articolo
a tutti i tipi di elementi nella formazione di parola o nelle componenti flessive.
La distinzione fra parole e affissi è complicata dall’esistenza di un’altra unità
della struttura linguistica, il clitico. Sotto alcuni aspetti, i clitici sono più simili
alle parole, per altri versi sono come gli affissi. Inoltre, determinate
caratteristiche dei clitici fanno pensare che essi formino una categoria a se
stante. In inglese non esistono esempi vera mente buoni di clitici; perciò
trarrà la mia esemplificazione dallo zulu. Lo zulu ha il morfema ke, che in
pratica può attaccarsi indifferentemente ad ogni parte del discorso nome,
verbo, avverbio etc. -, in genere alla fine di qualunque elemento che venga
ad essere il primo costituente di una frase. Il suo significato corrisponde,
grosso modo, a quello dell’inglese and... then “e... allora”. Più precisamente,
sembra che ke sottolinei lo status specifico dell’argomento della frase. Poiché
soltanto un elemento per frase può essere topicalizzato, ne consegue che ke
può occorrere solo una volta in una frase. Applichiamo adesso i test per la
determinazione dello status di parolaìaffisso a ke:
(a) Ke non può mai stare da solo e non può essere separato dalla parola che
lo ospita nemmeno da una pausa.
(b) Lo zulu non ha un accento di frase, così questo test non può venire
applicato.
(c) C’è un’integrazione fonologica obbligatoria con la parola OSP’ te. La
penultima sillaba di una parola zulu è allungata. Ai finì della regola di
allungamento, ke funziona come parte integrante della parola, cioè l’aggiunta
di ke fa si che la regola di allungamento slitti di una J
(d) ke può unirsi ad altre parore
(e) Come gli affissi, ke non può spostarsi.
seconda metà della definizione di nome del Collins attribuisce le parole a
classi sulla base di proprietà sintattiche comuni. Come dice Gleason, le classi
lessicali devono essere caratterizzate di un massimo di omogeneità’
all’interno della classe.Lo scopo è di comporre delle classi in modo tale da
correlare le proprietà sintattiche fra i membri della classe e ridurre al minimo
quella esistente fra i membri di classi differenti. ‘Proprietà sintattiche’, è come
termine che comprende almeno tre tipi di fenomeni:
(a) Fonologici. In alcuni casi, una categoria grammaticale può essere
regolarmente associata ad una struttura fonologica distinta.
(b) Morfologici. Capita di frequente che parole di una data classe e solo
parole di quella classe, possano assumere l’apparato morfologico di quella
classe. Così, in inglese, soltanto i verbi possono portare la marca di passato;
solo i nomi possono essere flessi al singolare al plurale; e soltanto gli
aggettivi tollerano i gradi di comparazione La possibilità di subire la flessione
per la categoria del tempo rappresenta, pertanto, un test euristico per
determinare lo status dì verbo
(c) Distribuzionali. Tipicamente, nella costruzione sintattica certe posizioni
sono riservate a parole appartenenti ad una particolare classe formale. Una
caratteristica degli aggettivi, per esempio, è la loro capacità di Occorrere al
secondo posto nella costruzione del sintagma nominale DET AGG N1
Con l’avvento del paradigma generativo la proprietà sintattica; consiste nella
possibilità che un insieme di parole subisca una trasformazione. Per
esempio, la regola di formazione della domanda; tipo sì-no trasforma una
stringa della forma SN AUS SV SV, cioè la regola scambia la posizione del
soggetto SN dell’ausiliare. La possibilità che una regola si applichi alla stringa
di parole può così fornire prova della presenza di categorie grammaticali
presenti nell’input, cioè in altre parole della domanda di tipo sì-no può essere
usata come tesi la determinazione dello status del SN che del verbo ausiliare.
Il paradigma trasformazionale richiede che l’appartenenza alle classi
grammaticali sia una questione netta. Gli indicatori sintagmatici vengono
generati in due tappe. Prima, il ‘componente categoriale’ della base genera
un indicatore sintagmatico astratto’, cioè una stringa di simboli categoriali a
cui associa una descrizione strutturale, per mezzo di regole di riscrittura del
tipo S —. SN AUS Sv, SN —. DET N. L’altro modulo della base, il
‘componente di inserimento lessicale’, introduce elementi tratti dal lessico
nell’indicatore sintagmatico astratto. Ogni elemento marcato nel lessico con
un tratto appropriato, cioè è un candidato per l’inserimento dell’indicatore
sintagmatico astratto nella posizione. L’output della base è, pertanto, una
stringa di elementi cui si associa una descrizione strutturale. Questo
indicatore sintagmatico iniziale serve come input degli altri componenti della
grammatica, p.es. il componente trasformazionale e quello fonologico. Botha
ha fatto notare che la grammatica generativa offre una caratterizzazione
estensiva delle classi lessicali. Inoltre, il modello generativo presuppone una
quantità limitata di categorie (apparentemente universali), come NOME,
VERBO, DETERMINANTE, così come, naturalmente, sottocategorie, p.es.
NOMI QUANTIFICABILI e NOMI DI MASSA Come 50 sottocategorie del
NOME poiché gli elementi lessicali sono associati ai corrispondenti tratti
sintattici, come N, V, DET. Una frase grammaticale è pensata con le seguenti
caratteristiche: binari, primitivi, universali(presumibilmente) innati, e si
pongono necessariamente in rapporto di appartenenza o non-appartenenza.
Anche la lingua ha confini netti, solo le frasi grammaticali generate dalla
dalla grammatica non appartengono alla lingua. Le implicazioni di vasto
respiro contenute nella concezione generativa delle categorie grammaticali in
particolare l’esclusione dei criteri semantici dalla determinazione della
grammaticalità, pone l’ipotesi di una linea divisoria chiara tra le frasi
grammaticali di una lingua e quelle non-grammaticali, e la nozione correlata
di lingua come insieme ben definito di frasi grammaticali .In effetti, fin dagli
esordì della grammatica generativa si sapeva che l’appartenenza categoriale,
così come viene specificata da un indicatore sintagmatico, non sempre
garantisce l’applicabilità di una regola trasformazionale. La questione è stata
studiata da George Lakoff nella sua tesi di dottorato nel 1965 (Lakoff i 970).
Lakoff raccoglieva numerosi esempi di regole che non possono applicarsi a
stringhe in entrata, anche se tali stringhe erano in grado di soddisfare le
condizioni poste dalla descrizione strutturale. I linguisti cognitivi rifiutano l’idea
che il linguaggio sia organizzato sul piano sintattico indipendentemente dalla
dimensione semantica. Lo scopo, secondo Lakoff è quello di ‘mostrare come
gli aspetti formali derivino da quelli semantici’. I verbi sono definiti Come unità
statiche che descrivono una ‘relazione temporale’, mentre gli aggettivi, gli
avverbi e le preposizioni descrivono una ‘relazione atemporale’, il NOME
comprende la nozione tradizionale di nome come nome di una persona o di
Un oggetto concreto. Le persone e gli oggetti sono regioni delimitate nel
dominio dello spazio tridimensionale, mentre i nomi Concreti di massa, come
acqua, descrivono regioni non-circoscritte dello spazio tridimensionale. Ma ]a
definizione non assegna alcuna priorità al dominio spaziale. Rosso condivide
la proprietà comune di descrivere una regione nel dominio del colore, un
anno è una regione delimitata nel dominio del tempo. Langacker poi passa a
caratterizzare il concetto di ‘regione’ come la ‘interconnessione’ di entità
all’interno di un dominio. In questo modo, i nomi che si riferiscono a gruppi di
entità discrete, come arcipelago, costellazione e squadra, sono ricondotti
sotto la definizione schematica. L’interconnessione è inversamente
proporzionata alla ‘distanza cognitiva’ fra entità all’interno di un dominio, che
è a sua volta una funzione della scansione cognitiva del tempo. Una
definizione di regione più sofisticata, si dà ragione dello status nominale di
arcipelago, squadra, arrivo etc. Infine, si stabilisce un legame metaforico fra
sostanze concrete e qualità astratte; Langacker stesso ha necessità di
evocare tali analogie per rendere conto dello status nominale dei nomi astratti
come amore e invidia. Una visione prototipica delle categorie non è per forza
incompatibile con una descrizione che cerchi di catturare ciò che tutti i
membri categoriali hanno in comune. Sembrerebbe, però, che ci siano buone
ragioni per attribuire un certo primato alla considerazione prototipica del
NOME. Essa implica che alcuni nomi siano esempi migliori della categoria, e
che altri abbiano invece uno status più periferico. È significativo che la
vicinanza di un elemento al prototipo (caratterizzato in termini semantici)
te