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La Roba
In poche pagine la novella centra e sviluppa uno dei temi fondamentali del Verga, quello economico. Inoltre insieme con le altre Novelle rusticane rappresenta il definitivo abbandono da parte dell'autore di ogni mitizzazione nostalgica e romantica del mondo rurale. La realtà risulta dominata tutta dalla logica dell'interesse e della forza; la famiglia non è più il centro ideale di quei valori e la loro difesa dalle forze avverse (Mazzarò rimpiange addirittura i 12 tarì spesi per il funerale della madre.
Il tema della dinamicità sociale (desiderio di cambiar stato) che ne I Malavoglia è rappresentato dal giovane 'Ntoni, ha ormai il sopravvento e si inserisce in un contesto storico ben documentato: la crisi della nobiltà rurale e l'ascesa della borghesia.
Personaggi principali: Mazzarò e la Roba
Secondari: il nobile proprietario terriero, il proprietario della chiusa limitrofa
Comparse: le donne mogli dei braccianti
i contadini di Mazzarò, il ragazzetto.
Protagonista: Mazzarò, può essere considerato un caso clinico come amavano dire i naturalisti: la febbre del possesso che, all'avvicinarsi della morte, degenera in vera e propria follia
Oggetto del desiderio: la roba, simbolo di ricchezza e di potere.
Antagonisti storici: il nobile che vorrebbe conservare il suo potere ma lo confonde con il prestigio e l'ossequio formale; il proprietario di una chiusa limitrofa, (la legge del mercato impone la competizione); il Re, il cui potere (nell'ottica del protagonista) è più formale che sostanziale; la religione istituzionale (la processione del Santo costretta a cambiar percorso per far passare le mandrie di Mazzarò.
Antagonista esistenziale: la morte.
Il Protagonista
Mazzarò, l'uomo-roba, l'eroe della logica dell'accumulo, l'arrampicatore sociale, il self-made-man della nuova società borghese, viene presentato dal
- L'ammirazione per la potenza economica di
, il bracciante agricolo che dal nulla riesce a creare ricchezze immense, un mondo di cose dalle proporzioni smisurate. Il narratore usa spesso la figura retorica dell'iperbole per celebrare questa realtà: i suoi aratri erano numerosi come le lunghe file dei corvi, le file dei muli non finivano più; le donne che stavano accoccolate nel fango da ottobre a marzo, per raccogliere le olive, non si potevano contare e villaggi interi accorrevano alle sue vigne per la vendemmia; alla messe poi i mietitori di sembravano un esercito di soldati. (r.70-77) - L'esaltazione delle virtù eroiche del protagonista: l'intelligenza (aveva la testa che era un brillante, r. 36);
meglio del re, perché il re non può né venderla, né dire che è sua. (r.157)
Il Narratore
Tranne all'inizio in cui Mazzarò è visto dalla prospettiva di un ipotetico viandante di livello culturale "alto" che trasforma nella sua fantasia il personaggio in un essere mitico che ha il dominio del sole e degli uccelli e che diventa una cosa sola con la terra che possiede così che il viandante rischia di camminargli sulla pancia) l'ottica narrativa è quella consueta del Verga verista, ovvero il narratore popolare, regredito rispetto al punto di vista dell'autore ma in questo caso in perfetta sintonia con il protagonista e il suo sistema di valori (ben diverso quindi dal narratore di Malpelo la cui ottica gli era del tutto estranea e per questa non era in grado di comprendere il ragazzo e stravolgeva malevolmente la sua figura, facendo apparire strano come abbiamo visto ciò che era perfettamente
normale). Il punto di vista del narratore è talmente solidale con il suo personaggio che anche l'avidità disumana e crudele di Mazzarò, che i fatti fanno risaltare in modo inequivocabile, appare legittima ed addirittura meritoria: il ricorso alla truffa nell'episodio del proprietario della chiusa, ma anche le nerbate date ai braccianti e la diffidenza non mandava certo a dire se veniva asorvegliare le messe, o la vendemmia, e quando e come; ma capitava all'improvviso... ). Cfr. righe 114 e seg.; 144-145; 148 In questa novella il punto di vista di Verga autore è veramente scomparso? Per rispondere a questa domanda bisogna riflettere su due aspetti: Verga sa perfettamente che la società a lui contemporanea è dominata dalla logica economica, sa che il mercato impone le sue leggi: la competizione senza scrupoli, la corsa all'affare in cui non vi può essere spazio per i nobili sentimenti. Da questo punto diVista Mazzarò è l'esponente di una classe sociale in ascesa che nella Sicilia di fine Ottocento aveva scalzato dal potere la decaduta nobiltà feudale. Questa borghesia agraria spesso di umilissime origini (Mazzarò era un poverissimo bracciante, senza scarpe ai piedi e senza uno straccio di cappotto che tutti si rammentavano di avergli dato i calci nel di dietro) aveva dato avvio alla sua scalata sociale attraverso l'accumulo di terre (spesso proprio come Mazzarò strappate a nobili e inetti proprietari terrieri). Si tratta di una borghesia molto diversa da quella del Nord poiché il capitale derivante dai beni immobili non veniva reinvestito (a Mazzarò non importava del denaro), una borghesia a cui apparteneva lo stesso Verga e di cui ben conosceva i sistemi operativi. Del resto Verga è materialista e positivista e sa perfettamente che la vita è una lotta tra gli uomini che competono tra loro per eliminarsi a vicenda.
Verga quindi apprezza in Mazzarò quelle doti sopra indicate che hanno fatto di lui un vincitore in ambito sociale. Tuttavia Verga sa cogliere anche il rovescio della medaglia: la religione della Roba ha risvolti che Verga non condivide, ma rimanendo fedele alla teoria dell'impersonalità, lascia che siano i fatti a parlare senza che l'autore intervenga dall'esterno con giudizi e commenti.
La tecnica dello straniamento viene usata anche in questo caso per far comprendere al lettore ciò che l'autore pensa: così fa apparire normale quello che in base ai valori universali è strano: ad esempio, Mazzarò rimpiange i 12 tarì spesi per il funerale della madre e sceglie volutamente di non sposarsi per non mantenere una donna, rinunciando così ad avere dei figli e una famiglia. In questa Novella tuttavia il punto di vista di Verga appare più problematico e quindi ambiguo: certo Mazzarò ha qualcosa di eroico e grandioso.
ma dall'altro la sua esperienza ha una forte carica di disumana negatività.La conclusione presenta un rovesciamento di prospettive: Mazzarò vincitore nello scontro con avversari umani, con la società e le sue leggi economiche, viene sconfitto dalla natura stessa che gli impone l'accettazione della morte cui nessun uomo può sottrarsi. A questo punto l'eroe diventa una macchietta grottesca in cui comicità e tragedia si fondono: Mazzarò, in un gesto disperato e folle, tenta di uccidere le galline per portare con sé nella morte la sua Roba e lancia il bastone fra le gambe del ragazzo seminudo che, privo di risorse, possiede però la grande ricchezza della giovinezza ed ha per sé il futuro; quel ragazzo è il simbolo del fallimento esistenziale di Mazzarò, il rimprovero vivente di tutto ciò che Mazzarò ha rifiutato: gli affetti famigliari, la continuità della vita nei figli.
Nella conclusione
il narratore abbandona dunque la celebrazione del suo personaggio e presentandolo come una macchietta lo condanna ma c'è anche una nota di pietà che potrebbe provenire dallo stesso autore. Ancora un'interpretazione problematica. Condanna e pietà al tempo stesso. C'è anche chi ha osservato che Mazzarò è la prefigurazione dello stesso Verga che, nella tarda maturità si farà prendere da un accanimento un po' maniaco per la roba e rifiuterà ostinatamente l'idea del matrimonio. La novella può essere letta anche in chiave sociologica poiché, come già osservato, essa è radicata storicamente nella società di fine Ottocento, caratterizzata dalla crisi del latifondo feudale e dall'ascesa di una nuova classe di proprietari terrieri provenienti quasi sempre dal ceto dei nullatenenti. Tra i critici non è mancato chi ha voluto vedere nella conclusione della novellacon la pazzia e la morte del protagonista, si manifesta anche il declino storico della borghesia e l'emergere di nuovi ceti produttivi, rappresentati dal ragazzetto dai giorni lunghi a cui Mazzarò lancia un bastone nel tentativo vano di ostacolarne il cammino. Infine, possiamo citare un'analisi psicologica della novella in cui è stato correttamente osservato che Mazzarò è portato all'accumulo ossessivo della Roba poiché in lui agisce la paura della fame, una paura tipica del mondo dei poveri che rimane nell'inconscio anche quando le condizioni di miseria scompaiono, per cui Mazzarò accumulerebbe un patrimonio ingente per rendere impossibile la ricaduta nella condizione originaria di miseria. Il cosiddetto "Periodo lungo" è una caratteristica formale del Verga che viene espressa in modo esemplare nella sequenza iniziale di questa novella. Il periodo lungo ha lo scopo di accompagnare e commentare lo svolgersi lento del cammino del viandante.e di cogliere la successione monotona dei particolari paesaggistici, non è quindi una caratteristica formale a sé stante avulsa dal contenuto ma te