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E
Nord d'Israele. Tale fonte prende il proprio nome dall'appellativo riservato a Dio, ossia Elohim, antica
forma plurale, che lascia intuire un politeismo residuo dalle convinzioni religiose precedenti. Il
passaggio da Elohim a Javhè ( pur essendo cronologicamente posteriore, la tradizione Elohista è precedente a
) avviene nel terzo capitolo dell'Esodo, quando Dio rivelò a
quella Javhista dal punto di vista contenutistico
Mosè il proprio nome, stabilendo un rapporto personale e cancellando così dal modo di chiamare Dio i
residui politeistici e naturalistici delle tradizioni precedenti ( Javhè significa “fondamento di ogni cosa che
).
è”
3. Tradizione Javhista-Elohista ( ): unisce le due precedenti; ciò perchè nel 722 a.C Samaria, capitale del
JE
Regno del Nord, venne presa in assedio e distrutta dagli Assiri, ragion per cui una parte della
popolazione di Samaria si rifugiò nel Regno del Sud, portando con sé testi e tradizione. Fu dunque sotto
il re Ezechia ( ) che i testi della tradizione Jahvista ed Elohista assunsero una nuova forma,
716 - 686 a.C 3
fondendosi.
4. Tradizione Deuteronomista ( ): databile verso la fine del secolo VII a.C. L'etimologia del termine è
Dtr
greca e significa “seconda legge”: la “prima legge” era quella di Mosè, mentre per “seconda legge” si
intende il risultato di quell'operazione come di rilettura della legge di Mosè stessa e della storia del
popolo d'Israele che avvenne all'epoca del profeta Geremia, sotto il re Giosia, e che portò ad una
riscoperta delle radici, dell'autenticità della storia d'Israele, partendo dalla rilettura dell'esodo. Da tale
fonte prende vita il Deuteronomio, quinto libro del Pentateuco ed opera di letteratura dalla straordinaria
bellezza, che si presenta nella forma di un insieme di racconti di Mosè ( pur in realtà morto da tempo a
) rivisti in chiave “attuale”.
quell'epoca
5. Tradizione sacerdotale ( ): risale all'epoca dell'esilio in Babilonia del popolo
P, dal tedesco “Priester Codex”
israelita, dunque nel VI secolo a.C. in quanto sappiamo che nel 587 a.C. Gerusalemme venne
parzialmente distrutta dai babilonesi e solo nel 538 a.C. l'editto di Ciro consentì al popolo di
Gerusalemme di tornare dall'esilio in Babilonia a Gerusalemme stessa. Da un punto di vista
terminologico va sottolineato che tale fonte si definisce “sacerdotale” in quanto, in assenza di re e
governanti, fu il culto a mantener vive le tradizioni e le radici del popolo d'Israele: i sacerdoti produssero
testi adatti alla situazione, ed è dunque in questo contesto che vennero riprese le genealogie, perchè è
normale desiderio di un popolo esiliato ricostruire la propria storia e le proprie origini. Inoltre, il
redattore finale del Pentateuco appartenne alla tradizione sacerdotale.
GENESI
I primi 11 capitoli della Genesi, trattano le origini della creazione e sono stati scritti attorno al VI secolo a.C..
LA VOCAZIONE DI ABRAMO, Gen. 12
Questo testo è probabilmente stato messo per iscritto attorno all'anno 1000 e riflette racconti orali di
800/1000 anni prima ( essendo stato scritto a così grande distanza dall’avvenimento dei fatti, il testo è privo di
particolari, ma essenziale: con il tempo si perdono frammenti storici, ma si acquisisce essenzialità, maggiore
). L'intenzione del testo non è dunque di cronaca, ma si cerca di ricavare un
consapevolezza del messaggio
messaggio da un fatto storico. Si tratta del racconto di una storia reale, non per darne un documento
d'archivio, ma per presentare un idea partendo da un fatto storico, con conseguente intreccio di dimensione
storica e teologica. Con ogni probabilità, Abramo è il primo personaggio storico di cui si parla nella Bibbia,
collocato attorno al 1800/2000 a.C. Importante è il fatto che Abramo è un personaggio di rilevante
importanza per tutte le tre grandi religioni monoteiste: per gli Ebrei è il padre del popolo ebraico; per i
cristiani è il padre della fede; per i musulmani è l’“amico di Dio”.
Il brano
Complessivamente il brano in oggetto può complessivamente essere diviso in 3 parti, la cui divisione dei
capitoli e versetti è stata data nel corso dei secoli ( ):
non è fatta d’autore, ma dalla tradizione successiva
1) L’ordine
Nei primi tre versetti ( ), Dio prende l’iniziativa e rivolge la parola ad Abramo, vi è dunque la proposta
vv. 1-3
di un ordine dal Signore nei confronti di Abramo. Essi contengono un programma di vita: si deve partire dal
punto nel quale ciascuno si trova, dal punto più personale, per cercare Dio. L’obbedienza a questo comando,
“Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che ti
indicherò” , condiziona tutto il resto: la terra da possedere, la discendenza, la benedizione. Ad Abramo viene
chiesto ( ) prima di abbandonare la sua terra, poi la sua parentela ed, infine, la casa di suo padre: si tratta di
v. 1
dimensioni concentriche che evidenziano come l'esperienza dell'uomo debba configurarsi come una ricerca
che parte della propria casa. Non è un partire a caso, ma seguendo l'indicazione data da Dio: Dio promette
sia la terra ( ) che una grande nazione, ossia un popolo, una discendenza, e risulta evidente
luogo in cui abitare
come le due cose, insieme, rappresentino rispettivamente lo spazio e la continuità nel tempo, anche perché,
soprattutto in riguardo a quest'ultimo punto va ricordato come ai tempi di questo testo avere discendenza
significava l'immortalità mnemonica, nel ricordo delle generazioni successive ( uno dei temi più cari alla
). Il punto di partenza è l'invito a partire per allargare progressivamente la propria vita nello spazio e
tradizione
nel tempo, ed è questo il senso fondamentale della prima parte dell'ordine divino verso Abramo.
“benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno
La seconda parte dell'ordine,
maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra” , vede il ricorrere frequente dei
termini vicini semanticamente al verbo “benedire”, ad indicare che quello che si prospetta ad Abramo è un 4
percorso non solo indicato ed ordinato da Dio, ma da lui anche protetto. Due punti risultano notevoli nella
frase riportata: il primo è sicuramente il carattere universalistico di tale affermazione, in quanto la
benedizione con la quale Dio accompagna Abramo risulta progressivamente destinata a tutti, ed è
sorprendente una simile dichiarazione di universalismo in un testo così antico; il secondo è invece il concetto
di maledizione, inteso come affermazione antica ed arcaica di un'efficace protezione, che proteggerà nel
mezzo delle situazioni peggiori.
2) L’esecuzione
I vv. 4-6 riportano l'esecuzione di questo ordine: Abramo lo esegue, senza opporre nessuna obiezione, senza
fare domande, senza sapere dove andava, con un atto di totale fiducia in Dio: Abramo ( secondo il testo aveva
), parte da Carran per una destinazione ignota. Solo quando avrà attraversato la terra
75 anni e una moglie sterile
di Canaan, giungendo a Sichem, saprà dal Signore che quella è la terra promessa alla sua discendenza ( terra
). Ma questo modo di affrontare la vita si colloca per lui non all'inizio della
che al momento sembra occupata
vita, ma anzi, caratterizza la sua maturità. All'epoca, va ricordato, lasciare la propria famiglia voleva dire
lasciare il luogo della propria sussistenza: la società era basata su meccanismi di sussistenza famigliare per
cui chi era solo, solo restava, nessuno poteva dar loro una mano. L'esigenza che muove Abramo, pur di
fronte ad una partenza difficile, impegnativa, è dunque quella di trovare il senso della propria esistenza, un
rapporto più profondo con Dio.
3) La teofania
I vv. 7-9 presentano invece un cammino di teofania ( ), un incontro con Dio. Il momento di
apparire di Dio
difficoltà su cui si chiude la seconda parte di questo testo è veicolo di rivelazione di Dio: il Signore appare ad
Abramo e conferma la sua promessa riguardo discendenza e terra. Da sottolineare è il fatto che questi due
elementi, discendenza e terra, caratterizzano il Vecchio Testamento, mentre man mano che ci si avvicina al
Nuovo Testamento la promessa non cambia in sé, ma nella forma in cui viene espressa: Gesù non promette
terre e discendenti, ma promette il regno dei cieli, il rapporto personale con lui, realizzato qui con la forma
arcaica della costruzione di un altare. Altare e nome indicano infatti le due modalità dell'incontro:
apparizione ed indicazione della persona, che indica di conoscere l'altro, mettersi nelle sue mani, consegnarsi
e rivelarsi. LE PROMESSE E L’ALLEANZA, Gen. 15
Il brano risulta collegato a quello precedente ( ): se nel precedente è stata analizzata la
La vocazione di Abramo
promessa di Dio ad Abramo ( ), questo testo propone invece una soluzione a momenti di
terra e discendenza
difficoltà, di crisi, di sfiducia anche di fronte ad una promessa divina ( proprio di fronte alle promesse di
). Il testo è formato da 3 brani, scritti in epoche diverse e la
discendenza e terra che emergono le prime difficoltà
cui intera redazione è cronologicamente posteriore all'Esodo ( ).
dopo il 1250 a.C.
Il brano in oggetto risulta complessivamente diviso in 4 parti:
1) Versetti 1-6: “La prova riguardo la discendenza”
Il Signore rinnova la sua promessa ( ), ma sembra mancare la promessa della
rif. La vocazione di Abramo
discendenza. Abramo pensa che il suo discendente sarà Eliezer di Damasco, suo servo ( la tradizione diceva
): la prima difficoltà che incontra è il non
che, in mancanza di eredi, il patrimonio di un uomo passasse al suo servo
avere figli. Dio però, di fronte ad una promessa non ancora realizzata, conduce Abramo a contemplare le
stelle, ponendolo così di fronte alla grandezza del creato e, per proprietà transitiva, di fronte alla sua stessa
grandezza, per chiedergli fiducia mostrandogli allo stesso tempo che tale fiducia sarebbe ben riposta. La
natura dà ad Abramo la percezione della grandezza e della potenza di Dio ed Abramo dunque si fida; e Dio
“glielo accreditò come giustizia” , ossia come gesto giusto.
2) Versetti 7-12: “Il secondo tempo della prova”
Essi individuano una sequenza abbastanza analoga alla prima; descrivendo il “secondo tempo” della prova
che Dio pone ad Abramo, in questo caso riguardo la terra. La terra che sembrava promessa r