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16) GLI INTERVENTI DIRETTI: LO STATO-IMPRENDITORE

Gli stati nazionalizzano alcune imprese o settori. Tale discorso si afferma dopo la crisi del ‘29 per

favorire la ripresa della vita economica.

I paesi dell'Europa continentale sono interessati da questo discorso anche nella seconda metà del

900.

Le nazionalizzazioni sono guidate da motivazioni diverse:

- politico-ideologiche, ad esempio nei paesi comunisti;

- sociali, ad esempio in Italia nel secondo dopoguerra come strumento di innovazione sociale e di

nuove relazioni industriali;

- economiche, la crisi del 29 fa emergere l'idea del "fallimento del mercato", e ad un certo punto si

nota che ciò avviene anche in condizioni normali in mancanza di crisi, ovvero le situazioni dei

monopoli naturali;

- redistribuzione del reddito e stabilizzazione del mercato, lo stato, nel momento in cui nazionalizza,

diventa un datore di lavoro, quindi può utilizzare tale posizione per favorire i lavoratori;

- promozione della crescita economica.

In relazione a questo, le imprese nazionalizzate operano principalmente in 3 settori: 44

- pubblici servizi; perché si ritiene che imprese pubbliche possano tenere prezzi più bassi per i

cittadini;

- industria di base; in quanto ritenuta fondamentale per lo sviluppo economico;

- banche e assicurazioni, capire perché le assicurazioni siano state nazionalizzate è semplice, si

pensi a pensioni e infortuni sul lavoro, ma sulle banche il discorso è diverso.

Lo stato nazionalizzò le principali banche italiane per salvarle, tornarono private agli inizio degli anni

'90 durante un processo opposto di privatizzazione.

Questo discorso però ha anche caratteri politici e ideologici che tirano in causa una nuova fonte di

legittimazione degli stati, questa volta di tipo economico. Quando iniziano ad affermarsi gli stati, la

fonte di legittimazione è di tipo politico-militare, andando avanti nel tempo però la dimensione

economica diventa sempre più importante. Dalla seconda rivoluzione industriale, uno stato non può

essere una grande potenza politica e militare se prima non è una potenza economica, di

conseguenza lo stato aumenta il suo intervento all'interno della vita economica.

Tale intervento non si limita alla logica stato-imprenditore, c'è di mezzo un'altro fattore: i redditi

aumentano, quindi aumenta il benessere e di conseguenza cambio la domanda delle persone che si

sposta verso i servizi, e lo stesso vale per la forza lavoro.

Gli interventi dello stato per cercare di rispondere alla crescente di domanda di servizi sono:

- miglioramento delle infrastrutture, come l'ampliamento delle reti ferroviarie, il miglioramento dei porti,

potenziamento della rete stradale e la realizzazione della rete autostradale;

- servizi pubblici, i primi di questi interventi hanno finalità non economiche ma igienico-sanitarie,

quindi con la costruzione di acquedotti e la raccolta dei rifiuti;

- servizi sociali e assistenza medica, che avviene soprattutto dopo la seconda guerra mondiale con la

costruzione del welfare. Uno degli strumenti principali fu il sistema pensionistico;

- istruzione, giustizia e amministrazione, per quanto riguarda l'istruzione, l'intervento dello stato

cresce e inoltre si amplia il numero di anni di istruzione obbligatoria;

- cultura e ricreazione, l'impiego del tempo libero è molto rilevante anche dal punto di vista politico.

A partire dal secondo dopoguerra si afferma un convergenza riformista e la creazione del welfare.

L'intervento dello stato fa sì però che aumenti molto la spesa pubblica: si arriva al 25-35% del PIL,

oggi in molti paesi si arriva al 60% con in più un 10-15% investito in istruzione e ricerca.

Inoltre, il discorso del ciclo di vita è fondamentale dal punto di vista economico, in quanto i consumi di

una persona variano al variare dell'età, e lo stesso vale per sanità e pensione, una persona con la

fine del lavoro diventa un beneficiario netto.

Lo stato sociale è un discorso che va oltre la destra o la sinistra.

Col tempo sono sorti i primi problemi, in quanto il welfare costa, e una delle vie per cercare di

mantenerlo è quella dell'aumento della pressione fiscale.

Ma troppe tasse ostacolano la crescita? Se prendiamo in considerazione i paesi scandinavi, essi

hanno una pressione fiscale altissima ma hanno un tenore di vita elevato, perché di fronte a le tasse

che i cittadini pagano lo stato da dei servizi ottimi.

L'affermarsi della globalizzazione mette un po' in crisi il discorso della legittimazione economica dello

stato e la possibilità di fare politiche economiche nazionali in qualsivoglia forma.

Ormai i cespiti monetari (banconote, depositi, crediti, azioni e obbligazioni) detenuti dai residenti dei

paesi industrializzati sono di molto superiori al valore della ricchezza reale (terra e capitale fisico

riproducibile) nazionale e perciò si prospetta una crisi nell'efficacia dell'azione degli stati e delle

stesse organizzazioni.

Tale trasformazione è frutto di un cambiamento strutturale e riguarda anche gli assetti economici

generali in quanto c'è un progressivo spostamento degli addetti dall'agricoltura all'industria e al

terziario e una conseguente modificazione del contributo dei diversi settori economici alla formazione

del PIL.

A fine 2010 Wall Street capitalizzava 17000 miliardi di dollari, più del PIL americano, e si capisce

bene come mai nessuna borsa abbia vita autonoma ma sia strettamente legata a quella americana.

Nel 900 inoltre si verifica dal punto di vista della produzione un aumento enorme della produttività del

lavoro, in quanto si mettono assieme 3 cose:

- aumenta la qualità della forza lavoro; 45

- si trovano soluzioni sempre più efficienti dal punto di vista organizzativo (come il post-fordismo);

- diventa sempre più importante l'apporto di tecnologia e scienza.

In passato la produzione aumentava in quanto aumentava il numero degli impianti, adesso invece le

cose non sono più cosi: aumenta la produzione ma crollano le ore lavorate e tutto ciò è stato reso

possibile dal'aumento della produttività del lavoro. Ciò capovolge una delle evidenze empiriche

secolari: in passato una crescita economica equivaleva aduna crescita dell'impiego e degli impianti,

ora ci può essere un forte aumento della produzione senza che ci sia bisogno di una crescita

dell'occupazione. 17) IL CASO ITALIANO DI SVILUPPO

La periodizzazione

Con la fine del periodo napoleonico, ci si avvicina ad una fase sempre più caratterizzata da moti

popolari fino ad arrivare alla prima guerra d'indipendenza. I Savoia perdono la prima guerra

d'indipendenza.

L'unificazione si raggiungerà con la seconda guerra d'indipendenza nel 1860.

L'Italia sarà governata dalla destra storica, anche se ai tempi la differenza tra destra e sinistra era

molto sottile.

Nel 1876 c'è la terza guerra d'indipendenza per cercare di recuperare il Veneto, l'Italia pur non

vincendo neanche una battaglia riesce a recuperare il Veneto grazie all'intervento prussiano; inoltre la

capitale viene spostata da Torino a Roma.

Dal 1876 prende il sopravvento la sinistra storica, e diventa molto frequente il fenomeno del

trasformismo.

Pian piano l'intervento dello stato nella vita economica diventa sempre maggiore e si abbandona la

politica doganale liberista, arrivando così ad una politica protezionistica.

Col nuovo secolo inizia una nuova fase: con l'età giolittiana nascono i partiti e si intensifica l'intervento

dello stato nella dimensione economica e nella dimensione sociale.

Nel 1915 l'Italia entra in guerra ribaltando completamente il discorso delle alleanze: doveva entrare

alleata con la Germania invece entra alleata con UK e Francia. 46

Al termine della guerra si completa il discorso dell'unificazione italiana ma si pongono molti problemi

per la nostra economia dovuti alla riconversione.

Da non dimenticare poi i tantissimi disordini sociali --> biennio rosso.

Di questa situazione di disordine ne approfitta Benito Mussolini, ex elemento di spicco del partito

socialista che fonda il partito fascista e, nel 1922, con la marcia su Roma raggiunge il potere e inizia

la sua dittatura.

Questa dittatura fa accrescere l'intervento dello stato nella sfera economica, soprattutto con la nascita

dell'Iri con la quale lo stato diventa proprietario di alcune banche.

Mussolini si allea con Hitler e la Germania, convinto di una vittoria semplice a causa della supremazia

tedesca: le cose non vanno come sperava.

A partire dalla fine della guerra inizia il miracolo economico: si tratta di due decenni che fanno

diventare l'Italia un paese industrializzato a tutti gli effetti.

Intorno al percorso di sviluppo italiano, gli studiosi iniziano a crearci dei modelli:

- protomodello liberista (Prato, Luzzato), l'Italia si inserisce in modo molto positivo nella divisione

internazionale del lavoro e l'Italia passa dall'industria a domicilio alla fabbrica moderna grazie a

questo suo proficuo inserimento nel modello internazionale;

- modello marxista (Gramsci, Sereni), nell'idea di Gramsci, quello che è fondamentale è quello che

succede con l'unificazione: Gramsci vede positivamente l'unificazione politica dell'Italia in quanto si va

verso la creazione di un mercato interno andando a creare uno sviluppo di tipo capitalistico. Gramsci

è però molto critico sul comportamento della destra storica, in quanto secondo lui bisognava fare la

riforma agraria dando la terra ai contadini;

- modello romeo, Romeo ha un'idea completamente opposta, crede infatti che ciò che fece la destra

storica fu di fondamentale importanza per lo sviluppo successivo, in quanto si crea un surplus di

risorse e di ricchezza che viene preso dallo stato attraverso la tassazione e lo stato fece un uso molto

positivo di tali risorse, indirizzate alla creazione di un mercato internazionale (es. La ferrovia).

Con gli anni 80 si allarga la base industriale puntando molto sul tessile, pian piano gli investitori

abbandonano l'agricoltura e inoltre lo stato sostiene molto il settore siderurgico.

Questi 3 modelli sono stati definiti continuisti, in quanto non vedono grandi fratture al loro interno, anzi

vedono continuità ed esaltano il ruolo predominante dell'agricoltura.

Contro questi modelli si oppone Gerschenkron, che individua tra il 1896 e il 1907 il periodo di grande

sviluppo dell'Italia che riesce a sfruttare molto bene i c.d. fattori sostitutivi, che nella sua idea erano

principalmente intervento di banche e di stato.

Egli vede molto positivamente l'intervento delle banche, ma critica alcune cose dello stato, come la

politica protezionistica, ma non per la politica in quanto tale, ma quanto per la sce

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Publisher
A.A. 2014-2015
65 pagine
5 download
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/12 Storia economica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher perroandrea di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia economica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Mocarelli Luca.