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BRETTON WOODS SYSTEM
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Cap 4
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FRIEDMAN
- La rivoluzione keynesiana ha contribuito a demolire lo schema concettuale della vecchia teoria
quantitativa, ponendo in evidenza il suo carattere tautologico, o alternativamente rilevando l’irrealismo
dell’ipotesi di piena occupazione. Dal punto di vista teorico si sottolinea l’esistenza di possibili “trappole
della liquidità” onde spiegare l’inefficacia dell’ampliamento dell’offerta di moneta; si sostiene
l’imprevedibilità e l’instabilità della domanda di moneta per convincere che non è possibile affidarsi
razionalmente a un intervento monetario. Sembrando accettabile che anche il consumo dipenda dal reddito
piuttosto che dal livello del saggio di interesse, l’unica possibilità di intervento sull’economia viene a
identificarsi con la politica fiscale. il periodo immediatamente successivo alla seconda guerra mondiale
segnò l’affermazione della dottrina keynesiana sostenitrice della politica fiscale e il completo discredito
della teoria quantitativa.
- Milton Friedman propose una riformulazione della teoria quantitativa in termini di una teoria della domanda
di moneta: Friedman chiarisce che la sua teoria quantitativa è in primo luogo una teoria della domanda di
moneta, non una teoria del reddito o del livello dei prezzi.
- Se tuttavia superiamo l’imprecisa definizione dello schema neoclassico sottostante la teoria neo
quantitativa, possiamo rilevare che “ciò che Friedman ha realmente elaborato è un’elegante esposizione
del moderno approccio di portafoglio della domanda di moneta che … può essere solo visto come una
continuazione della teoria keynesiana della preferenza per la liquidità”.
- Il modello: Il punto di partenza dell’analisi è la formulazione di una funzione di domanda di moneta a livello
microeconomico. La quantità di moneta domandata dal singolo operatore viene determinata secondo i
dettami della teoria della scelta, attraverso il processo di massimizzazione della funzione di utilità,
subordinatamente al vincolo di bilancio che è definito dalla ricchezza da investire nelle diverse attività
finanziarie e nei beni capitali. Le variabili da cui dipende la domanda di moneta, date le preferenze
dell’operatore che definiscono la sua funzione di utilità, saranno pertanto in primo luogo la ricchezza e i
rendimenti delle sue componenti. la funzione di domanda di moneta è rappresentata dalla seguente
equazione: . L’esigenza di rendere la funzione empiricamente
definita, data la difficoltà di calcolare un valore per la ricchezza nel senso ampio accolto da Friedman,
induce a sostituire a W il valore del flusso totale di reddito dell’operatore, opportunamente scontato. Ciò in
base al principio che il capitale è pari al valore attuale del flusso di reddito che da esso promana. Se il
flusso è perpetuo: W = Y/r : , E poiché il tasso di capitalizzazione del
reddito non è altro che il rendimento medio ponderato di tutte le attività che compongono il patrimonio,
esso può essere omesso dalla funzione, in quanto non rappresenta una variabile indipendente. Il
passaggio da una funzione microeconomica a una funzione macroeconomica della domanda di moneta
imporrebbe complessi problemi di aggregazione . Data l’omogeneità
lineare della funzione, moltiplicando i prezzi e il reddito nominale per λ si avrà:
E ponendo λ = 1/P, avremo . Che esprime la domanda di moneta in termini reali. Poiché Friedman
ipotizza che la moneta sia scarsamente sostituibile dalle altre attività finanziarie, limitato sarà l’effetto sulla
domanda di moneta di r e r . Le variabili chiave nello spiegare la domanda di moneta in termini nominali
b e
sono quindi il reddito e i prezzi. Friedman si distingue nettamente dai keynesiani anche perché pone al
centro della sua costruzione teorica una domanda di moneta stabile, mentre i keynesiani avevano speso non
poche energie nella dimostrazione della sua instabilità. In altre parole, la teoria neoquantitativa non richiede
tra le sue condizioni che si sia in presenza di una LM verticale, anche se, naturalmente, tale situazione è del
tutto coerente con le sue implicazioni. Supponiamo ora di assegnare allo scalare 1/λ il valore 1/Y. La
funzione precedente diviene: . Poiché Y è il reddito nominale, si ritrova in
tal modo la formula della teoria quantitativa di Fisher MV = PT. La differenza è che la velocità di circolazione
non è più una costante, ma è funzione delle diverse variabili della V(…). Friedman ritiene non solo che la
domanda di moneta sia stabile, ma anche, se ci sono variazioni di V, che queste siano prevedibili.
- in concreto per Friedman lo stock di moneta includerebbe soprattutto moneta legale, depositi a vista e
depositi a risparmio delle banche
- La distinzione cruciale per i keynesiani è quindi tra il settore finanziario e il settore reale dell’economia; per
i monetaristi, invece, la linea di demarcazione passa tra il settore bancario e il resto dell’economia.
- Per i monetaristi, viceversa, l’effetto delle variazioni della quantità di moneta si distribuisce direttamente
sull’intera gamma di attività, sia finanziarie sia reali. L’impatto dell’aumento dello stock monetario produce
un riequilibrio del portafoglio che ha luogo sia con acquisti di attività finanziarie, sia con acquisti di beni,
dato che anche le attività reali rientrano nello spettro di sostituzione diretta della moneta. L’effetto è quindi
diretto e generalizzato e opera diffusamente.
- Non è quindi necessario agire deliberatamente sulla struttura dei tassi di interesse, come sostengono i
keynesiani, in quanto gli effetti delle variazioni dello stock di moneta sulle decisioni di spesa si riflettono
anche attraverso le variazioni dei rendimenti relativi delle attività finanziarie. Si osserva tuttavia che per i
monetaristi un aumento dell’offerta di moneta solo in un primo momento genererà una riduzione dei tassi
nominali di interesse. Successivamente, l’aumento dei prezzi li spingerà al rialzo. Infatti, la teoria
neoquantitativa introduce esplicitamente e sottolinea l’importanza delle attese circa il livello dei prezzi
quale elemento del costo di detenere moneta.
- Tuttavia la sostanziale stabilità del funzionamento del settore privato dell’economia, accolta da Friedman,
comporta la prevalenza delle forze reali nella determinazione dell’equilibrio di lungo periodo, nonostante
l’importanza delle variazioni della moneta nel determinare il livello del reddito nominale e le fluttuazioni di
tale livello nel corso dei cicli economici. Supponendo, infatti, di aumentare l’offerta di moneta, la domanda
di moneta addizionale che sorge nel processo di aggiustamento del portafoglio viene determinata in
funzione non solo degli incrementi del reddito nominale generati dall’impulso monetario e dei tassi sulle
attività alternative, ma anche in relazione al valore della stessa moneta vista come serbatoio di potere
d’acquisto nel tempo e quindi in funzione delle aspettative circa il futuro tasso di variazione dei prezzi.
- Infatti, l’aumento delle scorte monetarie reali, a seguito dell’impulso iniziale, farà aumentare il tasso di
variazione del livello generale dei prezzi su cui si sono formate le aspettative. Ciò, portando a una
variazione verso l’alto delle stesse aspettative, indurrà a sua volta gli operatori, in un primo momento, ad
accrescere ulteriormente le spese, perché la moneta scotta. Successivamente tuttavia l’accelerato
aumento dei prezzi e la conseguente diminuzione del valore delle scorte monetarie reali, faranno
aumentare la domanda di moneta nominale, facendo diminuire l’aumento della spesa e del tasso di
variazione dei prezzi e dando pertanto origine a una reazione in un senso inverso. Il movimento oscillatorio
avrà termine solo nella nuova posizione di equilibrio quando il nuovo tasso di variazione atteso del livello
dei prezzi coinciderà con il tasso effettivo e le scorte monetarie reali saranno tornate al livello desiderato
dagli operatori.
- I monetaristi aggiungono che tra gli impulsi monetari e gli effetti sulle variabili reali intercorrono sfasamenti
temporali lunghi e variabili, cosicché interventi discrezionali per stabilizzare l’economia con variazioni
dell’offerta di moneta risultano di regola destabilizzanti.
- Se il sistema privato lasciato a se stesso tende a raggiungere una posizione di equilibrio e le variazioni
irregolari dell’offerta di moneta sono destabilizzanti, l’obiettivo della politica monetaria deve essere quello di
rendere neutrale la moneta e permettere alle forze reali di mercato di realizzare senza disturbi la loro
azione. La politica monetaria deve quindi obbedire a regole fisse nella creazione della moneta, in modo da
favorire il raggiungimento dell’equilibrio e mantenere poi l’economia su uno stabile sentiero di crescita.
- Mentre quindi i keynesiani sono favorevoli a interventi discrezionali (il cosiddetto fine-tuning), i monetaristi
ritengono che la politica monetaria ottimale debba consistere nell’evitare interventi arbitrari e debba invece
programmare tassi di crescita costanti della moneta per un lungo periodo, tali da mantenere stabili i prezzi
o il loro ritmo di crescita, secondo attese consolidate. Se dunque per i classici la moneta è neutrale,
Friedman invece ne riafferma l’importanza rilevando, tuttavia, che l’obiettivo ottimale per le autorità,
affinché il sistema realizzi la massima efficienza, è che essa torni ad essere neutrale.
LUCAS
- Se già la teoria monetarista aveva affermato l’inefficacia della politica monetaria nel lungo periodo, pur
riconoscendone l’importanza degli effetti nel breve periodo, e aveva proposto come obiettivo di ripristinare
la neutralità della moneta, i teorici delle aspettative razionali vanno oltre: la politica monetaria è inefficace
non solo nel lungo, ma anche nel breve periodo e quindi non vi è spazio per una manovra sulla domanda
aggregata.
- In altre parole, non è possibile modificare con interventi sistematici monetari o fiscali il livello di
occupazione.
- In questo senso è vero che la cosiddetta “nuova macroeconomia” che accoglie l’ipotesi di aspettative
razionali, si contrappone frontalmente al filone keynesiano che esalta viceversa le politiche discrezionali al
fine di sostenere l’occupazione.
- Se i prezzi e i salari sono flessibili, ogni scostamento dal saggio naturale di disoccupazione non può che
essere temporaneo. Inoltre ogni politica di “fine tuning” è inutile dal momento che il siste