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SOPRAINTENDENZA
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UFFICI TECNICI
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COMMISSIONI CONSERVATRICI
Firenze diventa capitale, fino all’Ottocento era una città medievale racchiusa all’interno
delle mura diventando capitale necessita di un piano urbanistico che prevedeva
l’abbattimento della cerchia muraria per creare nuovi assi della mobilità in quanto con
l’afflusso di numerose persone, la maglia stradale rappresentava un problema
A proposito di Firenze e di restauro analogico la chiesa di Santa Maria Novella ne
rappresenta un esempio.
La chiesa si trovava in prossimità di una piccola su strada che collegava ad un ponte e
che l’amministrazione aveva la necessità di allargare per cui propone di tagliare una parte
della chiesa ovvero il muro che racchiudeva il cimitero costituito da quattro archi ma la
commissione conservatrice si oppone ma alla fine nonostante l’opposizione vengono
tagliati tre anelli.
Per quanto riguarda invece la città di Milano i restauri vengono fatti da coloro che avevano
studiato all’accademia di Brera quindi non sono architetti, che avevano come mentore, un
suggeritore colto, nel caso di Maciachini era Giuseppe Mongeri, che gli dà dritte di cultura
storica e architettura.
Maciachini si era laureato a Brera come intagliatore e decoratore, di conseguenza aveva
delle forti lacune nel campo matematico le conseguenze di questo sono riscontrabili
nell’intervento compiuto nella Chiesa di S. Maria in Strada a Monza che presentò seri
problemi strutturali.
Per restauro egli intende la conservazione di ciò che esiste e la riproduzione di ciò che è
manifestamente esistito, ritiene infatti che in un restauro non si debba inventare nulla per
cui quando le tracce dello stato antico sono andate perdute è più saggio copiare i motivi
analoghi di un edificio della stessa epoca e della stessa regione geografica proprio per
questo motivo il suo modo di fare restauro prende il nome di restauro analogico in
quanto appunto cerca di ricostruire l’unità stilistica attraverso l’analogia.
CHIESA DI SANTA MARIA, MONZA
La Chiesa di Santa Maria si trovava su una strada di campagna e presentava finestroni
che dovevano essere lasciati aperti per volere di Federico Borromeo in modo tale da
permetterei ai viandanti di pregare.
Quando Maciachini interviene sulla chiesa decide di chiudere tutte quelle finestre.
CHIESA DI SAN MARCO, MILANO
La chiesa ha subito modificazioni alle aperture infatti durante il periodo barocco venne
aperto un grosso finestrone che viene eliminando da Maciachini in quanto intende
riportare la chiesa alle sue origini per cui va a reintegrare il rosone in modo da restituire un
ordine stilistico alla facciata.
SANTA MARIA DEL CARMINE, MILANO
La chiesa di Santa Maria del Carmine rappresenta un caso esemplare in quanto è giunta
fino all’Ottocento senza facciata, si tratta di un fenomeno abbastanza tipico in quanto
spesso succedeva che cominciando a costruire la fabbrica dall’abside, poi a causa di
ristrettezza economiche piuttosto che l’avvento di guerre la facciata veniva sempre
trascurata.
Caratteristiche di questa chiesa sono le aperture gotiche in facciata, Maciachini fu
incaricato di occuparsi del restauro per cui fa riferimento per analogia alle opere della
stessa epoca e regione geografica. All’inizio il progetto fu respinto dalla commissione
monumenti in quanto veniva considerata come un intervento ex novo e quindi non di loro
competenza anche perché non era stata inserita nel primo elenco di monumenti del 1875,
essa compare soltanto successivamente nell’elenco del 1902 in quanto è stata rifatta la
faccia in stile.
6.
CAMILLO BOITO (1836-1914) – RESTAURO FILOLOGICO
Camillo Boito è uno dei padri fondatori del restauro italiano.
Il restauro in Italia nella seconda metà dell'Ottocento veniva fatto sul modello di Viollet le
Duc, ovvero si facevano integrazioni nello stile ritenuto caratterizzante del manufatto su
cui si andava ad intervenire.
Non era altro che una riduzione di quello che Viollet definiva “lo stile relativo” per cui, per
analogia ovvero nel momento in cui si deve intervenire su monumento del quale mancano
alcune parti, si cerca all'interno del monumento stesso l'esempio da riprodurre: se io ho
una cornice parzialmente cancellata, la riprodurrò in modo analogo a quella superstite che
ho davanti agli occhi, se non avrò questa possibilità farò riferimento ad edifici dello stesso
genere, della stessa epoca e della stessa area geografica. Esattamente con il significato
che aveva appunto lo stile relativo per Viollet le Duc ovvero lo stile che nelle diverse
epoche si riconosce per caratteristiche comuni che sono diffuse anche all'interno di
un'area geografica circoscritta e riconoscibile.
A partire dagli anni Ottanta dell’Ottocento comincia a prendere forma un'altra idea di
restauro e il personaggio che porta ad elaborazione questa riflessione è proprio Camillo
Boito.
Camillo Boito è un personaggio molto complesso e per molti versi anche contraddittorio
che ebbe grande fama, importanza, influenza a suo tempo a tutti i livelli: culturale e
politico, infatti non era solo architetto e storico dell'architettura ma politico, consigliere
comunale dell'amministrazione di Milano, consigliere del ministero della pubblica
istruzione,poeta e romanziere.
Nasce a Roma ma cresce e si forma a Venezia dove studia all’Accademia di belle arti
dove ha come maestro Pietro Selvatico Estense,personaggio chiave della cultura della
metà dell’Ottocento essendo sostenitore della teoria secondo la quale bisogna insegnare
tutti gli stili e non solo quello classico.
Ogni stile era associato a tipologie di architetture ad esempio il gotico avendo un carattere
di sacralità era lo stile con cui costruire le chiese e le cattedrali mentre lo stile classico si
mostrava adatto agli edifici civili.
Grazie a Pietro Selvatico che Camillo Boito gli fa conoscere personaggi quali Morris,
Ruskin, Vitè, Mérimée, Victor Hugo, Viollet le Duc, quindi lo apre ad uno sguardo di
dimensione europea.
Per completare la sua formazione di architetto principalmente artistica si dedica allo studio
di materie tecniche quali la matematica a Padova.
La carriera come docente inizia molto presto infatti a soli diciannove anni, nel 1855, viene
chiamato da Selvatico come docente all’accademia di belle arti a Venezia, nel 1860
quando si trasferisce a Milano succede al direttore di Brera mentre dal 1865 al 1867
insegna al Politecnico di Milano discipline legate al restauro come rilievo e storia
dell’architettura.
Nel libro L’architettura del Medioevo in Italia , pubblicato nel 1880 egli definisce la sua
visione dell’architettura affermando che l’architettura è formata da due componenti ovvero
lo STILE ORGANICO che riguarda la parte funzionale e strutturale dell’architettura e lo
STILE ORGANICO che esprime il valore artistico di un’architettura ed è rappresentato
dalla decorazione che si esprimeva appunto attraverso gli stili.
.
Altro testo importante è il testo che riguarda il duomo di Milano, pubblicato nel 1889 e il
volume che è pubblicato alla fine del secolo, 1893, e raccoglie contributi che sono stati già
ripudiati negli anni precedenti: “questioni pratiche di belle arti”. Qui ci sono saggi fondativi
per capire il pensiero di Boito, come lo scritto intitolato: “I restauratori” dove sottoforma di
dialoghi e di rime esplicita la sua idea di restauro.
Fonda anche una sua rivista: “Arte italiana decorativa industriale” 1892 in cui pubblica temi
che riguardano architettura e arti decorative.
Boito ha avuto una grande influenza culturale mentre opera, poi dimenticato appena
morto, sarà riscoperto solo dopo la seconda guerra mondiale, non sempre con accenti di
particolare elogio, infatti critico d'arte Carlo Ludovico Ragghianti scrive che Boito ha detto
tutto il contrario di tutto il che da un certo punto di vista è vero, e per quanto riguarda il
restauro corrisponde da un lato al fatto che al momento in cui Boito comincia ad enunciare
la sua riflessione intorno agli anni ottanta dell'800, il tema del restauro è ancora un tema
ostico, non si era ancora capito che confini dare a questo settore dell'architettura, e
dall'altro c'è la componente del soggetto cioè il carattere individuale della persona, molto
istintivo che a seconda delle situazione ha espressioni contraddittorie. Da questo aspetta
Luca beltrami che fu suo allievo gli risparmiò un commento acidulo: disse che è stato
importante ma senza aver avuto chiarezza critica e di scavo che sono caratteristici di un
vero maestro, anche se fu un docente abile nel trasmettere conoscenze.
Boito, anche dopo aver sostituito Selvatico a Venezia, aveva seguito la sua linea critica
mostrando interesse per lo studio di tutti gli stili, in particolare quello del medioevo. Un po'
supera il tipo di critica che Selvatico faceva rispetto all'architettura che risentiva di una
valutazione di tipo razionalistico di spiccata tradizione veneta. Per Boito è limitativo questo
tipo di valutazione e introduce un modo di leggere l'architettura che si avvale anche del
sentimento, dell'impressione tanto che quando ci fu una polemica tra Boito e Beltrami sulla
definizione del tipo di architettura del Duomo di Milano si contrapposero due tesi: una, di
Beltrami, diceva che il Duomo era un'architettura lombardesca intendendo romanica che
aveva assunto nel corso della sua evoluzione costruttiva, allo stesso modo con cui
nell'evoluzione delle specie gli organismi viventi si adattano all'ambiente quindi riferendosi
alle teorie che erano entrate in Italia dice: il Duomo è un'architettura lombardesca, ma ha
assunto, per adattarsi all'ambiente, connotazioni gotiche. Carattere dominante impronta
lombardesca, quello recessivo: gotica. Boito contrappone la sua lettura del Duomo di
Milano dicendo: il Duomo è un'architettura gotica perchè il sentimento genuino che
pervade l'osservatore di fronte all'architettura è quello di riconoscerla come un'architettura
gotica. Quindi non è più un tipo di valutazione della qualità dell'architettura basata su criteri
razionali, ma sul sentimento, sull'impressione. Questo vede coincidere da un lato le
caratteristiche della persona che ha questa componente istintiva romantica, ma anche gli
elementi che connotano la fine dell'800 quindi il romanticismo, superare questi
schematismi razionali per dare spazio al soggetto, all'impressione, all'intuizione. Quindi
appunti la valutazione razionalistica dell'architettura è limitativa. In questo quadro
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