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RAI;

- direttore generale: Gianbattista Vicentini, molto vicino a Guala.

Guala e Vicentini guidarono la RAI solo per 2 anni, ma furono fondamentali. Erano due uomini di

Fanfani. Guala era torinese, legato alla sinistra della DC, proveniente dalle file della FUCI

(universitari cattolici) e poi dell’azione cattolica. Professionalmente era un ingegnere e manager di

esperienza in quanto aveva avuto cariche importanti nelle società piemontesi Italgas e Acque

Potabili; inoltre era stato a capo dell’Ina case.

Vicentini era invece legato al Vaticano perché era stato dirigente della cereria vaticana.

La RAI era stata completamente rivoluzionata (fino a quel momento non era avvenuta l’epurazione,

ma era rimasta come nel fascismo: era diventata un po’ democristiana e gli uomini che vi

lavoravano non erano cattolici convinti). Guala collocò prepotentemente uomini di fiducia nei posti

chiave (es. Renzo Zorzi - programmi culturali - Umberto Pacilio - programmi per i ragazzi –

Gennarini - servizio cinematografico tutti uomini che non avevano mai lavorato alla RAI).

Guala si propose di rivoluzionare tutto il personale della RAI e di mettere a lavorare per la tv gente

nuova. Per farlo, organizzò concorsi e corsi (anche per la dirigenza) a cui vennero chiamati

neolaureati, quasi tutti dell’area cattolica, spesso segnalati dai vescovi delle città (soprattutto

Torino). Parte di loro vinse e venne addestrata attraverso corsi (per questo motivo vennero chiamati

“corsari”). Da queste selezioni uscirono uomini destinati ad avere ruoli importantissimi in molti

campi della cultura italiana, come Fabiano Fabiani ed Emanuele Milano (direttori del Tg),

Angelo Guglielmi (padre dell’esperimento di RAI 3), Umberto Eco, Furio Colombo (giornalista),

Gianni Vattimo, Federico Doglio, Sergio Silva. Alcuni restarono alla RAI, altri passarono

all’editoria, come Eco e Colombo (Bompiani).

A tutti i dipendenti, vecchi e nuovi, Guala vietò di rilasciare interviste, di collaborare con la stampa,

di tenere lezioni accademiche e congressi.

Gli aziendali (i vecchi dipendenti) non erano d’accordo.

Guala accentuò e applicò anche alla tv la netta separazione tra momento ideativo e momento

esecutivo dei programmi. Poi venne vietato ai dipendenti di modificare i testi dei programmi già

approvati. I testi infatti erano tutti scritti e l’improvvisazione non permessa. La radio lasciava più

spazio all’improvvisazione, ma Guala lo impedì. Ideò una struttura di Comitati di controllo, di

indirizzo e di censura. Creò due commissioni consultive “per l’aspetto culturale e del costume dei

programmi”. Chiamò intellettuali che dessero consigli o censurassero i programmi dal punto di

vista culturale e del costume.

Altra decisione: dare direttive precise sulla morale e sull’etica che dovevano seguire i programmi.

Esisteva un legame molto stretto tra la nuova dirigenza e la chiesa cattolica, che alla nascita della tv

si preoccupò di dare delle linee guida. Pio XII iniziò da subito a farlo. Le prime sperimentazioni del

1939 erano state seguite dal Vaticano, nella sede del papa, dove c’era una sala tv. Il 2 Gennaio

1954, giorno prima dell’avvio delle trasmissioni regolari, comparve una nota pontificia sulla tv.

Veniva rivolto un appello all’episcopato italiano, pubblicato integralmente sul numero del 16

Gennaio 1954 della rivista “Civiltà cattolica”. Il papa esaltava quella chiamata “la nuova luminosa

conquista della scienza” e la possibilità di usarla per offrire alla famiglia “la possibilità di prendere

insieme onesto svago lontano dai pericoli di compagnie e luoghi malsani” la chiesa individuò

subito i possibili vantaggi della tv, che poteva ricomporre le famiglie attorno al nuovo focolare

domestico. In più la tv doveva essere usata a scopi culturali, educativi, scolastici e pastorali

(trasmissione della messa la domenica mattina e possibilità delle tele prediche).

Il papa sottolineò anche gli svantaggi del nuovo mezzo: la potenza suggestiva sul pubblico vasto e

indiscriminato; la potenza delle immagini, più pericolose del suono.

Il pubblico del cinema era volontario e selezionava cosa vedere; quello della tv era ignoto, poteva

essere chiunque, anche gli analfabeti e le persone suggestionabili. La tv aveva la possibilità di

imitare la potenza malefica e sconvolgitrice degli spettacoli cinematografici (già censurata). Il papa

faceva appello alle autorità pubbliche di applicare la censura anche in televisione. Dovevano essere

emanate norme a riguardo e i cattolici dovevano essere vigilanti attorno ai pastori della chiesa in

una nuova santa crociata, affinché la tv fosse cristianamente educatrice.

1957: emissione dell’enciclica “Miranda prorsus” vi erano citati tutti i mezzi di comunicazione

di massa. Questa enciclica fu il caposaldo della politica vaticana verso i mezzi di comunicazione.

Si sottolineava la loro funzione educativa e culturale di consolidamento della civiltà cristiana.

I condizionamenti della chiesa sulla tv furono molti: Guala dettò delle norme di autodisciplina a uso

interno. Con la collaborazione di sacerdoti e dopo la lettura del papa, Guala scrisse un codice di

autodisciplina che permettesse agli addetti alla tv di regolamentarsi nella programmazione. Le

norme erano molto interessanti; non bastavano la censura teatrale e cinematografica per la tv.: erano

necessarie norme più rigide.

[Andavano escluse le opere che presentavano il vizio o il delitto, che portavano discredito alla

famiglia, che risultavano volgari, ripugnanti, che descrivevano avvenimenti immaginari o avvenuti

che turbassero l’ordine famigliare, che esaltassero l’odio e la violenza contro anche gli animali, che

andassero contro lo stato. I costumi e la famiglia dovevano essere rispettati.

Il suicidio non deve essere visto come unica soluzione; la rappresentazione del duello era

consentita; l’eutanasia non doveva avere mai giustificazione; il divorzio poteva essere rappresentato

solo se necessario e solo se i fatti si svolgevano in Paesi in cui era consentito dalla legge].

18.04.2012

I dirigenti della tv erano al cospetto di un pubblico molto vasto e sessofobico. La gestione di Guala

suscitò dissensi e critiche, soprattutto da parte dei settori dell’opposizione (comunisti e socialisti),

ma anche dall’interno della RAI, in particolare da parte degli aziendali (i vecchi quadri dirigenti

provenienti dall’EIAR). Motivazioni che contribuirono alla rapida uscita di scena di Guala:

• ragioni politiche e ideologiche i quadri che si erano formati negli anni precedenti non

avevano al centro dell’attenzione motivazioni di natura religiosa e non condividevano

l’impronta data da Guala.

• gli aziendali difendevano le aree di potere che avevano guadagnato e che con Guala erano

state messe improvvisamente in discussione;

• perplessità di alcuni settori del centrodestra della DC, ostili in particolare a Fanfani, mentore

di Guala. Nel 1956 si appannò per un po’ la leadership di Fanfani e da questo momento il

suo potere fu ridimensionato, quindi non aveva più il potere di difendere Guala;

• dopo le elezioni del 1953, gli equilibri politici erano cambiati. La DC non aveva più la

maggioranza assoluta e aveva un bisogno dell’appoggio dei partiti laici minori. Se questi

avessero tolto il loro favore, tutti i governi sarebbero caduti. In questa fase i piccoli partiti

avevano aumentato il loro potere. Partito repubblicano, liberale e socialdemocratico

contavano più che nella prima legislatura. Erano partiti fortemente laici e furono i più aspri a

criticare l’impostazione di Guala, troppo vicina alla chiesa;

• atteggiamento dell’IRI. Dalla convenzione del 1952, l’IRI aveva la proprietà di parte delle

azioni della RAI e manifestò riserve e perplessità di natura economica sulla gestione di

Guala.

Per tutti questi motivi, Guala diede le dimissioni, seguito dal direttore generale della RAI. 4 anni

dopo Guala diventò frate ed entrò in convento.

Furono l’IRI e i vertici della DC a decidere il nuovo organigramma della RAI. Nel 1956 il nuovo

amministratore delegato era Marcello Rodinò, che avrà un ruolo importante nei 10 anni successivi

della RAI. Suo padre era stato uno dei fondatori del partito popolare (antesignano della DC) e un

esponente di spicco della DC. Rodinò era un ingegnere elettronico e come Guala arrivava dal

manageriato. Per 24 anni era stato dipendente della società SME (Società Meridionale di Elettricità)

ed era arrivato ad occupare la carica di direttore generale. Negli anni 50 l’elettricità era ancora

gestita da società private (fino alla nazionalizzazione del centro sinistra del 1963). Era la società di

elettricità più importante del Meridione. La SME non era completamente privata perché un

pacchetto azionario consistente era dell’IRI: era quindi una società semipubblica. Per questo motivo

fu l’IRI a decidere a chi toccava il ruolo di amministratore delegato della RAI.

La carica di direttore generale fu affidata a Rodolfo Arata, direttore dell’organo ufficiale della DC

“Il popolo”.

Tra “Il popolo” e la RAI esisteva uno stretto legame: infatti a sostituire Arata come direttore del

giornale venne chiamato Ettore Bernabei, che nel 1961 sarà chiamato a occupare l’incarico di

direttore generale della RAI. Arata non era un uomo di Fanfani in quanto più vicino ai settori di

centro della DC e a personaggi come Antonio Segni e Aldo Moro. Fanfani chiederà qualcosa in

cambio e otterrà la sostituzione di Arata con Bernabei, che invece gli era molto legato.

Rodinò e Arata riuscirono con grande abilità a gestire la RAI nel periodo molto fluido della seconda

e terza legislatura, muovendosi bene nel nuovo panorama politico italiano. Riusciranno a passare

indenni attraverso la grave crisi del governo Cambroni (Estate 1960: a causa della nascita di questo

governo scoppiarono disordini che quasi portarono ad una guerra civile). I due traghettarono l’Italia

verso il centro sinistra.

Arata e Rodinò restituirono il potere che Guala aveva sottratto agli aziendali, valorizzando i vecchi

dipendenti della RAI, ma in modo accorto riuscirono anche ad assorbire i nuovi arrivati. Il clima

interno alla RAI in questo periodo fu di generale tranquillità.

Rodinò era un tecnocrate: amministratore molto competente, saggio ed efficiente. Si comportò

come se la RAI fosse un’azienda qualunque: i bilanci dovevano essere in attivo, doveva essere ben

organizzata, ecc, concentrandosi esclusivamente sugli aspetti tecnici e organizzativi della RAI. Gli

obiettivi di Guala re

Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
139 pagine
2 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/06 Cinema, fotografia e televisione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher AkiraMoon di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della radio e della televisione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Piazzoni Irene Maria Luisa.