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TIRANNIDE MANIFESTA EX DEFECTU TITULI e TIRANNIDE MANIFESTA EX
PARTE EXERCITII: nella prima ipotesi si diventa tiranno con la forza,
conquistando la città e non avendo nessun titolo per farlo, mentre nella seconda
ipotesi colui che diviene tiranno ha effettivamente un potere legittimo di cui però
abusa. Un comportamento da tiranno può essere quello di colui che partecipa ad
una fazione politica impedendone le altre, anziché fare da mediatore tra le fazioni
medesime ( Tirannide manifesta ex parte exercitii ). Nel secondo caso essa si
divide in TIRANNIDE PROPTER TITULUM e TIRANNIDE PROPTER
DEFECTUM TITULI: quindi anche il tiranno tacito può diventare tale pur non
avendo alcun titolo legittimo nella prima ipotesi, oppure arrivare ad esserlo senza
avere un ruolo pubblico ma mediante una rete di circostanze che gli consentono
di porsi in questa posizione, nella seconda ipotesi.
Oltre a tutto ciò Bartolo è importante anche per la sua riflessione intorno al ruolo
della scienza giuridica nell’ambito del sapere giuridico. Si pone tale problema
perché nel XIV sec. nessuno ancora se l’era mai posto ed inoltre se Bartolo sente
di voler dare un ruolo centrale alla scienza giuridica è perché essa è minacciata
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da un cambiamento, ossia, il passaggio che gradualmente sta avvenendo tra
medioevo ed età moderna. Inoltre Bartolo da origine, oltre che al bartolismo, ad
una scuola nella quale trasmette ai suoi allievi il suo metodo; un allievo in
particolare era BALDO DEGLI UBALDI ( 1327 – 1400 ), il più importante, il
grande civilista che accompagna la scienza giuridica alla fine del 300. Anche
quest’ultimo è autore di commentari, di trattati, uno principalmente relativo ai
feudi, autore di glosse ( sebbene siamo alla fine del 300 ), autore di CONSILIA.
Cosa sono i Consilia? Prima di rispondere, dobbiamo cercare di capire come si
svolge il processo dinanzi al Podestà; noi oggi, siamo portati a pensare che il
giudice conosca il diritto e che quando l’avvocato espone una legge non ha
bisogno di dimostrarne l’ esistenza, poiché il giudice stesso, si presume che la
conosca. Al contrario, nel medioevo si presumeva l’esatto opposto, e al giudice
non era richiesta la conoscenza del diritto, poiché nelle Università il diritto
concretamente vigente ( quello degli Statuti cittadini ) non era oggetto di studio
come il Corpus; pertanto, quando un giudice entrava in carica ( e ci restava per
massimo un anno ), in una città, non ne conosceva il diritto proprio, inoltre, egli
veniva considerato come potenzialmente influenzato da qualche fazione politica,
questa la ragione per cui, il giudice veniva convocato insieme alla consulenza di
più giuristi. Questi ultimi, esperti del diritto, fornivano tale consulenza alla quale il
giudice nel giudicare doveva strettamente attenersi, altrimenti incorreva in quelle
pene che abbiamo già visto. La consulenza veniva formulata da un consiglio che
presentava delle peculiarità e che era denominato CONSILIUM SAPIENTIS
IUDICIALE ( o al plurale CONSILIA SAPIENTIS IUDICIALIA ); tali consilia erano
il nucleo fondamentale della sentenza, tradotti in ciò dal giudice ai quali doveva
attenersi, e attraverso i quali lo stesso giudice evitava di essere direttamente
responsabile.
Leggiamo qualcosa relativa ai Commenti, sopra trattai, ma prima introduciamo la
lettura di una legge del Corpus relativa al divorzio, che sarà poi oggetto del
commento da parte di Cino. PAG. 26.
INSCRIPTIO: “Legge di Teodosio II e Valentiniano III
Ordiniamo che i matrimoni leciti possono essere contratti in virtù del consenso,
ma una volta contratti non possono essere sciolti se non dando l’atto di ripudio
[ fino al concilio di Trento il matrimonio si contrae sempre così, pronunciando determinate
]. Infatti il favore nei confronti
parole, senza la presenza di testimoni o dello stesso prete
dei figli ordina che lo scioglimento del matrimonio debba essere più difficile.
Indichiamo ora con questa saluberrima legge le cause di ripudio. Così come
proibiamo che i matrimoni siano sciolti senza una giusta causa, così desideriamo
che coloro, uomini o donne, che sono oppressi da avverse necessità siano
liberati con un aiuto infausto ma necessario [ cioè è vero che è proibito divorziare senza
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giusta causa, ma la vita matrimoniale può capitare di essere così inaccettabile da poter essere
]. Se una donna scoprirà che suo marito è un adultero, un omicida, o un
sciolta
avvelenatore, o che cospira contro l’Impero, o che è stato condannato per falso,
se scoprirà che è un violatore di sepolcri, un ladro nei templi, un ladrone o un
favoreggiatore di ladroni, un ladro di bestiame, un plagiario oppure che in casa
sua sotto i suoi occhi frequenti donne di malaffare, cosa che soprattutto esaspera
anche le donne più casta, se proverà che suo marito attante alla sua vita con il
veleno, con una spada, o in altro modo simile, oppure che la prenda a bastonate,
cosa che non è tollerabile per una donna libera, allora le permettiamo di
recuperare la libertà e di eliminare le cause del dissidio per mezzo del ripudio
[ ]”.
quindi tutto ciò dal punto di vista della donna
Questo testo di legge è oggetto di un commentario fatto da Cino da Pistoia nel
1578, PAG 27. [ peculiarità grafiche: non compare il testo della legge al contrario della
glossa che presupponeva la coesistenza della legge nella stessa pagina; la struttura fisica del
commentario comincia sulla colonna di destra con un capolettera ed è preceduto da un
sommario in cui sono riassunti i punti più importanti del commentario stesso, questi ultimi
aggiunti non da Cino ma per comodità editoriali in seguito; come accadeva con la glossa
anche con il commentario si segue l’ordine del testo legale che si sta commentando, un
].
tentativo inverso si avrà in età moderna
“In questa legge l’Imperatore procede in questo modo. In primo luogo pone una
prefazione. In secondo luogo, in corrispondenza delle parole si quaigitur pone le
cause per cui una donna può essere allontanata dal marito. In terzo luogo, in
corrispondenza delle parole ibi quoq ecc pone le cause per le quali egli può
allontanarsi dalla donna. In quarto luogo, la dove si dice nisivir introduce una
pena per coloro che si separano in modo differente. In quinto luogo, in
corrispondenza della parola servus spiega in che modo si possa facilmente dare
la prova dei fatti che si allegano in giudizio. In sesto luogo, in corrispondenza
delle parole si vero provvede ai figli di tale matrimonio a proposito di quei redditi a
cui non si può rinunciare legittimamente. In settimo e ultimo luogo, annulla i patti
contrari a questa legge [ osserviamo lo sforzo del giurista nell’individuare in ogni punto il
].”
principio del commento
Il sommario di Baldo degli Ubaldi è a PAG 28.
A PAG 34 ritroviamo un sermone dottorale, cioè un discorso di Bartolo che da
professore pronuncia in occasione del conferimento del titolo di dottore ad un
allievo, dopo aver costui sostenuto l’esame finale. Bartolo sottolinea il ruolo della
scienza giuridica all’interno della gerarchia dei saperi. Secondo Bartolo la
scienza giuridica occupa insieme alla teologia il posto in cima alla gerarchia, ed è
essa stessa che soccorre le altre scienze, ma mai viceversa. Questo significa
che tutte le altre scienze dipendono da quella civile e che dunque anche il
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giurista abbia un ruolo predominante nella visione bartoliana, centrale all’interno
della società. Tutta questa fatica che Bartolo compie, però, è come se ci
indicasse che forse tale ruolo della scienza civile stessa sta progressivamente
perdendo la sua centralità, la sua solidità, e siamo nella prima metà del 300.
Baldo, qui sopra ripreso, è anche autore di un commentario al Liber Extra, e
questo è importante perché ci mostra ancora lo stretto legame tra i due ordini
rappresentati dal Corpus Iuris Civilis e dal Corpus Iuris Canonicis. Quest’ultimo
abbiamo visto si forma gradualmente e a tal proposito non abbiamo seguito tutto
il suo completamento definitivo, infatti lo abbiamo lasciato subito dolo la
pubblicazione del Liber Extra. Ma cosa succede dopo il 1234? I Papi producono
ancora decretali, singolarmente, e producono anche nuove raccolte che si
affiancano al Liber Extra, sostituendo tutte le raccolte precedenti, in particolare, si
parla di una raccolta la cui promulgazione, nel 1298, è attribuibile a Papa
BONIFACIO VIII ( metà sec. XIII ), definita in modo bizzarro come LIBER
SEXTUS. Si tratta di un’opera meno corposa rispetto al Liber Extra, e definita
SEXTUS a completamento dei 5 libri già presenti nello stesso Liber Extra. Quello
che cambia, però, è la maturità dell’opera legislativa del Papa, anche se in fin dei
conti si tratta di una raccolta di decretali, ma mentre aprendo il Liber Extra di
questo ce ne accorgiamo subito ( poiché sono ricomprese decretali ritagliate da
Gregorio IX, il quale indicava le omissioni con l’espressione et infra ), Bonifacio
lascia le decretali del Liber Sextus intere, adeguandole meglio alla legislazione
che intende compiere e dando una migliore coerenza ai teste stessi. Bonifacio
VIII è celebre anche per un’altra vicenda, che lo vede assertore del primato del
Pontefice, non solo all’interno della gerarchia ecclesiastica, ma anche rispetto al
potere secolare ( idea non nuova poiché la difesa delle rispettive prerogative
aveva formato il nucleo della contesa con L’Impero da sempre ); inoltre, da un
cinquantennio L’Impero non è più in condizione di impensierire seriamente. I rivali
del Papa, in questo momento, sono i Re, come quello d’ Inghilterra, ma
soprattutto quello di Francia FILIPPO IL BELLO, con cui avvia un durissimo
scontro nei primi anni del 300; per la prima volta il Papato ne esce sconfitto, tanto
che il Papa viene anche fatto prigioniero ad un certo punto. Tutto questa
rappresenta anche il momento in cui il Papato deve riformulare le proprie
pretese, riscriversi insomma, tenendo conto dell’emergere delle monarchie locali
estremamente potenti, la cui autorità diventa sempre più invasiva. Talmente
grande era l’autorità di Filippo il Bello, che nel XIV secolo il Papato ne subisce
una grande influenza tanto da decidere di lasciare Roma e di trasferire la propria
sede, dal 1309 – 1378 ( quasi 70 anni, anche se il Papato era sempre stato
mobile, ma restando pur sempre nell’area romana, e tornando sempre a Roma
che lasciava solo d’estate per paura della malaria ). A trasferire la sede è il