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GROTOWSKI

Che cosa distingue il suo Teatro-laboratorio dal Living Theatre? Il Living era un gruppo

proiettato nella società, vede il teatro come strumento per veicolare un messaggio, è una

realtà estroflessa. Il teatro-laboratorio invece è una realtà introflessa, interessata a

sperimentare nuove forme di espressione teatrale (nuovi linguaggi); il teatro è il loro scopo

e di conseguenza l'elemento fondamentale in ciò è la tecnica dell'attore, per possedere la

quale è necessario un training (allenamento). La differenza tra i due sta nel fatto che la

sperimentazione del Living è più sociale, quella di Grotowski è invece una

sperimentazione scientifica. Laboratorio è quindi termine inteso con accezione

scientifica: lì vi si compiono sperimentazioni di carattere oggettivo. Chiusura in una

profondissima e rigorosissima sperimentazione. Anche il Laboratorio di Grotowski in realtà

successivamente si aprirà -> anni Settanta, parateatro. L'attività di Grotowski si può

dividere in quattro periodi di ricerca teatrale e post-teatrale

Logica di ricerca e di anticonformismo: Grotowski va controcorrente rispetto allo spirito

in ambito teatrale del suo tempo. Fin dall'inizio Grotowski ha ben chiaro il motivo per cui

ha iniziato a fare teatro: attraverso esso cerca di rispondere a domande filosofiche, che

riguardano gli esseri umani in generale, lui pensa che il teatro possa essere un luogo dove

si possa rispondere concretamente alle domande esistenziali.

28/10/2013

Grotowski vive tra il 1933 e il 1999. Figura chiave dalla ambigua considerazione:

moltissimi lo vedono come un grande maestro alcuni -minori- come un “ciarlatano”.

Nessun altro regista del Novecento gode di una fama tanto variabile.

“Uno strano paradosso. Un uomo di teatro la cui fama non dipende dalle produzioni

pubbliche, ma dalle centinaia di individui che ha incontrato, toccato, cambiato […]” scrive

nel necrologio a lui decidano nel 1999 R. Schechner. Grotowski ha incontrato molti

individui, a prescindere dai suoi spettacoli in sé (spettatori numericamente molto limitati)

ma grazie anche a laboratori, workshop… E’ rarissimo che il teatro ti cambi la vita. Nel

caso di Grotowski è impossibile un discorso su di lui che resti limitato al teatro: egli ha

passato la vita ad eccedere al teatro.

Grotowski rappresenta il punto di arrivo del filone dei registi maieuti/pedagoghi: registi

che lavorano per mettere l’attore in condizione di creare lo spettacolo. Il primo in questa

specie di registi è stato Stanislavskij: il metodo Stanislavskij. Altro che segue questa linea

di regia teatrale è E. Barba. Il filone ad essi contrapposto è quello dei registi demiurgi: che

coordinano e creano in toto lo spettacolo.

Grotowski si considera un continuatore di Stanislavskij -> che ha introdotto il metodo

delle azioni fisiche: sistema che non parte dall’interiorità, sensibilità dell’attore, come

nella versione classica (“che cosa sentirei se fossi il personaggio che sto interpretando?”),

ma parte direttamente dall’azione concreta (“che cosa farei se fossi il personaggio che sto

interpretando?”)

Grotowski incarna meglio di chiunque altro quella che è nominabile come la vera

rivoluzione teatrale del Novecento: la vera novità e discontinuità rispetto al passato non

sta tanto in stili ed estetiche, ma nel rovesciamento del teatro da fine a mezzo (*): il

teatro non è più soltanto fine a se stesso (produzione di spettacoli che diano divertimento)

ma diventa un mezzo: mezzo di ricerca spirituale, mezzo di conoscenza… Grotowski

applica questa novità teatrale in modo molto più innovativo rispetto ai colleghi che hanno

fatto lo stesso. Si ha una disgiunzione tra teatro e spettacolo, praticata da Grotowski con

particolare radicalità; prima di lui si può affermare sia stato Artaud a concepire questa

visione di teatro, sebbene in maniera astratta, non messa in pratica. Il teatro non è solo

spettacoli ma molto di più: al punto che, come dimostra G. dal ’69 in poi, è possibile

restare in campo teatrale senza realizzare più spettacoli. Teatro che fornisce mezzi

interpretativi, va interpretato come lavoro su stessi (formula introdotta da Stanislavskij nel

suo libro Il lavoro dell’attore su se stesso, unica opera che ha rivisto prima di morire):

Grotowski rifacendosi a Stanislavskij individua il teatro come mezzo indipendente.

C’è un filo che rende unitario il lavoro di Grotowski nonostante il fatto che fino al ’69 egli

abbia prodotto spettacoli e da lì in poi no: non cambiano prospettive e finalità del suo

lavoro, che restano invariate. Alla domanda “che cosa ti ha attirato ad iscriverti alla scuola

di teatro di Cracovia?” Grotowski risponde: “Non ho mai cercato il teatro ma sempre

qualcosa altro: da giovane mi domandavo quale fosse il mestiere possibile per cercare

l’altro ed il se stesso […] in fondo è stato questo interesse per l’essere umano negli altri ed

in me stesso che mi ha portato al teatro ma avrebbe potuto portarmi alla psichiatria o

anche alla yoga.” -> G. è spinto al teatro per una questione filosofica non artistica. E’

fondamentalmente una ricerca unitaria: gli interessa l’essere umano e l’entrare in relazione

con l’altro da sé: se questo è l’obiettivo in un primo tempo egli produce spettacoli. Si

accorge poi che il teatro “classico” non aiuta l’interazione tanto quanto pensa.

parateatro

Si apre la fase del (’70 - ’78): è la fase dell’incontro. Non più attori e spettatori,

ma partecipanti ad uno spettacolo. Vi è una ricerca di autenticità, di vissuto collettivo,

evitando la parola. teatro delle fonti

Si apre poi la fase del (’78 - ’81): contrapposta alla fase collettiva

questa è profondamente solitaria: all’insegna della solitudine dell’individuo che lavora su di

sé. Si vuole cercare di risalire alle tecniche performative originarie: cosa accomuna il rito, il

gioco, il teatro..? Con un’ottica da storico ripercorre questa linea di pensiero

arti rituali arte come veicolo

Si apre l’ultima, la fase delle , che diventa (’86 - ’99). A

Pontedera fonda un Workcenter insieme a T. Richards. Qui si realizza nel complesso la

sua intenzione di (*) rovesciamento del teatro da fine a mezzo. Produce actions, non

spettacoli ma performance, finalizzate alla sperimentazione delle percezioni e degli stati di

coscienza da parte dell’attore in primis, finalizzati quindi al performer non allo spettatore.

Alla morte di Grotowski questa sua ricerca è proseguita grazie ai frequentanti il Workshop

fondato da lui e Richards, attiva ancora oggi. [“Gli esercizi (teatrali] sono come il lavarsi i

denti: necessari, ma non creativi.”]

29/10/2013

Per chi volesse, esiste la versione integrale video degli spettacoli “Akropolis” e “Il principe

costante”.

La poetica teatrale del teatro povero è da intendere come forte polemica in

contrapposizione ai “teatri ricchi”, tradizionali, che confondono il teatro con lo

spettacolo, puntando solo sulle caratteristiche formali (spettacolari) quali costumi,

scenografie elaborate ecc.. In “Per un teatro povero” (1968) Grotowski fa quello che viene

anche chiamato “lo striptease del teatro”, ossia lo spoglia ad uno ad uno di tutti gli

elementi presenti nella tradizione per arrivare alla sua vera essenza (senza testo esiste il

teatro? Sì. Senza costumi? Senza scena? Ecc), essenza che è il rapporto con lo

spettatore, elemento trascurato dai “teatri ricchi”. [“Per un teatro povero” è un libro da

aggiungere alla lista dei facoltativi]

Elementi caratteristici sono la collettività degli attori (non solo recita ma anche canto,

danza, movimenti collegati) e il radicale ripensamento dello spazio scenico. In questo è

aiutato da Jerzy Gurawski, architetto polacco, con cui progetta uno spazio rettangolare

vuoto senza distinzioni tra pubblico e scena, da pensare e creare di spettacolo in

spettacolo a seconda della relazione che si vuole creare. Gli spettatori diventano parte

integrante ed attiva dello spettacolo (coinvolgimento fisico e drammaturgico). Es. “La

tragica storia del dottor Faustus” gli spettatori sono attorno al tavolo dell’ultima cena,

“Kordian” è ambientato in un ospedale psichiatrico, nella stanza ci sono lettini e il pubblico

è seduto lì come se fosse anch’esso paziente dell’ospedale.

“Akropolis” è tratto dal testo del dramma simbolista di Wysplanski, Grotowski rovescia la

situazione originale ambientandolo ad Auschwitz. Le scene sublimi di W. (il matrimonio di

Rachele, gli amori di Elena e Paride, le lotte di Giacobbe…) rimangono tutte nello

spettacolo, ma vengono performate da deportati di Auschwitz che a fine spettacolo

spariscono -> contrasto tra il sublime degli elementi dell’opera di Wysplanski e il degrado

di Auschwitz riportato da Grotowski. Rovesciamento, derisione, celebrazione della

grandezza del retaggio occidentale ad Auschwitz -> è un trattamento del testo , non

rappresentazione del testo vera e propria perché obiettivo di Grotowski è far rivivere il

mito contenuto nell’opera, non dar vita a uno spettacolo -> la scelta di trattare un

argomento come la Shoà è singolare per il periodo, nessuno tratta l’argomento in quel

periodo. Lo spettacolo dà la possibilità di rivivere la situazione in tempo presente, diverso

da qualsiasi documentario, che per quanto dettagliato riferisce le azioni tutte proiettate nel

passato e non nel presente, lo spettacolo fa rivivere le situazioni [affinità tematiche:

imprigionamento: The Brig = spettacolo sulle prigioni dei Marines in America è stato prodotto

periodo].

nello stesso

Grotowski opera nella Polonia comunista degli anni Sessanta e di conseguenza gli

sarebbe stato impedito l’operato se si fosse espresso in termini politici espliciti (gruppi

teatrali polacchi espliciti sono andati in galera);

Dal ’63 al ’65 lavora su “Il principe costante” –> punto di svolta sul metodo di

coinvolgimento dello spettatore. Deluso dagli esperimenti precedenti, il troppo

coinvolgimento mette lo spettatore in una situazione di imbarazzo, capisce che il vero

coinvolgimento non è esteriore ma intellettuale ed emozionale (spirituale?) quindi separa

nuovamente le due realtà mantenendo però una vicinanza necessaria al coinvolgimento

empatico. Gli spettatori si trovano ora su un balcone che si affaccia sulla scena, passano

da partecipanti

Dettagli
A.A. 2014-2015
37 pagine
3 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/05 Discipline dello spettacolo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher viola.valeriani di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia del teatro e dello spettacolo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof De Marinis Marco.