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Il Padiglione della Grecia del 1948 alla Biennale di Venezia

occupato dalla collezione di Peggy Guggenheim, era piccolo, con una collezione di opere d'arte contemporanea. Scarpa utilizzò questo spazio per creare, ad esempio, una contro soglia, ossia inverte i valori, da fuori sono invitato da questo semplice ma vengo come spinto dentro, quasi ingoiato da dentro come una presa d'aria.

Interessante è il tema della soglia che è diventato l'occasione per stravolgere le sculture e occupare lo spazio della città, interessante è la soluzione che prevede da una parte l'incursione delle opere dentro la città e dall'altra la difficoltà ad entrare, interpretazione molto intelligente di un tema surrealista. Anche una scala come un ingresso può essere usata, come nel caso della grande scala di Achille Castiglioni della Biennale che divenne un grande supporto espositivo, in confronto con la scala del Museo M9.

13 ALLA FIERA DI MILANO

A PARTIRE DAL 1951 BALDASSARRI fece una serie di padiglioni: si accorse che la gente aveva voglia di uscire, di mostrarsi oltre che guardarsi e allora si inventò un tubo di acciaio dell'acciaieria Breda che divenne luogo di esposizione ma fu lo montò su dei cavalletti per creare un lungo percorso a zig-zag per far entrare in questo tubo, la gente faceva la fila. Il curatore costringeva la gente a fermarsi e a guardarsi, a farsi fotografare, è una messa in scena del pubblico che diventa protagonista dell'esposizione. Si vede anche una scala monumentale funzionale alla lettura di questa frase, anche questa è una didascalia. Anche attraverso le didascalie, si rendono partecipi tutti i visitatori, per far in modo che anche chi guarda non sia un neutro. Nella mostra di Henri Cartier-Bresson di Palazzo Grassi è stato spezzato un ritmo, è stata creata una spinta che conduce ad un'altra soglia e allo stesso tempo suggerisce che non.c'è una continuità nel racconto, diversi curatori dovevano sistemare le fotografie in maniere differenti, è tutto giocato sulle narrazioni che si fermano e ricominciano. Tendenzialmente nelle mostre degli anni '50 si poteva toccare l'oggetto esposto, si crea una relazione con esso, non solo basata sugli sguardi, oggi queste relazioni fisiche non si possono fare. In alcune mostre il pavimento partecipa, secondo un'utilizzazione a 360° dello spazio con tutto il potenziale e partecipa usando la segnaletica fatta di forme colorate, ci lascia liberi nel fare il percorso fino ad un certo punto ma allo stesso tempo ci suggerisce qualcosa, ci indirizza. Alla Biennale del 1911 come nel museo del '900 c'è l'idea del modulo come forma del mondo, ABC delle forme, la natura è disordinata ma dentro la natura c'è la regola (Goethe e astrattisti degli anni '10) e tutto lo spazio ruota attorno a questa modularità.

Guardando lo nel suo impaginato rispetto all'intera distribuzione sulla parete, c'è anche qui una griglia invisibile. Gli oggetti si offrono in funzione di questa centralità dello sguardo. Una mostra del 1963 di Castiglioni a Milano fu realizzata insieme ad un regista, concependo un intero involucro di legno per esigenze di tempo (concezione cantieristica) come se fosse un palco scenico, mettendo un disagio per rendere attento l'osservatore attraverso i sensi.

LEZIONE 05

Boccioni scrisse alcuni manifesti teorici in cui lo stesso artista nella mostra dell'aprile 1910 della pittura futurista nella Galleria Belridottoe al Teatro Costanzi, dopo in un'altra galleria nel 1913 i firmatari del movimento, ossia Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Giacomo Balla e Gino Severini ebbero la possibilità di esporre e allestire alcune opere. Nel catalogo si legge che la loro volontà era di dare quanto più possibile ai loro quadri.

una costruzione solida che non avrebbe potuto dare ai loro quadri una costruzione solida tale da condurre ad una tradizione passata qualsiasi: non può esistere pittura moderna senza il punto di partenza di una concezione assolutamente moderna e nessuno può contraddirli quando affermano che la loro pittura è fatta di concezione e sensazione finalmente unite.

Il quadro, con il Futurismo italiano, è come che deflagrasse, come fosse scoppiata una bomba all'interno della capacità di lettura del quadro. Un dipinto del Futurismo deve essere letto con le parole chiave di coinvolgimento nello stesso tempo e nello stesso luogo di più sensi e di più punti di vista di percezione visiva. La simultaneità nell'opera d'arte è una meta inebriante nella nostra arte: i futuristi dipingendo cercavano di proiettare e mettere lo spettatore al centro del quadro, dato che il quadro, secondo il manifesto, deve essere la sintesi di

ciò che si ricorda e di quello che si vede: è un desiderio abbastanza potente di enfatizzazione emotiva ed estetica che trasforma dopo la tela in qualcos'altro.

Se lo spettatore è al centro della riflessione del problema che si ponevano i futuristi nella dimensione spaziale, è presto fatto un collegamento con gli ambienti del futurismo che gli stessi artisti si trovavano ad allestire.

Il Futurismo era un movimento che da quando nacque aveva il pretesto di essere internazionale e infatti furono organizzate mostre anche in altre città europee come Parigi. Di sicura portata e importanza fu la Galleria a Palazzo Pesaro del 1927 a consacrare il Futurismo in Italia ed una successiva del 1929 in cui, gli artisti, chiamati ad esporre, dichiarano la stessa sensibilità per alcune passioni che per i futuristi erano 4: passione per la profondità, ossia spingersi oltre il piano sensitivo, superficiale quindi oltre l'apparenza, la seconda

è la passione per il vivo, ossia il ricevere e offrirsi ciò che è in moto sempre, e la terza è l'odio per tutto ciò che è statico. Invece, avevano la passione per la libertà, ossia una passione sfrenata per i larghi orizzonti e anche una passione per la complessità. La rinuncia per lo statico portò i futuristi ad eleggere e mettere in atto un vero e proprio verbo futurista, che si manifesta anche negli allestimenti che ora vedremo. Quelle dei futuristi sono delle offerte di progettazione che arrivavano o in seno ai progetti, anche di esposizioni stesse, o per dei tronconi di affermazione legati per esempio alle case d'artista, alle feste e cabaret futuristi (altro momento di affermazione della poetica spaziale) e l'allestimento di alcune mostre. Bisogna sempre tenere a mente che per i futuristi la dimensione dello spazio è totalizzante, che fa partecipare simultaneamente tutti i nostri sensi: nell'involucro.

Dello spazio convergono diversi punti di vista, diverse percezioni spazio-temporali-emotive e soprattutto diversi ambienti che venivano di volta in volta creati dagli allestitori e dagli artisti stessi. Si crearono delle strutture plastiche e complesse all'interno degli spazi (tipo di struttura obbiettivo anche della scultura nel manifesto futurista) e l'allestimento divenne un mezzo, alla stregua di altri canali di affermazione come la scenografia o la tipografia, per impaginare lo spazio in un modo innovativo. I futuristi organizzarono esposizioni didascaliche come le seguenti nelle quali dal punto di vista dell'allestimento nulla c'era di innovativo, se non una dimensione partecipativa familiare di una sorta di "living with art", ma alcune mostre come l'esposizione di Boccioni dal punto di vista allestitivo non ha granché di innovativo, sembra una serie di dipinti alternati dall'esposizione di alcuni oggetti scultorei e con sostegni.

modulari nelle pannellature.
LA VERA RIVOLUZIONE GIUNSE NEGLI ANNI ’20 anche se qualcuno aveva tentato di catturare lo sguardo dell’osservatore in una sorta di simultaneità della visione che era proprio una pretesa degli artisti del futurismo.
Sempre interessante per lo sguardo dei fotografi del Futurismo o comunque per coloro che usavano la fotografia come medium per esprimere questo aspetto della simultaneità, è l’artista stesso ad essere in un’apparizione sinestetica che unisce diverse funzioni anche percettive all’interno e nell’opera d’arte.
Grande protagonista della rivoluzione degli spazi del Futurismo fu Fortunato Depero, nella mostra personale di Depero a Roma è già qualcosa di diverso, aggiornato anche graficamente dal punto di vista di impaginazione dello spazio. Si tratta di una mostra personale in spazi non adatti troppo ad ospitare mostre ufficialmente (sono ambienti simili a caffè o spazi di)

passaggio) ma nella quale i firmatari del Futurismo sono immortalati con impaginate alle pareti le opere personali di Depero. 15Interessa il modo in cui vennero allestite e srotolate agli spettatori alcune opere anche di cartellonistica sistemate al soffitto di questa stanza. Fu fatto un tentativo anche di incorniciare in modo diverso le opere, creando una sorta di catapulta dell'attenzione e legare lo spettatore alla dimensione spazio-percettiva dell'opera stessa: si creava una sorta di effetto sorpresa che si trova anche nella grafica del Futurismo (grafica aggiornata dal punto di vista dell'impaginazione dello spazio), che poi portò gli artisti futuristi ad occuparsi anche di teatro.

I futuristi furono anche chiamati ad allestire pagine memorabili di rassegne fieristiche: ciò che legava questi allestimenti era una sorta di effetto sorpresa che ricordava ancora una volta una grafica aggiornata dal punto di vista dell'impaginazione dello spazio.

Nella mostra

drammaticità generato dalla combinazione di luci e ombre. La Biennale di Monza del 1923 rappresentò un momento di svolta nell'approccio all'arte decorativa, introducendo nuove forme di espressione e coinvolgimento emotivo dello spettatore nello spazio espositivo.spazio temporale e soprattutto percettivo che in qualche modo queste mostrerie scendono di sicuro a veicolare. Il trattamento delle superfici viene anche messo in relazione con una delle più avanzate esperienze come la tipografia che st
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A.A. 2021-2022
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/03 Storia dell'arte contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Lauracrepaldi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia degli allestimenti di arte contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Iuav di Venezia o del prof Castellani Francesca.