Anteprima
Vedrai una selezione di 10 pagine su 44
Lezioni, Scienze della comunicazione Pag. 1 Lezioni, Scienze della comunicazione Pag. 2
Anteprima di 10 pagg. su 44.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Lezioni, Scienze della comunicazione Pag. 6
Anteprima di 10 pagg. su 44.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Lezioni, Scienze della comunicazione Pag. 11
Anteprima di 10 pagg. su 44.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Lezioni, Scienze della comunicazione Pag. 16
Anteprima di 10 pagg. su 44.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Lezioni, Scienze della comunicazione Pag. 21
Anteprima di 10 pagg. su 44.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Lezioni, Scienze della comunicazione Pag. 26
Anteprima di 10 pagg. su 44.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Lezioni, Scienze della comunicazione Pag. 31
Anteprima di 10 pagg. su 44.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Lezioni, Scienze della comunicazione Pag. 36
Anteprima di 10 pagg. su 44.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Lezioni, Scienze della comunicazione Pag. 41
1 su 44
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

La distinzione fra «espressione» e «contenuto» è stata introdotta da Hjelmslev per indicare i due piani dalla

cui connessione risultano qualunque segno, testo e sistema di segni. L’espressione corrisponde al piano dei

significanti e il contenuto a quello dei significati. Ma se il segno è dunque, un’entità generata dalla

connessione dei due piani, non possiamo automaticamente dedurre che il segno grafico «rosso» sia il segno

di un particolare colore. Nelle diverse lingue lo spettro cromatico viene organizzato in maniera differente e

perciò il colore in questione non è concepibile indipendentemente dalla segmentazione particolare

effettuata dalla lingua nella quale è espresso il segno grafico. Quindi, sul piano dei contenuti bisogna

9

distinguere ulteriormente due livelli: la “forma del contenuto” e la “sostanza del contenuto”.

Analogamente, bisogna distinguere una forma e una sostanza dell’espressione. Ciascun piano, allora, è

costituito da una “materia” che, assumendo una “forma”, struttura la materia in “sostanza”. In ogni

semiotica, possono essere distinti un piano dell’espressione e un piano del contenuto, i quali unendosi,

danno luogo ad una semiotica “denotativa”.

Il processo semiotico va però oltre questa semplice funzione di base, che può a sua volta costituire il piano

dell’espressione per una semiotica “connotativa”.

Nel caso inverso, la semiotica denotativa può costituire il piano del contenuto, dando luogo ad una

“metasemiotica”, come è nel caso dei metalinguaggi. La linguistica ne costituisce un esempio: ci serviamo,

infatti di una lingua per parlare di una lingua.

I due piani del linguaggio (espressione e contenuto) sono stati ampiamente utilizzati nella linguistica

strutturale. Greimas, per esempio, utilizzando l’espressione distribuzionalista di Levin, secondo la quale le

unità poetiche sarebbero proiezioni degli schemi sintagmatici, costruisce due livelli gerarchici di

comunicazione poetica.

La linguistica statunitense 10

Negli anni Venti comincia ad acquistare una propria fisionomia anche la linguistica statunitense, per merito

di Sapir e Bloomfield. L’opera di Bloomfield ha dominato a lungo negli anni Trenta e Quaranta e si è ispirata

ad un’impostazione comportamentistica del rapporto tra linguaggio e pensiero e dando vita alla corrente

linguistica denominata distribuzionalismo. Secondo questa ottica, gli elementi linguistici erano descritti in

relazione alle strutture e ai contesti in cui si organizzano, e cioè secondo la loro “distribuzione”. La

scomposizione della frase nei suoi elementi “costituenti” giunge fino alle unità minime non più utilizzabili i

morfemi. Nonostante l’importante lascito nel campo dell’analisi morfemica, il distribuzionalismo non né

approdato a risultati compiuti ed è stato definitivamente messo in crisi dal generativismo. Corrente

linguistica identificata in larga misura con l’opera di Chomsky, i cui sviluppi stimolano ancora non soltanto

l’analisi del linguaggio ma anche altri aspetti della cultura contemporanea, come l’epistemologia, la

psicologia ecc.

Dagli scritti di Sapir invece, emerge una visione “umanistica” del linguaggio e la sua attenzione per la

complessità del fenomeno linguistico tende a sottolineare costantemente il carattere simbolico. La lingua

non è una semplice nomenclatura degli oggetti ma forma il pensiero ed è essa stessa una visione del

mondo. Questo concetto sviluppato da un suo allievo Whorf è tramandato negli studi come “l’ipotesi Sapir-

Whorf”. Essa afferma che i modelli culturali, i modi di pensare e la stessa struttura sociale sono

determinati dalla struttura del linguaggio usato in una particola cultura.

In una prospettiva ancora diversa si muove la grammatica generativo-trasformazionale di Chomsky.

Secondo il modello di analisi del linguaggio proposto da Chomsky, l’accoppiamento tra suoni e significati

non avviene mediante l’accesso a liste codificate di coppie, bensì attraverso il possesso di un sistema di

regole dal quale le liste di coppie si generano. La grammatica chomskiana punta dunque sulle “regole” e

non sugli “elenchi” di tipo distribuzionalista. La capacità di adoperare le regole per accedere ad un numero

infinito di frasi viene chiamato “ competenza” (competence) linguistica, mentre l’uso effettivo, il reale

comportamento di comprensione e produzione del linguaggio è detto “esecuzione” (performance).

Il dominio della sociolinguistica

Il termine sociolinguistica è entrato nell’uso scientifico da un tempo relativamente recente, da quando,

cioè, si è accentuato l’interesse per gli aspetti sociali dell’uso del linguaggio. Una prima e generale

distinzione fra sociologia del linguaggio e sociolinguistica definisce la prima come lo studio della lingua

come una variabile all’interno di una rete di relazioni sociali, la seconda invece, dovrebbe occuparsi delle

manifestazioni interne al sistema linguistico. Sulla stessa linea si situa la distinzione fra micro

sociolinguistica e macrosociolinguistica. All’interno della microsociolinguistica si inseriscono gli studi sulla

competenza comunicativa dei membri di un gruppo di parlanti, mentre la macrosociolinguistica si occupa

dell’analisi dei sistemi linguistici usati dai parlanti nelle dinamiche comunicative.

Hudson definisce la sociolinguistica come «lo studio della lingua in rapporto con la società», Greimas

oppone invece un progetto di scienza che abbia come scopo non solo l’analisi delle connotazioni sociali ma

che abbia la capacità di costituirsi come una «teoria generale della manifestazione e della produzione delle

significazioni sociali in tutti i tipi di società umana». La linea di studi che abbiamo già definito come micro

sociolinguistica, finisce col mettere in evidenza l’analisi delle interazioni linguistiche e in questo quadro si

situano gli studi delle regole della conversazione e del discorso, in una linea evolutiva che si snoda dalla

pragmatica di Austin e Searle, attraverso la teoria degli atti linguistici, fino all’analisi di Goffman.

Tutti gli enunciati sono secondo Austin e Searle, particolari tipi di azione sociale: in altri termini gli enunciati

svolgono precise funzioni come ordinare, dichiarare, minacciare ecc. Goffman, da una prospettiva

sociologica, ritiene che il linguaggio costituisca essenzialmente un’attività. Riassumendo gli assunti teorici

delle diverse scuole diremo che: la teoria degli atti linguistici secondo Austin (l’enunciatore compie

un’azione sociale) si può sintetizzare: 11

Di fatto l’atto locutivo di Austin è suddiviso da Searle nei due atti espressivo e proposizionale, la

dimensione retica è sdoppiata nelle dimensioni della referenza e della predicazione. L’interazionismo di

Goffman si può schematizzare in quattro punti:

Al solo scopo di completare l’elencazione dei nodi problematici è bene ricordare la prospettiva di Habermas

sugli universali pragmatici; lo studioso tedesco studiando la teoria di Austin, individua 5 classi di atti

linguistici, si cui solo quattro farebbero parte degli universali pragmatici.

1. Atti comunicativi: esprimono il senso del discorso.

2. Atti constativi: esplicitano il senso delle affermazioni.

3. Atti rappresentativi: esprimono il modo in cui l’enunciatore si autorappresenta al destinatario.

4. Atti regolativi: esprimono il senso del rapporto comunicativo accettato da parlanti e ascoltatori.

La quinta classe, quella degli atti esercitivi e comportamentali di Austin, è considerata invece “non

universale” in quanto tali atti presupporrebbero l’esistenza di istituzioni socioculturalmente determinate. 12

Come è facilmente avvertibile il percorso della sociolinguistica è strettamente intrecciato con quello della

linguistica e della ricerca sociologica. La sociolinguistica comunque, si muove entro confini ampi; accanto

allo studio microsociolinguistico, esiste una dimensione macro, in cui i sistemi linguistici di una comunità

sono indagati e posti in relazione con gli eventi comunicativi prodotti dal linguaggio e da contesto sociale.

In questo quadro si inseriscono gli studi sulla varietà linguistiche e dei fenomeni di bilinguismo e diglossia,

articolati in tre punti:

1. Rapporto varietà e situazioni d’uso (studio dei sub-codici e dei registri linguistici).

2. Rapporto varietà e distribuzione geografica dei parlanti (studio degli idioletti e delle lingue

regionali: dialettologia).

3. Rapporto varietà e stratificazione sociale dei parlanti (studio delle varietà sociali).

Tra le parole chiave specifiche di questo indirizzo vanno segnalate almeno:

 Repertorio linguistico = insieme delle varietà disponibili per una comunità di parlanti;

 Bilinguismo = compresenza in una comunità linguistica di due lingue;

 Diglossia = lingua “alta” (ufficiale) vs lingua “bassa” (quotidiana);

 Fenomeni di contatto = creazione di lingue diverse in caso di bilinguismo o diglossia.

I percorsi della semiotica

Tradizionalmente la semiotica viene definita come la scienza che studia la natura dei segni, la loro

produzione, trasmissione e interpretazione. Storicamente i segni privilegiati sono state le parole. I padri

fondatori della “scienza dei segni” sono indicati in Peirce e de Saussure. Le loro elaborazioni teoriche,

contengono significative diversità. La prima e più importante differenza è d’ordine complessivo e riguarda

la nozione stessa di segno. Per de Saussure il segno, anche quando non sia linguistico, è sempre

socialmente codificato (scrittura, segnali militari, ecc.) e perciò è fortemente determinato dai caratteri di

“intenzionalità” e “artificialità”: una sorta di artificio comunicativo che riguarda due esseri umani che

decidono deliberatamente di comunicare qualcosa. Nella riflessione di Peirce invece, non viene preso in

considerazione alcun interprete o soggetto cosciente. Nell’elaborazione di Peirce il segno è definito come

«qualcosa che sta a qualcuno per qualcosa sotto qualche rispetto o capacità. Si rivolge a qualcuno, cioè crea

nella mente di quella persona un segno equivalente, o forse un segno più sviluppato. Questo segno che

esso crea lo chiamo interpretante del primo segno». In questo modo il segno diventa representamen, cioè

l’espressione dell’oggetto stesso. Il rapporto fra i tre elementi, fra il segno (o representamen), l’oggetto e il

nuovo segno creato, l’interpretante, è schematizzabile in un triangolo: 13

L&rs

Dettagli
A.A. 2014-2015
44 pagine
1 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher tuttoriassunti di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Scienze della comunicazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Morcellini Mario.