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I neonati sono particolarmente propensi a individuare i margini esterni degli oggetti che
vedono, ma se qualcosa di interessante è presente all'interno dello stimolo (un elemento in
movimento) spostano lo sguardo anche all'interno dell'oggetto. Questo significa che i
bambini sono in grado di riconoscere le caratteristiche salienti degli oggetti.
Molte delle informazioni visive disponibili all'adulto non lo sono per il neonato di pochi
giorni di vita; pur essendo immaturo, tuttavia, il sistema visivo è in grado fin dalla nascita di
rispondere alle stimolazioni provenienti dall'ambiente. Il bambino nasce quindi già
preparato ad esplorare l'ambiente visivo, potendo selezionare facilmente stimoli di grandi
dimensioni, a forte contrasto, a bassa frequenza spaziale, posti ad una distanza di venti
centimetri circa e non troppo distanti dal centro del campo visivo. Inoltre, anche se
immaturo, il sistema visivo alla nascita è già in grado di percepire gli oggetti sociali più
significativi presenti nel suo ambiente visivo. Tutto questo ci permette di dire che le capacità
visive neonatali, anche se limitate, sono sufficienti per soddisfare i bisogni del bambino: la
distanza focale di venti centimetri corrisponde alla distanza media del volto della madre
quando ha il bambino in braccio.
Per quanto riguarda la preferenza visiva alla nascita, si osserva che i bambini preferiscono
stimoli con un maggior numero di elementi interni, stimoli in movimento, stimoli curvilinei,
stimoli strutturati, stimoli con contorni ben definiti, stimoli grandi, stimoli orizzontali,
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stimoli complessi e stimoli nuovi. Quest'ultima preferenza spontanea è stata molto sfruttata
dai ricercatori per indagare lo sviluppo cognitivo. Possiamo generalizzare dicendo che
vengono preferiti stimoli che determinano la massima attività neurale del sistema visivo.
Riassumendo, possiamo dire che i neonati non sono recettori passivi di stimoli e non
vengono semplicemente "catturati" dagli stimoli ambientali, ma questo non vuol dire che i
processi percettivi siano già definitivamente sviluppati alla nascita.
Le preferenze spontanee, in particolare quella per il movimento biologico e per il volto
umano, sembrano indicare la predisposizione del bambino a prestare attenzione a stimoli di
natura sociale. Questo avverrebbe senza l'intervento dell'esperienza. Tuttavia studi con eye-
tracker hanno dimostrato che l'esperienza ha un successivo effetto: a pochi giorni di vita i
bambini si concentrano sui contorni del volto, a due mesi si concentrano sul perimetro ma
anche su elementi interni ed esterni all'oggetto. Al variare dell'età variano la quantità e la
natura delle informazioni codificabili ed elaborabili.
Il terzo aspetto che ha permesso il cambiamento nella concezione che abbiamo del bambino
sono i progressi in ambito tecnologico e metodologico. Negli ultimi anni sono stati
sviluppati compiti di laboratorio che consentono di sfruttare le risposte comportamentali che
i bambini spontaneamente mettono in atto, al fine di compiere inferenze circa i processi che
hanno prodotto tali risposte. Alcuni esempi di risposte non verbali che vengono utilizzate
nelle ricerche sulla prima infanzia sono:
• movimenti oculari, tracciabili sia da un codificatore umano che da un codificatore
automatico. L'umano può solo dire se i bambini guardano a destra o sinistra, l'eye-
tracker permette di vedere cosa sta guardando il bambino all'interno dello stimolo, e
consente di compiere una codificazione oggettiva, non soggetta a errori;
• modificazione delle espressioni facciali, un'espressione positiva, con un lieve
sorriso e movimenti di suzione, indica una stimolazione dolce, mentre uno stimolo
amaro porta il bambino a un'espressione di non gradimento, arricciamento del naso,
chiusura degli occhi, movimenti di sputo;
• suzione non nutritiva, bambini di pochi mesi apprendono a modificare la pressione
con la quale succhiano al fine di ottenere un rinforzo visivo, come la messa a fuoco
di un'immagine;
• condizionamento della rotazione del capo, il condizionamento operante può essere
utilizzato per addestrare i bambini a compiere movimenti di rotazione della testa
verso un determinato stimolo. La generalizzazione o meno della risposta consente di
indagare le capacità di discriminazione percettiva;
• rinforzo coniugato del mobile, a partire dai due mesi i bambini possono apprendere
la relazione tra il movimento della loro gamba e il movimento conseguente di un
giocattolo mobile appeso sopra il lettino (un nastro è collegato al mobile e alla
caviglia del bambino). Il bambino apprende la relazione tra un suo specifico
comportamento (muovere la gamba) e il rinforzo visivo (movimento del mobile);
• misure fisiologiche, che riguardano la misurazione della frequenza cardiaca, i
potenziali evento-correlati e altre misurazioni ancora.
Nella fanciullezza il ritmo dello sviluppo del sistema nervoso diminuisce, ma non si ferma;
all'aumentare dell'età i bambini sono sempre più capaci di:
• focalizzare l'attenzione su un compito per più tempo (miglioramento dell'attenzione
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sostenuta);
• selezionare stimoli ambientali in modo più accurato e selettivo e ignorando stimoli
distraenti (miglioramento dell'attenzione selettiva);
• pianificare la ricerca di informazioni al fine di identificare gli aspetti che
differenziano eventi e oggetti (miglioramenti nelle strategie di esplorazione visiva).
La relazione tra capacità attentive e percettive si manifesta nel sincretismo infantile: una
carenza di organizzazione flessibile e articolata del campo percettivo. In pratica i bambini al
di sotto dei sette anni rimangono "catturati" dalla struttura globale della figura che stanno
guardando, e impiegano molto più tempo e risorse per esaminare analiticamente i vari
elementi che la compongono. Si supera il sincretismo tra i sei e i nove anni, con strategie di
esplorazione più analitiche ed economiche.
Un'altra abilità che migliora è la capacità di riconoscere forme visive comuni, dal contorno
frammentato o discontinuo, capacità che i bambini più piccoli non possiedono a causa
della mancanza di attenzione verso gli aspetti distintivi che caratterizzano i diversi oggetti.
Paradigmi sperimentali
I paradigmi che utilizzano queste risposte sfruttano le poche risposte comportamentali che i
bambini nel primo anno di vita sanno produrre spontaneamente, e si basano sull'ideazione di
una situazione sperimentale critica all'interno della quale la risposta prodotta dal soggetto
consenta di compiere inferenze sulla natura dei processi sottostanti. Inoltre, tali tecniche non
sono invasive, possono essere somministrate in tempi rapidi e da persone non altamente
specializzate e consentono rilevazioni oggettive attraverso l'utilizzo di strumenti che
registrano le risposte dei soggetti. Tali paradigmi sono:
• preferenza visiva, paradigma che coinvolge la percezione visiva. Si registra la
durata della fissazione visiva del bambino, che è la via privilegiata per "entrare" nella
mente dell'infante. Avviene la presentazione simultanea di due stimoli, uno a destra e
uno a sinistra di un punto centrale di fissazione. Le variabili dipendenti sono la
direzione dello sguardo e il tempo di fissazione su ciascuno stimolo. L'assunto di
base è che se il bambino fissa per più tempo uno stimolo rispetto all'altro, ciò
significa che ha selezionato l'informazione contenuta in entrambi gli stimoli, li ha
discriminati, cogliendo le caratteristiche che li differenziano, e ne ha preferito
spontaneamente uno. Per parlare di preferenza, però, bisogna assicurarsi che il
bambino abbia guardato e codificato almeno una volta entrambi gli stimoli,
scegliendone poi uno.
Le variabili dipendenti che la tecnica consente di rilevare sono diverse: il tempo di
latenza e il numero di orientamenti, che sono indici della capacità di orientamento
dell'attenzione, ma anche il tempo totale di fissazione, la durata della prima
fissazione e la durata della fissazione più lunga, tutti indici della capacità di
mantenimento dell'attenzione. Principalmente, però, si vanno a valutare il numero
di orientamenti e il tempo totale di fissazione. Solitamente i due stimoli vengono
presentati prima uno a sinistra e uno a destra e poi invertiti, per non avere risultati
influenzati, magari , dalla preferenza spaziale. Questo paradigma presenta dei limiti:
vengono dati risultati interpretabili solo se positivi, perché in caso di stesso tempo di
fissazione per i due stimoli non si può sapere se il bambino non ha discriminato i due
stimoli o se li ha discriminati ma non ha preferenza, e si può ottenere una preferenza
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determinata non dalle caratteristiche intrinseche degli stimoli, ma dalla loro
posizione spaziale. Per risolvere il primo problema è possibile utilizzare il
paradigma dell'abituazione visiva, che consente di capire se l'assenza di preferenza è
dovuta all'incapacità del bambino di discriminare due stimoli, ovvero percepirli come
diversi.
Importante da ricordare è il fatto che il paradigma della preferenza visiva permette di
studiare le preferenze visive spontanee del bambino nei primi mesi di vita, ossia le
preferenze che il bambino naturalmente presenta per alcuni tipi di stimoli o alcune
loro caratteristiche a causa delle caratteristiche funzionali del suo sistema visivo
(preferenze per il volto umano o per stimoli orizzontali, per esempio). Questa
proprietà del paradigma è particolarmente utilizzata da chi vuole studiare le
predisposizioni specificate per via innata, che guidano e mantengono l'attenzione del
bambino su particolari classi di input visivi. Tuttavia permette anche di studiare le
preferenze visive acquisite dall'esperienza, come la preferenza per il volto materno
o per i volti femminili in generale.
• Abituazione visiva, che riguarda la percezione visiva, acustica, tattile e olfattiva.
Riguarda la capacità di discriminazione tra due stimoli che differiscono per una o più
caratteristiche. Il paradigma consiste nella misurazione del decremento nella durata
del tempo di fissazione visiva in conseguenza alla ripetuta presentazione di uno
stesso stimolo, e del successivo incremento in corrispondenza della presentazione di
uno stimolo nuovo, diverso da quello familiare per una o più caratteristiche. Si sfrutta
la spontanea tendenza del bambino a preferire la novità, ossia a fissare più a lungo
uno stimolo nuovo rispetto a uno familiare. Il paradigma si compone di due fasi:
nella fase di abituazione lo stesso stimolo viene presentato ripetutamente al bambino
e vengono misurate le fissazioni; questa fase dura fino a quando la du