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Infatti, il secondo commerciante deve dare prova di non aver utilizzato il procedimento brevettato
svelando il proprio segreto di produzione, dando dunque un ulteriore vantaggio al titolare del
brevetto. Grazie al comma 2, quindi, il giudice non potrà svelare i segreti del procedimento
concorrente: non potrà far vedere alla controparte il secondo procedimento, ma solo al consulente
tecnico che lo aiuterà nel decidere se il brevetto è stato contraffatto o meno.
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3. Quando il titolare di un brevetto concernente un nuovo metodo o processo industriale
somministra ad altri i mezzi univocamente destinati ad attuare l'oggetto del brevetto, si presume
che abbia anche dato licenza di fare uso di tale metodo o processo, purché non esistano patti
contrari.
Nel caso di brevetto di procedimento, se il titolare del brevetto fornisce tutti i mezzi ai terzi per
usare questo nuovo procedimento, si presuppone che ceda loro anche la licenza di usare tale nuovo
procedimento e fabbricare il nuovo oggetto.
Articolo 69: Onere di attuazione
1. L'invenzione industriale che costituisce oggetto di brevetto deve essere attuata nel territorio dello
Stato in misura tale da non risultare in grave sproporzione con i bisogni del Paese.
2. Le invenzioni riguardanti oggetti che per la prima volta figurano in una esposizione ufficiale o
ufficialmente riconosciuta, tenuta nel territorio dello Stato, si considerano attuate da quando gli
oggetti vi sono introdotti fino alla chiusura della medesima, purché siano stati esposti almeno per
dieci giorni o, in caso di esposizione di più breve durata, per tutto il periodo di essa.
3. L'introduzione o la vendita nel territorio dello Stato di oggetti prodotti in Stati diversi da quelli
membri della Unione europea o dello Spazio economico europeo ovvero da quelli membri
dell'Organizzazione mondiale del commercio non costituisce attuazione dell'invenzione.
Chi ottiene il brevetto ha il diritto esclusivo di utilizzarlo, cioè usare o vendere l’invenzione. Una
volta, il titolare del brevetto aveva anche l’onere sociale di attuare l’invenzione, perché avendo
inventato qualcosa di utile per la società ma senza produrlo, l’umanità ne viene privata. Si aveva,
quindi, tempo cinque anni entro i quali il brevetto doveva essere attuato, dopodiché decadeva.
L’accordo TRISP, cioè il Diritto Internazionale, ha bloccato, abrogato questo onere di attuazione,
sotto la spinta delle case farmaceutiche americane. Una terza persona, comunque, può chiedere al
Ministero dello Sviluppo Economico una licenza coattiva per produrlo, con una specie di esproprio.
Questo procedimento, però, non viene quasi mai messo in atto. Innanzitutto, perché bisogna far
domanda la Ministero, che deve valutare caso per caso, per cui passano mesi e, a volte, anni, e,
dopo di che, viene rilasciata la licenza obbligatoria. Questo provvedimento può essere impugnato al
TAR dal proprietario della licenza e, visti i tempi della giustizia italiana, il brevetto fa in tempo a
scadere o il prodotto a diventare obsoleto. In pratica, quindi, questo onere di attuazione non esiste
più. Questo, però, è un danno perché, visto che non è più obbligatorio attuare un’invenzione,
succede che titolari di tecnologie obsolete acquistino brevetti più avanzati per evitare che vengano
attuati, quindi il brevetto non è più un metodo di evoluzione bensì un metodo finanziario. In questo
modo, succede che il titolare di un brevetto possa essere titolare anche di altri brevetti: ad esempio,
se un petrolifero compra il brevetto per il motore che funziona con energie alternative, non è
obbligato a commercializzare il prodotto, e così può continuare a guadagnare sul suo petrolio.
Per evitare che le aziende si mettano d’accordo per non produrre un determinato brevetto per motivi
finanziari esistono leggi antitrust, per tutelarsi, appunto, dall’associazione di più aziende in un
cartello.
In USA, ad esempio, esistono società finanziarie dette Patent Trolls (orchi brevettuali) che
acquistano brevetti obsoleti per avere diritti di esclusiva sui nuovi brevetti. Però, non producono le
invenzioni relative a tali brevetti, ma aspettano che qualcun altro li produca per poi fargli causa per
contraffazione. Nel 2011, Obama ha emanato delle leggi anti-trolls, visto che l’abrogazione
dell’onere di attuazione li aveva molto incrementati.
Esistono, inoltre, anche i cosiddetti Junk Patent, o brevetti spazzatura, per cui la gente spende
migliaia di euro per brevettarli, ma sono invenzioni assurde (mutande per canarino, bicicletta per
cavalli, etc.); ovviamente, se esistesse ancora l’onere di attuazione, tali invenzioni assurde non
verrebbero brevettate, quindi lo stato non incasserebbe i soldi per quei brevetti.
Articolo 68: Limitazione del diritto di brevetto
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Quello che esaminiamo ora è il comma 2 dell’articolo 68.
2. Il brevetto per invenzione industriale, la cui attuazione implichi quella di invenzioni protette da
precedenti brevetti per invenzioni industriali ancora in vigore, non può essere attuato, né
utilizzato, senza il consenso dei titolari di questi ultimi.
Ogni invenzione è, di solito, anticipata da invenzioni simili, perché è difficile inventare qualcosa dal
nulla, senza un punto di partenza. Alcune invenzioni, quindi, richiedono il perfezionamento e
l’applicazione di invenzioni precedenti. Ad esempio, posso perfezionare il tagliaerba con un
rotatore che taglia il doppio, ma ho bisogno di utilizzare un’invenzione precedente, cioè il
tagliaerba stesso.
Per questo motivo, è stata decisa una soluzione dal legislatore: nel caso di un’invenzione di
perfezionamento, l’inventore del nuovo brevetto può brevettare la sua invenzione ma non può
attuarla senza il benestare del detentore del brevetto di base, cioè di quell’invenzione senza la quale
il nuovo brevetto non potrebbe esistere. Quindi, senza il permesso del titolare del brevetto di base
non può essere prodotta neanche la nuova invenzione. Di solito, in questi casi, o si conviene i
ad un accordo economico, oppure si richiede un onere di attuazione (con le problematiche sopra
indicate), o devo aspettare che il brevetto di base scada.
Il titolare del brevetto di base può, però, non voler dare l’autorizzazione, perché il nuovo brevetto
perfezionato surclasserebbe quello vecchio e anche un riconoscimento finanziario non
ricompenserebbe tutti gli investimenti iniziali per la produzione del brevetto di base. Spesso, quindi,
il titolare del brevetto di base non è incentivato ad acquistare lui il brevetto, e sfruttarlo, oppure a
dare il suo consenso al terzo. Quindi, molto spesso, il brevetto di base diventa un brevetto
cosiddetto bloccante, cioè per poter mettere in vendita la molecola o l’oggetto perfezionato dovrò
attendere la scadenza del primo brevetto. Questo succede a meno che io non richieda una licenza
obbligatoria (secondo gli articoli 70 e 71), cioè una licenza coattiva.
Si parla quindi, in questo caso, di brevetto dipendente o invenzione dipendente: un’invenzione che,
pur essendo nuova e originale, dipende dall’attuazione di un’invenzione altrui ancora sotto brevetto,
per cui è necessario e imprescindibile il consenso volontario o coattivo, nel caso delle licenze
obbligatorie, del titolare del brevetto di base.
I giuristi e i giudici, in passato, ritenevano dipendenti anche altre due categorie di brevetti: quelli di
combinazione (e rispettive invenzioni di combinazione) e quelli di traslazione (e rispettive
invenzioni di traslazione).
Ad esempio, io ho inventato il tagliaerba e l’ho depositato dieci anni fa, quindi mi rimangono altri
dieci anni di brevetto valido. Un’altra persona ha inventato il motore a scoppio e l’ha brevettato
dodici anni fa, per cui rimangono altri otto anni di brevetto valido. Un altro inventore, dunque,
inventa il tagliaerba a motore, un’invenzione nuova e originale, dunque brevettabile. Ma è questa
un’invenzione indipendente? No, perché implica invenzioni protette da altri brevetti, in particolare
quella del tagliaerba e del motore a scoppio. Questa viene detta, quindi, un’invenzione di
combinazione. Il titolare di questa invenzione di combinazione potrà sì brevettare la propria
invenzione, ma dovrà chiedere il consenso a tutti i titolari delle invenzioni coordinate, almeno
finché sono ancora sotto brevetto. A maggior ragione, se combino più di due invenzioni, dovrò
chiedere il consenso a tutti i titolari dei brevetti di base. Anche in questo caso, diventava molto
difficile ottenere la licenza, perché bastava che uno solo dei titolari non concedesse la licenza
perché l’invenzione non potesse essere attuata, anche se tutti gli altri erano d’accordo. Questa
azione, dunque, provocava di nuovo un estremo blocco per cui i brevetti di base diventavano
brevetti bloccanti, non incentivanti il progresso. Allora, la dottrina più recente tende a dire: è vero
che l’invenzione di combinazione implica invenzioni precedenti, è anche vero, però, che la
combinazione di invenzioni precedenti (e non il semplice perfezionamento) dà, in realtà, un
qualcosa di più della semplice sommatoria dell’utilità delle invenzioni precedenti. Quindi, non è
detto che la combinazione sia sempre un’invenzione dipendente, perché è vero che implica
l’attuazione di invenzioni precedenti, ma la loro utilità è diversa e maggiore, nella nuova
invenzione, alla mera sommatoria dell’utilità delle invenzioni precedenti. Per questo motivo, esiste
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un movimento più liberale che tende a considerare le invenzioni di combinazione come invenzioni
non dipendenti giuridicamente dal consenso, ma latamente derivate in senso scientifico. In questo
modo, si svincola l’invenzione di combinazione dal consenso delle invenzioni di base.
L’altra invenzione che era considerata sempre dipendente era quella di nuovo uso (nel settore
chimico/farmaceutico), o di traslazione (nel settore meccanico). Supponiamo che io abbia inventato
una nuova molecola per curare la gastrite. Un altro inventore prende la molecola originale, senza
modificarla: facendo degli studi approfonditi, scopre che la stessa molecola serve come fertilizzante
per le piante, oppure come cura anti-infartuale. In questo caso, si parla di invenzione di traslazione,
o nuovo uso, perché l’invenzione è la stessa, ma va a risolvere un problema tecnico completamente
diverso e non ovvio. Anche in questo caso, la dottrina e la giurisprudenza tradizionale vedevano
un’invenzione dipendente, che necessitava del consenso del primo inv