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V
Avviene un cambiamento quando si comincia a parlare di oggetti prodotti in serie di design e non
più di arte applicata, tra le varie definizioni vi è quella di considerare non industriali prodotti che
non erano progettati mediante disegno industriale, e quindi senza prima progettarne la forma. Ma un
problema è capire quando avviene questo cambiamento e soprattutto cosa può essere considerato
arte applicata e cosa prodotto industriale. I musei del nord Europa tendono ad essere sempre
aggiornati, per esporre oggetti nuovi e moderni. Il museo di Copenhagen, il kustindustrimuseet per
esempio era stato fondato grazie al finanziamento del grande magnate della birra e si cominciano ad
acquistare pezzi come le ceramiche di Gauguin che non sono necessariamente pezzi d’arte,
Gauguin si pone contro il prodotto industriale ma viene scelto come modello per un nuovo gusto.
Gli acquisti avvengono nell’ambito dell’art Noveau e i rapporti con una nuova terra ossia il Belgio
(Bruxelles). Si costituiscono delle scuole che tendono a sopperire una mancanza di gusto, si vuole
far crescere il gusto a chi lavora per alzare il livello di qualità degli oggetti da vendere. Ma quanto
conta il lavoro e la maestranza dell’operaio in una creazione industriale se il prodotto viene
disegnato e progettato anticipatamente e questo non aveva quindi nessuna libertà di espressione?
Quindi il progetto dei musei che sorgono è contraddittorio, perché gli operai non potranno mai
esprimere se stessi nell’oggetto che devono produrre. Diversamente dai paesi del sud Europa, gli
architetti della Svezia creano case per i ceti meno abbienti come Gunner Asplund, cucina
economica, 1917, la società dell’artigianato era chiamata quindi a rispondere a queste nuove
esigenze, facendo prodotti standard per migliorare la vita di tutti, questo significa che l’interesse per
l’industria diventa + forte e in area nordica il disegno industriale diviene sempre + importante. I
clienti cercano prezzi + bassi con oggetti + semplici, nei primi anni del 20° sec vi fu il contributo
dei paesi europei per la ricerca di oggetti di design e negli anni della guerra la Scandinavia divenne
prima potenza per il disegno industriale. La sedia divenne uno degli elementi cardine, perché è
elemento primario x la casa e la vita quotidiana. Una delle prime sedie progettate in Danimarca è la
sedie di Peter Klint comperata subito dal museo di Copenhagen, Klint comincia a produrre gli arredi
per le proprie architetture basandosi soprattutto sul passato e adeguandolo alle nuove esigenze.
The Chuch Chair Ki Kaare Klint 1936, è uno dei personaggi influenti e a plasmare tutta la nuova
generazione degli architetti, aveva una grande conoscenza dei materiali e creare una grande
funzionalità dell’oggetto. La sedia era stata creata per la chiesa di Betlemme a Copenhagen,
progettata dal padre e ripresa da lui.
Hans Wegner The Chinese Chair 1944, è ispirata ai troni dell’imperatore cinese, l’architetto è
figlio di ciabattino, poi studiò nella scuola delle arti e dei mestieri di Copenhagen, passa tutta la vita
a conoscere la vita del legno e progetta 500 sedie e ne entrano in produzione 100.
Hans Wegner Round Chair 1949, è la più famosa le sue sedie sono la riflessione su cose prodotte
precedentemente, la round è riflessione di chinese, qui unisce la sedie chinese e lo schienale
arrotondato. Lo stesso diceva che una sedia no ha retro, deve essere bella in tutti i lati.
Hans Wegner The Heart Chair 1952 ne sono state fatte diversi tipi, inizialmente questi oggetti
erano acquistati solo da artisti. Intorno al 54-55 in Italia si potevano vedere questi oggetti
considerati avanguardia. La sedia ha 3 piedi per essere inserite in un tavolo a 3 piedi ed è facile
impilarle, è costruita in faggio, i vari pezzi sono ad incastro e non incollati. Una delle sedie è
appartenuta a Birolli che frequentava gli ambienti olandesi e dei Paesi Bassi.
J39 di Morgensen, è studente di Klimt da cui impara l’importanza dei materiale e dell’arredo.
Società cooperativa danese è la società che fornisce pezzi di arredo per le famiglie danesi, il
modello non era danese ma americano, ossia quello di una comunità utopica americana degli
Shakers. I villaggi operai erano caratterizzati da costi ridotti e forza lavoro che si riproduceva.
L’idea era quello di matrice illuminista, dove l’operaio poteva avere una propria abitazione in modo
tale che potesse migliorare la propria vita e la produzione. Il proprietario era il padrone di tutto che
abitava sul colle con casa stile neogotico. Le cariche erano elettive, e che ottiene una serie di
privilegi. L’economia era abile a trasformarsi alle esigenze del mercato, vi erano delle fabbriche di
costruzioni di arredi. Studiati da Eugenio Battisti che insegnò tanti anni negli USA ed ebbe modo di
fare ricerche sulle comunità dell’utopia. In alcune tra queste, la vocazione li obbligava al fatto di
una sobrietà decorativa sugli oggetti di vita quotidiana. Gli shaker credevano nella natura dualistica
del madre-dio e padre-dio. Vi era una parità di sessi e pacifismo. Si dedicavano all’architettura
specializzata, medicina delle erbe e manifattura delle loro case, ma vendevano solo le sedie. L’idea
era quello di mettere il talento a disposizione di tutti per amore di Dio. I mobili dovevano essere
funzionali ma dovevano avere anche una grande durata. La fortuna di questi prodotti fu grande
perché era un modo di reazione all’eccessivo ornamento dell’art noveau. Non avevano paura di
utilizzare moderne tecniche di vendita come il catalogo postate illustrato, si poteva comprare via
posta. A partire dal 1870 vennero prodotte sedie con braccioli di sedie a dondolo che ispirò sia Klint
che acquistò una sedia per il museo di C e Morgensen. Nel 37 venne pubblicato un libro
sull’arredamento shakers e i danesi capirono l’importanza di quegli arredi, e Mogensen così
progetto nel 47 la sedia J39. La J39 ebbe un grande successo negli USA introducendo lo stile
scandinavo moderno. Si svilupperà così l’idea di rinnovamento totale della vita quotidiana, anche
mediante il secondo futurismo per creare una rivoluzione nell’ambito dell’abitudine dell’uomo
moderno, dalla cucina alle opere d’arte e opere d’arte totali e pubbliche, è un tema che percorre
tutta l’avanguardia europea, come in Repubblica ceca e l’unione sovietica un esempio è:
• Pavel Janak, sedia, 1911-12- Praga museo arti decorative.
Non solo per i prodotti di uno quotidiano vi fu un cambiamento ma anche per la pitture si comincia
a rappresentare soprattutto il lavoro come:
• P.S. Kroyer, comitato per l’esposizione d’arte francese a Copenhagen, 1888, Copenhagen
Hirschsprung collection, soggetto molto + commerciale.
• Max Lieberman, Flachsscheuer, 1887 Berlino, Nationalgalerie rappresenta il lavoro.
• C. Meunier, Heimbekr der Bergleute, 1895 Berlino, dopo una mostra cambia il modo di
intendere la realtà artistica. La scultura per coloro che vogliono rappresentare il lavoro è un
modo più diretto.
• Leonard Defrance, interno di fonderia, Bruxelles, un secolo prima rappresenta il lavoro in
pittura
• Leger, i costruttori 1950 Biot Musee Leger, rappresenta il lavoro edilizio.
VI
La domanda più importante dopo la rivoluzione industriale è dove si colloca l’arte in relazione alla
sua riproducibilità tecnica. Secondo alcuni storici molto peso nella storia ha la tradizione secondo
altri non è la rivoluzione industriale a creare questo cambiamento artistico. A partire dagli anni 30
alcuni testi hanno trattato di questo cambiamento e sulle problematiche. Herbert Read nel 1934 sarà
il primo a parlare di arte e design. È un critico d’arte che si forma negli 20, gli anni 30 sono stati
schiacciati dalle avanguardie e dal dopoguerra. Spesso questi anni, tra le 2 guerre sono considerati
minori ma questo non corrisponde a verità. Read ha una visione di sinistra, è per una pittura che si
rifà all’astrattismo e all’architettura razionalista. Altrettanto importante è il contributo di Sir
Nikolaus Bernhard Leon Pevsner, secondo lui arte e rivoluzione industriale si deve a Morris e art
and Croft, infine Klingeder scrive arte e rivoluzione industriale, è un marxista convinto, la sua
visione parte dal 1700 dalle prime campagne industrializzate fino al 1905 morte di J.Verne. Infine
Barham allievo di Pevsner, inserisce nella discussione anche il futurismo.
Nikolaus Pevsner
Nelle lezioni cerca di definire quali sono le caratteristiche di alcuni artisti inglesi, che non avevano
effettuato il grand- tour, preferendo l’arte inglese a quella italiana, dice che non è necessario andare
in Italia. A partire dal 1949 Pevsner gira per tutte le contee inglesi e visitò tutti i luoghi artistici. Si
tratta di 30 mila edifici divisi per contea. Pevsner è uno storico dell’arte che fu un istituzione per la
cultura artistica inglese, a partire dagli anni 40. Il 18 agosto dell’83 dopo una lunga malattia muore.
Il 6 dicembre alla London University Church of Christ the King vi fu una cerimonia, in cui i
collaboratori di Pevsner, diedero info di cui nessuno sapeva nulla, in particolare del suo passato
tedesco, Pevsner era ebreo convertito al luteranesimo, la famiglia era benestante e tutti saranno
sorpresi dal fatto che vivesse in un ambiente borghese del periodo vittoriano, visto le sue teorie sul
movimento moderno arriva in Inghilterra perché fugge dalla Germania. Il dibattito critico su
Pevsner parte dal principe Carlo, appassionato di architettura. 6 mesi dopo la cerimonia il principe
viene invitato (Riba) per fare un intervento parlando di architettura e in quell’occasione criticò il
movimento moderno e Pevsner. Definisce alcuni edifici 5 mostruosi foruncoli di un amico, tra cui la
National Gallery. Nel 1977 Watkin scrive ‘’architettura e moralità’’ nel libro attacca Pevsner e il
suo lavoro. La visone di Pevsner era vista a sostegno dell’architettura che aveva distrutto
l’architettura storica. Pevsner riteneva che lo stile di Gropius era quello che poteva identificare il
XX sec. Usò la sua influenza per scoraggiare l’architettura tradizionale. Il libro che scrive Pioners
of modern moviment 1936 e poi pioners of modern design II ed, è un testo sbagliato, che negli anni
80 ha avuto grandissimo successo, il libro resta sempre uguale, cambia solo il capitolo dedicato a
Gaudì e il futurismo di Sant’Elia. Ritiene che il nocciolo del libro sia ancora attuale. Il libro nasce
negli anni 30 attraverso una serie di altri testi che sta pubblicando per una rivista design for Today,
dal 1936 collabora alla rivista Architectural Review e infine nel 1937 An E