Lezioni economia e direzioni delle imprese Tardivo Santoro
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Parleremo di 5 aziende: Lurisia, Galfrè, Baladin, Kimberly Clark e Ferrero. Sono esempi di aziende legate al
territorio. C’è una grande differenza quando c’è un amministratore delegato a capo di un’azienda oppure quando il
capo è colui che l’ha inventata. Tempo fa uno con lo 0,6% di proprietà era in grado di comandare Telecom. Ferrero,
una delle più grandi aziende d’Europa, è diventata Ferrero grazie a Michele Ferrero che negli anni 50 si è messo a
fare la Nutella: inizialmente non riusciva a venderla, poi è riuscito a realizzare un sogno. Ora che Michele non c’è
più le cose sono diverse, l’altro figlio è un finanziario ma Ferrero è un’azienda che produce beni di largo consumo
legati alle emozioni, rischi di perdere questo aspetto con un finanziario.
Un’altra big company (Coca Cola) ha iniziato a studiare un nuovo prodotto: il latte. Ma viene studiato perché
l’azienda è in crisi? No, basta pensare che tutti i giorni 2 miliardi e mezzo di persona consumano Coca Cola; però
se io studio un nuovo prodotto ho la possibilità di prendere un nuovo mercato, nuovo mercato significa nuovi clienti
e nuovi clienti significano incassare di più.
Globalizzazione significa che devo guadagnare di più spendendo di meno, passano in secondo piano i servizi. Il
problema delle aziende italiane è il post-vendita (problema che in Germania e Francia ad esempio non hanno, loro
sono meno bravi di noi nella vendita ma migliori nel dopo), ma bisogna capire che una volta che ho venduto un
prodotto mi costa molto di più cercare un cliente nuovo piuttosto che cercare di tenermi quello che ho fidelizzato.
Da qui, capisco che devo cercare di attrarre ancora di più i clienti che ho già (vedi latte per coca cola).
Ognuno di noi ha una coscienza critica, però c’è un chinotto fatto in un modo e uno in un altro, e qui entra chi
comanda in azienda: c’è un motivo per cui un prodotto costa “x” e uno “y”. Mi interessa che ciò che vado a comprare
mi sia spiegato bene: c’è una catena alimentare che era stata presentata solo come prodotti di eccellenza, poi vado
e trovo la Birra Peroni, la Pasta Barilla.. vado in contrasto con ciò che penso di fare per l’impresa, è la parte tecnica
di come fare profitto e sistema in un’azienda: sono le persone a fare la differenza. Ad esempio, per quanto riguarda
la birra Baladin il proprietario aveva un’idea ma non i soldi, l’hanno aiutato e ora sta diventando un impero. E’ un
discorso diverso da quello di Kimberly Klark: se non ho i soldi… chiudo. E così è accaduto per la divisione italiana
di KK. Se non provate a fare, a osare, a battere la testa, il vostro chinotto e la vostra nutella non la troverete mai,
così come non riuscirete a creare la birra da 30 euro ogni mezzo litro di Teo Musso utilizzando le botti dove sono
stati prodotti i migliori vini italiani: lui ha trovato il modo di soddisfare delle esigenze di emozioni. Invernizzi, il
proprietario di Lurisia, ha comprato l’azienda quando stava andando male, il nome è collegato alla montagna che ha
dell’uranio dentro, permette all’acqua di avere delle proprietà che altre non hanno, è riuscito a creare un valore
aggiunto all’acqua! (e venderla a doppio prezzo…) La fonte da cui lui attinge più di un tot di metri cubi d’acqua non
è in grado di dare. Si è quindi trovato di fronte a un bivio, o faccio un prodotto quantitativo (acqua che arriva da
tante parti, faccio dei volumi molto elevati, vendo a poco) o faccio un prodotto qualitativo (acqua buona, voglio
darti l’acqua fatta in un certo modo). Non per niente la Birra Baladin è fatta con l’acqua della Lurisia. Quest’ultima
ha anche creato un succo di frutta chiamato “Unico” con 4 frutti senza aggiunta di acqua, un prodotto d’eccellenza.
Se lasci il succo di frutta fuori per un po’, sul fondo trovi poi della sedimentazione, sinonimo del fatto che sia
fatto in modo naturale. Se in un succo non trovi sedimentazione, tanto naturale di sicuro non è.
Il 180° paese al mondo in Africa ha un’azienda che ha dato da lavorare a 1600 persone, realizzando orti, risaie (11
tonnellate per ettaro quando a Vercelli e Novara ce ne sono 5.5), falegnamerie. E’ riuscito a fare fruttare il riso
e dare lavoro e creare un circolo virtuoso economico (qualcuno il riso lo compra, così ho poi i soldi per sviluppare
altri progetti). In Italia non lo facciamo perché abbiamo paura di sbagliare, non pensiamo ai talenti e alle fortuna
che abbiamo. Non esiste un’azienda se non c’è fantasia. 20
Una nuova visione delle opportunità di mercato – coniugare la tradizione con innovazione. Lurisia nasce nel 1940
come stabilimento termale, con la convinzione che l’acqua, oltre a dissetare, fa bene alla salute ed è quindi
fondamentale la qualità. Lurisia è un paesino del Piemonte.
Le caratteristiche esclusive del mercato delle acque minerali:
Da prodotto esclusivo a commodity: un tempo era un prodotto di lusso, ora l’80% delle persone non si
ricorda che acqua hanno bevuto, c’è una bassissima sensibilità al prodotto da parte dei consumatori. Ormai
si compra per il prezzo, il consumatore non è più in grado di percepire la differenza. Per legge l’acqua
dentro le bottiglie deve essere incolore insapore e inodore; non è quindi facile.
Alti consumi ma bassa percezione del valore da parte del consumatore: il 95% delle persone pensa che
l’acqua delle bottiglie sia industriale e quella del rubinetto sia naturale, invece è proprio il contrario. Gli
imbottigliatori per legge non possono modificare l’acqua, sono solo dei confezionatori. Oggi si consumano
circa 260 litri di acqua al giorno, ma se ne potrebbero consumare 80 mantenendo lo stesso tenore di vita.
Altissima concorrenza: ci sono 156 imbottigliatori, però il mercato è in mano a 8 aziende che insieme hanno
l’80% del mercato. Nestlè ha il 28%, è seguito poi da San Benedetto, quindi gli altri 145 si prendono solo
il 20% del mercato, che è frammentato ma con grandi leaders. In Italia vengono consumati ogni anno 10
miliardi di litri d’acqua, nel mercato c’è la capacità produttiva di 30 miliardi. L’acqua è uno dei pochi prodotti
che nel tempo ha perso di prezzo, 10 anni fa costava il 20% in più.
Alto investimento iniziale: linea di imbottigliamento Lurisia = 40.000 bottiglie ogni ora, Sant’anna 200.000
bottiglie ogni ora. Non è complicato il processo, è complicato per la velocità. Un impianto base per
l’imbottigliamento costa 10 milioni di euro, per un prodotto che poi cedo a 10 centesimi; ci vuole un livello
di rientro altissimo, si crea quindi una barriera all’ingresso.
Economie di scala: guadagno poco per ogni bottiglia ma ne vendo tantissime, abbasso i costi per “rubare”
clienti alla concorrenza. Tutte le aziende si costruiscono sul costo, abbasso il prezzo medio di vendita,
mentre invece Lurisia ha fatto una scelta diversa.
Regolamentazione complicata e costosa: l’acqua segue una disciplina medica, le etichette devono seguire
delle istruzioni ben precise e sono molto sofisticate.
La principale voce di costo nelle normali aziende di acque minerali sono le materie prime legate al settore
petrolifero (lavoro, energia, bottiglie). A fine del’800 si inizia a parlare delle acque di Lurisia quando degli
scalpellini scavarono fino a scoprire la prima sorgente. Nel 1950 inizia l’imbottigliamento. Nel 1996 la famiglia
Invernizzi acquista lo stabilimento termale e inizia la ristrutturazione. Nel 2004 Farinetti (Eataly) diventa socio
Lurisia che cede il 50% dell’azienda. Ora questa azienda ha 21 milioni di fatturato, produce 70 milioni di bottiglie,
negli ultimi 3 anni il fatturato è raddoppiato, ha 8 prodotti in 175 versioni ed è presente in 42 paesi del mondo.
Nel 2006 si trovano a fare solo acqua, si sono rimessi in gioco partendo dalla consapevolezza dei loro debiti e dei
loro vincoli: vincolo quantitativo di 100 milioni di litri d’acqua all’anno, meno dell’1% del consumo annuale totale
italiano. Come mettersi in gioco?
Credendo nelle qualità e capacità: dimenticando i limiti e pensando ai talenti.
Agendo da principianti: ovvero chi non ha un bagaglio di esperienza sulle spalle ed è quindi libero da
pregiudizi e caratterizzato da un’apertura mentale. Non sapendo precisamente a cosa dare più attenzione,
dedica a tutto la stessa cura e precisione ed inoltre non ha paura di sbagliare. Gli esperti sono “immobili”
perché se sbagliano perdono la loro credibilità, il principiante non ha invece paura di dire quello che pensa.
Sapendo che futuro vuol dire tutela ambientale: considerazione del passato
Cercando nuove opportunità di mercato
Condividendo il cammino con chi ha gli stessi valori.
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Hanno scelto la via più difficile e più rischiosa, si sono messi in gioco partendo dalla certezza di avere un’acqua di
altissima qualità, un brand storico. Dimenticando tutto quello che conoscevano sul mercato delle acqua
imbottigliate e sulle sue dinamiche per dare sfogo all’intuito, hanno messo l’acqua al centro di tutto e l’hanno
considerata l’elemento più prezioso e perfetto della natura. Vano dai fornitori e trovano dei valori comuni e poi
discutono sul prezzo (bottiglia alleggerita del 30%). Hanno deciso di creare una birra con la loro acqua (al 90%
era un fallimento ma in realtà semplicemente nessuno ci aveva mai pensato), essendo un’azienda con la mentalità
aperta non hanno problemi a fare dei progetti insieme ad altre (Teo Musso per le birre). Però era necessario far
parlare ancora di più di Lurisia, allora creano il chinotto e la gazzosa. Il loro focus non è l’azienda, ma sono i
prodotti (vedi acqua bolle/stille) perché il prodotto è il trade union tra l’azienda e il consumatore. Fanno pochissima
pubblicità perché il prodotto si veicola da solo.
E’ fondamentale avere un competitors che stimola. (senza Pepsi Cola, probabilmente Coca Cola non sarebbe
divenuta quella che è ora). 22
Impresa – Risorse – Attori. L’impresa si relaziona in un ambiente esterno, si parla di sistema imprese, un sistema
dove coesistono più attori e più risorse. L’impresa è un sistema costituito da un insieme di risorse e di attori legati
tra loro da relazioni orientate alla realizzazione di determinate attività.
Gli stakeholders sono dei portatori di interesse, sono dei soggetti influenti nei confronti dell’azienda, come ad
esempio i clienti, i fornitori, gli azionisti.
Ci sono tre tipi di ambiente:
Ambiente esteso: tutte le entità, soggetti e azioni che influenzano il sistema impresa, ad esempio leggi,
fattori economici (cambio euro/dollaro), fattori culturali, aspetti tecnologici.
Ambiente competitivo: ambiente inserito all’interno di un settore, ad esempio i competitors, i fornitori,
minaccia nuovi entranti, clienti.
Ambiente specifico di business
Risorse insieme dei fattori tangibili e intangibili che l’impresa controlla (direttamente e indirettamente) e
utilizza nei suoi processi produttivi, grazie ai quali si generano nuove risorse (prospettiva autopoietica). Ci sono
diverse tipologie di risorse:
Tangibili: possono essere quantificabili nella situazione patrimoniale dell’impresa (es. macchinari,
fabbricati, impianti…)
Intangibili: non possono essere tradotte in termini patrimoniali oppure la loro traduzione diventa molto
difficile (si pensi ai marchi e ai brevetti). Sono le più importanti, difficilmente imitabili dalla concorrenza.
Umane: sono a metà strada tra risorse tangibili e intangibili perché hanno aspetti quantificabili (costi del
personale) e aspetti non quantificabili (capacità, esperienza).
Le risorse intangibili godono di alcune proprietà importanti:
Sedimentazione: si formano e si autoalimentano all’interno dell’impresa, sono quindi firm specific e sono
difficilmente imitabili e acquistabili
Sviluppo attraverso l’utilizzo: più vengono utilizzate più si sviluppano. Si pensi allo sviluppo delle relazioni
con i clienti e al rafforzamento dei valori dell’azienda.
Deperibilità: diventano obsolete a causa dei cambiamenti ambientali, es. brevetto, per una mancanza di
sostegno, es. marchio non sostenuto da campagna di comunicazione, e per il trascorrere del tempo, es.
risorse umane non aggiornate costantemente.
Flessibilità: sono trasferibili all’interno dell’organizzazione che le possiede e utilizzabili in contesti
ambientali e competitivi differenti.
Il mix di risorse, grazie a integrazione, coordinamento e capacità organizzativa, genera competenze, nuove risorse
e una nuova configurazione delle risorse esistenti.
Per competenze si intende la capacità di realizzare azioni/attività derivante dall’integrazione di determinate
risorse e risultante da un processo di apprendimento interno. Classificazione:
Risorse e competenze necessarie e far si che il prodotto soddisfi le esigenze di base. Es. servizi di base
del trasporto aereo come decollo e atterraggio (il cliente non avverte alcun valore distintivo, lo considera
come un servizio scontato)
Risorse e competenze che permettono di caratterizzare la propria offerta rispetto alle esigenze di un
determinato segmento di mercato. Es. presenza nella flotta di un congruo numero di aeromobili di grandi
dimensioni in modo da poter operare nel segmento del trasporto intercontinentale. 23
Risorse e competenze su cui l’impresa basa la propria strategia competitiva. Es. più ampia disponibilità di
slot in un determinato aeroporto.
Gli attributi delle risorse e competenze alla base del vantaggio competitivo sono 3:
Scarsità: devono essere poco diffuse tra le imprese concorrenti; qualcuno dice addirittura uniche. Es. le
competenze per realizzare l’editing di un libro non fanno distinguere il libro dagli altri
Rilevanza: devono essere rilevanti rispetto ai fattori critici di successo del mercato. Es. per un banca
saper sviluppare la rete internet per la clientela di massa progressivamente rende rilevante lo sportello
tradizionale
Appropriabilità: devono poter essere acquisite in modo da escludere i concorrenti dalla loro disponibilità.
Es. scoperta brevettabile.
Le competenze distintive contribuiscono in maniera determinante al valore che l’impresa crea per il cliente e
all’efficienza; rappresentano il fattore competitivo determinante da cui l’impresa prende le mosse per entrare in
nuove aree di business; sono difficilmente imitabili dai concorrenti. Per mantenere stabili nel tempo le competenze
distintive occorre innestare elementi di dinamismo nel loro patrimonio, bisogna infatti favorire l’inserimento di
fattori che determinano la capacità di adeguare o anticipare le proprie competenze distintive ai cambiamenti di
scenario. Gli ostacoli sono: ipercompetizione e rapidità del cambiamento, effetti di path dependency e risorse
complementari che non possono essere staccate. Risorse e competenze possono essere considerate, da un lato, il
riferimento di base della strategia: dall’altro il suo oggetto primario. La strategia dell’impresa si basa innanzitutto
sulle risorse e competenze distintive di cui dispone e consiste inoltre nel valorizzare tali risorse e competenze
distintive. La valorizzazione è duplice: verso l’interno (sviluppo autopoietico) e verso l’esterno (determinazione di
un vantaggio competitivo). Questo approccio ala strategia è stato chiamato resource based view.
Il vantaggio competitivo è la chiave del successo in un settore, è il risultato di una strategia che conduce l’impresa
a occupare e mantenere una posizione favorevole nel mercato in cui opera e che si traduce in una redditività
stabilmente maggiore a quella media dei competitori. Cosa implica ciò’? Una definizione chiara dei confini dell’area
di business dove opera l’impresa; le attività dell’impresa devono generare condizioni cui il mercato attribuisce un
valore significativo rispetto ai rivali; occorre raggiungere l’eccellenza rispetto ai rivali in quegli ambiti a cui
corrispondono i fattori critici di successo del mercato dove si opera. Per raggiungere il vantaggio competitivo è
necessario chiedersi quale sia il segreto del successo su quel mercato: dal punti di vista del clienti sono quei fattori
che la domanda valuta come più rilevanti per soddisfare i propri bisogni e dal punto di vista dell’impresa sono quegli
aspetti dell’organizzazione e della propria offerta che la distinguono dai concorrenti. Il vantaggio competitivo può
essere determinato da:
Fattori esterni: capacità dell’impresa di comprendere e sfruttare le opportunità offerte dall’ambiente
esterno attraverso le decisioni manageriali
Posizionamento strategico: posizione in cui si trova l’impresa rispetto ai concorrenti in un dato momento
Fattori interni: capacità e risorse interne all’impresa che incidono sulle scelte manageriali e quindi sulle
strategie
Per creare il vantaggio competitivo è necessario individuare e sfruttare le opportunità innovative migliori dei
concorrenti e attribuire ai clienti un valore superiore dai concorrenti. Così si crea un posizionamento strategico
distintivo e un eccellenza operativa: il vantaggio competitivo è inteso come redditività superiore alla media dei
concorrenti. L’essenza del vantaggio competitivo è quindi la disponibilità di fattori differenzianti rispetto ai
concorrenti. Le diversità si esprimono attraverso:
Eccellenza operativa: svolgere le stesse attività dei concorrenti ma in maniera migliore dal punto di vista
della rapidità o dei costi medi. Il problema è che con il trascorrere del tempo anche le altre imprese
migliorano e la frequente condivisione di fornitori tra imprese concorrenti rende omogenee numerose
componenti del prodotto 24
Posizionamento strategico distintivo: individuare una posizione nel mercato a cui i clienti riconoscono un
valore e che i concorrenti non posso raggiungere. I concorrenti imitano, ma sono in grado? Le condizioni di
mercato cambiano.. ed inoltre, è vantaggioso essere i primi ad entrare in un mercato?
La capacità di generare vantaggio competitivo deriva dall’attuazione di due precise strategie: la leadership di
cost (orientare l’attività di impresa alla massima efficienza con un orientamento all’intero mercato, quindi
massimizzare l’output minimizzando l’input) e la differenziazione (orientare l’attività in un particolare segmento
allo sviluppo di un valore riconosciuto dai clienti come unico strategia di focalizzazione). Ci sono 4 driver per
ottenere un vantaggio di costo:
Economie di scala: riduzione dei costi medi di produzione a seguito dell’aumento della capacità produttiva,
ovvero della quantità prodotta in un’unità di tempo
Economie di scopo: risparmio derivante dalla produzione congiunta di prodotti diversi o con il
perseguimento di obiettivi diversi con i medesimi fattori produttivi (stesse risorse, stessi impianti, stesso
know-how)
Curve di esperienza: riduzione dei costi unitari dovuta alla maggiore abilità maturata dall’organizzazione
in relaziona all’accresciuta produzione realizzata nel tempo. La maggiore esperienza ed abilità determina
una progressiva diminuzione dei costi per unità di prodotto.
Progettazione di processi e prodotti: vantaggi nella produttività della manodopera, miglioramento dei
sistemi di progettazione degli impianti e riduzione di sprechi di tempo e di risorse.
La strategia di leadership di costo consente di agire sul livello dei prezzi: grazie all’efficienza l’impresa abbassa
il prezzo (conviene abbassare il prezzo o conviene avere maggiori margini rispetto ai concorrenti?, con un
conseguente aumento della domanda (i concorrenti possono imitare o differenziare?), aumento della produzione
(c’è eccesso di capacità produttiva? Si riesce a distribuire a un numero maggiore di prodotti?), economie di scala
e di esperienza.
Precisazione terminologica: Differenziare (A, nostro focus) = attribuire al prodotto/servizio fattori (tangibili o
intangibili) che ne aumentino il valore riconosciuto dal mercato rispetto a quello attribuito ai prodotti/servizi
concorrenti. Differenziare (B) = nelle strategie di crescita, estendere la linea di prodotti offerti oppure ampliare
la gamma, entrando magari in segmenti di mercato di riferimento dove l’impresa non era presente. Diversificare =
entrare in aree di business completamente diverse rispetto a quelle di origine. Affinché la differenziazione
determini una posizione di vantaggio competitivo devono essere rispettate 4 condizioni:
Unicità: con la differenziazione, l’impresa fornisce caratteri di unicità alla propria offerta, rendendola
solo parzialmente sostituibile con quella concorrente
Valore: gli elementi che rendono unica l’offerta devono effettivamente fornire un valore al cliente,
evidenti in minor costi o maggiori prestazioni
Percezione: il valore di unicità deve essere percepito dal cliente
Sostenibilità economica: il cliente deve essere disposto a pagare un prezzo superiore a quello dei
concorrenti. 25
La differenziazione ha alcuni
vantaggi: prezzo superiore (se il
cliente attribuisce valore al
prodotto allora l’impresa può
praticare un prezzo più
elevato), fidelizzazione (il
cliente soddisfatto per un alto
livello di valore del prodotto con
più facilità si rivolge alla stessa
impresa), relazioni
(soddisfazione e fidelizzazione
della cliente aumentano le
relazioni tra l’impresa e i suoi
clienti).
La strategia di focalizzazione ha dei vantaggi, ma anche dei rischi. Consiste nella ricerca di una posizione di
vantaggio assoluto nei costi o di differenziazione in un’area molto circoscritta (nicchia) del mercato, non per forza
geografico. I vantaggi sono: orientamento di tutte le risorse in un’area ben definita; favorisce la specializzazione
delle risorse e delle conoscenze; riduce la pressione competitiva delle grandi imprese (che tendono a trascurare
le aree di business di piccola dimensione). I rischi sono: specializzarsi in un’area del mercato economicamente non
sostenibile; specializzarsi in un’area del mercato facilmente aggredibile; seguire il ciclo di vita dell’area di mercato
dove si è focalizzata l’attività.
Le determinanti del vantaggio competitivo:
Valore: l’impresa possiede risorse e competenze capaci di esprimere un valore apprezzato dai clienti e che
rappresentano la base del vantaggio competitivo?
Rarità: l’impresa possiede risorse e competenze che non sono disponibili e diffusamente presenti anche
nelle imprese concorrenti?
Inimitabilità: le risorse e le competenze sono difficili da imitare per le imprese concorrenti?
Non sostituibilità: è sufficientemente basso il rischio che le risorse e competenze dell’impresa possano
essere sostituite con altre in modo efficace ed efficiente?
Inoltre il vantaggio competitivo si mantiene nel tempo se sono presenti 3 fattori:
1. Elevata dimensione dell’impresa: più un’impresa è grande più per lei è facile controllare il mercato ed
avvantaggiarsi delle economie di produzione (scala, esperienza, scopo)
2. Accesso privilegiato a risorse critiche o al mercato: più un’impresa riesce a controllare le fonti di
approvvigionamento o ha comunque l’accesso privilegiato a risorse scarse più è avvantaggiata.
3. Limiti delle opzioni strategiche dei concorrenti: i concorrenti potrebbero aver effettuato delle scelte che
impediscono lo di ambire alle stesse posizioni del leader. 26
L’analisi Pest studia e analizza le condizioni economiche, politiche, sociali, culturali e tecnologiche, ovvero il macro-
ambiente in cui il settore e l’impresa sono collocate. In seguito adottiamo la tecnica degli scenari, analizziamo gli
scenari di cambiamento e il settore ovvero l’ambiente specifico nel quale troviamo impresa, clienti, concorrenti e
fornitori. Il settore è l’insieme delle imprese che producono beni e offrono servizi con caratteristiche
sostanzialmente simili. Il mercato è invece l’insieme di clienti di specifici prodotto o servizi, che rappresentano
caratteristiche simili. L’attrattività e la redditività di un settore dipende dalla struttura:
Monopolio: opera in un’unica realtà imprenditoriale protetta dall’entrata di altri operatori nel mercato da
barriere istituzioni all’entrata
Oligopolio: costituito da un limitato numero di operatori, normalmente di grandi dimensioni, che offrono
prodotti e servizi che possono essere molto standardizzato o differenziati
Concorrenza monopolistica: si ha nel caso di molti concorrenti in grado di differenziale la propria offerta
per intero o in parte. È la più diffusa.
Concorrenza perfetta: identificata da quelle strutture di mercato caratterizzate da molti concorrenti
che offrono lo stesso prodotto. (vedi petrolio, mercati di materie prime e mercato borsistico)
I fattori critici del successo valutano clienti e concorrenza. Per l’analisi della domanda bisogna capire chi sono i
clienti, quali sono i loro bisogni e in che modo scelgono le varie alternative. Per l’analisi della concorrenza bisogna
capire quali fattori determinano le concorrenza, quali sono le principali dimensioni competitive, qual è l’intensità
della concorrenza e come si raggiunge una posizione competitiva superiore. Possiamo valutare i concorrenti in base
al: modello di prodotto, classe di prodotto (stessa categoria ma molto differenziati, es Tv o Tv al plasma), criterio
generico (soddisfano lo stesso bisogno) e criterio di budget (concorrenti con il nostro stesso criterio di spesa)
Per valutare la redditività e
l’attrattività di un settore si usa
il modello delle 5 forze di Porter
che studia i fornitori, i potenziali
entranti, i concorrenti del
settore, i prodotti sostitutivi e gli
acquirenti.
Minaccia di potenziali entranti: barriere e profittabilità: 27
Le barriere all’entrata possono essere rappresentate da:
Economie di scala: la presenza di economie di scala è importante in ogni settore, ma in alcuni diventa
indispensabile, come, ad esempio, nei settori caratterizzati da un’elevata soglia minima di investimento
Differenziazione: la differenziazione permette di ridurre la minaccia di nuovi entranti poiché riesce ad
aumentare la fedeltà del cliente
Accesso ai canali distributivi: più difficile per i potenziali entranti distribuire il prodotto
Intervento dello stato: riguarda la proprietà industriale e la regolamentazione dei mercati
Azioni di ritorsioni attese: la previsione di una ritorsione da parte dei giocatori esistenti ostacolerà
l’ingresso o lo renderà più costoso, da parte di nuovi entranti. (es. abbassare i prezzi, le imprese ci pensano
2 volte prima di entrare nel mercato)
I prodotti sostitutivi sono quei prodotti che sodisfano lo stesso bisogno di altri prodotti o servizi già presenti nel
mercato riducendo la domanda di un determinato prodotto o servizio ed erodendo il vantaggio che un’impresa ha
in un determinato settore. Riduzione della pressione competitiva dei prodotti sostitutivi con: miglioramento
rapporto valore/prezzo del prodotto; differenziazione del prodotto; aumento investimenti in comunicazione;
rafforzamento distribuzione. Es. alitalia tratta Torino-Roma, prodotto sostituitivo: frecciarossa.
Potere contrattuale clienti: i compratori possono avere un forte potere di negoziazione che porta ad abbassare la
redditività media del settore inducendo i produttori ad applicare prezzi bassi o a migliorare le prestazioni.
Aumenta quando gli acquirenti riescono a concentrarsi; il prodotto rappresenta una quota significativa dei costi
dell’acquirente; il prodotto non è differenziato; i costi che il cliente dovrebbe sostenere per il cambiamento sono
bassi; i clienti sono sensibili al prezzo; i clienti possono integrarsi a monte. Più è alto il potere contrattuale più si
riduce l’attrattività di un settore. Il potere contrattuale dei clienti aumenta quando gli switching cost sono bassi.
Potere contrattuale fornitori: i fornitori hanno un impatto significativo sula redditività e sui margini di un settore.
Un segmento non è attrattivo se i fornitori sono in grado di elevare i prezzi e diminuire le quantità. Aumenta
quando: i fornitori sono concentrati; i fornitori di prodotti sostitutivi non esistono o sono pochi; il prodotto fornito
è un elemento importante nel processo produttivo dell’acquirente; i costi legati al cambiamento del fornitore sono
elevati; i fornitori possono integrarsi a valle. Il potere contrattuale dei fornitori aumenta quando gli switching
cost sono alti.
Più è elevata la concorrenza nel settore e peggiore sarà la situazione per le imprese che vi operano. Un settore
non è quindi attrattivo se: vi operano molte imprese potenti ed aggressive; il suo sviluppo è stabile o in declino;
l’entrata richiede ingenti investimenti in capitale fisso; i costi fissi sono alti; le barriere all’uscita sono elevate;
bassa differenziazione dei prodotti (perché per ottenere quote di mercato possiamo solo ridurre i prezzi).
Le lacune del modello:
La presenza di rapporti di complementarietà tra i prodotti: considera solo il rapporto di sostituzione tra
i prodotto e non anche quello di complementarietà
La presenza di rapporti di natura cooperativa tra le imprese di un settore: sempre più spesso le imprese
mettono in atto comportamenti di collaborazione o cooperazione anche in modo non esplicito
La turbolenza di molti settori che renderebbe poco utile una rappresentazione statistica della situazione
concorrenziale: modello non appropriato per settori in continua evoluzione 28
È lo strumento principale di analisi delle attività attraverso cui creare vantaggio competitivo. Disgrega l’impresa
nelle singole attività, ogni attività è generatrice di costi e ricavi, vediamo quale attività ci consente di ottenere il
maggior vantaggio competitivo.
Le attività primarie sono quelle in cui si articola ilo processo di produzione e vendita in senso stretto:
Logistica in entrata: pianificazione e gestione consegne fornitori; ricezione fisica materiali e controlli di
conformità; destinazione dei materiali ricevuti al magazzino; smistamento materiali agli impianti di
produzione; gestione magazzini materie prime e semilavorati.
Attività produttive: predisposizione impianti; organizzazione del ciclo produttivo; trasformazione fisica
degli input in prodotto finito; assemblaggio dei semilavorati; collaudo; manutenzione impianti; controllo
qualità; movimentazione degli output verso i magazzini di prodotti finiti; testing prodotto; imballaggi.
Logistica in uscita: gestione magazzini prodotti finiti; pianificazioni consegne ai distributori;
movimentazione prodotti in uscita; gestione delle consegne ai distributori; evasione degli ordini.
Marketing e vendite: gestione forza vendita; attuazione politiche commerciali; politica di prezzo; azioni di
comunicazione.
Servizi: assistenza post vendita; analisi della soddisfazione del cliente; sviluppo delle relazioni con i clienti;
fornitura servizi aggiuntivi come riparazione e manutenzione o istallazione prodotti.
Le attività secondarie sono finalizzate a rendere possibile il miglior svolgimento delle attività primarie e sono
trasversali a tutto il sistema aziendale:
Attività infrastrutturali: la più importante di quelle secondarie, si occupa di pianificazione strategica e di
marketing; programmazione e controllo di gestione; amministrazione; gestione finanziaria; rapporti
istituzionali e affari legali; gestione delle localizzazioni produttive
Gestione delle risorse umane: formazione e assunzione, selezione del personale; addestramento; sviluppo
delle carriere; retribuzione e incentivazione; relazioni sindacali.
Sviluppo della tecnologia: sviluppo della conoscenza; ricerca di base e applicata; innovazione di processo e
di prodotto.
Approvvigionamenti: analisi e selezione dei fornitori; gestione delle relazioni con i fornitori; gestione degli
acquisti finalizzati alla produzione; determinazione del prezzo di fornitura. 29
La catena del valore non deve essere considerata in maniera isolata ma all’interno di un sistema all’interno del
quale a monte troviamo i fornitori e a valle i distributori e i clienti. La nostra impresa ha una catena del valore per
ogni business unit (BU= unità organizzativa all’interno dell’impresa per ogni prodotto). Per quanto riguarda il
posizionamento delle catene del valore con più business unit, si può utilizzare una maniera “standard” in cui le
catene del valore delle business unit si trovano dopo alla catena del valore dei fornitori:
Oppure un sistema ibrido dove ad esempio sopra ai fornitori possiamo inserire la catena del valore della business
unit che ci fornisce una materia prima fondamentale (e grazie a questa Bu possiamo raggiungere un vantaggio
competitivo di leadership di costi), dopo ai fornitori inseriamo la business unit dell’oggetto che vendiamo e sotto
la catena del valore dei canali distributivi inserisco la catena del valore di una nostra bu che distribuisce il nostro
prodotto (in questo modo ho dei grossi vantaggi competitivi: posso applicare prezzi diversi e ottengo informazioni
sul consumatore finale).
Esempi: caso Ikea ha ottenuto vantaggio competitivo cancellando la catena del valore della distribuzione, ha
ottenuto la leadership di costo grazie alla distribuzione diretta. Porti a casa e te lo monti. Caso Del (computer):
tramite la customizzazione del prodotto, ti costruivi tu il tuo oggetto, in modo tale da ridurre le scorte di
magazzino e vendere prodotto a basso prezzo.
Il concetto di catena del valore può essere esteso all’insieme di relazioni finalizzate alla realizzazione delle attività
primarie e secondarie: relazioni con i fornitori, relazioni interne/esterne per la realizzazione del processo
produttivo, relazioni con i clienti, relazioni con gli attori nell’ambito allargato e relazioni interne/esterne per la
realizzazione delle attività di supporto della catena del valore creano un valore aggiunto all’azienda. Il valore finale
è il margine che noi otteniamo, la differenza tra i ricavi e i costi grazie alle relazioni che abbiamo messo insieme.
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Gli strumenti tradizionali. La balance scorecard è uno strumento a supporto della gestione strategia che consente
di tradurre la vision e la mission aziendale. Misura il conseguimento di questi obiettivi utilizzando più variabili
perché ci troviamo all’interno di un ambiente dinamico e bisogna tenere conto di più prospettive. All’interno di una
realtà organizzativa complessa come quella di un’impresa, l’impiego dei tradizionali sistemi di controllo, basati su
misure economico-finanziarie, può risultare inadeguato a causa dell’intrinseco limite nell’identificare
correttamente e tempestivamente dinamiche che hanno un’importante impatto sull’attività corrente e,
soprattutto, su quella futura. Il comportamento di manager e dipendenti all’interno dell’impresa è condizionato dal
sistema di misurazione (es. reddito netto alla fine dell’anno ma potrebbe trovare delle strategie per massimizzare
il profitto in modo non ottimale per l’azienda: nel breve periodo vendo gli asset, ottengo un guadagno ingente ma
nel lungo magari danneggio l’azienda) e report che questa decide di adottare, il management non dovrebbe quindi
semplicemente scegliere tra misure finanziarie e misure operative. C’è quindi la necessità di avere a disposizione:
Un numero molto elevato di informazioni che segnalino i punti in cui intervenire e le conseguenze che questi
interventi possono provare all’interno e all’esterno dell’azienda.
Bilanciare adeguatamente gli interventi per evitare che il beneficio ottenuto in un settore dell’attività si
trasformi in un danno per un altro, ciò allo scopo di garantire che la strategia perseguita venga
efficacemente utilizzata. Ovvero la balance scorecard. La vision è la
posizione/immagine che l’impresa vuole avere nel
medio/lungo termine (ad esempio per gli smart-
phone motorola potrebbe dire “ nei prossimi 10
anni voglio diventare il primo nel settore).
Definiamo quindi gli obiettivi e le strategie da
utilizzare per arrivare alla vision. Valutiamo da 4
prospettive (finanziaria, dei clienti, di
apprendimento e di crescita e dei processi
interni), capiamo quali sono i fattori critici di
successo, scegliamo gli indicatori di performance
utili per misurare il raggiungimento degli obiettivi
preposti e fissiamo dei valori target (es. Roe 10%)
e piani di azione dei manager (riformulazione delle
strategie in ottica di miglioramento continuo).
Kaplan e Norton, gli inventori della balance scorecard, hanno proposto di fissare dei target (obiettivi) e di
monitorare con continuità l’attività attraverso quattro differenti prospettive:
1. Sviluppo e crescita: per realizzare la nostra vision, come sosterremo la capacità di cambiare e migliorarsi?
Valuta il futuro dell’azienda e la sua capacità di crescita. Guarda al futuro sviluppo dell’azienda in termini
di capacità e di competenze del personale, di motivazione, di responsabilizzazione, di coinvolgimento del
personale e di sistema informativo. Valutazione del motore intangibile dell’impresa e la capacità
dell’impresa di innovare, migliorare costantemente prodotti e processi e di apprendere. Risponde alla
domanda: come possiamo cambiare, evolvere e migliorare nel futuro?
2. Processi interni: per soddisfare i nostri azionisti e i nostri clienti in quali processi di business dobbiamo
eccellere? Questa prospettiva identifica quali sono i processi chiave in cui l’organizzazione deve eccellere
per supportare la proposta valore ai clienti, essere competitiva e creare valore per l’azienda. Obiettivo:
qualità dei prodotti, misure: % di prodotti difettosi. 31
3. Clienti: per realizzare la nostra vision, come dobbiamo apparire ai nostri clienti? Conoscere come la propria
attività sia percepita dai clienti è uno degli obiettivi principali della direzione aziendale. È possibile tenere
in considerazione il tasso di fedeltà, il grado di soddisfazione del cliente, il tasso di acquisizione di nuovi
clienti, la redditività per cliente e la quota di mercato.
4. Finanziaria: per avere successo finanziariamente come dobbiamo apparire ai nostri azionisti o a chi
conferisce capitale all’azienda? Le misure di performance finanziaria ci permettono di comprendere se la
strategia implementata stia contribuendo alla creazione di nuovo valore. Obiettivi: redditività d’impresa
(per l’azionista Roe, per il capitale investito Roi), tasso di crescita, valore creato per il proprietario/gli
azionisti. Misure: reddito operativo (margine operativo lordo), crescita dei ricavi, Roi, Roe.
In ognuna di queste 4 prospettive ci sono tre colonne con l’obiettivo da raggiungere (obiettivo, misure, target). Se
ne può aggiungere una quarta, ovvero le strategie da adottare. La balance scorecard è uno strumento potente che
permette di delineare mappe strategiche, avere degli obiettivi chiari, misurare il lavoro di ognuno e migliorare la
comunicazione aziendale. L’evoluzione di questo strumento evidenzia i processi da adottare per gestire le strategie
in un’ottica che bilanci obiettivi e risulti di breve periodo con quelli di lungo termine. La balance scorecard come
sistema di controllo strategico ha 4 processi:
Translating the vision in azioni operative: attraverso la definizione di un set integrato di obiettivi e misure
che descrivano i drivers di successo
Communicating and linking: comunica obiettivi e strategie a tutti i livello gerarchici. Riguarda il processo i
comunicazione delle strategie e degli obiettivi dal top management verso i livelli inferiori
dell’organizzazione per raccogliere suggerimenti e di ampliare il commitment verso il raggiungimento degli
obiettivi strategici.
Business planning: riguarda l’attività di pianificazione strategica e finanziaria attraverso l’integrazione e
il bilanciamento degli obiettivi di breve e lungo termine identificati dalle 4 prospettive della BSC
permettendo una più efficiente allocazione delle risorse
Feedback and learning: in un ambiente caratterizzato da una forte imprevedibilità è necessario che il
sistema fornisca feedback tempestivi e significativi sulle variabili chiave per la creazione di valore.
L’analisi Pest è l’analisi che ci consente di valutare quei fattori esogeni all’impresa e usarli per capire quali abbiano
un impatto più significativo sulle prospettive di impresa. L’analisi pest, che considera variabili politiche,
economiche, sociali e tecnologiche è una delle più usate per individuare quali abbiano un impatto più significativo
sulle prospettive di un’impresa. Considera diversi ambiti:
Politico istituzionale: sistema istituzionale, legislazione fiscale, disciplina della concorrenza e della
proprietà privata, regolamentazione del mercato del lavoro, presenza di imprese pubbliche, privatizzazioni,
corporate governance, sistema giudiziario. Deregolamentazione del mercato + liberalizzazione = maggiore
concorrenza.
Economico: tasso di crescita del PIL (se aumenta aumenta anche il potere di acquisto dei cittadini),
deficit/debito di stato e regioni, reddito disponibile e propensione al risparmio, tassi di interesse, livello
di indebitamento delle imprese e delle famiglie, bilancia dei pagamenti, tasso di occupazione, costo del
lavoro, investimenti pubblici in infrastrutture, tasso di cambio, disponibilità e costo materie prime.
Socio/culturale: come è cambiata la posizione del nucleo famigliare ( - figli + single), sistema dei valori,
distribuzione del reddito tra le varie fasce sociali, percentuale di popolazione all’interno delle fasce, profili
culturali e religiosi dei cittadini, tassi di nascita e morti, stile di vita, apertura internazionale
Tecnologico: brevetti detenuti, investimenti pubblici e privati in ricerca e sviluppo, protezione dei
brevetti, trasferimento di tecnologie, tasso di introduzione di nuovi prodotti, tasso di sviluppo tecnologico,
politica per l’innovazione.
Ecologico: sensibilità alla protezione dell’ambiente, qualità dell’aria e dell’acqua, tasso di riciclaggio, fonti
di energia, stato dell’evoluzione del ciclo di vita del prodotto, livello di inquinamento, politica ambientale.
32
Il processo da compiere per l’utilizzo di tale metodologia di anali del macroambiente può essere declinato in 5 fasi
1. Definire e comprendere il segmento di ambiente che si sta utilizzando, l’area. Individuiamo i trend
all’interno dell’ambiente e gli effetti che hanno: positivo, negativo o neutrale
2. Comprendere le relazioni tra le tendenze
3. Trovare un rapporto tra le tendenze e le problematiche: non tutti i trend sono uguali
4. Predire l’andamento futuro delle problematiche e come i trend cambiano
5. Derivarne delle implicazioni a livello manageriale
Debolezze del modello:
Interpretazione: il management potrebbe trovarsi in difficoltà nel concettualizzare e definire il proprio
ambiente. Capire l’ambiente e il trend di riferimento non è facile.
Imprecisioni: le imprecisioni dei risultati e delle analisi o la mancanza di credibilità dovuta alla presenza
di ambiguità, di incertezze o entrambe, che derivano principalmente da un’approssimativa
rappresentazione degli eventi e delle tendenze ambientali
Orientamento al breve periodo: molti manager preferiscono spendere tempo e denaro principalmente per
le decisioni che ricoprono un arco di azione temporale di breve termine piuttosto che concentrarsi su
strategie che per svilupparsi hanno bisogno di tempo maggiori, mentre molte delle variabili ambientali
richiedono anni per evolversi
Diversificazione dell’attività (imprese con attività diverse devono diversificare l’analisi Pest per ogni
attività), limitazioni umane, esperienze precedenti ed altri errori possono condizionare l’analisi ambientale
Il terzo strumento tradizionale è l’ analisi Swot che viene condotta sui punti di forza (Strenghts) e di debolezza
(Weaknesses) che differenziano l’impresa dalle imprese concorrenti e sulle opportunità (Opportunities) e le
minacce (Threats) che derivano dal contesto esterno, in base alle quali si cerca di interpretare e di prevedere
l’evoluzione del mercato in cui opera l’impresa. I punti di forza e di debolezza sono i fattori endogeni, ovvero propri
del contesto di analisi; sono inoltre modificabili grazie alla politica o all’intervento proposto. Le opportunità e le
minacce sono i fattori esogeni in quanto derivano dal contesto esterno (valutabili attraverso l’analisi pest) e sono
difficilmente modificabili, ma è necessario tenerli sotto controllo in modo da sfruttare le opportunità e ridurre
le minacce.
I punti di forza sono quei fattori che rendono una società maggiormente competitiva rispetto ai propri rivali.
Valutiamo tutti i punti di forza in termini di: valore, raro, inimitabile o non sostituibile. Il grado assegnato ad ogni
punto di forza rappresenta la sua importanza relativa, il punto di forza che avrà più “check” per i 4 fattori avrà
una priorità maggiore. I punti di debolezza sono limitazioni, debolezze o difetti che potrebbero impedire il
raggiungimento di un obiettivo. Le opportunità sono relative ad ogni situazione favorevole, attuale o futura,
nell’ambiente esterno, come un trend, un cambiamento, o una necessità trascurata che un prodotto o servizio
potrebbe soddisfare aiutando l’azienda a rafforzare la sua posizione competitiva. Le minacce includono ogni
situazione sfavorevole, trend, o un imminente cambiamento nell’ambiente esterno che potrebbe comportare un
impedimento al raggiungimento dell’obiettivo aziendale. Bisogna poi considerare le interazioni tra i fattori e le loro
priorità: questo step permette di valutare le interazioni degli elementi nei 4 differenti quadranti: al fine di
verificare la corrispondenza (tra opportunità e punti di forza) e la conversione (trasformare le minacce e i punti
deboli in opportunità e punti di forza). 33
Alcuni suggerimenti per migliorare la qualità e l’efficacia dell’analisi Swot:
Essere brevi: non andare a individuare centinaia di fattori ma essere coincisi
Legare, quando possibile, forze e debolezze ai fattori di successo
Valutare le forze e debolezze in rapporto a quelle dei concorrenti
Fare affermazioni specifiche, evitare considerazioni vaghe
Essere realisti circa le forze e le debolezze
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Identifica l’identità, i volari e la filosofia gestionale dell’impresa; ci consente di capire perché lo fa e come (con
quali strategie) lo fa. L’etimologia della parola strategia è greca e significa l’arte del generale, intesa come la
capacità di arrivare ad una visione d’insieme che permetta di prendere le decisioni più corrette. Numerose sono
state le definizioni date da diversi autori fin dagli anni 60:
È la definizione degli obiettivi di lungo termine, sviluppo delle attività e allocazione delle risorse necessarie
per raggiungere tali obiettivi
È un insieme di politiche e piani che presi nel loro insieme definiscono gli obiettivi di un’impresa e il suo
approccio alla sopravvivenza e al successo. In alternativa si può affermare che le politiche, i piani e gli
obiettivi di un’impresa esprimono la sua strategia per affrontare un ambiente competitivo molto complesso
È il modello di decisione con il quale un’impresa determina i propri obiettivi, formula le politiche e i piani
per raggiungerli, definisce in quali business operare, quale organizzazione intende costruire, la natura dei
vantaggi economici e non economici che intende dare ai propri azionisti, collaboratori, clienti e comunità
locali.
Fattore comune; nella definizione c’è la definizione degli obiettivi a lungo termine, comprende la definizione
dell’attività e delle azioni per raggiungere gli obiettivi. Inoltre è presente il concetto di allocare e acquisire le
risorse necessarie per raggiungere vantaggi competitivi.
Gant nel 2008 ha evidenziato quali siano gli elementi comuni di una strategia di successo:
Obiettivi semplici nel senso di facilmente raggiungibili, coerenti e di lungo termine
Profonda comprensione dell’ambiente competitivo attraverso l’utilizzo dell’analisi Swot/Pest per capire le
minacce e quali sono le opportunità da cogliere
Obiettiva valutazione delle risorse per capire quali sono le nostre risorse e competenze rispetto a quelle
dei competitors
Efficace implementazione della strategia per renderla operativa ed efficace. Vedi balance scorecard,
revisione continua della strategia per un futuro miglioramento
A livello di direzione centrale le condizioni di fondo si esprimono in mission, vision e valori 35
La Mission è un’enunciazione molto ampia degli scopi che l’impresa persegue e generalmente individua grandi aree
di attività nel campo economico e sociale. Deve: contenere l’indicazione degli obiettivi attraverso i quali la mission
stessa può essere raggiunta, differenziare l’impresa dai concorrenti (frase ad alto impatto), definire il business
o i business in cui l’impresa intende operare, incorporare le attese non soltanto degli azionisti e del management
ma anche degli stakeholders come ad esempio i clienti, stimolare e rappresentare una sfida da raccogliere (anche
in ottica interna, per i dipendenti). Può essere una frase di 5 parole, mezza pagina ma è la ragion d’essere
dell’impresa ed è la descrizione delle finalità commerciali attuali dell’impresa. Può anche essere legata alla
copertura geografica o alla posizione di leadership a cui aspira.
Es. ILLY CAFFE ha il focus sulla copertura geografica: “Deliziare tutti coloro che, nel mondo, amano la qualità
della vita, attraverso il migliore caffè che la natura possa offrire, esaltato dalle migliori tecnologie nonché
dall’emozione e dal coinvolgimento intellettuale che nascono dalla ricerca del bello in quello che facciamo”. I valori
sono l’etica: creiamo e condividiamo con gli stakeholder valore di lungo termine tramite il nostro impegno nel
miglioramento, nella trasparenza, nella sostenibilità e nello sviluppo personale e l’eccellenza: vogliamo entusiasmare
i clienti, creando esperienze e prodotti straordinariamente buoni, belli e ben fatti, lavorando velocemente ed
efficientemente alla soddisfazione dei loro bisogni e desideri.
FERRERO si concentra sulla qualità dei suoi prodotti oltre che sulla centralità del cliente, ma incorpora anche i
valori etici ed il proprio ruolo di azienda locale: “qualità elevatissima, cura artigianale, freschezza del prodotto,
accurata selezione delle migliori materie prime, rispetto e considerazione del cliente; eccole le parole chiave e i
valori ferrero, che è anche attenzione alla sicurezza alimentare, all’ambiente, al sociale, alle comunità locali in cui
opera, alle proprie risorse umane.”
MCKINSEY ha il focus sugli stakeholder sia interni sia esterni: “Aiutare i nostri clienti a fare distintivi, durevoli
e sostanziali miglioramenti nelle loro performance e a costruire una grande impresa che sia in grado di attrarre,
sviluppare, motivare e trattenere le migliori persone”
Molte imprese uniscono i concetti di mission, vision e valori (es Ferrero che ha i valori incorporati nella mission).
La Vision indica la proiezione di uno scenario che un imprenditore vuole vedere nel futuro e che rispecchia i suoi
valori, i suoi ideali e le sue aspirazioni generali. Esprime ciò che l’impresa si propone di divenire entro un
determinato futuro, il punto di arrivo.
ILLY CAFFE: il focus è diventare leader dell’alta gamma, un obiettivo qualitativo: “Vogliamo essere, nel mondo,
punti di riferimento della cultura e dell’eccellenza del caffè. Un’azienda innovativa che propone i migliori prodotti
e luoghi di consumo e che, grazia a ciò cresce e diventa leader dell’alta gamma”
DISNEY: “essere la prima impresa di intrattenimento al mondo” 36
Dopo aver definito mission e vision i soggetti incaricati al governo dell’impresa avviano il processo di formulazione
delle strategie le cui decisioni vengono prese a diversi livelli. Le strategie su 3 livelli:
Le strategie di corporate sono anch’esse suddivise in 3 livelli. Come decido quali adottare? Dipende dall’attrattività
del settore: se è molto attrattivo scelgo strategie di sviluppo; se sono in attesa di uscita dal settore prediligo
quelle di stabilità
1. Strategie di sviluppo: possono essere realizzate per linee interne (con proprie risorse, sviluppando il
mercato, sviluppando il prodotto, creando nuovi prodotti), per linee esterne (ricorrendo a fusioni e
acquisizioni di altre imprese) e stringendo alleanze. Ci sono due alternative:
Concentrazione: quando l’impresa decide di crescere nel settore in cui opera sfruttando le
competenze acquisite. Strategia di concentrazione come espansione nei business esistenti
attraverso mutamenti nell’ampiezza prodotto-mercato e nell’estensione geografica (espansione
geografica, vendita di prodotti esistenti in nuovi mercati, incrementi di usi e applicazioni dei
prodotti esistenti). Posso usarla attraverso l’integrazione verticale (processo di internalizzazione
sequenziale o verticale delle fasi della filiera tecnologica-produttiva immediatamente collegate a
quelle in cui già opera l’impresa. Vedi Luxottica, il 90% dei componenti sono prodotti internamente,
lo scorso anno ha acquisito Sunglusses.com, l’amazon degli occhiali, e vuole adottare ancora di più
una politica di integrazione verticale. Oppure apple store che vuole fidelizzare il cliente.) oppure
attraverso l’integrazione orizzontale (strategia di sviluppo con la quale le attività di un’impresa
vengono ampliate attraverso l’unione, acquisto o alleanza con un’altra impresa che svolge le stesse
attività, vedi FCA. L’impresa resta nel settore/mercato originario ma acquisisce la possibilità di
allargare la quota di mercato e rafforzare la sua posizione rispetto ai rivali).
Diversificazione: si realizza quando un’azienda decide di sviluppare nuove produzioni in mercati
nuovi anziché rafforzare la propria posizione nel settore in cui già opera. Si persegue attraverso
due modalità: diversificazione correlata ( si può basare su risorse materiali e immateriali e/o
competenze utilizzabili in altri settori. Può trattarsi di materie prime, componenti fabbricati,
marchi, brevetti ma anche di catene distributive… esattamente come ha fatto Microsoft con
Encarta, ha sfruttato tutte le risorse e situazioni esterne) e diversificazione conglomerata
(l’azienda estende l’attività verso produzioni completamente nuove senza alcuna affinità con le
conoscenze già possedute dall’impresa, rivolte ad una clientela completamente diversa. Presenta i
più alti rischi di gestione perché non può sfruttare nessuna delle competenze acquisite e i rischi
di mercato più bassi perché i mercati su cui si sviluppa non hanno alcun legame e quindi se dovesse
andare male uno dei due l’altro non seguirebbe la stessa sorte. Vedi LWMH, beni di lusso in settori
diversi.) 37
2. Strategie di stabilità: mirano a mantenere le posizioni raggiunte limitando investimenti e opzioni di
espansione. Si possono individuare due principali strategie generiche:
Stabilità in attesa di tempi migliori: rinunciare allo sviluppo nel breve termine e restare in attesa,
avendo una buona posizione competitiva, evitando di correre rischi con nuovi investimenti.
Presuppone che l’impresa abbia una buona posizione competitiva
Stabilità in attesa di uscire dal settore: non cambiare le strategie, in attesa che sia la domanda
sia il contesto competitivo assumano una configurazione più chiara (propensi all’abbandono).
3. Strategie di contrazione: in periodi di congiuntura negativa che riguardi l’intera economia o i settori di
operatività dell’azienda, con deboli ed incerte previsioni di ripresa, l’impresa può decidere di adottare
queste strategie al fine di ridurre le attività ed il rischio:
Turnaround: è la strategia indicata per una situazione in cui il settore ha buona o forte attrattività
e l’impresa ha perso capacità competitiva, ma ritiene di poterla recuperare. Ritirata: fase iniziale
del turnaround e mira a fermare il declino, a stabilizzare la situazione. Consiste nel ridurre i costi
e gli investimenti in rapporto ai ricavi. Ha un orizzonte di breve termine e agisce per lo più sulle
strategie funzionali mentre quelle competitive non cambiano. Recupero: l’impresa riacquista
gradualmente le posizioni che aveva prima della crisi. L’attenzione si sposta dalla riduzione dei
costi agli obiettivi di sviluppo: riposizionamento di prodotti e servizi, nuovi prodotti e servizi, nuovi
mercati.
Captive o cessione: se l’impresa ha una posizione debole in un settore stagnante o in declino, può
decidere di diventare un sub-fornitore dei propri maggiori clienti, o cedere l’attività. Captive:
l’impresa si trasforma in un subfornitore nei confronti dei maggiori clienti, proponendo contratti
di lungo termine. L’impresa così riesce a ridurre i costi di alcune funzioni che richiedono forti
investimenti come il marketing, ma sacrifica la propria indipendenza. Cessione: quando la capacità
competitiva non è recuperabile e si prevede che il settore sia condannato al declino, la risposta
può essere vendere a un’altra impresa che abbia avviato una strategia di integrazione orizzontale
e che presuma con l’acquisto di creare sinergie. Cessione parziale: quando un’impresa si trova in
fase di stagnazione o contrazione del mercato e non vuole abbandonare del tutto il mercato, può
operare una cessione parziale.
Abbandonare: quando le condizioni del settore sono disastrose e la posizione competitiva è molto
debole, difficilmente è possibile trovare un compratore dell’impresa. La scelta è l’abbandono.
Fallimento: è una fase molto difficile, che raramente il management percorre perché significa
riconoscere di aver fallito la propria missione. Liquidazione: è una alternativa al fallimento, consiste
nello smembramento delle varie attività e la loro vendita; al termine di queste operazioni l’impresa
cessa di esistere.
Le strategie di Business tendono a stabilire come affrontare la concorrenza, creare o mantenere un vantaggio
competitivo e distribuire le risorse tra le varie funzioni. Si focalizzano su un singolo mercato e su un singolo
settore. Quando un’azienda opera in un solo mercato e con una sola linea di prodotti il livello corporate coincide
con quello business. Secondo Porter per competere in un particolare mercato si può puntare su 3 strategie:
leadership di costo, differenziazione, focus. (vedi pg 12-13). 38
Blue Ocean Strategy
Fin qui abbiamo parlato di strategie competitive (vedi Porter, che ha sempre basato le sue teorie sul fattore
competitors), però molte volte non consentono di creare dei veri vantaggi. Queste strategie sono criticate da Kim
e Mauborgne, autori del libro “strategia oceano blu” all’interno del quale individuano due tipi di “oceani”, intesi
come industrie e settori.
Gli oceani rossi sono caratterizzati da confini ben circoscritti ed accettati, usano la competizione come strategia
principale per aumentare il proprio market share. Più questi settori diventano affollati, più le prospettive di
profitti e crescita diminuiscono. Sono la maggior parte delle industrie, sono molto conosciute, c’è tanta
concorrenza, si compete quotidianamente per rubare quote di mercato, ciò comporta la decrescita dei margini sul
prodotto e porta alla competizione sul prezzo. Per quanto riguarda l’orientamento funzionale il focus è sul
miglioramento della performance di prezzo nell’ambito dell’orientamento funzionale o emotivo del settore
Gli oceani blu rappresentano tutte le industrie oggi non esistenti. Sono mercati non ancora noti e privi di
concorrenza in cui la domanda non viene contesa ma creata. All’interno di questi oceani si ha un’ampia possibilità
di crescita. Esempi possono essere Starbucks, è riuscito a creare una caffetteria internazionale che non vende
caffè ma emozioni, ha creato un luogo spazioso, confortevole, con il wifi dove è possibile rilassarsi, studiare, ha
creato la domanda dove non c’era. Un altro esempio è la nintendo Wii che non ha affrontato in modo diretto la
competizione (Play Station, X box) ma ha creato un prodotto convincendo a giocare persone che prima non
giocavano: neofiti come mamme, nonni… avere clienti nuovi significa creare una domanda e aggirare la competizione
in maniera “furba”, sfrutto la possibilità, ad esempio “gioco e faccio sport”. Attraverso l’analisi dei gruppi
strategici contigui (ad esempio Ryanair che ha trovato un modo di far volare persona che prima non volavano) si
crea la domanda. Si ripensa all’orientamento funzionale o emotivo del settore
Un caso di Oceano Blu è quello del Cirque du Soleil: il canadese Cirque du Soleil viene fondato nel 1984 da un
gruppo di saltimbanchi di strada. Il CEO, Guy Lalibertè, è un mangiafuoco che suonava la fisarmonica e camminava
sui trampoli. Finora sono state messe in scena dozzine di produzioni, con 40 milioni di spettatori in 90 città del
mondo. In 20 anni il circo ha raggiunto un livello di ricavi pari a quello ottenuto dai circhi leader del mondo in 100
anni. Il business del circo era, ed è, in declino. Subiva la concorrenza di altre forme di intrattenimento come eventi
sportivi, tv, videogiochi. I bambini, pubblico di riferimento, preferivano le playstation alle rappresentazioni
circensi. Rancore da parte degli animalisti. I circhi tradizionali dipendevano da artisti di valore per attrarre molte
persone, queste risorse scarse spesso fissavano i termini del contratto. Il pubblico era in costante declino, i costi
erano crescenti, un eventuale entrante avrebbe dovuto competere con un incumbent molto forte ed inoltre
l’ambiente era poco attrattivo. Come ha potuto affermarsi Cirque du Soleil e incrementare i ricavi in 10 anni?
Reinventando il circo, creando un nuovo mercato che ha reso irrilevante la competizione. Ha attirato nel settore
nuovi clienti, che prima non erano interessati al circo: adulti che amavano il teatro, l’opera o il balletto, disposti a
spendere di più del prezzo di un biglietto del circo per un intrattenimento di interesse innovativo. Piuttosto che
superare la competizione ridefinisce il problema. Offre il divertimento e le esperienze eccitanti del circo e la
ricchezza intellettuale e artistica del teatro ( aumento dei benefici ). Taglio dei costo: molti elementi ritenuti
essenziali erano di fatto non necessari e spesso costosi, come ad esempio spettacoli di animali, artisti come star,
più show simultaneamente. Sono stati evidenziati tre fattori su cui si basa il fascino del circo: la tenda, gli acrobati
e i clown. L’umorismo dei clown è stato reso meno grossolano e più sofisticato. La tenda è stata valorizzata al
massimo e resa attraente; ha mantenuto la magia ma con un elevato comfort (niente più segatura o scomode panche
ma poltrone). Acrobati e spettacoli da brivido sono stati mantenuti ma con un ruolo ridotto e resi più eleganti.
Sono stati inseriti nuovi elementi del teatro, c’è un tema e una storia, anche se vaga. Vengono prese delle idee da
Broadway, l’intrattenimento è molto più sofisticato. La magia è stata creata attraverso una ricostruzione dei vari
elementi di broadway, opera e balletto. 39
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher coral94 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Economia e direzione delle imprese e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Torino - Unito o del prof Tardivo Giuseppe.
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