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Estratto del documento

VORTICITÀ.

Un rotore contenere le derivate della velocità in direzione trasversale, e quindi tensioni tangenziali. Definito

allora il concetto di vorticità, dico che la vorticità è responsabile della rotazione delle particelle.

Dal punto di vista matematico prendo l’equazione di navier-stokes e applico il rotore, operatore lineare, per

cui ci lavoro un po’ sopra con tutta una serie di passaggi, ottenendo un risultato. Riesco quindi a dedurre

l’equazione della vorticità

 Vorticità: è il rotore del campo di moto, derivata delle velocità in direzione tangenziale. Posso capire

come si comporta utilizzando navier stokes ed applicando il rotore, tale formula mi descrive come le

particelle si comportano

Equazione della vorticità

Teoria di Kolmogorov

Le microscale sono le scale più piccole della turbolenza

I fenomeni dissipativi avvengono quando le scale diventano piccole, ma tale

‘piccolezza’ viene definita da queste formule

Le scale dipendono da due termini:

 ε: qtà media di energia dissipata nell’unità di tempo

 ν: viscosità

Man mano che il numero di reynolds aumenta, le scale piccole diventano sempre più indipendenti dalle scale

grandi, prima ipotesi di kolmogorov, e quindi non dipendono dalle condizioni a contorno. Man mano che

reynolds aumenta η diventa sempre più piccola mentre la L resta più o meno costante.

Nelle scale piccole non mi occupo di differenti problemi perché tanto sono tutti uguali, cioè la turbolenza

alle scale più piccole è uguale dappertutto, non devo sforzarmi di capire ogni singolo problema. Alle piccole

scale le grandezze dipendono solo dalla viscosità e dalla dissipazione, le grandezze fondamentali restano

queste appena dette (seconda ipotesi).

Estrapolando questo ragionamento, cosa capita man mano che passo dalle scale piccole alle scale grandi??

Sto passando a scale sempre più grandi e meno importante è la viscosità, quindi la terza ipotesi di

kolmogorov è che le scale grandi dipendono solo dalla scala del fenomeno L ed ε.

Ognuna di queste scale L contiene dell’energia che viene trasferita alle piccole scale.

Scale piccole: universalità delle soluzioni.

Scale della turbolenza

Le scale mi dicono con che frequenza posso ruotare questi vortici, quindi passo da numeri d’onda piccoli a

grandi, allora il numero d’onda rappresenterà l’energia ai vari pezzi di scala. Allora posso costruire lo spettro

di energia che, in funzione del numero d’onda, mi racconta quanto vale l’energia contenuta alle varie scale.

Lo spettro mi racconta come il numero d’onda è distribuito alle varie scale, è più comodo passare alle scale

delle frequenze. Prendo l’auto correlazione del mio segnale che mi dice come sono correlati i punti . Lo

spettro è legato alla trasformata di fourier dell’auto correlazione. Ro mi racconta la struttura del mio segnale,

scrivere la ro significa vedere come sono legate le informazioni del segnale evitando di studiarlo punto per

punto. Posso fare la trasformata di fourier dell’auto correlazione e definiamo lo spettro come integrale della

“ci”. Porto le informazioni del segnale nel dominio delle frequenze, cioè nel dominio dei numeri d’onda.

Parlare dei numeri d’onda è come parlare delle scale, al posto di parlare di L parlo di k , ma facendo

quell’operazione matematica tramite fourier posso avere una funzione che mi racconta come varia l’energia

turbolenza alle varie scale, la funzione è detta spettro dell’energia. L’integrale finale mi racconta come varia

l’energia media della turbolenza di quel segnale. Lo spettro mi dice quanto vale l’energia scala per scala. Alla

fine della turbolenza mi interessa l’energia perché voglio sapere cosa viene dissipato.

Curve diverse arrivano da esperimenti fatte in punti diversi in zone diverse. Sull’asse delle y c’è Ek e sulle x

ci sono le k. K grande significa scale piccole. Allora nel grafico a sinistra ho che a destra ho le scale piccole e

a sinistra ho le scale grandi. Cosa noto? Man mano che mi avvicino alle scale piccole, caratterizzati da numeri

d’onda grandi, arrivano su una unica curva , e che quindi alle scale piccole la turbolenza é universale. Ciò

dimostra che la teoria di kolmogorov è abbastanza sensata. tra le scale grandi e quelle piccole riconosciamo

diverse zone, zone dove avviene la dissipazione e dove avviene la produzione, in mezzo abbiamo le scale

intermedie definite INERZIALI, sono quelle che non dipendono dalla viscosità, sono delle scale di carattere

inerziale nel campo della turbolenza. Attraverso le ipotesi che abbiamo visto , questa legge che mi dice come

vanno le cose nella turbolenza alle piccolissimo scale osservo che tutte le turbolenze , a destra del grafico

più grande, hanno pendenza -5/4. Muovendomi dalle grandi alle piccole scale ad un certo punto inizia ad

essere importante la viscosità. Ho una produzione di turbolenza che viene trasferita alle scale più piccole,

questa produzione avviene con delle energie proporzionali al numero d’onda al quadrato. Zona

dell’equilibrio universale, zona di turbolenza isotropa, in cui le condizioni a contorno non contano più. Divido

questa zona in due parti una in cui la padrona è la viscosità(1) una in cui la viscosità é importante come la

epsilon (2).

Nozioni fondamentali sulla turbolenza

Il moto turbolento può essere definito solo attraverso un insieme di proprietà. Il moto è turbolento se è:

 irregolare nel tempo e nello spazio;

 casuale;

 dissipativo;

 rotazionale;

 tridimensionale;

 non omogeneo;

 anisotropo;

 non lineare.

Una delle conseguenze dell’irregolarità del moto turbolento è la molteplicità delle scale spaziali e temporali

che lo caratterizzano. Spesso il moto di un fluido in regime turbolento è assimilato all’interazione di vortici

di dimensione molto diversa.

Tipicamente, la scala spaziale più grande è paragonabile con la dimensione del dominio interessato dal moto.

Nel caso dei fiumi questa scala è la profondità o la larghezza.

La scala minore è invece correlata alla viscosità del fluido.

Il range di scale temporali e spaziali che si osservano è il risultato dell’importanza della forte non-linearità

delle equazioni che governano il moto ad alti numeri di Reynolds (Re> 2000). L’effetto di tale non-linearità è

la diffusione di energia cinetica fra le diverse scale e l’interazione di vortici di diversa dimensione. Alle scale

più piccole, la viscosità gioca il ruolo principale trasformando l’energia cinetica in calore.

A causa di questa continua dissipazione (anche in regime stazionario) deve esistere un meccanismo che

alimenti di energia il moto a piccola scala. Se il moto è statisticamente in equilibrio il processo di

trasferimento deve essere in equilibrio con il tasso di dissipazione. A scale più grandi, la viscosità gioca un

ruolo secondario ed i termini non-lineari delle equazioni sono responsabili della redistribuzione di energia

cinetica dalle scale più grandi, dove è generata per effetto della gravità o della differenza di pressione, alle

scale più piccole dove è dissipata in calore. Questo fenomeno avviene attraverso il meccanismo chiamato

cascata dei vortici. I vortici a grande scale (della dimensione della profondità) inglobano energia cinetica

(fornita dalla gravità) vengono distorti dal moto turbolento (in particolar modo vengono stirati realizzando

un fenomeno chiamato vortex stretching) diminuiscono di dimensione e conservando quantità di moto.

L’energia passa dalle scale grandi alle piccole.

Il processo di redistribuzione deve essere in equilibrio, ovvero, tanta energia è generata alle grandi scale

tanta è dissipata alle piccole scale. Poiché le piccole scale tendono ad essere caratterizzate da piccoli tempi

scala si può assumere che questi siano statisticamente indipendenti dai moti a grande scala, generalmente

più lenti. Se questa assunzione è corretta, allora il moto a piccola scala può dipendere solo dal tasso di

energia trasferito dal moto a scala maggiore e dalla viscosità del fluido. Inoltre, poiché l’energia cinetica delle

scale del moto piccole ed intermedie variano solo al tasso al quale il moto medio varia, si può postulare che

il comportamento delle scale intermedie sia governato solamente dal trasferimento di energia, a sua volta

condizionato dal tasso di dissipazione alle piccole scale.

Queste ultime considerazioni sono alla base della teoria dell’equilibrio universale della turbolenza di

Kolmogorov.

Poiché l’unità di misura del tasso di dissipazione dell’energia turbolenta per unità di massa

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ε è L /T , le scale per le lunghezze, i tempi e le velocità per i moti di piccola scala (quella a

cui avviane la dissipazione dell’energia cinetica in calore) sono ottenute dall’analisi

dimensionale.

Queste sono le scale di Kolmogorov.

Turbolenza libera

Getti: immissione di un fluido in un altro attraverso un foro circolare

Come si vede nella figura la parte rossa è quella più turbolenta di tutte, entrano in gioco dei termini in modo

diverso nelle varie equazioni caratteristiche del moto. In generale il getto aumenta e pian piano la turbolenza

si spegne. Il bordo stesso vede delle oscillazioni a piccola scala ma comunque anche queste ci sono, se

disegno il profilo di velocità medio questo assume una forma del tipo in figura a sinistra. I tre profili di velocità

trasversale si assomigliano, anche cambiando la zona più o meno le cose rimangono uguali, ma sempre in

un punto di vista macroscopico. Allora ci basterà una sola equazione per descriverli tutti.

Mixing layer: due strati adiacenti che viaggiano con due velocità diverse

Di solito nell’analisi numerica si suppone che uno sia fermo e che l’altro si muova. Nella figura a destra si

osserva che la turbolenza nasce a causa di un gradiente di velocità tra i due fluidi, allora cambiano i termini

di dissipazione etc..

Ad esempio l’atmosfera a strati diversi, gli oceani con acque differenti che si incontrano

Scie: corrente che incontra un corpo rigido

Per effetto della presenza del corpo, ho un flusso molto turbolento che man mano si spegne.

Un classico esempio é quello delle pile di un ponte che vengono investite da un fluido.

Caratteristiche della turbolenza libera

1. Intermittenza:

la turbolenza aumenta e diminuisce ad intervalli.

È una caratteristica tipica

Dettagli
A.A. 2018-2019
58 pagine
SSD Ingegneria civile e Architettura ICAR/01 Idraulica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher marcoedilizia19 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Idraulica ambientale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Politecnico di Torino o del prof Revelli Roberto.