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DICHIARAZIONE DEI REDDITI DEL CONTRIBUENTE
La dichiarazione in materia di imposte dirette è l’atto di cui all’art. 1 dpr. 600 con il quale il
contribuente porta a conoscenza dell’amministrazione la propria posizione. Ogni soggetto passivo
deve dichiarare annualmente i redditi posseduti, anche se non consegue alcun debito di imposta.
Lo fa compilando un apposito modello, un documento, sottoscrivendolo e inviandolo. Tutto parte
dalla dichiarazione.
Vi è il problema dell’efficacia della dichiarazione. Non vincola in sé il contribuente.. Il contribuente,
non essendo vincolante può ritrattarla in peggio, a suo sfavore, ma anche a suo favore.
Può accadere tuttavia che all’interno della dichiarazione ci siano altre dichiarazioni che il
contribuente compie, ed esse sono vincolanti per il periodo d’imposta è stata fatta la dichiarazione.
27/10/2014
La dichiarazione dei redditi ha dei contenuti imposti in parte dal legislatore e l’atto con cui si
dispongono i c.d. modelli è un decreto ministeriale, deve essere sottoscritta e trasmessa. Deve
indicare dati e elementi necessari per l’individuazione del contribuente, per l’effettuazione dei
controlli e altri elementi richiesti dall’art.8. deve indicare gli elementi che servono per la
dichiarazione dei redditi e delle imposte. Questi elementi sono tutti dati che consentono di
individuare l’esistenza del presupposto. In questo entrano in gioco le disposizioni del Testo Unico
che contiene le regole. Il presupposto individuato per l’IRPEF è il possesso dei redditi in denaro o
in natura, rientranti nelle categorie indicate all’art. 6.
Questo comporta un altro passaggio: cosa si intende per possesso e per reddito ?
Il legislatore tributario per possesso non si riferisce alla nozione civilistica. Secondo il nostro
legislatore l’espressione “possesso” è più ampia e indica qualunque relazione esistente tra il
reddito e il soggetto, quindi anche la mera detenzione, la mera disponibilità.
Giuridicamente possono esserci diverse nozioni di reddito, il reddito prodotto, il reddito in entrata,
ma il nostro legislatore non fa riferimento a nessuna di queste categorie, ma assume come punto
di partenza la nozione di reddito prodotto, che deriva dallo svolgimento di un’attività, tuttavia in
sostanza nel nostro sistema costituisce reddito tutto ciò che il legislatore definisce come tale,
siamo di fronte a un sistema di tipo casistico positivo. La definizione del presupposto è il possesso
di redditi in denaro o in natura individuato casisticamente all’art. 6. L’art. 6 dice che i singoli redditi
sono classificate nelle sei categorie: fondiari, da lavoro dipendente, di capitale, di lavoro autonomo,
d’impresa e diversi.
È reddito ciò che il legislatore individua automaticamente come reddito. Il resto non è reddito.
In dichiarazione vanno indicate anche le imposte calcolate.
La peculiarità per le perdite derivanti dall’esercizio di imprese commerciali è che sono computate in
diminuzione dai relativi redditi conseguite nei periodi di imposta e per la differenza nei successivi.
Le perdite da impresa commerciale non possono essere sottratte dagli altri redditi. Se si hanno più
perdite che redditi d’impresa, non si possono compensare con gli altri redditi, si possono solo
spostare negli anni successivi nella stessa categoria.
Determinato il reddito complessivo, si procede a dedurre dal reddito complessivo gli oneri
deducibili. Dobbiamo distinguere tra deduzioni e detrazioni: la deduzione è riconosciuta dal
reddito complessivo, cioè dalla base imponibile; la detrazione, invece, va oltre, cioè si è già
determinata l’imposta da pagare e la detrazione agisce a livello di minore imposta, serve a
diminuire l’imposta da pagare. La deduzione consente una maggiore riduzione a chi ha un’aliquota
più elevata.
Le detrazioni sono dovute alla vita di relazione che il contribuente svolge. Attraverso le detrazioni il
legislatore adempie al compito di non far pagare chi non ha capacità contributiva, o comunque di
alleviare il carico in base alla minore capacità contributiva. L’art. 13 dà l’ammontare delle altre
imposte.
Quando si parla di detrazione, essa agisce sull’imposta e ha la peculiarità di essere uguale per
tutti.
Scomputo degli acconti. Al momento della dichiarazione dei redditi si tiene conto degli acconti
che si sono pagati. Gli acconti possono essere di vario tipo.
C’è un principio fondamentale del nostro sistema per cui per IRPEF e IRES, le persone fisiche
residenti nel territorio dello Stato e le società che hanno la sede legale nel territorio dello stato,
pagano le imposte per il reddito ovunque prodotto nel mondo. Mentre i non residenti pagano le
imposte solo per i redditi prodotti in Italia. Esiste però un principio mondiale per cui un soggetto
(persona fisica o giuridica) non può pagare due volte l’imposta per lo stesso reddito, o per lo
stesso presupposto. Per evitare la doppia imposizione, uno dei sistemi è il riconoscimento del
credito per l’imposta prodotta all’estero. Un altro sistema è quello per cui uno stato decida di non
tassare. Un altro sistema è quello degli accordi bilaterali tra stati. Il sistema più diffuso è quello del
riconoscimento del credito di imposta che può essere pieno o proporzionale. Quando si calcola
l’imposta effettivamente da pagare, dall’imposta si toglie l’ammontare dei crediti per le imposte
pagate all’estero. Si deve poi tenere conto dell’acconto già pagato, vanno tolte le ritenute a titolo
d’acconto subite. Dopo di ciò emergerà l’imposta da pagare.
A questo punto può accadere che vi sia un debito d’imposta, che il contribuente deve pagare. Può
anche accadere che il contribuente abbia subito, pagato, in misura maggiore rispetto all’imposta da
pagare in quell’anno. Si dice che il contribuente va a credito. Il contribuente è posto di fronte a
delle scelte, il contribuente ha diritto: a computare l’eccedenza in diminuzione dell’imposta del
periodo successivo (compensazione verticale); oppure si può chiedere il rimborso nella
dichiarazione; l’altra possibilità è la c.d. compensazione orizzontale per i contribuenti per la
dichiarazione addotta nel modello unico, per gli imprenditori professionisti che dichiarano con lo
stesso modello per IRPEF e IVA, per cui il credito emerso dall’IRPEF lo possono usare per pagare
il debito IVA o i contributi INPS.
Se si è chiesto il rimborso, lo Stato non ha ancora pagato l’anno successivo, e si riscontra un
debito l’anno dopo, è ritrattabile la dichiarazione dell’anno precedente? Non si può cambiare
questo tipo di scelta.
Se il contribuente si accorge di aver omesso dei presupposti può integrare ma solo fino a quando
l’amministrazione inizia l’attività di controllo. È ammessa anche la ritrattabilità in favore del
contribuente. Alcune scelte non sono ritrattabili, sono vincolanti. 30/10/2014
Un elemento che concorre a determinare il debito del contribuente è la dichiarazione. Le
dichiarazioni dei contribuenti riguardano le imposte sui redditi (IRES, IRPEF, ecc.), sull’IVA,
sull’imposta di successione. È fondamentale per la determinazione del debito e della
determinazione della c.d. obbligazione tributaria , che viene verificata dall’amministrazione
all’interno che valuta la congruità della dichiarazione (che il contribuente abbia fatto bene i conti), e
all’esterno.
Gli adempimenti dell’amministrazione hanno come riferimento l’obbligo di dichiarazione del
contribuente. Controllano se è stata ben fatta.
L’amministrazione controlla se il contribuente che ne aveva l’obbligo presenta la dichiarazione, se
non lo ha fatto, l’amministrazione fa l’accertamento d’ufficio (c.d. evasore totale).
Vi è un altro controllo che riguarda chi ha fatto la dichiarazione. Vi è il controllo interno alla
dichiarazione e il controllo esterno. Interno significa che siano fatti bene i calcoli, esterno sul fatto
che il contribuente abbia dichiarato tutto quello che doveva.
Il punto di partenza nel sistema di imposte sui redditi è l’obbligo di dichiarazione.
L’obbligazione tributaria è difficile da definire. Secondo il prof. non esiste. Dovrebbe essere
un’entità che dovrebbe corrispondere all’effettiva capacità contributiva del contribuente.
Guardando al funzionamento del sistema ci si rende conto che esiste in astratto ma non in
concreto. Il punto di partenza è l’obbligo di dichiarazione del contribuente.
Per es. Può accadere che il contribuente indichi un reddito di 50.000€ ma il suo reddito effettivo sia
100.000€. La dichiarazione viene controllata dall’Agenzia entro un termine: il 31 dicembre del 4°
anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. Se il contribuente omette di
presentare la dichiarazione, il termine di decadenza è il 31 dicembre del 5° anno successivo a
quello di presentazione della dichiarazione.
Possono accadere più situazioni: l’amministrazione non riesce a controllare entro 4 anni, in questo
caso dal concorso di più elementi che sono dichiarazione, tempo e attività di accertamento nasce
che nonostante la presunta obbligazione sia 100mila, ciò che il contribuente dichiara è un reddito
per 50mila. Se l’amministrazione non riesce a svolgere l’attività della dichiarazione entro l’obbligo
da lui fissato si cristallizza in quello da lui dichiarato. Esiste una situazione debituale che scaturisce
da più elementi.
Può accadere che l’amministrazione entro i 4 anni controlli e giunga a determinare in 80.000€ il
reddito. Da qui si aprono diverse situazioni, il contribuente può fare ricorso, vincerlo o meno, non
farlo, o giungere a un accordo con l’amministrazione.
Quindi l’obbligazione tributaria in quanto tale, esiste una situazione debituale che emerge dal
concorso di: dichiarazione, tempo, accertamento.
Attraverso l’obbligo di dichiarazione e versamento, lo stato riscuote. In realtà se si pensa alla
riscossione si pensa all’autorità dell’agenzia di riscuotere. In realtà la gran parte delle entrate del
nostro sistema sono legate agli adempimenti spontanei del contribuente.
Sulla base del versamento, lo stato acquisisce una gran parte del gettito che serve per il
funzionamento dello stato. Si parla di riscossione di massa. Un'altra gran parte del gettito,
sempre riscossione diretta, fatta da altri soggetti preposti è attraverso l’attivit&agr