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Così si è sviluppato il sindacato nel nostro Paese.

Nel nostro paese il sindacato si è organizzato su base ideologica, seguendo il modello confederale:

• CGIL (ispirazione comunista)

• UIL (socialista)

• CISL (cattolica)

• Cisnal (organico all’ex MSI) poi confluito in UGL

Il sindacalismo confederale si è ispirato al sindacalismo per ramo di industria: le tre confederazioni

seguono lo stesso schema legato ad una doppia linea organizzativa, verticale e orizzontale.

La struttura organizzativa dei sindacati dei lavoratori in ambito nazionale

In cima alla scala abbiamo la confederazione, che è un insieme di federazioni di categoria, una struttura

che aggrega e coordina gli interessi di tutte le categorie professionali rappresentate dalle varie federazioni

di categoria. La federazione nazionale di categoria stipula il contratto collettivo di categoria. Sotto la

federazione nazionale di categoria troviamo una struttura regionale di categoria, seguita da una struttura

provinciale, e dalla struttura nei luoghi di lavoro (R.S.A./R.S.U.) laddove vengano costituiti.

Le strutture orizzontali sono strutture territoriali che organizzano i lavoratori su base intercategoriale: sono

presenti strutture regionali intercategoriali e strutture territoriali intercategoriali (Cgil: Camere del Lavoro;

CISL: unioni sindacali territoriali; UIL: camere sindacali).

Nel nostro ordinamento è prevalente la linea organizzativa verticale, quelle orizzontali svolgono per lo più il

coordinamento interno, senza avere un ruolo attivo di particolare rilievo.

Le affiliazioni internazionali

Con il progresso del processo di integrazione dell’UE, l’influenza sulle condizioni di vita e di lavoro dei

lavoratori è in continua espansione. Nel 1973 è stata costituita la Confederazione Europea dei sindacati

(CES) che svolge un’intensa attività politica nei confronti degli organi della Comunità europea. Aderiscono

ad essa le 3 confederazioni maggiori italiane, che aderiscono anche alla CISL internazionale. Tra le

organizzazioni internazionali di categoria, quelle più importanti sono i Segretariati professionali

internazionali, aderenti anche essi alla CISL internazionale.

L’organizzazione del sindacato dei datori di lavoro

Con riferimento al mondo imprenditoriale, l’organizzazione si fonda su distinzione tra grandi settori

economici (industria, commercio, agricoltura); inoltre ha rilevanza la dimensione delle imprese e la natura

(pubblica o privata) del datore di lavoro. La struttura organizzativa si articola, anche qui, secondo una

doppia linea, orizzontale e verticale, con prevalenza, invece, della prima. La più consistente associazione

sindacale datoriale è la Confindustria.

Le principali confederazioni imprenditoriali sono:

• Confindustria

• Confcommercio

• Confagricoltura

• Confapi

• Confesercenti

Anche esse si sviluppano in federazioni di settore: in Confindustria abbiamo Federchimica,

Federmeccanica…

Negli ultimi tempi, si è inoltre assistito alla nascita di forme di rappresentanza unitaria del sistema

imprenditoriale. E’ nata ad esempio ‘R.ETE. Imprese Italia’ (2010), che è l’organismo di rappresentanza

unitaria delle cinque principali organizzazioni datoriali delle micro, piccole e medie imprese (Casartigiani,

CNA, Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti), e ha l’obiettivo di rilanciare il ruolo delle PMI

dell’artigianato, del commercio, dei servizi e del turismo.

Chi stipula i contratti collettivi nazionali (CCNL)?

Sono le federazioni nazionali di categoria (per i lavoratori) e di settore (per i datori di lavoro) i firmatari del

Contratto Collettivo nazionale di lavoro di categoria.

Il sindacato maggiormente rappresentativo

Il nostro sistema sindacale è un sistema pluralista, ed esistono quindi più sindacati che rappresentano la

stessa categoria di lavoratori, ai quali il lavoratore decide liberamente di iscriversi.

La nozione di sindacato maggiormente rappresentativo è stata trattata per la prima volta nell’articolo 19

della legge 300 del 1970. Il legislatore italiano ricorre a questa nozione al fine di attribuire ai sindacati dotati

di tale requisito poteri, funzioni e prerogative.

Secondo un profilo quantitativo, è rappresentativo un sindacato che ha molti iscritti nella categoria o in

un’azienda.

Secondo un profilo qualitativo, è rappresentativo un sindacato che è in grado di interpretare con

considerevole grado di autorevolezza la domanda di rappresentanza degli iscritti, trasformandola in azione

negoziale ed attività a sostegno dell’azione negoziale.

Nel nostro sistema, l’ordinamento tende a predisporre un filtro che seleziona i sindacati dotati di maggiore

autorevolezza. Ad esempio la legge 936 del 1986 che disciplina la creazione del CNEL parla di

rappresentanti dei sindacati maggiormente autorevoli; molto spesso il legislatore quando deve

regolamentare alcuni istituti rinvia al contratto collettivo stipulato dai sindacati maggiormente

rappresentativi (c.d. flessibilità negoziata); i soggetti che godono dei cosiddetti diritti sindacali, contenuti nel

Titolo III dello Statuto dei Lavoratori, a vantaggio dei sindacati maggiormente rappresentativi (art. 19 dello

Statuto, che sancisce la nascita della R.S.A.)

Le forme di rappresentanza sindacale in azienda

• Dilemma tra sistemi di rappresentanza sindacale in azienda a doppio canale o a canale unico

• La commissione interna (evoluzione storica, modalità di costituzione, funzioni): la forma tipica di

rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro fino alla fine degli anni ‘60

• Il consiglio di fabbrica (o dei delegati)

Il dilemma riguarda il problema, sempre molto avvertito dal sindacato, di garantirsi una presenza all’interno

dell’azienda. Perché si parla di sistema di rappresentanza a doppio canale? Vuol dire che in azienda vi

sono 2 tipi di strutture: una struttura di tipo elettivo che rappresenta tutti i lavoratori (questo organismo ha

avuto normalmente funzioni di tipo consultivo) ed una struttura di tipo associativo riconducibile al sindacato

(che ha avuto solitamente la funzione negoziale); il modello a canale unico si prevede un unico organismo

rappresentativo che rappresenta tutti i lavoratori, iscritti e non, e che svolge le funzioni consultive, di

controllo e negoziali.

La prima forma di rappresentanza interna è stata la Commissione interna, che risale al 1906. Vedrà un

grande sviluppo sino ai primi anni ’20. Durante il regime fascista verranno soppresse e verranno ricostituite

subito dopo la caduta del regime e nel 1943 (Accordo Buozzi-Mazzini) si reintroducono le Commissioni

interne, riconoscendone un potere di contrattazione collettiva a livello aziendale. Nel 1947 un altro accordo

però toglierà alle commissioni interne il potere di contrattazione collettiva, riportandolo al sindacato. Tale

accordo verrà rinnovato nel 1953 e nel 1966, ove assistiamo a un restringimento delle prerogative

riconosciute alla commissione interna. La commissione interna, nata come organismo elettivo, era

costituita su iniziativa dei lavoratori ed era eletta da tutti i lavoratori presenti nell’azienda. Organismi quindi

“non sindacalizzati”, e quindi il sindacato non ha la sicurezza di controllare la commissione interna. Fino a

fine anni ’60 sarà l’organismo di rappresentanza sindacale.

Le nuove forme di rappresentanza sindacale: i consigli di fabbrica, che iniziano ad essere costituiti alla fine

degli anni ’60, ed è sul consiglio di fabbrica che interviene l’articolo 19 della legge 300 del 1970. Il consiglio

di fabbrica è composto dall’insieme dei delegati, eletti direttamente da tutti i lavoratori che appartengono al

cosiddetto gruppo “omogeneo” per collocazione nel sistema produttivo. Anch’esso nasce spontaneamente,

e quindi non su input del sindacato, ma ben presto verrà acquisito dal sindacato, grazie in particolare a due

eventi: la legge 300 del 1970 (art.19) e la stipula da parte delle 3 grandi confederazioni nel 1972 del patto

federativo, nel quale le confederazioni riconosceranno il consiglio di fabbrica come l’istanza sindacale di

base nei luoghi di lavoro con poteri di contrattazione, prevedendo inoltre che per formare il consiglio di

fabbrica concorrono in primo luogo gli iscritti alle tre confederazioni.

Le previsioni dell’articolo 19 della legge 300/1970 e la sua evoluzione

Nel testo originario dell’articolo 19 si affermava che “le rappresentanze sindacali aziendali possono essere

costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva nell’ambito:

A. delle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale,

non specificando il tipo di collegamento che deve esserci tra la RSA e il sindacato esterno;

B. delle associazioni sindacali, non affiliate alle predette confederazioni, che siano firmatarie di

contratti collettivi nazionali o provinciali di lavoro applicati nell’unità produttiva”

L’articolo 19 ci dice, in prima battuta, che il soggetto sindacale deve essere un sindacato confederale, cioè

che aderisce alla confederazione maggiormente rappresentativa, senza dirci cosa è un sindacato

maggiormente rappresentativo, questo perché l’art. 19 fotografa una realtà storica ben precisa, nella quale

il sindacato è il sindacato confederale. La maggiore rappresentatività, richiamata nella lettera A, è presunta,

infatti si dice che essa conteneva un criterio di rappresentatività storica o presunta. La lettera B ha un

carattere residuale, e viene introdotto dal legislatore per non escludere dalla possibilità di costituire la RSA

quei sindacati non affiliati alle confederazioni ma forti e rappresentativi in alcuni settori, dimostrando la sua

rappresentatività firmando un contratto collettivo nazionale o provinciale applicati nell’unità di riferimento.

Non tutti i sindacati operanti in azienda acquisiscono automaticamente il diritto a fruire dei diritti funzionali

allo svolgimento dell’attività sindacale ma solo quelli in possesso dei requisiti previsti dell’art.19.

Rappresentatività presunta, la giurisprudenza e la sua evoluzione

Il sindacato di cui alla lettera A gode di una rappresentatività di tipo presunto (o storica) in quanto è basata

sul dato storico dell’effettività dell’azione svolta dalle grandi confederazioni. Il problema della mancanza di

criteri su come determinare la maggiore rappresentatività si comincerà a porre quando il sindacato

confederale entrerà in crisi non riuscendo più a rappresentare tutti i lavoratori, portando allo sviluppo del

sindacato autonomo negli anni ’80. La giurisprudenza elaborerà degli indici per l’individuazione della

maggior

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A.A. 2013-2014
37 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/07 Diritto del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher renzwk di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto del lavoro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Bozzao Paola.