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DISCIPLINA DEL CONCORDATO FALLIMENTARE

Il concordato fallimentare, così come quello preventivo, è stato oggetto di radicale trasformazione in sede di

riforma. La distinzione tra concordato fallimentare e preventivo: entrambe ipotesi in cui c’è un accordo, ma

mentre quello preventivo è un’autonoma procedura concorsuale che serve proprio ad evitare il fallimento

(previene eventuale dichiarazione di fallimento) il concordato fallimentare è una modalità attraverso cui si

può chiudere il fallimento; è una sub procedura all’interno della procedura fallimentare.

della procedura fallimentare e

Il concordato fallimentare risponde a quel processo di sostanziale privatizzazione

gestione dell’insolvenza, anche dentro il fallimento, e in più il legislatore ha voluto garantire una maggiore

celerità dei tempi nella soluzione concordataria e una maggiore flessibilità del contenuto delle proposte

concordatarie rispetto al passato.

Gli aspetti più significativi sono dovuti al fatto che oggi si sono ampliate le tipologie di soggetti che sono

legittimati a presentare proposta di concordato. Prima della riforma la domanda di concordato fallimentare

poteva essere presentata solo dal fallito, oggi invece può provenire da uno o più creditori o addirittura da un

terzo.

Il contenuto della proposta che nel passato era rigidamente stabilito (solo due modalità) oggi è il più ampio

possibile, e nell’ambito della proposta oggi si può prevedere una suddivisione dei vari creditori in “classi”

diverse di creditori, con trattamenti differenziati a seconda della classe di appartenenza dei creditori. C’è la

possibilità di soddisfare i creditori privilegiati e di prevedere una soddisfazione in misura non integrale (una

delle condizioni intangibili in passato era che la proposta di concordato doveva consentire il pagamento

integrale dei creditori privilegiati).

Completamente riformulato il procedimento che porta all’approvazione della proposta concordataria e

l’omologazione di questa da parte del tribunale. Tutto questo ha riproposto il tema dibattuto sulla natura del

concordato: in passato vi era chi accentuava l’aspetto contrattuale del concordato e chi invece accentuava il

versante pubblicistico dell’istituto. Oggi prevale l’aspetto contrattuale del concordato (anche se permangono

poi gli aspetti pubblicistici, pur perdendo d’incisività rispetto al passato).

Il prototipo dell’attuale concordato fallimentare lo troviamo fuori dalla legge fallimentare, nella disciplina

dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, la legge del 1999 (quindi prima

della riforma). 73

Alla base c’è la considerazione che la gestione dell’insolvenza dell’imprenditore è una vicenda in cui possono

intervenire attivamente non soltanto il fallito o i suoi creditori, ma anche eventualmente i terzi. Oggi la proposta

di concordato fallimentare può venire non solo dal fallito, ma anche dai creditori o un terzo: uno qualunque

dei creditori, non necessariamente uno “concorrente”. Art.124 (“Proposta di concordato”) dice che può essere

presentata da uno o più creditori o da un terzo, anche prima del decreto che rende esecutivo lo stato passivo,

purché sia stata tenuta la contabilità e i dati risultanti da essa […].

Si può discutere sul concetto di “comune controllo” che la legge fallimentare prevede in questa ipotesi: comune

controllo sia solo previsto in una delle ipotesi dell’art.2899 (controllo di diritto o influenza dominante).

Problema oggi risolto: che nei soggetti legittimati a presentare domanda di concordato fallimentare ci sia anche

il curatore? Nell’art.129 (prima versione post-riforma) si menzionava il curatore; proprio per risolvere il

problema il Legislatore con decreto correttivo del 2007 ha eliminato la frase e quindi il curatore oggi non

compare mai; si presume oggi che il curatore sia dunque escluso.

Il fatto che la proposta provenga dal fallito ovvero da uno o più dei suoi creditori o da un terzo, sposta i termini

che la legge prevede per la presentazione della domanda: prima della riforma si poteva proporre il concordato

fallimentare solo dopo che sia stato dichiarato esecutivo lo stato passivo. Ora invece il legislatore si pone il

problema di favorire la chiusura più rapida possibile del fallimento e quindi tende ad anticipare questo

momento. Se il concordato proviene da creditore o terzo può essere formulata anche prima che sia stato

dichiarato esecutivo lo stato passivo.

Se non ci sono gli elementi per addivenire ad un elenco provvisorio dei creditori è inutile fare la proposta di

concordato. Questo elenco serve per stabilire chi deve votare sul concordato: può darsi che l’esecutività dello

stato passivo debba ancora venire, ma è il caso di vedere chi debba esprimersi sulla proposta di concordato.

Diversa è la situazione quando la proposta di concordato viene dal fallito o da società da lui controllate. In

questo caso la legge introduce due termini:

- Termine iniziale: è un anno dalla dichiarazione di fallimento. Non si può proporre un concordato se

non sia passato almeno un anno dalla dichiarazione di fallimento.

- Termine finale: non oltre due anni da quando sia stato reso esecutivo lo stato passivo.

Il termine finale, di decadenza, dalla possibilità di presentare una proposta di concordato risponde a esigenza di

sollecitare il fallito a presentare una proposta la più tempestiva possibile per chiudere il prima possibile la

procedura fallimentare: si dice al fallito “Se hai la possibilità di presentare proposta di concordato devi farlo

tempestivamente, entro due anni dalla dichiarazione di esecutività dello stato passivo”.

Per gli altri soggetti, creditori e terzi la legge non prevede termini iniziali e finali.

La proposta di concordato va presentata attraverso un ricorso che deve essere indirizzato al giudice delegato

al fallimento. Si discute se tale ricorso può essere presentato personalmente dal soggetto proponente o se sia

richiesta un assistenza legale: posizione discordante tra chi crede che serva una difesa tecnica (maggior parte

della giurisprudenza) e invece non la ritiene indispensabile.

È una proposta contrattuale, e quindi si prevede anche una revoca. La proposta è sempre revocabile almeno fino

a che non ci siano state le votazioni sulla proposta di concordato; a quel punto non è più possibile tornare

indietro unilateralmente. Al di là della revoca, è possibile ed è consentito che venga modificata la proposta

originariamente formulata di concordato, qui però bisogna distinguere fra le modifiche che peggiorano o che

migliorano la proposta (dal punto di vista dei creditori). Si ritiene che le modifiche “in peggio”, siano da

equiparare a una revoca dell’originaria proposta e la formulazione di una nuova e diversa proposta. Mentre per

quanto riguarda le proposte migliorative, si ritiene che siano possibili, fino addirittura che non si arrivi

all’omologazione da parte del tribunale del concordato. 74

Che cosa contiene (o può contenere) la proposta? Prima della riforma, la legge prevedeva un certo contenuto,

oggi invece si dice che la proposta “può prevedere”, cambia la filosofia: si vuole lasciare la più ampia libertà

al proponente del concordato. I confini della proposta oggi sono, rispetto al passato, indeterminati. Nel passato

la proposta concordataria doveva essere strutturata così:

- pagamento integrale dei creditori privilegiati;

- pagamento di una certa percentuale dei creditori chirografari (non c’era una percentuale minima).

Entrambi questi pagamenti dovevano essere garantiti nella proposta concordataria. Si doveva garantire,

tacitamente, almeno il 25% dei creditori chirografari, perché era la soglia minima che poteva dare

all’imprenditore la riabilitazione civile al termine della procedura fallimentare. Oggi sparisce qualunque soglia.

Art.124 numero 1) dice che la proposta può prevedere:

a) la suddivisione dei creditori in classi, secondo posizione giuridica ed interessi economici omogenei;

b) trattamenti differenziati fra i creditori appartenenti a classi diverse, indicando le ragioni dei

trattamenti differenziati dei medesimi.

Oggi anche nell’ambito delle mega-classi, è possibile creare diverse classi di creditori. Questo serve a

prevedere trattamenti diversificati pur nell’ambito della categorie macro (ad esempio “creditori chirografari”).

La suddivisione in classi fra i creditori ha conseguenze rilevanti su come si vanno a calcolare le maggioranze

previste per approvare il concordato; qui il Legislatore italiano si è ispirato alla normativa statunitense, che

addirittura prevede l’obbligo di suddividere i creditori in classi (il famoso “Chapter 11”).

Omogeneità degli interessi economici: esempio banale è tra creditori che più che interesse hanno necessità di

pagamento per sopravvivere a loro volta, e altri creditori che possono attendere (differenza tra banche e

fornitori).

11/11/13

Una delle caratteristiche fondamentali è che oggi è possibile, nella proposta di concordato (da chiunque

formulata) una suddivisione di creditori in classi. È possibile ma non necessario (come nel modello

statunitense), la suddivisione in classi al fine di prevedere trattamenti differenziati tra creditori che altrimenti

andrebbero trattati nella stessa maniera. La legge stabilisce che dalla costituzione delle classi si debbano seguire

due criteri:

- Omogeneità della posizione giuridica;

- Omogeneità degli interessi economici.

C’è un duplice livello di omogeneità che si deve rispettare se si vogliono suddividere i creditori in classi. Ci si

domanda se è necessaria la presenza congiunta di questi requisiti di omogeneità per eseguire la suddivisione in

classi. La suddivisione dei creditori in classi è propedeutica alla previsione di un trattamento economico

differenziato tra classi diverse. La suddivisione in classi attraversa tutte queste suddivisioni che rimangono, ma

evidentemente se una proposta non vuole trattare in maniera diversificata creditori chirografari, ad esempio,

non è necessario procedere a tale suddivisione: propedeuticità a trattamenti economici differenziati motivati. Si

devono indicare le ragioni dei trattamenti differenziati: obbligo di motivazione del perché si propone questo

trattamento differenziato; e sulla motivazione e congruità della stessa ci sarà poi un giudizio. Qualora manchi o

sia insufficiente la motivazione sul perché, la proposta di concordato può essere considerata inammissibile.

La legge poi non dice che all’interno di ogni classe i creditori dev

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A.A. 2014-2015
91 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher FMANGIONE di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto fallimentare e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Padova o del prof De Acutis Maurizio.