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LIMITI DEL DIRITTO SUPPLETORIO

Come sappiamo, non si può ricorrere all’analogia e al diritto suppletorio nel caso di

diritti quesiti e nel caso di norme penali o, per meglio dire, incriminatrici e ciò in

osservanza del principio generale dettato dal canone num.221, posto a garanzia dei

fedeli. Secondo quanto disposto dal canone: i fedeli non possono essere colpiti da una

pena canonica se questa non è prevista dalla legge e al riguardo ricordiamo

l’espressione “Nullum crimen sine praevia lege poenali”. Dunque, il ricorso

all’analogia e al diritto suppletorio è inammissibile al fine di sancire la nullità di un

atto o l’incapacità di una persona.

L’ATTIVITA’ INTERPRETATIVA E I SUOI CRITERI

Come sappiamo il ricorso all’analogia e alle altre fonti del diritto suppletorio è

ammissibile solo il presenza di una lacuna normativa, cioè quando manca una norma

dettata per il caso specifico. Per accertare la presenza di una lacuna normativa,

l’interprete deve prima trovare tra le disposizioni vigenti quella preposta al caso 33

concreto, attribuendogli il significato più autentico. Il canone num.17 stabilisce quali

sono gli strumenti di cui l’interprete deve servirsi per trovare la norma da applicare al

caso concreto sottoposto al suo esame. Questi elementi dell’interpretazione sono 4:

elemento letterale, sistematico, teleologico e storico. Per quanto riguarda il primo,

cioè quello letterale, l’interprete deve spiegare le disposizioni facendo leva sul

significato proprio delle parole, considerate una per una e nell’insieme del discorso

(quindi letteralmente e logicamente). Per quanto riguarda l’elemento sistematico,

l’interprete, per eliminare eventuali e ulteriori incertezze, deve servirsi del significato

attribuito ai medesimi termini in altre disposizioni, che disciplinano la stessa materia

sotto un aspetto diverso. Per quanto riguarda l’elemento teleologico, l’interprete deve

tener conto dell’obiettivo che il legislatore vuole raggiungere, considerando non solo

le circostanze in cui è stata emanata la disposizione, ma anche il significato che essa

assume nel corso del tempo. Infine, per quanto riguarda l’elemento storico,

l’interprete può servirsi della volontà espressa da coloro che hanno contribuito a

formare la disposizione. Una volta attribuito alla disposizione il significato più adatto,

questo può essere assunto in senso più ampio o, al contrario, in un senso più limitato.

Nel 1° caso l’interpretazione si dice estensiva, nel 2° caso restrittiva. A questo

proposito ricordiamo che le leggi penali, eccezionali o limitative del libero esercizio

dei diritti, sono soggette ad interpretazione restrittiva, in quanto quella estensiva le

renderebbe applicabili a casi non contemplati direttamente da esse ed è per questo

motivo che, per queste leggi, l’interpretazione estensiva è assolutamente vietata.

L’INTERPRETAZIONE AUTENTICA

Gli interpreti della legge non sono solo: giudice, amministratore, dottrina e comune

destinatario, ma anche il legislatore, che è l’autore stesso della legge. In questo caso

avremo un’interpretazione autentica. E sarà autentica anche l’interpretazione fatta da

colui che è stato scelto dal legislatore per interpretare le norme che lui stesso ha

emanato. Dal momento che nel diritto della chiesa le funzioni: legislativa, giudiziaria

e amministrativa, sono esercitate da una sola persona, ecco che l’interpretazione

autentica può essere classificata in vari modi, considerando la diversa veste formale

con cui viene assunta. In altre parole, se il Papa svolge un’attività interpretativa (detta

anche attività ermeneutica) in veste di legislatore, l’interpretazione autentica

assumerà la forma di legge e sarà promulgata come qualsiasi altra legge. Se, invece,

l’autorità competente (quindi il Papa per la chiesa universale e il Vescovo per la

chiesa particolare) svolge l’attività interpretativa in veste di giudice o amministratore,

essa assumerà la forma di una sentenza o di un atto amministrativo. Tuttavia, nel 1°

caso, essa avendo forza di legge varrà erga omnes (quindi nei confronti di tutti); nella

2° ipotesi, invece, varrà solo per il caso in cui viene pronunciata la sentenza o viene

emesso il decreto. L’interpretazione autentica legislativa, cioè emessa sotto forma di

legge, può essere dichiarativa o costitutiva. E’ dichiarativa se si limita a confermare il

significato già di per sé chiaro di una legge. Essa inoltre ha validità retroattiva, per

cui i suoi effetti decorrono dal momento in cui la legge interpretata entra in vigore.

Invece, si dice costitutiva se estende o restringe il significato della legge di per sé

chiara oppure elimina i dubbi di una legge di per sé oscura. Essa inoltre non è

retroattiva in quanto, come ogni altra legge, dispone solo per il futuro e non anche per

il passato.

L’ATTIVITA’ AMMINISTRATIVA. ATTI AMMINISTRATIVI GENERALI

In genere, l’attività amministrativa si esprime col decreto. Tuttavia, esso non è l’unica

forma con cui si esercita tale funzione. Se i decreti generali sono emanati da coloro

che detengono il potere legislativo o amministrativo sono considerati vere e proprie

leggi (anche se nel 2° caso è necessario un espresso incarico da parte del legislatore).

Tutti gli altri decreti generali emanati da soggetti investiti del potere esecutivo sono

detti decreti esecutori (o esecutivi) e vengono emessi per individuare in modo più

dettagliato le modalità di applicazione di una legge. Sia i decreti generali esecutori,

sia quelli generali normativi, vanno promulgati nella stessa forma della legge; per cui,

da un punto di vista formale sono uguali alla legge e da un punto di vista sostanziale i

decreti esecutori, a differenza di quelli normativi, sono fonti di grado inferiore

rispetto alla legge. Per questo motivo il Codice stabilisce che questi decreti non

possono derogare alle disposizioni di legge e che ogni prescrizione ad esse contraria

deve considerarsi priva di valore (secondo il principio di legalità). Un analogo

principio è applicato alle “istruzioni” che sono atti di carattere generale, con cui i

soggetti che esercitano il potere amministrativo, interpretano i disposti legislativi per

poter dare direttive d’azione ai loro subordinati, che sono i destinatari diretti di queste

norme, in quanto incaricati dell’esecuzione delle disposizioni di legge. Quindi, in

altre parole, i destinatari delle istruzioni sono coloro che sono incaricati

dell’esecuzione delle norme interpretate mediante le stesse istruzioni.

ATTI AMMINISTRATIVI SINGOLARI

I soggetti che nella chiesa sono dotati di potere esecutivo non possono emanare né

decreti, né istruzioni, ma solo decreti singolari e atti amministrativi singolari. Gli atti

amministrativi singolari sono: decreto, precetto e rescritto. Per quanto riguarda la

nozione di atto amministrativo singolare, il legislatore intende: 35

Un atto dell’autorità che ha un destinatario concreto (singolare, appunto). Ciò

- di per sé vale a distinguere questo atto da: legge, consuetudine, decreti generali

e istruzioni;

Un atto prodotto dai titolari della potestà esecutiva;

- Un atto che consiste in una manifestazione di volontà, giudizio o conoscenza

- che un’autorità ecclesiastica rivolge per iscritto ad un destinatario;

Un atto che ubbidisce, entro certi limiti, al principio di legalità.

-

Secondo il canone num.41, l’organo incaricato dell’esecuzione di un atto

amministrativo è legittimato a non applicarlo nel caso in cui l’atto è manifestamente

nullo o per altra grave causa o ancora nel caso in cui non vengono adempiute le

condizioni in esso contenute. In questi casi l’esecuzione dell’atto può essere

tralasciata o sospesa in quanto inopportuna per particolari circostanze locali o

personali. Ed è necessario informare subito l’autore dell’atto di queste evenienze.

IL “CONTENZIOSO AMMINISTRATIVO”

La lettura delle norme relative agli atti amministrativi singolari suscita l’impressione

che l’attività amministrativa della chiesa abbia mantenuto una certa autorità e

centralità e che come tale sia dunque incoerente con le esigenze di partecipazione e di

libertà dei fedeli e quindi con il comandamento della carità cristiana, il quale avrebbe

invece richiesto una disciplina più dettagliata del procedimento di formazione

dell’atto. Tuttavia, c’è da dire che attuando gli indirizzi innovativi del Concilio

Vaticano II, le Costituzioni Apostoliche “Regimini Ecclesiae Universae” e “Pastor

bonus” hanno attribuito al Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica (che

sarebbe l’unico Tribunale investito di funzioni giurisdizionali in materia

amministrativa) il compito di giudicare i ricorsi contro gli atti amministrativi

singolari dei Dicasteri della curia romana, qualora ne venga contestata l’illegittimità

del loro contenuto o della procedura adottata. Inoltre, su richiesta del ricorrente,

questo Tribunale può pronunciarsi circa il risarcimento dei danni arrecati dall’atto

illegittimo. Si fa riferimento agli atti dei Dicasteri romani proprio perché essi

rappresentano l’ultima istanza decisoria dei ricorsi gerarchici, con cui il fedele, che è

destinatario di un atto ritenuto ingiusto, può difendersi davanti all’autorità

ecclesiastica superiore. Infatti, nel diritto della chiesa, contro gli atti amministrativi, è

ammesso solo il ricorso gerarchico cioè il ricorso all’autorità immediatamente

superiore a quella che ha emesso l’atto. Tuttavia, ancora oggi mancano i Tribunali

Amministrativi Regionali o comunque sia Locali, per poter ridurre i numerosissimi

ricorsi al Supremo Tribunale della Segnatura e per poter assicurare una maggior

tutela dei fedeli e una più certa garanzia di legittimità degli atti amministrativi

singolari e degli interessi dei fedeli incisi da questi atti.

I DECRETI E I PRECETTI SINGOLARI

Per quanto riguarda i decreti e i precetti singolari possiamo dire che rappresentano la

forma tipica degli atti amministrativi emanati dall’autorità ecclesiastica di propria

iniziativa, cioè senza una precedente richiesta da parte dei fedeli. Il decreto è una

figura piuttosto generica e le relative norme sono applicabili, in linea di principio, a

qualsiasi atto amministrativo non tipicizzato nell’ordinamento canonico. Anche il

precetto ha una tipicità alquanto rela

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A.A. 2014-2015
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SSD Scienze giuridiche IUS/11 Diritto canonico e diritto ecclesiastico

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher butterfly1990 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto canonico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Tigano Marta.