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DIDATTICA DELLE LINGUE STRANIERE
“Insegnare le lingue in una società complessa”
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Nella seconda metà del Novecento, si diffonde la nozione di “società di massa” e si impone quindi il bisogno di un
insegnamento linguistico di massa. Per secoli la conoscenza di una lingua straniera apparteneva alle classi più agiate;
non esisteva nemmeno una scienza concreta dell’insegnamento delle lingue, ma veniva solo applicata in modo pratico.
Dopo la seconda guerra mondiale, vinta sostanzialmente da Stati Uniti e Russia, la conoscenza dell’inglese in Occidente
e del russo nei paesi comunisti divenne una necessità che coinvolse la massa. Si crea quindi una massa anglofona trans-
nazionale, ovvero una massa di persone che studiano l’inglese comunicativo indipendentemente dalla loro cultura
d’origine.
Negli anni Ottanta, questo concetto di massa legata ad una nazione inizia a scomparire, portando gli interessi che
coinvolgono le “masse” oltre Europa, travolgendo le barriere linguistiche. L’enorme gruppo di persone che condivide la
conoscenza dell’inglese si frammenta in gruppi legati ad interessi diversi (musica, sport ecc). Lentamente iniziano a
morire i mass media ecumenici, lasciando spazio a quelli dedicati a campi specifici; assistendo anche alla
frammentazione di internet in universi specifici, creando una sua complessità alla realtà globalizzata.
L’Unione Europea, di fronte a questa rivoluzione linguistica, viene chiamata in causa per creare alcune strategie per
rinnovare la situazione linguistica. Tre sono le soluzioni:
Finanziare nuove tecnologie informative e comunicative, dando nuovo terreno di aggregazione alle masse
- specializzate;
Creazione di una nuova classe dirigente legata ad un supporto spese non per una sola nazione, ma a gruppi di
- interessi condivisi (progetto Leonardo, Erasmus ecc)
Adozione dell’articolo 126 del trattato di Maastricht, principio della pluralità linguistica “ogni cittadino dovrà
- conoscere, oltre alla proprio lingua madre, anche due lingue comunitarie, il che significa l’inglese lingua
franca e un’altra lingua di elezione, scelta per ragioni di piacere più che di bisogno”
Concludendo, nel sempre maggior sviluppo di una società complessa dove vediamo persone che si aggregano
intorno ad interessi comuni, la glottodidattica non può più offrire una risposta unitaria, non si trova più di fronte al
solo compito di creare cittadini europei in gradi di intendersi a vicensa, ma ha un ruolo molto più importante,
ovvero quello di consentire a tutti di scegliere nuovi gruppi linguistici a cui appartenere, potendo nutrire i proprio
interessi.
La società che si è creata è quindi diventata elettiva ed obbligata a rinnovarsi sempre più per alimentare la proprio
professione. La conoscenza delle lingue, è quindi diventata un elemento qualificante sia per la ricerca esistenziale
che per la rivalutazione professionale. La glottodidattica ha quindi il compito di consentire ad ogni singolo
individuo cosa essere, senza nessuna barriera né sociale né individuale. La glottodidattica ha, quindi, fatto propri i
mutamenti imposti dalla società. Con l’inizio del XX secolo si ha un’applicazione quasi meccanica della linguistica
descrittiva, accentuando negli ultimi decenni l’attenzione verso la sociolinguistica e la pragmalinguistica. Diventa
quindi un ramo della linguistica, diventando una linguistica applicata. Negli anni ’60 nasce il termine didattica e
negli anni ’70 diviene disciplina di insegnamento. Questa diviene una scienza teorico-pratica, in quanto è una
scienza che elabora teorie proprie e risolve problemi reali con l’applicazione delle teorie stesse. La glottodidattica è
una scienza interdisciplinare, che è in stretto contatto con altre scienze. Ci si sposta dalla lingua come sistema, alla
lingua in atto; ci si focalizza sulle capacità intellettive e ricettive dell’intelligenza analitica ed emotiva di chi deve
apprendere la lingua, quindi usando la neuro e la psicolinguistica. In altre parole si è spostato il focus dall’oggetto
da apprendere al soggetto che apprende.
I processi di insegnamento vengono sensibilmente determinati dai bisogni, dalle motivazioni e dai ritmi di
apprendimento dello studente. Dall’altra parte, vediamo anche l’evoluzione del docente e dell’insegnamento stesso,
il quale non ha più solo il compito di insegnare la lingua nella sua struttura grammaticale, ma deve dedicarsi anche
alla cultura della lingua insegnata, altrimenti questa non viene contestualizzata e lo studente non ha modo di
rapportarsi realmente con quello che riguarda la globalità della lingua. Molta importanza nell’insegnamento la
hanno le nuove tecnologie, come DVD o MP3; infine vengono studiate teorie di apprendimento secondo le quali
una lingua viene assimilata secondo precisi ordini naturali di acquisizione. Dall’altra parte troviamo uno “studemte-
stratega” che riflette sul modo di apprendere elaborando quindi strategie personali di lettura, scrittura e di
superamento di alcune carenze lessicali.
“Un approccio interdisciplinare”
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Nell’apprendimento e/o insegnamento di una lingua, vengono stimolate quattro grandi aree di conoscenza. Possiamo
quindi dire che la glottodidattica utilizza queste quattro aree di conoscenza e che diventa glottodidattica vera e propria
quando l’una si integra all’altra. Le scienze teoriche, o pratiche, forniscono delle “teorie di riferimento”. Esse sono
esterne all’universo della glottodidattica che vi ricorre per trarne le informazioni utili per espletare la sua funzione.
Parallelamente, gli aspetti operativi e le tecniche didattiche sono argomento specifico della didattica, quindi esterni alla
glottodidattica, che all’interno della gamma di metodologie e di tecniche seleziona i suoi strumenti operativi. La
conoscenza e la glottodidattica, si articolano principalmente in due livelli: metodo e approccio.
L’approccio definisce:
Un’idea di lingua e comunicazione;
- Un’idea di cultura e civiltà;
- Un’idea dell’insegnante;
- Le finalità dell’educazione linguistica;
-
Questo approccio viene definito in base a:
Fondatezza scientifica delle teorie da cui si è assunto i principi;
- Coerenza interna;
- Capacità di generare metodi per realizzare l’approccio stesso;
-
Un metodo è un insieme di principi metodologico-didattici che traducono un approccio in modelli operativi, materiali
didattici, relazioni tra studente/insegnante e studente/studente. Un metodo si valuta in base alla sua:
Adeguatezza nel tradurre in operatività l’approccio che si intende realizzare;
- Coerenza;
- Capacità di offrire coordinate per individuare le tecniche glottodidattiche;
- Capacità di offrire coordinate per individuare l’uso della tecnologia didattica che siano integrate con altre
- componenti del metodo.
Il metodo è quindi la traduzione operativa di un approccio, mentre metodologia ha due principali significati:
Da un lato descrive principi ed azioni che mirano ad uno scopo didattico, ed in questo senso possiamo
- considerarlo sinonimo di metodo;
Dall’altro si riferisce ad un aspetto che dà una connotazione particolare ad un metodo. Ad esempio, la
- metodologia umanistico-affettiva accentua il ruolo dell’emozione e il rispetto della complessità della persona
presa balisticamente.
In altre parole, un metodo indica il passaggio dalla filosofia dell’insegnamento linguistico all’organizzazione, mentre la
metodologia indica una caratteristica nel metodo di insegnare. Inoltre esistono tecniche glottodidattiche, cioè azioni
didattiche che vengono utilizzate per raggiungere un obiettivo. Le tecniche devono essere selezionate in modo da non
penalizzare una personalità rispetto ad un’altra. Le tecniche sono principalmente di due tipi:
Esercizi: mirati più alla fissazione che all’uso della lingua;
- Attività: basate sulla creatività, su problemi da risolvere, di solito caratterizzati da un vuoto.
-
Infine, le tecniche si basano principalmente sulla base della loro: 1-adeguatezza nel dar corpo alle finalità e agli obiettivi
di approccio e metodo; 2-coerenza concettuale con il metodo e l’approccio utilizzati; 3-efficacia ed efficienza nel
raggiungere l’obiettivo che ci si propone.
3- “Lo studente nel processo glottodidattica”
Per create un approccio comunicativo, lo studente deve sapere come funziona il processo di creazione comunicativa, di
modo che sappia come poter collocare nelle caselle giuste le varie competenze acquisite. Può essere utile ricorrere a un
modello simile come quello di Hymes.
Prima di tutto dobbiamo definire cosa significa comunicare. Possiamo dire che comunicare significa scambiare
messaggi efficaci. Analizzando le tre parole chiavi:
Scambiare: la comunicazione non è mono-direzionale. Durante la comunicazione si implica la partecipazione
-
di più soggetti che mettono in comune dei significati, li negoziano e li modificano di comune accordo. Lo studente
deve quindi rendersi conto che imparare una lingua significa soprattutto scambiare significati e quindi che la
dimensione interrelazionale è comunque necessaria;
Messaggi: la comunicazione avviene attraverso lo scambio di messaggi che includono un testo verbale e un
-
componente non verbale, non frasi in lingua straniera;
Efficaci: non si comunica per il piacere di comunicare, ma per convincere, ottenere o vietare e l’efficacia della
-
comunicazione si valuta sul risultato, e non sulle intenzioni di chi comunica.
La comunicazione si situa in un evento comunicativo. Ciascuno dei fattori dell’evento influisce sulla qualità globale
della comunicazione. Il modello canonico per l’analisi di un evento comunicativo è quello di Dell Haymes,
rappresentato dall’acronimo SPEAKING.
S come setting, cioè luogo fisico. Nell’interazione viso a viso è possibile usare gesti, mentre davanti allo
- schermo del computer è possibile trovare tabelle, riquadri ecc. Il metodo tradizionale è quello dell’aula, dove
l’insegnante marca il suo territorio e se ne appropria con la sua presenza fisica. A seconda di come è strutturata
l’aula l’insegnante può avere maggiore o minore contatto visivo con i propri studenti;
S anche come scena culturale: modelli di cultura quotidiana e/o valori di cui spesso si è inconsapevoli che
- creano problemi di comprensione;
P come partecipanti: il rapporto dei ruoli sociali tra i partecipanti è fondamentale per cogliere il senso
- profondo di un evento comunicativo. Non si sa comunicare se non si conoscono le regole che governano i
rapporti di ruolo e