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La struttura delle sillabe

RO-SABAN-COLA-VA-GNALI-BROMA-TI-TA

In tutte queste sillabe l'elemento comune è la vocale, che è il centro propulsore di ogni sillaba: è il nucleo sillabico attorno a cui si possono aggregare delle consonanti prima e/o dopo di essa.

Bisogna prestare attenzione a:

  1. dittonghi: sono composti da due vocali, in cui soltanto una funge da nucleo sillabico, pronunciate con un'unica emissione di fiato. In italiano possono essere:
    • ascendenti, in cui vi è un'ascesa nella sonorità vocalica = semiconsonante atona u; i + vocale tonica con nucleo sillabico. Esempi: UO-MO, PIE-DE, IE-RI, FUO-CO
    • discendenti, in cui vi è una discesa nella sonorità vocalica = due vocali vere e proprie, la prima tonica con nucleo sillabico e la seconda atona. Esempi: AU-TO-RE, DAI-NO, EU-RO-PA

FAU-STO, PO-TREI, PO-TEA, AN-DREAvs2) iato: sono due vocali vicine che fungono da nuclei sillabici distinti, pronunciate con due emissioni difiato (dunque si hanno due sillabe, di cui la seconda tonica).

PA-U-RA, TE-A-TRO, FA-I-NA, SO-A-VE, BE-A-TO, MA-E-STRA

Computo sillabico

La metrica si basa sulla sillabazione fonosintattica, ossia sulla sillabazione della catena parlata, per cuisi deve considerare l'enunciato fonologico come una catena di sillabe. Quando parliamo, infatti,emettiamo enunciati fonologici in cui le sillabe delle singole parole si incatenano in una catena sillabicaunitaria. I nostri enunciati fonologici sono catene ininterrotte di sillabe e quindi, quando sillabo unverso, lo faccio nella sua interezza e non parola per parola.

Nel mezzo del cammin di nostra vita (D)1+2+1+2+1+2+2 = 11 (somma delle sillabe che compongono ciascuna parola)

di me medesmo meco mi vergogno (P)1+1+3+2+1+3 = 11

l'aspetto sacro de la terra vostra (P)3+2+1+1+2+2 = 11

Sillabazione di

Nella sillabazione di parola bisogna tenere presenti alcuni elementi:

  1. dittonghi discendenti

Si computano in modo diverso a seconda che cadano alla fine o all'interno del verso (questo comportamento si ha anche nei normali enunciati fonologici della lingua d'uso).

  • alla fine del verso risultano sempre bisillabici e quindi si scindono in due sillabe distinte.
    • primavera per me pur non è mai (P)
    • Amor vien nel bel viso di costei (P)
    • mi fa del mal passato tragger guai (P)
    • tu mi stillasti con lo stillar suo (D)
  • all'interno del verso risultano monosillabici e quindi compongono un'unica sillaba. Molto raramente sono bisillabici e, quindi, assai sporadicamente si attua la dieresi.
    • ma dentro dove già mai non s'aggiorna (P)
  1. dieresi (·) sulla seconda vocale

È il fenomeno che avviene quando un originario dittongo viene scisso in due nuclei sillabici distinti. È molto più comune con i dittonghi ascendenti presenti nei latinismi.

ossia in quelle parole che derivano da lemmi latini in cui vi erano due vocali vicine che costituivano due nuclei sillabici distinti; esse inizialmente sono entrate a far parte di un'unica sillaba (es. lat. vi/si/o/nem > it. vi/sio/ne). Ecco che in poesia è possibile recuperare la sillabazione originaria latina secondo necessità. Al contrario, nei dittonghi ascendenti che provengono dalle vocali "e" o "o" brevi, toniche e in sillaba aperta, non avviene mai dieresi (es. lat. homo > it. uomo). o misera et horribil visione (P) la disiata vostra forma vera (P) 3) dieresi dopo consonante palatale La dieresi può restituire l'originario valore vocalico e sillabico anche alla "i" grafica che si trova dopo una consonante palatale "c" o "g": nella lingua italiana per es. "io" di "religione" non è un dittongo ascendente perché la "i" non viene pronunciata ma è un puro

Elemento grafico che serve a segnalare la natura palatale (dolce) della “g”, senza la quale pronunceremmo una “g” velare (dura). La “i”, dunque, non è fonetica ma è un elemento introdotto dall’ortografia (nella trascrizione fonetica, infatti, la “i” non si trascrive). Nel latino classico, invece, la “i” aveva consistenza fonetica, tanto che si leggeva “relighione” e insieme a “o” costituiva due nuclei sillabici distinti. Ecco che in poesia è possibile recuperare la consistenza fonetica e la funzione sillabica di “i” secondo necessità. religïon che con diversi riti (F, Sepolcri)4) iato.

Nelle parole con nesso vocale + vocale in iato, esso è sempre bisillabico. et con l’andar et col soave sguardo (P).

Tuttavia, esiste uno iato toscano nelle parole “viola; viaggio”: la prosodia originaria del toscano in questi casi diverge dalla prosodia di.

Gran parte degli italiani regionali odierni, in quanto la prima legge“vi/o/la” con iato e i secondi “vio/la” con dittongo. Fino al ‘900 la poesia riprendeva la prosodia naturale del toscano, ma nel pieno ‘900 le pronunce regionali vengono svincolate anche in poesia.

In ramo fronde over viole in terra (P)
mover i pie’ fra l’erbe e le viole (P)
vidi assai periglioso il mio viaggio (P) 6 aprile 2022 (3)5) sineresi

È il fenomeno che avviene quando due vocali vicine in iato sono fuse in un’unica sillaba; tuttavia, è rarissimo perché lo iato ha una sua forza naturale e quindi la pronuncia italiana non riesce fisicamente a ridurre le due vocali in una sola sillaba e perciò a fare la sineresi, sentita come poco naturale. Si ricorre alla sineresi solo in casi estremi quando non c’è altro sistema per arrivare alle 11 sillabe di un endecasillabo.

Ma prima che gennaio tutto si sverni (D)
Quanto di qua per un migliaio si

conta (D)Ne lo stato primaio non si rinselva (D)Nella desinenza “aio” c’è una semivocale centrale “i” e prima e dopo due vocali vere e proprie, che vengono raggruppate qui a formare un trittongo, cioè un’unione di 3 vocali. Spesso si dice che dieresi e sineresi siano l’inversa dell’altra, ma ciò non rende proprio giustizia perché esse non si possono applicare sugli stessi nessi vocalici: infatti, la dieresi si applica ai dittonghi naturali, mentre la sineresi si impiega con gli iati. Al massimo si può dire che la dieresi è l’inverso del dittongo e la sineresi l’inverso dello iato; dieresi e sineresi sono, dunque, complementari perché non si applicano nelle stesse situazioni.

Sillabazione di parola interverbale

Si tratta di una sillabazione che riguarda i confini fra una parola e l’altra. Ricordiamo che la metrica usa la sillabazione naturale che riguarda gli enunciati fonologici, in particolare i versi,

i quali obbediscono alle regole compositive degli enunciati fonologici della lingua italiana, in cui le parole sono tutte unite prosodicamente in un'unica catena che coincide con il segmento fonologico complessivo. È nei punti di confine fra una parola e l'altra che si vedono i fenomeni più interessanti dal punto di vista prosodico e metrico: lì si producono effetti diversi rispetto a quelli che si avrebbero se conteggiassimo le sillabe delle singole parole. 1) sinalefe (^) (il suo maestro è Petrarca, maestro anche di monosillabi) È il fenomeno che avviene quando la vocale finale di parola si unisce con la vocale iniziale della parola successiva. Es. tratti da RVF madr. 106 di Petrarca scese dal cielo^in su la fresca riva poi che senza compagna^et senza scorta ("et" = se seguita da consonante non si legge, se seguita da vocale si legge "ed" come in italiano) mi vide,^un laccio di che seta^ordivatese fra l'erba^ond'è verde^il camino

sinalefe è un fenomeno non di riduzione o eliminazione ma di inclusione delle vocali nella stessa sillaba, entrando a formare una specie di dittongo in questo caso fra due parole diverse. La sinalefe non viene impedita dalla presenza di pause sintattiche o intonative (es. virgola, punto, ecc.), proprio perché non è un fenomeno sintattico di senso ma prosodico (posso anche fare la pausa senza impedire la sinalefe). L'esito è una grande naturalezza nella lettura. Il risultato effettivo di una o più sinalefi in un verso è che il numero delle sillabe complessive di un verso risulta minore rispetto alla somma delle sillabe delle singole parole che compongono quel verso (es. il 1° verso avrebbe 12 sillabe). La sinalefe consente di riassorbire le sillabe soprannumerarie, riducendo il volume sillabico complessivo del verso, che può contenere una quantità di parole superiore alla sua capienza; attraverso la sinalefe il poeta può dilatare lo spazio del verso,

Pur mantenendo il numero di sillabe previsto, ossia l'isosillabismo. La sinalefe è un elemento a monte della lingua italiana e non è in sé un fenomeno della metrica che porta a un risultato diverso rispetto alla prosodia. Mentalmente, infatti, riduciamo le vocali a un'unica sillaba e continuiamo anche noi a fare sinalefi nei nostri enunciati fonologici naturali. Questo fenomeno prosodico viene sfruttato dai poeti della metrica a partire da Dante e Petrarca, che dilatano gli endecasillabi avvalendosi di questo fenomeno naturale.

La congiunzione "e" va quasi sempre in sinalefe.

2) dialefe (È) è il fenomeno inverso alla sinalefe per cui la vocale finale di parola non si unisce con la vocale iniziale della parola successiva per mantenere l'isosillabismo. Spesso le due vocali sono toniche e quindi si devono dire separatamente.

Tant'era pien di sonno a quel punto (D) Qui Dante ha volutamente staccato i due sintagmi attraverso una forte pausa prosodica.

Quindi, musicalmente parlando, la sinalefe produce un legato, mentre la dialefe uno staccato. Qui Dante (come Petrarca, Leopardi, ecc.) ha intenzione di produrre uno staccato a prescindere dal computo finale del verso; dunque, quando fa qualcosa di un po' diverso ha un motivo preciso e non lo fa certo per far tornare i conti (es. Boccaccio poeta, al contrario, fa una fatica pazzesca dal pdv prosodico). Ci sono altri casi, invece, in cui la dialefe è quasi obbligatoria, soprattutto quando una delle due vocali, finale e iniziale, risulta tonica e la sinalefe sarebbe difficile da applicare. Oltre alla sinalefe, vi sono altri fenomeni linguistici che portano a una riduzione sillabica per far tornare i conti nel verso: 1) apocope o troncamento È il fenomeno per cui la vocale finale di una parola cade (es. "amor, dolor, andar, partir") e a cui anche noi ricorriamo spesso (es. "voglio andar via"). In quanto fenomeno linguistico,
Dettagli
Publisher
A.A. 2021-2022
28 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/12 Linguistica italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Tonnina di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Stilistica e metrica italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Verona o del prof Soldani Arnaldo.