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ETRARCA

Siamo di fronte ad un sonetto. È un testo in cui Petrarca si rivolge direttamente al suo "tu", alla sua Laura. Subito si tematizza l'ossimoro dell'ostilità e della dolcezza insieme, in una sola persona. "Guerrera" è un provenzalismo, che sta per "nemica". Petrarca dice che un'altra donna non può aspirare al suo cuore perché il suo cuore è diventato per lui un oggetto di sommo disprezzo perché disprezzato da Laura. In virtù dell'amore per Laura, egli disprezza ciò che lei disprezza. È un circuito che solo Petrarca può creare, è un misto di alterità ed identità con l'oggetto del proprio amore. È unica la fenomenologia d'amore che si manifesta qui, è unica e mai era apparsa prima di Petrarca.

È un sonetto con partizione in quartine e terzine. Lo schema è ABBA ABBA CDE DCE. Lo schema ABBAABBA

conta 303 casi su 317 sonetti. Lo schema CDE DCE compare in soli 63 sonetti su 317. Lo schema deirimanti del sestetto finale ha due conformazioni privilegiate: CDC DCD, ampiamente maggioritario; oppure CDE CDE. Ricorrenti nei Fragmenta sono i sonetti con sestetto isoritmico, come questi ultimi due citati, nei quali le rime tornano uguali nella stessa posizione. Bisogna considerare il rapporto tra comparti metrici e sintassi. La classica partizione tra ottetto e sestetto cor-risponde a due momenti del testo e due giri sintattici del testo. Nell'ottetto Petrarca crea lo scenario, la fenomenologia, la condizione, la situazione, crea la quinta nella quale poi nelle terzine innesta un'azione. Questo è di massima il comportamento del sonetto petrarchesco: parte di contestualizzazione e parte relativa ad un episodio (alla maniera di Petrarca, beninteso). Le terzine, per tradizione, nel sonetto sono la dimensione più concreta. Nelle terzine qui abbiamo infatti la

raffigurazione dell'ipotetico esilio del cuore e di tutto ciò che all'esilio potrebbe conseguire. Riconosciamo quindi due momenti, anche dal punto di vista del dinamismo del testo, molto differenziati. Rispetto a questi due macro-comparti individuiamo corrispondenza tra partizione metrica e giro sintattico. Anche le due quartine sono separate in maniera sovra evidente dal bianco tipografico di separazione tra l'una e l'altra strofa e dal punto fermo dopo "altera". Abbiamo una struttura originaria: in tutti i sonetti fino a Petrarca i comparti metrici avevano obbedito alla sintassi. Nelle terzine abbiamo invece un altro tipo di strutturazione. Subito si vede bene il differimento della chiusura tipico di Petrarca. Petrarca, per non ripetere il comportamento sintattico dell'ottetto, pone una pausa tra la prima terzina e la seconda però si tratta di una pausa coagulata e riassorbita da un giro sintattico che sta accelerando perché.

cerca la sua conclusione. È una tecnica qui, in questo caso particolare, che emerge minima-mente, abbiamo altri casi molto più evidenti. Una pausa che sembra forte tra le due terzine non è in realtà così forte siccome è implicata in una struttura di riferimento che porta ad una velocizzazione nella lettura del testo, si è portati ad andare avanti superando velocemente la pausa perché obbligatoriamente portati a chiudere il giro sintattico per comprendere il significato.

La vera pausa sensibile delle terzine sono i due punti posti nel primo verso della II terzina. I due punti sono un segno di punteggiatura che apparentemente chiude il discorso ma immediatamente e simultaneamente lo rilancia e riapre. Anche qui, come già nel mottetto degli sciacalli, abbiamo un caso di questo tipo.

A questa struttura

sintattica 'alla Petrarca', non modulare e non ricorrente, mossa e dilatata pur rimanendo in piena armonia, vediamo come si comportano i rilievi ritmici. La parte della scansione è un argomento più impegnativo dal punto di vista triennale e viene affrontato maggiormente in magistrale. Per quanto riguarda i rilievi accentuali è sufficiente apprezzare il fatto che nessun verso a contatto ha lo stesso schema ritmico accentuale del verso immediatamente precedente o successivo. Tutto il sistema di Petrarca si gioca tra tecniche di differimento e variatio ritmica. Questi numeri e queste strutture sintattiche danno quella che è la voce inconfondibile del testo di Petrarca che si trasmetterà notevolmente nei successori di Petrarca (cfr. ritmo e intonazione del testo). Quella di un Montale petrarchista non è una nozione così assunta e stabilizzata. Allo stesso modo anche il petrarchismo di Caproni. Ciò è dovuto al fatto che si

è abituati a considerare epigoni di Petrarca i suoi diretti imitatori, quegli autori o quei testi che mutuano di Petrarca i suoi elementi sovra evidenti (cfr. i due petrarchismi: il petrarchismo d’imitazione).

Ed io che di te l’ombra (l’ombra, l’ombra,…APRONI)

Si vedrà il petrarchismo metrico di questo sonetto. Si tratta di un sonetto atipico rispetto alla forma sonetto. Si tratta di un sonetto che a un primo sguardo somiglia e non somiglia ad un sonetto. Esso non restituisce l’im-magine immediata della forma sonetto come siamo abituati a percepirlo perché mancano i bianchi tipografici tra quartine e terzine e tra ottetto e sestetto, mancano i bianchi che segnalano il passaggio da un comparto metrico all’altro. Questo che è apparentemente una semplice organizzazione grafica del testo che neutralizza e annulla la spaziatura tra i comparti metrici è in realtà una ferita profonda nel testo: Caproni ha

intenzione dicostruire un sonetto diverso da quelli della tradizione, eversivo: «fare musica nuova diatonicamente». Questo sonetto di Caproni rilegge la forma sonetto concentrando la sua sperimentazione, in primo luogo equasi esclusivamente, sulle pause metriche di fine verso e all’interno del verso: inarcatura e cesura di endeca-sillabo. Si tenga presente che la tesi della Professoressa Scarpa nel suo Forme del sonetto. La tradizione ita-liana e il Novecento è proprio che l’elemento prediletto dagli autori novecenteschi per la rielaborazione dellaforma sonetto sia la pausa. In questo sonetto, Caproni non pone nessuna pausa metrica, né tra quartine e terzine, né tra ottetto e sestetto,né tra un verso e un altro, né nella cesura, che corrisponda compiutamente e serenamente con una pausa sin-tattica e linguistica. Lo stridore di cui Caproni parla sta nell’attrito e nella discordanza tra sistema di pausemetriche e sistema di

pause linguistiche. Nella separazione tra le terzine il passaggio è segnato da una virgola: si può pensare che qui Caproni sia stato più indulgente dal punto di vista della forma. Quella virgola è però una pausa linguistica sui generis perché è una pausa linguistica che si trova all'interno di una citazione, e la citazione è di per sé una struttura coesa, un inserto coagulato. Anche quella pausa apparentemente serena che segna il passaggio tra le terzine è una pausa che fa da collettore, da gancio. Il passaggio tra le due terzine è suturato da questa citazione a cavallo tra prima e seconda terzina. Per ciò che riguarda la sperimentazione sulle pause tra i comparti metrici, l'obiettivo formale di Caproni è rispettato. Lo stesso tipo di comportamento è rilevabile

sulla pausa di fine verso. Tutti i passaggi da un verso all'altro sono segnati da una discordanza di sistema metrico e sistema linguistico. Il passaggio tra primo e secondo verso, corrispondente con una virgola, è in realtà travalicato dalla parentesi che si pone a cavallo tra il primo ed il secondo verso, come il discorso fatto per la citazione che legava e saldava, anzi, le due terzine. È anche qui una pausa sui generis, neutralizzata, silenziata, sopita. Tutte le altre pause metriche di fine verso tranne una lottano con il sistema linguistico.

Si tenga presente che nella poesia Novecentesca la pausa interversale (inarcatura) non è uno degli elementi prediletti per la rielaborazione della forma sonetto dagli autori in generale. A questa tendenza fa però eccezione Caproni che lavora molto proprio su quel luogo del testo e dello schema metrico. (Cfr. R. S , Forme del CARPA sonetto)

Nel sistema di pause interversali di Caproni si potrebbero individuare:

Le pause all'interno di strutture sintattiche maggiori che fanno da coagulante (tipo parentetiche e citazioni) - Pause in settima diminuita. La settima diminuita è un accordo che non ha una conclusione, è un accordo che non dà il senso della fine, che dà possibilità anche di proseguimento. Il testo arriva in bilico, potrebbe fermarsi come proseguire. L'instabilità del testo che Caproni in alcuni versi (che lui chiama chiusure "in settima diminuita") persegue è il barcollamento di chi sta in coda di verso e si chiede se il verso che sta leggendo possa chiudere o riaprire. Questo concetto di chiusura e riapertura, che da Petrarca in avanti è motore della poesia lirica, qua lo vediamo esercitato nel rapporto tra grammatica e sintassi e pause tra un verso e l'altro. Abbiamo il senso di un verso che potrebbe chiudere e sostare lì ma che poi riprende e lascia un senso di vertigine; - L'inarcatura

forte: inarcatura che interrompe violentemente una giuntura grammaticale fortemente percepibile (che quindi non pone dubbi e richiede forzatamente una prosecuzione nella lettura). Queste tipologie di pause interversali sono i tre tipi di pause che dominano il sonetto caproniano.

Per quanto riguarda le pause infraversali, noi notiamo che Caproni disloca sempre la pausa sintattica cercando di non farla cadere presso cesura (ovvero dopo l'ictus di IV o di VI), giocando di dislocazioni per la volontà formale programmatica di rendere dissonante il sonetto e farne musica nuova lavorando sulla discordanza tra pause metriche e sintattiche.

La settima diminuita è un passaggio multidirezionale, un crocicchio che ci propone più vie e di fronte al quale non sappiamo se andare avanti o fermarci.

Dal punto di vista della lettera, questo è un testo

piuttosto semplice. Il primo elemento atipico di questo sonetto era la sua forma e la sua sperimentazione sulla forma delle pause. Il secondo elemento atipico è la scelta della forma sonetto in sé, in un momento d
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A.A. 2020-2021
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/12 Linguistica italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Alessandro_Vercelli di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Stilistica e metrica italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Scarpa Raffaella.