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Nietzsche e gli impulsi fondamentali
Nietzsche parla degli impulsi fondamentali, che per lui sono il sogno e l'ebbrezza, che non appartengono solo all'uomo (antropologico), ma riguardano la natura nel suo complesso (cosmologico): l'apollineo e il dionisiaco sono gli impulsi fondamentali della natura.
Platonismo rovesciato: Nietzsche si riferisce alla sua filosofia, anche se era un filologo. Tanto più ci si allontana da ciò che veramente è, più ci si avvicina ad una vita pura, vera, bella, buona: al greco sostituisce Dice che la vita nell'apparenza è lo scopo: apparenza verità.
È un termine di Schiller, mentre Platone diceva Per Platone ciò che veramente è l'idea e quella più elevata di tutte è il bene, il principio di identificazione da cui discendono tutte le altre idee; per Nietzsche la volontà è ciò che veramente è, l'unico modo per avere una vita pura è allontanarsi da essa, attraverso.
l'apparenza è soprattutto l'arte. Platone afferma che l'arte si allontana dalla verità, è la copia di una copia, ma proprio per questo motivo secondo Nietzsche essa deve essere valorizzata, perché l'uomo deve allontanarsi dalla verità. Entrambi concordano che l'arte sia un allontanamento, ma se Platone la condannava per questo motivo, Nietzsche la sostiene. Nietzsche ha una concezione anti mimetica dell'arte, per lui la mimesi è figlia del razionalismo socratico: l'arte ha il compito di scendere al principio della realtà, l'artista è imitatore degli stati artistici immediati della natura, del sogno e dell'ebbrezza. Non è quindi imitatore della supposta realtà, perché imita gli impulsi della realtà. Per Schopenhauer riconoscere il principio del mondo significa affrancarsi da esso, l'arte è una rappresentazione adeguata della realtà, perché.intuisce l'idea, l'oggettivizzazione ideale della realtà, aiuta prendere le distanze dal mondo; per Nietzsche l'arte è il piano dell'apparenza è quel velo che copre l'abisso e che consente all'uomo di affermare la propria vita.
Razionalismo socratico: colui che sa è felice, la conoscenza permette di evitare il peccato e di essere felice. Nietzsche ha una visione antitetica, perché il vero sapere porta alla sofferenza, dato che non c'è nessuna trama razionale nell'esistenza. L'arte deve trasfigurare perché si trova davanti all'abisso dell'esistenza, per questo non deve imitare.
Per Nietzsche la massima espressione dell'arte apollinea sono le divinità ed esse operano una trasfigurazione dell'esperienza e della vita: l'uomo si pone davanti ad uno specchio trasfigurante e vede se stesso nei termini di questa esistenza superiore di armonia e beatitudine.
L'uomo trova conforto in questa trasfigurazione perché tendono un velo sull'orrore della vita. L'arte apollinea implica sempre un superamento dell'orrore dell'esistenza e ciò significa che la radice dell'arte apollinea è il dolore e la sofferenza. Nasconde la verità e in termini platonici è un inganno, un'illusione. Per Nietzsche l'arte è alla base della cultura umana: la civilizzazione mira a massimizzare la felicità e a ridurre la sofferenza, ma per Nietzsche alla base di tutto c'è la sofferenza che permette la trasfigurazione nell'arte.
Qual è la relazione tra gli olimpici e la saggezza popolare silenica? L'orrore della natura è rappresentato dall'ordine dei titani, le divinità arcaiche legate al sangue e che vengono soppiantate dagli olimpici, divinità della luce: l'affermarsi dell'arte apollinea implica sempre un
superamento dell'abisso della natura, quindi essa trova le proprie radici nel dolore stesso dell'esistenza. I miti non derivano dall'ingenuità greca, ma dalla loro profonda esperienza della tragedia che è la vita, ci fanno comprendere in modo più pieno l'esistenza. L'arte apollinea in termini platonici non è altro che inganno e illusione, ma è una definizione fuorviante, perché quest'arte deriva dalla più profonda esperienza esistenziale dell'uomo e la trasfigurazione artistica non è la cosa più falsa, ma quella più necessaria dal punto di vista esistenziale. L'arte è l'autentica attività metafisica dell'uomo, ad essa si contrappone la civilizzazione (razionalismo socratico ed esteticamente dominato dalla mimesi). La società civilizzata vuole cercare di estirpare la sofferenza, vista come accidentale, mentre per Nietzsche essa è strutturale.
è alla base dell’esistenza stessa.
I miti olimpici non prospettano un aldilà in senso platonico – cristiano, sono una celebrazione di ciò che è. Attraverso l’arte apollinea l’uomo greco ribalta il detto del Sileno: il peggiore dei mali è la fugacità della vita, l’uomo vuole attaccarsi ad essa.
I greci hanno condensato i loro insegnamenti sull’arte in Apollo e Dioniso: gli dèi greci sono l’immagine riflessa del mondo, sono una creazione artistica con una profonda necessità.
Nietzsche riprende alcune istanze di Feuerbach, che dice che in Dio l’uomo si autoaliena, perché lui produce questa opera senza poi riconoscersi in essa; i miti olimpici non producono autoalienazione. Riprende la critica feuerbachiana al cristianesimo, ma non al politeismo ellenico.
La veglia ha una prevalenza sul sogno: nella veglia vediamo la realtà così com’è, mentre nel sogno
possiamo essere ingannati, quindi preferiamo la veglia; Nietzsche propone una rilettura diametralmente opposta del sogno. Constata che ci sono istinti invasivi e operanti della natura, ciò che veramente è ha bisogno di redimere il dolore attraverso la visione beatificante, quindi l'arte, e noi come esseri fatti di apparenza, la percepiamo come un continuo divenire nel tempo, nello spazio e nella causalità, come realtà empirica; il sogno è apparenza dell'apparenza, è un prolungamento della vita. Attraverso il sogno e l'arte ci rendiamo conto che la nostra esistenza è apparenza, c'è uno smascheramento, riusciamo a uscire dall'irretimento e riconosciamo la nostra esistenza come un sogno. L'uno originario produce la vita attorno a noi, che è gioiosa apparenza. Noi abbiamo esperienza solo del fenomeno: fa una supposizione metafisica, arrivando al fenomenalismo estremo. Si discosta da Schopenhauer, chepretende di conoscere anche il noumeno. 10/11/21 L'arte apollinea è la divinizzazione del principio individuationis: come Schopenhauer, Nietzsche crede che la realtà sia una rappresentazione. Non sappiamo che relazione ci sia con la realtà esterna, perché noi abbiamo solo delle sensazioni nervose, il soggetto e l'oggetto sono due sfere eterogenee dalle quali si ha un salto: le sensazioni sono tradotte in immagini intuitive e poi in parole e concetti. Sono passaggi tra sfere distinte tra loro e questa traduzione implica sempre un salto, non c'è un nesso intrinseco tra i piani. Il principio di ragione vuole che ogni cosa discenda da qualcosa, che abbia una causa, ma in questo caso non c'è; la traduzione è sempre arbitraria, il soggetto è artisticamente creativo. Ciò che noi chiamiamo realtà è una serie di convenzioni che a furia di essere ripetute diventano vincolanti, cioè ci si scorda.Dellaloro origine convenzionale: ciò che viene obliato è il carattere convenzionale di ciò checi appare naturale. È presente il criticismo kantiano, ma anche lo sviluppo del Nietzsche successivo, perché è centrale lo sviluppo conoscitivo della fase illuminista.
Nell'esperienza dionisiaca greca ha luogo una festa di riconciliazione con la natura, perché tutte le divisioni che sono prodotte dal principio di individuazione sono superate e si rifà l'esperienza dell'unità.
L'arte seduce la vita perché è complemento e un completamento della vita, non è solo un riflesso: la vita degli dèi non è trascendente, come nel monoteismo cristiano, ma giustificano la vita vivendola essi stessi, quindi nell'arte apollinea la vita è celebrata in quanto tale e non c'è autoalienazione. Dice che è l'unica teodicea in grado di soddisfarci: il dio cristiano.
è onnisciente, onnipotente e opera una creatio ex nihilo.
Saggi sulla teodicea sulla bontà di Dio, sulla libertà dell’uomo
Nel 1710 Leibniz scrivee sull’origine del male: teodicea è la giustizia di Dio ed è anche un tentativo da parte dell’uomo di giustificare l’esistenza di Dio. Per potere scegliere liberamente tra il bene e il male, allora anche il male deve essere consentito nella creazione di Dio. Nietzsche pensa che l’unica teodicea valida sia quella greca, perché gli dèi vivono fino in fondo la vita.
Il dionisiaco è liberatorio, ma passa attraverso la distruzione, è segnato dal dolore e dalla sofferenza, perché per riconciliarci alla natura perdiamo noi stessi: l’arte dionisiaca mette in mostra la sofferenza, mentre quella apollinea la nasconde perché sappiamo che essa presuppone il dolore, ma si configura attraverso il velamento di esso. La tragedia è arte dionisiaca.
L'arte tragica è la massima affermazione della vita, perché la afferma in maniera così piena. Gli dèi olimpici svuotano di senso la teodicea, perché i greci non hanno affidato il merito della creazione del mondo: al centro del mondo greco non c'è la volontà divina, ma la divinità come manifestazione dell'ordine del cosmo. Il mondo è un gioco artistico, non ha un fine trascendente, il piacere stesso è quello di giocare quindi non ha bisogno di una giustificazione.
I grandi mistagoghi per Nietzsche sono Goethe, Schiller, Lessing e Winckelmann, perché come nell'antica Grecia i mistagoghi iniziavano ai misteri, essi ci preparano alla comprensione della cultura greca, perché gli scrittori hanno un'esperienza viva della lingua e ci permettono di accostarci in modo più autentico ai testi antichi, la lingua non diventa solo uno strumento, ma dà forma all'esperienza.
Da questo punto di vista gli scrittori hanno un primato sui filologi, perché loro usano la lingua in maniera oggettiva.