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Fellini riflette sulle esigenze economiche che il cinema richiede, sulle maestranze che sono scettiche e ammirate allo
stesso tempo riguardo alla figura di Guido e tutti i processi che il contesto artistico implica (la scenografia, i provini,
fondamentali nell’economia del film a proposito dell’autobiografia).
Il film che Guido sta realizzando è allo spettatore ignoto, non si conosce di esso nemmeno il titolo. Attorno ad esso, però,
ruotano numerosissime figure di cui il pubblico viene messo a conoscenza.
I provini sono un elemento importante: Guido cerca delle attrici per interpretare ruoli di donne della sua vita reale (e
quindi della vita reale di Fellini). C’è quindi un gioco di specchi e rispecchiamenti tra i diversi piani della
rappresentazione del film. E, chiaramente, il momento dei provini rivela la presenza dei diversi piani della realtà della vita
di Fellini, rispecchiati nella vita di Guido, il quale a sua volta rispecchia la sua vita nel film che sta realizzando. Questo
processo è detto mise en abîme.
Vita di Fellini Vita di Guido Vita di Guido nel film di Guido
La struttura drammaturgica è multidimensionale: lo stesso Fellini dichiarò che con Otto e mezzo aveva voluto
mostrare come la vita di ogni uomo non sia vissuta sull’unico piano della vita concreta, ma anche su altri piani:
• L’essere qui e ora in una dimensione di immanenza assoluta;
• Il passato che grava e incide moltissimo sul presente e sul futuro. Ciò che è accaduto nel passato determina
ciò che siamo nel presente e ciò che saremo nel futuro. Non è perciò un caso se il passato torna nel presente in
continuazione, tramite memorie dell’adolescenza, momento in cui si determina la personalità dell’individuo. È in
questo periodo che avvengono fatti ed eventi destinati ad assumere un’importanza sempre più crescente nel
corso della vita di un soggetto.
o L’esperienza con la Saraghina: essa, personaggio emarginato che vive sulla spiaggia, determinerà i
rapporti ed i complessi che Guido avrà nei riguardi delle donne nel corso della vita. Non è un caso,
infatti, se tutte le figure femminili presenti nel film hanno qualcosa in comune, anche fisicamente, con
essa.
Da bambino Guido ha scoperto, in confessionale, che la Saraghina è il diavolo. È proprio da quel
momento che inizia ad avere una serie di problemi con il mondo femminile.
o Le problematiche con i genitori: hanno sempre considerato Guido inadatto, un ostacolo alla loro
buona reputazione sociale. Egli li mette in imbarazzo nei confronti del mondo e, perciò, essi lo gravano
di responsabilità e vergogna. I giudizi negativi e le colpevolizzazioni che Guido subisce sono poi quelle
che riaffiorano quando egli si sente inadeguato rispetto alle aspettative che i produttori hanno nei suoi
confronti e sull’inconcludenza che lui dimostra nei confronti della situazione.
Perciò, il passato è fondamentale: i fatti e le persone assumono un valore di matrice, condizionando un modo
d’essere e pensare, un modo di impostare i rapporti umani e di concepire se stesso;
• L’onirismo: è una modalità espressiva e anche rappresentativa. È valida in letteratura come nel cinema e in
tutte le arti in generale, come una modalità che adotta forme e modi tipici dell’inconscio, specialmente quando
esso si manifesta in maniera piena, ossia nel sonno, nell’uso dell’immaginazione e anche nella rêverie,
condizione in cui l’essere umano “sogna a occhi aperti”, creando varchi tra la dimensione del sogno e la realtà.
Non a caso il film si apre con la rappresentazione di un incubo: Guido è bloccato in macchina nel traffico e
inizia a boccheggiare e a sentirsi soffocare. Allora inizia a urlare e, subito dopo, lo si vede volare nel cielo.
L’ingresso in scena dei produttori lo riportano al piano della realtà.
Nel corso del film vengono rappresentati molti altri sogni e, talvolta, non si capirà la differenza tra i ricordi del
passato e la dimensione del sogno. Per esempio, c’è un momento in cui Guido sembra ricordare i genitori, ma
tutto assume nel paesaggio un aspetto molto particolare, onirico, in cui luci e ombre sembrano quelli dei quadri
di De Chirico o altri pittori che più hanno usato l’onirismo e che si collocano nella corrente pittorica definita
surrealista e metafisica (corrente pittorica da cui Fellini attinge molto nella rappresentazione del sogno).
La scena con i genitori dà degli indizi per capire che forse non si tratta solo di un ricordo, ma di un qualcosa di
più che viene confermato dalla figura del padre che rientra sottoterra. È allora chiara la dimensione del sogno e
non del ricordo.
Il confine tra ricordo e sogno è molto sottile, così come lo è il confine tra immaginazione e realtà. Scene che
sembrano reali si rivelano essere immaginative, in particolare quelle riguardanti la figura di Claudia.
Inizialmente tale figura pare essere immaginaria. Solo in seguito la scopriamo essere un personaggio reale che
deve partecipare alla realizzazione del film.
Fellini dimostra di essere stato influenzato dalla psicoanalisi e dall’esame di realtà definito da Freud.
Quest’ultima è la capacità di discernere, nella vita, il reale dall’immaginario. Capacità che, per esempio, il
bambino non possiede. L’esame di realtà manca nel film: viene volontariamente eluso al fine di avere una
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rappresentazione all’insegna della dialettica, di un rapporto di dialogo, tra il conscio e l’inconscio.
Il conscio, la razionalità, presiede alla nostra presenza nel “qui ed ora”, nel presente. L’inconscio, invece, è
quella parte della psiche dove si depositano le memorie del passato ed è preposto all’immaginazione, al sogno,
ecc.
Lungo tutto il corso del film si oscilla tra questi elementi e questo crea la natura multidimensionale del film.
Uno dei principi chiave per capire come si passa da un piano all’altro, da dimensione all’altra di queste tre citate è dato
dai cosiddetti nessi associativi, definiti così dalla psicoanalisi di Freud. Sono quei legami che troviamo tra una scena e
l’altra. Non sono legami logici, chiaramente, ma irrazionali. Per esempio, i principi in base al quale si accostano le scene
– ognuna delle quali si colloca su un piano diverso della rappresentazione – partono da legami di pertinenza: una
scena rappresenta la figura dell’amante, la scena successiva mostra l’origine della scelta dell’amante, facendoci vedere
la Saraghina. Oppure, appare il cardinale dal quale va Guido per farsi dare dei consigli, ed ecco che dalla sua memoria
compaiono i suoi insegnanti di scuola, suoi precettori.
In alcune scene, il piano del passato e dell’onirismo si confondono; in altre l’immaginazione si confonde con la realtà,
come accade nella rêverie. Ogni scena si colloca in un piano diverso alla scene precedente, proprio per rappresentare la
realtà multidimensionale.
Resti diurni, fatti reali accaduti nella vita quotidiana, più o meno recente ma talvolta anche lontana nel tempo, entrano nel
sogno. Non sono tanto immaginazione, quanto ricordi che entrano sia nello stato di veglia, sia nello stato di sonno.
Questa rêverie ci fa capire come non ci sia una netta distinzione nella nostra attività psichica tra la dimensione esterna e
quella esterna. Noi viviamo la nostra esperienza confondendo l’esterno e l’interno.
La rielaborazione che la mente attua serve a fare dell’esperienza quotidiana una qualche forma di conoscenza: è
un’attività che avviene in maniera più o meno consapevole, ma che tuttavia accade ogni giorno. Ed è proprio su questa
attività che Fellini vuole indagare. Si rende conto che tutta la cultura precedente alla psicoanalisi ha tagliato troppo
nettamente il confine tra immaginario e realtà. La riflessione seguita alla psicoanalisi ha reso meno chiaro questo
confine.
Negli anni ’10 del ‘900, il filosofo francese Louis Bergson scrisse Materia e memoria, con cui si aprì una strada di
psicoanalisi che venne seguita anche da Freud. Venne introdotto un cambiamento radicale nel concepire l’esperienza
umana, non più limitata alla tangibilità.
Gli anni ’60 del ‘900 sono gli anni in Europa in cui esplose questo mutamento di paradigmi che va nella direzione del
risanamento delle fratture che avevano percorso la storia europea per secoli (ossia la separazione della mente dal
corpo).
Con i nessi associativi si opera un passaggio fluito molto evidente: si ha un legame tra la realtà interna e quella
esterna; una scena che si svolge nel presente e che, per esempio, riguarda i produttori cinematografici che incalzano
Guido, si collega con un nesso associativo a una scena dove ci sono i genitori di Guido. (Dimensione della realtà –
dimensione del ricordo).
Influenze:
• Joyce: il flusso di coscienza incarna perfettamente il legame tra la realtà interna e quella esterna: è un libero
sfogo che fa sì che ciò che sia razionale e ciò che non lo è si confondano continuamente. Il procedere del
flusso è proprio all’insegna del nessi associativi;
• Pablo Picasso: Fellini, durante la produzione del film, descrisse alcuni sogni che aveva avuto, in cui compariva
il celebre pittore. Questi è una figura talvolta di ammonimento, talvolta che lo incita e lo incoraggia.
Fellini, prima di diventare regista, era un disegnatore formatosi come pittore. Aveva quindi studiato le arti
figurative ed, in particolare, era stato colpito dal cubismo degli anni ’10.
Picasso, l’ho sempre considerato una sorgente creativa, forza teatrante. (…)
Durante la creazione di Otto e mezzo mi venne in mente di rompere una statua e ricomporla come cubista.
Quadri di Picasso presi come esempio:
o Quadri 1910, ritratti: in questa prima fase è ancora intellegibile la figura umana. La testa e l’aspetto
della persona sono chiari, nonostante la percezione visiva sia stata scomposta in elementi geometrici
e dagli spigoli vivi.
È proprio come se, appunto, una statua fosse stata rotta e ricomposta imprecisamente,
disordinatamente, aumentando l’elaborazione e lo sviluppo del cubismo. Già solo nelle opere più
avanti, la scomposizione assume un aspetto ancor più preminente, rendendo scarsamente intellegibile
la struttura umana, se non fosse per qualche raro segmento.
o Quadro 1911, il torero: è l’approdo dello sviluppo del cubismo vero e proprio. È impossibile
rintracciare una figura umana. Ci sono degli attributi, dei tratti qua è là disseminati che costituiscono
quasi le tessere di un puzzle, indizi per l’interpretazione dell’opera.