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P ∗P
C D
Q= direazione
=quoziente
a b
P ∗P
A B
Nel caso dei reazione in equilibrio:
0
ΔG +RTlnQ=0 Q=K =costante termodinamica di equilibrio
P
Analogamente si può avere tale risultato utilizzando le concentrazioni delle singole specie:
c d
[C ] [D]
K =
C a b
A
[ ] [B]
Nel caso si voglia determinare il ΔG di una reazione non ancora all'equilibrio si ha:
ΔG=-RtlnK +RTlnQ=RTln(Q/K )
P P
Ne segue che:
Se Q<K la reazione precede verso destra (ΔG<0)
• P
Se Q> K la reazione procede verso sinistra (ΔG>0)
• P
Se Q= K a reazione è all'equilibrio, procede contemporaneamente e con uguale velocità
• P l
verso destra e verso sinistra, sicché le pressioni parziali (o le concentrazioni) di tutte le
specie presenti si mantengono costanti.
Se durante la reazione la temperatura non si mantiene costante K varia secondo:
P
0 2
dlnK /dT=ΔH /RT Equazione di van't Hoff
P
e quindi K , all'aumentare della temperatura, aumenta o diminuisce a
P
seconda se la reazione è endotermica (calore acquisito, ΔH>0) o esotermica
(calore ceduto, ΔH<0).
Un aumento del K significa che la reazione si sta spostando verso destra (il
P
numeratore aumenta); pertanto reazioni endotermiche sono favorite dall'aumento di
T, e inversamente reazioni che cedono calore sono ostacolate da tale aumento. È
questo un aspetto del principio di Le Chatelier, e va sotto il nome di principio
dell'equilibrio mobile di van't Hoff.
Proprietà delle soluzioni non elettrolitiche
Una soluzione formata da A e B si dice ideale se l'entalpia di mescolamento è nulla (ΔH =0)
mesc
Legge di Raoult (liquidi):
La pressione di vapore di una soluzione ad una temperatura t è data dalla somma delle
• pressioni di vapore parziali: P=P +P
A B
La pressione di vapore parziale è data dal prodotto della pressione di vapore del liquido puro
• i0
a quella stessa temperatura t per il valore della sua frazione molare nella soluzione: P =P *x
i i
In generale:
∑ ∑ 0
P= P P
= ∗x
i i i
Per la fase vapore: 0
P P ∗x
A A A
y = =
A 0
P P
TOT B
x + ∗x
A B
0
P A
A0 B0
P =P → y =x
A A
A0 B0
P <P → y <x
A A
A0 B0
P >P → y >x
A A
Il grafico consente di ricavare i valori delle pressioni di vapore P e delle pressioni parziali alle varie
concentrazioni, e alla temperatura t, di soluzioni quasi ideali (che sono rare). Di norma si hanno
quindi delle deviazioni dovute alle interazioni fra le molecole dei liquidi che costituiscono la
soluzione (reale). Esse sono meno sensibili quanto più bassa è la concentrazione di uno dei due
componenti: soluzioni molto diluite hanno un comportamento soddisfacentemente ideale.
Miscele che non seguono la legge di Raoult:
1. Deviazioni positive (H >0): le pressioni interne di A e B sono sensibilmente diverse e si
mesc
formano legami A-B più deboli degli A-A e B-B. Aumentano perciò le pressioni parziali e
quella totale.
2. Deviazioni negative (H <0):Le molecole dei liquidi A e B interagiscono fra loro dando
mesc
luogo a legami A-B più forti dei legami A-A e B-B esistemti. Diminuiscono quindi le
molecole in grado di evaporare e perciò le pressioni parziali e quella totale della soluzione.
-3
Viene considerata diluita una soluzione con M=10 M. Tanto più è diluita, tanto più il suo
comportamento chimico fisico si avvicina a quello ideale (e quindi possono essere usate le leggi per
sol ideali).
Nel caso in cui un soluto non sia volatile (pressione di vapore trascurabile rispetto a quella del
0A
solvente) la legge di Raoult si può scrivere: P=x P (A= solvente) perciò la pressione di vapore di
A
una soluzione contenente un soluto non volatile è sempre minore a quella del solvente puro. La
0A 0
formula si può scrivere anche come: (P -P)/P =x (B=soluto)→
B
ΔP =x B
0
P
che mostra come la diminuzione percentuale della pressione di vapore del solvente in una soluzione
diluita di soluto non volatile è proporzionale alla frazione molare del soluto.
L’effetto dell’inserimento di un soluto in una soluzione implica anche variazioni di temperatura di
ebollizione e congelamento (che dipendono dal diminuire della pressione di vapore della soluzione):
T =m*K T =m*K
Δ Δ
eb eb cr cr
dove m= molalità della soluzione, ΔT è il valore dell’innalzamento/abbassamento della
temeperatura di ebollizione/congelamento della soluzione rispetto alla temperatura di eboll/cong del
solvente puro. K=cost ebullioscopica/crioscopica.
Pressione osmotica
Una specie chimica che entra in soluzione con un solvente ha molte analogie con un gas che si
diffonde in un recipiente chiuso. Entrambi hanno una pressione ma quella del soluto è detta
osmotica, ed è una conseguenza della variazione dell’energia libera del solvente causata dalla
presenza delle molecole del soluto. La pressione osmotica è legata alla temperatura e alla
concentrazione della soluzione dalla formula:
πV=nRT π=MRT
dove π è la pressione osmotica e M la molarità della soluzione.
La pressione osmotica può essere messa in evidenza se due
soluzioni acquose a concentrazioni diverse vengono messe nei due
rami di un tubo ad U e separate da una membrana semipermeabile
che permette il passaggio del solo solvente: si avrà la diffusione del
solvente dalla soluzione più diluita (che si concentra) a quella più concentrata (che si diluisce). In
questo caso la pressione osmotica può essere identificata come la pressione da esercitare sul lato
soluzione più concentrata affinchè non vi sia migrazione del solvente.
Le suddette proprietà delle soluzioni si chiamano proprietà colligative e sono proprietà funzione
soltanto del numero e non dalla natura delle particelle di soluto. Se due soluzioni hanno valori
uguali per una delle proprietà colligative, allora daranno valori uguali anche per le altre.
Esse sono dovute unicamente all’abbassamento di pressione di vapore del solvente per la presenza
di soluto non volatile.
Nel caso di soluzioni (diluite) di elettroliti deboli (parzialmente dissociati) vale la relazione:
M =M[1+α(ν-1)] α=grado di dissociazione dell’elettrolita ν=numero di ioni formati nella dissociazione
tot
il valore i=[1+α(ν-1)] chiamato coefficiente di van't Hoff (o fattore di dissociazione) viene inserito
quindi nelle formule delle proprietà colligative quando si parla di elettroliti (forti o deboli).
Le proprietà generali quindi sono:
ΔP α
=x [1+ (ν−1)]
soluto
0
P
ΔT =K ∗m[1+α (ν−1)]
cr cr
ΔT α( ν−1)]
=K ∗m[1+
eb eb
π α ν−1)]MRT
=[1+ ( Acidi e basi
Definizione secondo Arrhenius:
Acido: specie chimica che in soluzione acquosa si dissocia formando uno o più ioni
• idrogeno (se è 1 l’acido si dice monoprotico altrimenti si dice poliprotico). Negli acidi
poliprotici forti le prime dissociazioni sono totali mentre le successive sono parziali; negli
acidi poliprotici deboli sono tutte parziali.
Base: specie chimica che in soluzione acquosa si dissocia formando uno o più ioni idrossido
• (1→monoacida 2 o +→poliacida)
Acido e base reagendo tra loro formano sale ed acqua +
La teoria di Arrhenius non spiega il fatto di come uno ione H potesse esiste allo stato condensato
(campo magnetico elevatissimo) o di come una specie potesse comportarsi come base non avendo
-
ioni OH da donare (per es. NH )
3
Definizione secondo Bronsted-Lowry:
Acido: specie chimica in grado di fornire uno o più protoni ad un’altra specie chimica,
• indicata come base
Base: specie chimica in grado di acquistare ioni H+ da un'altra specie detta acido
•
Il protone non può rimanere quindi isolato e perciò è più corretto parlare di sistemi acido-base
piuttosto che acidi e basi separatamente.
In ogni reazione acido-base si indicano col nome di coniugate le coppie di specie chimiche che
differiscono per un protone.
Il passaggio del protone dalla specie che si comporta da acido a quella che si comporta da base
viene indicato come reazione di protolisi.
Per acidi e basi deboli in reazione con l’acqua (solvente maggiormente usato) viene introdotta una
costante di dissociazione (K / K ) che stabilisce la forza dell’acido o della base.
A B
Per un generico acido HA che si dissocia secondo il seguente equilibrio:
+ -
HA+H O↔H O +A
2 3
+. −.
O A
[H ][ ]
3
K
possiamo scrivere: =
a HA
Nel caso di acidi poliprotici si hanno costanti acide di prima ,seconda, terza,.. dissociazione
Per una generica base BOH che si dissocia secondo l'equilibrio:
+ -
BOH↔B +OH
+. −.
[B ][OH ]
K
si ottiene invece: =
b [BOH ]
Più è alto più la reazione si sposta verso destra. Invece acidi e basi forti in solvente acqua si
presentano tutti con costante elevata: ai fini pratici si possono considerare tutti egualmente forti in
soluzione acquosa. Si chiama effetto livellante dell’acqua quel fenomeno per cui un acido e una
base forti inseriti in un solvente, dopo essersi dissociati, tendono ad riformare particelle d’acqua
+ -
reagendo con gli ioni H O e OH .
3
Questo implica che in soluzione
acquosa l’acido più forte che può
esistere è lo ione idronio (o, per la
base, lo ione idrossido).
La forza dell’acido o base dipende
inoltre dal partner di reazione.
Acidi più comuni: - +
HCl Acido cloridrico forte HCl+H O→Cl +H O
• 2 3 4- +
HClO4 Acido perclorico forte HClO +H O→ClO +H O
• 4 2 3
HClO3 Acido cloroso debole
• HclO Acido ipocloroso debole
• 3- +
HNO3 Acido nitrico forte HNO +H O→NO +H O
• 3 2 3
HNO2 Acido nitroso debole
• CH3COOH Acido acetico debole
• 4- +
H2SO4 Acido solforico forte, diprotico H SO +H O→HSO +H O
• 2 4 2 3
4- 42-
HSO +H O→SO
2
HI Acido iodidrico forte
• - +
HI+H O→I +H O
2 3
La forza dell’acido è condizionata dalla polarizzazione della
molecola H-X. La presenza quindi di atomi fortemente
elettronegati