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CONSEGNA DELLE CHIAVI DA PARTE DI CRISTO A SAN PIETRO: Questo artista,
quindi, è colui che viene chiamato da Sisto IV e nella Cappella Sistina dipinge questo
dipinto. Da quest’opera vediamo la chiarezza compositiva che deriva da Piero. La scena è
organizzata in maniera perfettamente simmetrica attorno all’asse centrale, dove è
collocato il tempio di Gerusalemme, un edificio a pianta centrale, affiancato da due edifici
all’antica che evocano l’arco di trionfo di Costantino. Quindi una conoscenza delle regole
prospettiche: il pavimento, a lastre marmoree, è un trattato di prospettiva. Al centro i due
personaggi principali e gruppi di astanti simmetrici ai lati.
MATRIMONIO DELLA VERGINE: la stessa struttura è ripetuta da Perugino in quest’altra
pala. E’ esattamente la porzione centrale dell’affresco della cappella Sistina. Cambia il
soggetto, ma l’impostazione è identica. L’asse di simmetria ruota attorno al tempio sullo
sfondo. Su questo quadro si forma un allievo di Perugino:
RAFFAELLO Raffaello Sanzio, figlio di Giovanni Santi nasce ad Urbino nel 1483.
Quindi nasce ad Urbino e si forma presso Pietro Perugino, allievo di Piero della
Francesca. Da questo deriva la sua capacità di rappresentare con chiarezza la scena.
MATRIMONIO DELLA VERGINE: Dipinge lo stesso soggetto di Perugino. Siamo negli
stessi anni: 1503, 1504. A prima vista sembrano la stessa cosa, ma osservando meglio
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notiamo delle differenze. Innanzitutto la luce più calda, meno fredda rispetto a quella di
Perugino, che armonizza i colori. Dal punto di vista compositivo il punto di osservazione,
qui, è più alto, permette di allungare maggiormente lo sguardo. Poi, il sommo sacerdote
nel Perugino è perfettamente frontale e in asse, in Raffaello il capo è leggermente
inclinato. Ancora, entrambi gli edifici sono a pianta centrale, ma quello di Perugino ha 8
lati, quello di Raffaello ne ha 16, quindi assomiglia sempre di più ad un cilindro, non è più
un poligono regolare. Questo edificio in Perugino viene tagliato dalla curvatura della pala,
in Raffaello, invece, è tangente, lo vediamo per intero. Le figure sullo sfondo sono scalate
meglio nello spazio. Le lastre marmoree allontanano l’edificio sullo sfondo. I personaggi,
poi, li dispone a emiciclo, non in maniera paratattica come aveva fatto Perugino. Quindi
Raffaello ha una padronanza dello spazio decisamente superiore.
Raffaello, nell’architrave del tempio, pone la sua firma, questo significa rivendicare la
propria autorità, e si firma come Raphael Urbinas, quindi dichiara la propria provenienza,
che non è solo geografica, ma soprattutto culturale. Raffaele è allievo di Perugino, di Piero
della Francesca, ma anche del proprio padre, e cioè Giovanni Santi, che è stato l’ultimo
pittore della corte di Montefeltro, quindi perfettamente radicato nella cultura urbinate.
MILANO: L’altro centro di elaborazione, oltre a Roma, in cui filone fiorentino e filone
urbinate si confrontano, è Milano.
Nel 1482 Leonardo lascia Firenze e si trasferisce nel Ducato Milanese, nella corte di
Ludovico il Moro. Nello stesso momento, a Milano, arriva da Urbino anche:
DONATO BRAMANTE: l’altro grande artista del Rinascimento. Arriva a Milano nel 1480.
La sua prima opera ci dimostra il contatto culturale con Urbino. Sono una serie di affreschi
che si trovano ancora a Brera. Si tratta di una serie di uomini illustri. In questa sala,
Bramante, aveva immaginato delle pareti una serie di grandi nicchie e dentro aveva
immaginato, appunto, uomini famosi. Lo confrontiamo con il ciclo di Andrea del Castagno
degli anni 40 del ‘400 a Firenze. C’è una concezione nuova dello spazio: le figure non si
collocano più a ridosso della parete, con i piedi che sporgono, come accadeva in Andrea
del Castagno, Bramante crea delle nicchie, con la pittura inventa uno spazio che non
esiste nella realtà. La prospettiva, in Bramante, non è più solo il metodo per misurare lo
spazio, ma serve anche per inventare uno spazio che non esiste nella realtà, spazi illusori.
Spazio reale e spazio dipinto vengono dichiarati equivalenti.
Bramante, prima di arrivare a Milano, passa per Mantova, dove rimane suggestionato dal
loculo creato da Andrea Mantegna nella volta della Camera Picta del palazzo Ducale.
CHIESA DI SANTA MARIA PRESSO SAN SATIRO: A Milano, Bramante, oltre ad
applicare queste idee alla pittura, le applica anche all’architettura. Si trova ad operare in
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una situazione urbanistica complessa: viene incaricato di allargare una chiesa milanese, la
Chiesa di Santa Maria presso San Satiro. Nel 1482 gli viene richiesto questo nuovo
progetto. Si vuole una chiesa molto ampia a pianta a croce latina, quindi a T, con 3 bracci
e il quarto braccio che si sviluppa oltre l’altare, verso il coro, ma Bramante non ha spazio,
in quanto dietro all’altare ci sono altri edifici. Non può buttare giù il quartiere, quindi deve
organizzare una nuova pianta in base allo spazio che ha a disposizione. Grazie agli
strumenti della prospettiva Bramante si inventa un finto coro. Quello che ci sembra uno
spazio sviluppato in profondità, è uno spazio illusionistico. E’ uno spazio che non occupa
più di un metro di profondità, ma noi invece abbiamo l’impressione che sia molto più
profondo. Quindi anche in questo caso la prospettiva serve per inventare uno spazio.
LEONARDO. Nel 1482 arriva a Milano anche Leonardo, il quale arriva da Firenze.
Leonardo si occupa di architettura, ma di qualsiasi aspetto della realtà naturale. Arriva a
Milano con una lettera di presentazione in cui descrive in 10 punti a Ludovico il Moro le
sue abilità: dice di essere in grado di assolvere tutti i compiti richiesti sia in tempo di guerra
che in tempo di pace. E’ in grado di costruire opere belliche, armature, di gestire teatri,
spettacoli di corte, dice di essere architetto, urbanista.
Facciamo un confronto tra la città ideale che è il prototipo della città 400esca e un altro
abbozzo. Leonardo non può condividere questo ideale di città perfetta, quindi propone a
Ludovico una città che tenga conto delle diverse classi sociali e poi il sistema viario del
territorio lombardo, ricco di corsi d’acqua. Quindi un contesto adeguato alla realtà sociale
ed urbanistico della città.
Leonardo si interessa di idraulica, di botanica, di meteorologia, ecc, e traduce tutto in
disegno, che è l’elemento principale per indagare la realtà. In questi disegni traccia il
proprio pensiero e lo accompagna con annotazioni scritte. Sono tutti studi di carattere
sperimentale. Esegue studi anche sulla fisiognomica, ma anche all’interno del corpo.
Seziona cadaveri e quindi studia anche gli organi, il sistema circolatorio, respiratorio,
addirittura un feto all’interno del grembo materno.
ARTE. In mezzo a questi interessi compare anche l’arte. Tra le varie attitudini che
Leonardo elenca nella lettera di presentazione a Ludovico il Moro dice anche: “io potrei
realizzare il monumento equestre che interessa il duca di Milano”. Un’opera non portata a
termine, ma la possiamo immaginare attraverso i disegni. Lo paragoniamo ad altri due
celebri monumenti equestri: quello a Giovanni Acuto di Paolo Uccello e il Gattamelata di
Donatello. Leonardo fa una ricerca innovativa che sconvolge l’idea del monumento
equestre visto fin’ora: non più un cavallo fermo, bloccato, ma un cavallo rampante, che
alza le zampe anteriori. Leonardo quindi tenta di creare una forma aperta, non chiusa
come era stato fin’ora. Questo cavallo dà l’idea di movimento. La natura non è mai statica,
è in continua trasformazione. Leonardo voleva fondere in bronzo questo monumento, ma
si presentano problemi tecnici perché voleva fare una sola colata di bronzo fuso, e poi
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aveva pensato ad un monumento alto 7 metri, quindi c’erano anche problemi sulle
dimensioni.
PITTURA. Culmine di Leonardo è la pittura, che è il maggior discorso mentale. Nella
pittura Leonardo fa confluire tutti i risultati delle sue ricerche scientifiche. La pittura, infatti,
costituisce il decimo punto della lettera che Leonardo aveva mandato a Ludovico il Moro.
Tra i dipinti del periodo milanese di Leonardo ne ritroviamo due.
LA VERGINE DELLE ROCCE: E’ un dipinto che si conserva a Parigi, al Louvre. E’ una
pala di grandi dimensioni che proviene da Milano. C’è una difficoltà nel riconoscimento dei
personaggi raffigurati. Possiamo intuire che si tratta di un quadro sacro, già dalla forma,
che è una pala. Il personaggio femminile al centro è la Vergine. A destra vediamo un
angelo, poi ci sono due bambini. Uno che alza la mano in segno di benedizione che è
rivolto all’altro bambino, sotto la protezione della Vergine. Il soggetto narra un episodio
leggendario: il momento, narrato nei vangeli apocrifi (non i 4 riconosciuti ufficialmente dalla
chiesa), in cui si narra del viaggio del piccolo Giovanni Battista diretto nel deserto. In
questo viaggio incontra Gesù Bambino che torna dopo essere sfuggito dal Massacro degli
Innocenti ad opera di Erode. Leonardo ambienta questo episodio all’interno di una grotta
fatta da rocce aspre, secche. Organizza questi 4 personaggi secondo uno schema
piramidale, che è quello prediletto nel ‘400, con al vertice il capo della Vergine, ma
l’ambientazione è completamente nuova. Sono personaggi legati fra loro da gesti e da
sguardi. La Vergine guarda il Bambino, ma pone la mano protettiva sulle spalle di
Giovanni Battista; il piccolo Gesù Bambino che benedice il cuginetto; l’angelo che indica
con lo sguardo Gesù e Battista, ma contemporaneamente, si volge verso di noi e ci
coinvolge all’interno della scena, ci porta dentro una caverna umida, in penombra,
rischiarata da una luce di crepuscolo. Sono due le fonti di luce: una sullo sfondo in
controluce, che filtra da apertura fra le rocce e ci permette di vedere un paesaggio
primitivo, non abitato; e l’altra sul primo piano, che arriva da sinistra e fa risaltare dalla
penombra i 4 personaggi. La luce permette di fondere la grotta, l’ambiente naturale, con
l’apparizione di questi personaggi, che è soprannaturale. Il passaggio tra la luce e l’ombra
viene modulato attraverso delle sfumature minime, Leonardo sfuma i contorni, li rende più
morbidi, differenziandosi dalla tradizione toscana in base alla quale la linea di contorno è
sempre molto netta.
VERGINE DELLE ROCCE (2 VERSIONE). Ad un certo punto compare un quadro che
sembra identico, un’altra Vergine delle rocce. Questa si trova alla National Gallery di
Londra. Perché due versioni? La soluzione più recente sostiene che sono due opere per