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Cioè il debitore può opporsi al titolo esecutivo, quindi al diritto di procedere all’esecuzione forzata,
quando contesta che vi sia la possibilità di sottoporre ad espropriazione i propri beni, contesta che
sia possibile sottoporre ad espropriazione più di un bene, contesta che dopo che sia stato venduto un
bene il processo debba andare avanti perché secondo lui è già stato ottenuto abbastanza e cosi via.
Però nulla vieta che in sede di distribuzione del ricavato, una volta che ha subito l espropriazione lui
possa contestare il quantum preteso dal creditore, ovviamente l'espropriazione l'ha subita quindi se
avesse voluto impedire la vendita avrebbe dovuto muoversi prima, ma di per sè non c'è una
preclusione.
Dice “non hai fatto l'opposizione all'esecuzione quindi la somma (…) deve essere pagata
integralmente”.
Può esserci quindi ancora un margine per contestare anche se qualunque avvocato di fronte al
credito definito dal procedente superiore al dovuto, preferisce fare opposizione all’esecuzione
perchè questo gli serve quanto meno a ridimensionare la “distributiva”, a consentirgli di ottenere
una conversione del pignoramento a prezzo più basso di quello che sarebbe costretto a versare.
Mi hai chiesto un pagamento con precetto di 100.000,00euro io ritengo che il tuo credito sia di
50.000,00 euro mi conviene fare opposizione all’esecuzione, perché questo mi consente di ottenere
magari la sospensione dell’esecuzione e poi fare un’istanza di conversione a un prezzo più basso,
però la controversia sulla distribuzione del ricavato può esserci anche contro un creditore munito di
titolo.
Più spesso le controversie sull’esecuzione del ricavato ci sono anche nei confronti di creditori non
muniti di titolo esecutivo, e per altro anche in questo caso ormai nel nuovo sistema normativo,
siccome io debitore devo riconoscere un credito non titolato perché altrimenti comunque tu non
puoi partecipare alla distribuzione del ricavato, sostanzialmente allora nel momento in cui io lo
contesto il creditore munito di titolo fa accantonare la somma, e al momento in cui c’è la
distribuzione del ricavato sulla somma eventualmente accantonata, ovviamente la contestazione
riguarderà la quantificazione fatta sulla base del titolo esecutivo, quindi la situazione non differisce
moltissimo.
Il giudice ti condanna a pagare 100.000,00euro oltre ad altri interessi ma non si capisce bene qual è
la decorrenza, oppure tu hai calcolato un conteggio di interessi che io contesto.
Però può esserci sempre la contestazione nei confronti del creditore non titolato perché io avrei
potuto aver riconosciuto la somma, potrei non essermi presentato in udienza e quindi
significherebbe non aver riconosciuto tutti i crediti, ma si intendono riconosciuti nei limiti
dell'intervento; dopo la vendita il giudice invita i creditori a presentare il conteggio attuale del
credito e su quel conteggio li si può litigare.
Così come si può litigare, quando ci sono più creditori, sulle cause di prelazione. Sulle cause di
prelazioni non può litigare il debitore, al debitore non interessa sapere chi viene soddisfatto per
prima, ma tra i vari creditori può essere rilevante la lite sulle cause di prelazione ovviamente se il
ricavato non è sufficiente a soddisfare tutti, perché se è sufficiente a soddisfare tutti mancherebbe
l’interesse.
Cioè la lite sulle cause di prelazione riguarda solo i creditori tra loro a condizione che il ricavato
non sia sufficiente e qualora il ricavato non sia sufficiente i creditori tra loro potrebbero litigare tra
loro anche sul quantum della somma indipendentemente dalle cause di prelazione.
Perché se interviene nella procedura esecutiva per esempio l’amico del cuore del debitore, sulla
base magari di una scrittura contabile fatta ad arte, il quale poi fa un azione di cognizione(…) ai
danni del debitore per ottenere il ricavato, ma queste somme accantonate alla fine se qualora fossero
assegnate pro-quota anche a questo interveniente mi pregiudica perché il ricavato non è sufficiente a
soddisfare tutti, io ovviamente posso instaurare una nuova controversia per la distribuzione del
ricavato.
In questo caso probabilmente gli farei anche un' opposizione di terzo, però la sentenza a me non mi
pregiudica, cioè l'accertamento tra creditore interveniente e debitore esecutato nei confronti del
creditore procedente, non è un accertamento vincolante perché è terzo.
Allora tra creditori si può litigare sia sulle cause di prelazione sia sul quantum del credito fatto
valere da ognuno. Anche senza pensare ad una frode, anche se ci stanno: un classico è intervento di
amici di amici per limitare i danni.
Esempio immaginate la banca che interviene e fa un conteggio del suo credito con interessi e
commissioni etc.: questo sicuramente potrà far arrabbiare il debitore il quale potrà contestare in
sede di distribuzione del ricavato, ma se il ricavato non è sufficiente fa sorgere l'interesse attuale
anche degli altri creditori a contestare il credito del creditore concorrente, perché se il credito del
creditore concorrente è tale da erodere il ricavato in maniera eccessiva io rischio di non essere
soddisfatto.
Queste controversie sulla distribuzione del ricavato vengono decise in prima battuta dal giudice, con
ordinanza opponibile con opposizione ad atti esecutivi, nelle forme dell'opposizione agli atti
esecutivi.
Problema: l'opposizione ad atti esecutivi si instaura con ricorso al giudice dell'esecuzione e viene
decisa dal giudice dell'esecuzione con provvedimento non appellabile.
C’è una competenza funzionale del giudice dell'esecuzione, è soltanto il giudice dell'esecuzione che
decide l'opposizione di atti esecutivi.
Quindi da un lato risoluzione controversie art 512: il giudice dell’esecuzione provvede con
ordinanza, impugnabile nelle forme e nei termini di cui all’articolo 617 secondo comma.
Quindi in udienza o con ordinanza riservata il giudice risolve questa controversia che è sorta sulla
distribuzione.
Dall’altra avverso questa ordinanza potrà essere fatta opposizione agli atti esecutivi che sarà decisa
dal giudice dell’esecuzione con sentenza non appellabile, così sembra.
Peraltro nel nostro codice c’è ancora, per chi se lo fosse scordato, un articolo in materia di
competenza per valore, ultimo comma dell’articolo 17 che ci dice_ il valore della causa relativa a
controversie sorte in sede di distribuzione, (si determina) dal valore maggiore dei crediti contestati.
La permanenza nel codice di questa norma può essere considerata il frutto di una disattenzione del
legislatore (è la soluzione più probabile perché chi ha riformato l'articolo 512 si è dimenticato di
questo) oppure può essere interpretata come la volontà del legislatore di continuare ad assoggettare
a un processo ordinario di cognizione in doppio grado le controversie in sede di distribuzione del
ricavato, in modo che l'unica particolarità dell'articolo 512 riguarderebbe solo la forma e i termini
dell’atto introduttivo del giudizio.
L'opposizione agli atti introduttivi si propone con ricorso entro 20giorni.
Una parte della dottrina ritiene che contro le ordinanze con le quali il giudice risolve le controversie
sorte in sede di distribuzione del ricavato, si propone un giudizio di cognizione nel termine di 20
giorni con ricorso, ma poi la competenza, l'appellabilità della sentenza e tutto il regime non sarebbe
mutuabile dall'articolo 617 e seguenti.
Sostanzialmente prima sorgevano le controversie in sede di distribuzione del ricavato e venivano
decise dal giudice competente; adesso c’è prima un'ordinanza del giudice e poi se le parti si
acquietano, non instaurano un giudizio di merito sull'esecuzione del ricavato, se invece non si
acquietano entro 20 giorni instaurano un giudizio di merito in duplice grado, l'unica particolarità è
che lo dobbiamo instaurare con ricorso entro il termine di 20 giorni.
L'altra lettura più semplice è che, l'ordinanza che risolve la controversia in sede di distribuzione del
ricavato è un ordinanza avverso la quale si fa opposizione ad atti esecutivi come per tanti altri atti
esecutivi.
Secondo me questa è l interpretazione piu semplice e piu banale, ma visto che continua ad esistere
l'articolo 17 ultimo comma se uno volesse dargli applicazione dovrebbe aderire a quest’altra
interpretazione.
Annotazione: se fosse questa l'interpretazione da dare a questa norma bisognerebbe chiedersi perché
uno deve fare una riforma di questo genere? Perché entro 20 giorni con ricorso? Cosa si è ottenuto
in questa maniera? Così ti scappano 20 giorni e non la fai, mentre l'altra interpretazione è migliore
anche se banale ma evidentemente il legislatore ha voluto evitare un doppio grado di giudizio.
Bene, fin qui l'espropriazione.
Prima di passare a parlare delle opposizioni al processo esecutivo, siccome il sistema delle
opposizioni al processo esecutivo al di là delle opposizioni cd. distributive che sono quelle che si
fanno avverso il provvedimento di distribuzione della somma ricavata, riguardano tutte le
esecuzioni forzate quindi non soltanto l'espropriazione dobbiamo accennare quali sono le altre
forme di esecuzione forzata.
Oltre l'espropriazione che è l'esecuzione forzata indiretta abbiamo anche l'esecuzione forzata diretta,
l'esecuzione egli obblighi di fare e non fare, per consegna e per rilascio.
L'esecuzione degli obblighi di fare e di non fare è disciplinata dall'articolo 612.
Con la riforma dell’articolo 474 (quella sul titolo esecutivo) ormai possiamo dire che l'esecuzione di
obbligo di fare e non fare può essere richiesta anche sulla base di un titolo esecutivo non
giudiziario, nel senso che gli atti ricevuti dal pubblico ufficiale autorizzato a riceverli possono
essere posti alla base di un esecuzione dell'obbligo di fare o non fare.
L'esecuzione dell'obbligo di non fare richiede una precisazione, ovviamente come si fa ad eseguire
coattivamente un obbligo di non fare?
In realtà l'esecuzione dell'obbligo di non fare è l'esecuzione del fare necessario a rimuovere gli
effetti del non fare.
Se tu costruisci un muro quando ti era vietato di costruirlo l'esecuzione dell'obbligo del non fare non
è altro che la demolizione del muro.
Chi intende ottenere l'esecuzione forzata di una sentenza di condanna di esecuzione di un fare o non
fare, dopo il processo