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Appurato che non c’è limite al numero di generi letterari, né alla loro incarnazione “canonica” in
autori esemplari, la nozione moderna di genere letterario è state declinata in varie direzioni oltre che
in quelle previste dalla teoria della comunicazione letteraria generi come veri e propri “attivatori”
della memoria culturale, in particolare il romanzo storico e la biografia.
Un’altra prospettiva degna di nota è quella che studia i caratteri della trasformazione e della
“trasgressione” dei generi.
Il tradizionale studio dei generi che ha impegnato la comparatistica nel corso del Novecento nella
forma dell’indagine delle costanti o invarianti letterarie è approdato nel migliore dei casi a una
poetica comparata: la poetica comparata si avvale sia della ricerca storica sia della riflessione
critica, fuggendo per quanto possibile ogni forma di dogmatismo grazie ad un approccio
prevalentemente induttivo relazione motivata fra un certo numero di testi.
L’altro aspetto fondamentale della poetica comparata è l’attenzione posta non tanto sul rapporto fra
autore e testo, ma fra quest’ultimo e i lettori, nonché fra i testi e i loro problemi di trasmissione.
Per quanto riguarda i generi, un caso tuttora esemplare è Comparative Poetics (1990), di Earl
Miner: questo studio mira non solo a destrutturare il carattere assoluto del sistema occidentale dei
generi alla luce di quello estremo orientale, ma anche a mostrarne il carattere intrinsecamente
storico, cioè determinato dalla scelta operata dalla tradizione critica letteraria in Occidente.
Le due dimensioni, quella intertestuale e quella transdisciplinare, insieme all’orizzonte più generale
fornito dalla consapevolezza dell’esistenza e dallo studio di altre culture e altre poetiche, possono
addirittura esaltare lo studio dei generi letterari se si arriva a vedere in questi non il mero
perpetuarsi di convenzioni, ma uno dei numerosi casi attraverso i quali proprio la dimensione
convenzionale della cultura può diventare luogo di produzione di nuove identità, riprendendo Jauss
quando fa notare che un’opera totalmente nuova non potrebbe essere né compresa né valutata.
Oltre il genere: la de naturalizzazione della funzione convenzionale nell’“iper-romanzo”
Se il lato più squisitamente “comparativo” della letteratura comparata si è occupato generalmente di
questioni di critica letteraria riguardanti testi appartenenti a due o più letterature considerate
secondo un taglio sincronico, quello più esplicitamente teorico si è rivolto allo studio di alcuni
caratteri e problemi “generali” della letteratura: il genere letterario, il mito, il tema, i motivi, ecc.,
esaminati preferibilmente su base diacronica.
Caso specifico è quello dell’iper-romanzo, forma particolare di romanzo postmoderno che prevede
una serie di “decapitazioni” illustri: dell’autore come autorità, dell’idea di originalità, del confine
fra cultura alta e cultura bassa, della differenza/distanza fra gli stili e i linguaggi, della letteratura
come depositaria di un sapere, della linearità del romanzo tradizionale il genere come convenzione
modellizzante diventa il bersaglio per eccellenza del romanzo postmoderno.
L’epica, genere non universale ma abbastanza diffuso, tramonta in Europa in coincidenza con il
fiorire del romanzo, considerato anche come l’epica moderna per alcuni critici, o come antitesti
all’epica, di cui non sarebbe prodotto degradato, ma autonomo per altri critici.
Tornando all’alternanza epica/romanzo, non si può parlare di certo della sostituzione di un genere
all’altro, essendo il romanzo dapprima escluso dallo statuto “alto” di cui l’epica godeva.
Il romanzo “modernista” a fine Ottocento e prima metà del Novecento si da alcune caratteristiche: è
proteiforme, privo di regole o di costanti uniche e portatore di una forte ambizione assimilatrice che
lo induce ad appropriarsi di nuovi domini cannibalizzandoli.
Antitetico al romanzo modernista è invece il romanzo postmoderno, che riprende la forza di
sintetizzare in sé altri generi letterari, ma la messa in gioco mimetica delle convenzioni, tra cui
quella di “genere”, al fine di sovvertirne l’uso e il senso è un aspetto centrale dell’opera di de
naturalizzazione che la letteratura postmoderna opera nei confronti della tradizione la parodia si
esprime attraverso l’intertestualità, forzando i testi precedenti o ipertestualizzandoli, come un segno
di sfida nei confronti della tradizione.
• Tentativo di una “etimologia” della forma iper-romanzo
Se dunque i romanzi “con attributo” sono una specializzazione del genere “romanzo”, l’iper-
romanzo è un caso paradossale: esso allude ad un accrescimento eccedente dell’identità romanzesca
e ad una combinazione delle sue specializzazioni. Si tratta di una forma molto particolare di
romanzo che, contraddicendo il principio costitutivo della linearità, moltiplica attraverso
l’applicazione di una o più regole compositive, le possibilità narrative trasportando l’infinita
interpretabilità dell’opera all’interno delle sue strutture tematiche e narrative. Inoltre “iper” ha una
funzione che può ben essere quella di alludere ad un campo meta discorsivo. L’iper-romanzo è
dunque una struttura romanzesca plurale e volutamente incompiuta; ma la pluralità dell’iper-
romanzo può tradursi anche in una macrostruttura romanzesca che comprende più di un romanzo.
È necessario evidenziare brevemente le differenze, a proposito dei caratteri di incompiutezza e
pluralità, tra l’iper-romanzo postmoderno e il romanzo modernista europeo.
• Progetto utopico ed utopia “minimale”: dall’enciclopedia al rizoma
Secondo la distinzione introdotta da Genette fra ipertesti che traspongono direttamente l’ipotesto
originario e ipertesti che ne imitano il tipo generico (cioè forme e temi) rifacendosi a un genere
modello, potremmo chiederci in quale delle due tipologie rientri la forma iper-romanzo. Prima però
indichiamo, quale architesto originario funzionante da modello “genetico”, il romanzo
enciclopedico la Recherche, l’Ulisse.
Se la radice del romanzo enciclopedico è l’idea di “causa”, ciò determina nei suoi esempi
novecenteschi il riconoscimento viceversa della pluralità delle cause attraverso l’elaborazione di
una struttura narrativa cangiante e la non chiusura dei romanzi stessi, dove l’idea del mondo come
sistema di sistemi “naufraga” nella mimesi della complessità attraverso la deformazione soggettiva
della realtà e il proliferare di descrizioni, dettagli, divagazioni, della struttura del romanzo stesso e
nella invisibilità del disegno che lo sorregge. In ogni caso la letteratura diventa l’utopia di un sapere
generale sul mondo.
Ma la grande e introversa utopia del romanzo modernista diventa, nel caso di alcuni romanzi
postmoderni e in particolare dell’iper-romanzo, un’utopia davvero minimale alla estremizzazione
della incertezza epistemologica che caratterizzava il modernismo letterario, nel caso della letteratura
postmoderna si aggiunge un’incertezza ontologica che riduce la realtà a una dimensione disintegrata
e disgregata.
Tradotta sul piano della letteratura, questa utopia dà luogo a un’enciclopedia-rizoma, cioè ad una
rete narrativa in cui ogni punto è collegabile a un altro, tale da permettere tutti i percorsi possibili,
ma dove nessun punto conduce a un centro, che è di per sé assente tanto quanto lo è l’idea di
periferia.
La ripresa del tema dell’enciclopedismo e delle tecniche narrative solitamente impiegate per
attualizzarlo, non hanno come scopo fare il verso alle “opere-mondo” che hanno incarnato l’utopia
di una conoscenza generale della realtà, ma viceversa, la ricerca del metodo e delle regole della
narrazione è in definitiva una via per affermare l’esistenza della letteratura in sé come “genere”,
ossia come “modo premeditato” a fronte del “caso” in questo caso così altamente incontrollato si
rimanda alla priorità del rapporto tra autore e lettore.
Nel caso di Se una notte d’inverno un viaggiatore, l’imitazione del modello enciclopedico è
l’invenzione di dieci inizi narrativi a cui non corrispondono altrettanti finali: qui l’incompiutezza
non è la “naturale” conseguenza della sfiducia nella linearità del romanzo, ma il risultato di una
ipertrofia dell’inizio romanzesco che è volutamente decuplicato per tradurre con la sua
moltiplicazione al complessità dell’enciclopedia-rizoma.
Il genere letterario come tema della creazione letteraria?
In tutte le epoche si trovano opere che ad un certo punto si rovesciano su sé stesse (Odissea, Amleto,
Antonio e Cleopatra), guardano a sé stesse nell’atto di farsi, prendono coscienza dei materiali di cui
sono costruite.
L’aspetto che bisogna sottolineare in questo caso è la valenza etica di questa procedura
antinaturalistica che piega i materiali della letteratura al fine di coinvolgere scientemente il lettore
nell’esistenza del testo.
• La dismisura della misura
Questo configgere rischioso fra valori estetici e valori etici della letteratura è uno dei punti di
contatto più fruttuosi con la letteratura prodotta in contesti non europei né nordoccidentali la
letteratura mondiale attuale va vista come uno scaturire incessante di “polinarrative” che
testimoniano la mancanza tanto di una centralità canonica della letteratura quanto, correlativamente,
di periferie a essa debitrici.
A essere tema del romanzo diventa più o meno esplicitamente la questione del romanzo stesso, non
solo come genere polimorfico, ma come genere del canone europeo e come specchio dell’idea
occidentale di letteratura, attraversata da una vocazione al classicismo che si traduce nell’intenzione
di proporre al mondo i propri valori come universali all’alternanza della ricerca della forma e della
sua destrutturazione verso nuove forme, si aggiunge la “misura della dismisura”, ossia
l’apprendistato della dismisura del mondo (Glissant): sul piano della poetica ciò si traduce nell’uso
non gerarchizzato di poetiche diverse all’interno dello stesso testo, dando così luogo all’espressione
di un pluralismo ideologico conflittuale.
Interessante è osservare come, alla luce dell