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IL VIAGGIO PICARESCO
Si tratta di un viaggio sulla strada compiuto da un protagonista, che nella tradizione spagnola era il
picaro, e che normalmente è un outsider = uomo non del tutto inserito nella società e nel mondo che
attraversa, il che gli consente uno sguardo diverso, meno legato alle convenzioni può dire cose
che normalmente un viaggiatore non dice, e per questo suscita reazioni forti in chi lo vede. Inoltre
vive una serie di avventure.
Il modello picaresco si può rintracciare anche nella letteratura classica, nel “Satirico” di Petronio,
ma nella sua fase moderna nasce in Spagna nel Cinquecento e arriva fino ai giorni nostri in varie
forme il viaggio archetipico di questo genere è il “Lazarillo de Tormes”.
• “Don Chisciotte” (1605-1609) di Cervantes è il romanzo picaresco più famoso, ma non è
completamente picaresco, anzi per certi aspetti rappresenta la fine del romanzo picaresco e
l’inizio del romanzo moderno. Infatti ci sono 3 viaggi di Don Chisciotte nei quali egli,
nonostante non sia più giovane, crede di essere un cavaliere errante; inoltre non è del tutto
un outsider perché è un nobile decaduto, ha un’armatura di cartone, il suo destriero è un
ronzinante, … si viene a creare una situazione comica. Ma, dall’altro lato, è un outsider
perché il mondo lo ritiene pazzo.
• “Sulla strada” (1956) di Kerouac è il manifesto della beat generation, sconvolge
l’America e il mondo, perché crea uno stacco netto tra giovani e adulti. E’ un romanzo
continuo di viaggio, diviso in 5 parti, ognuna delle quali è un viaggio e all’interno di ognuna
delle quali c’è più di un viaggio. Questo romanzo rappresenta il viaggio dall’Est all’Ovest,
dalla East Coast alla West Coast, dal freddo di New York al caldo della California e in
particolare di San Francisco (il centro della cultura beat, cioè delle aspirazioni giovanili).
Il viaggio archetipico è quello da Est a Ovest, che segue la formazione degli USA il
punto è trovare una frontiera tra Est e Ovest, perché i giovani non si sentono più a loro agio.
C’è anche il viaggio che i protagonisti compiono in Messico, in cui è più possibile
esprimersi liberamente.
IL VIAGGIO UTOPICO
• “Utopia” di Tommaso Moro è grazie a quest’opera cinquecentesca che il termine
“utopia” (= nessun luogo) entra nella lingua occidentale. Quest’opera parla essa stessa di
viaggi, infatti quando Moro decide di dare una veste alla sua visione utopica, sceglie il
viaggio come struttura. Utopia è un’isola nella zona dei viaggi in America e il protagonista,
fittizio, ha compiuto i grandi viaggi oceanici Moro si basa sulla scoperta dell’America,
quindi parla di qualcosa di rivoluzionario. E’ influenzato dalle descrizioni e dalle riflessioni
sul Nuovo Mondo e sui viaggi che vi portano, che vedono il Nuovo Mondo come un
paradiso e gli indigeni come creature superiori che vivono in uno stato di natura
riflessioni di stampo utopico. La Tempesta di Shakespeare è fortemente debitrice di questo
tipo di letteratura.
• “I viaggi di Gulliver” di Jonathan Swift i viaggi sono due: il viaggio all’isola dei
Lillipuziani e il viaggio all’isola dei Giganti. Ma in realtà i viaggi sono 4 perché non c’è solo
il gioco dei due estremi opposti, come se Swift guardasse il mondo attraverso i due estremi
del cannocchiale, che corrispondono a due prospettive psicologiche di viaggio molto
interessanti: vedere le cose da vicino e da lontano. Swift è una personalità complessa e
tormentata, e lo si vede in questo libro, soprattutto nel terzo viaggio, quello all’isola della
scienza, e nel quarto viaggio, quello all’isola dei cavalli pensanti e parlanti.
Ogni viaggio comporta una riflessione sull’Inghilterra, sull’Europa e su se stesso questo
raggiunge il culmine nel quarto viaggio, durante il quale Gulliver conosce e ammira i cavalli
che vivono in pace e devono solo tenere a bada una razza violenta, delle sorta di scimmie
fisicamente ripugnanti nelle quali Gulliver riconosce se stesso e la razza umana. I cavalli
infatti lo allontaneranno dalla loro terra e Gulliver, quando tornerà in Inghilterra, non
tollererà più la presenza umana, nemmeno quella della sua famiglia. L’unico rimedio sarà
andare nella stalla con i cavalli, e solo gradualmente riuscirà a sopportare minimamente la
presenza umana.
Questo libro mette in luce una distopia, cioè un’utopia in negativo, in contrario (che
attraversa tutto il Novecento, ad es. ne “1984” di Orwell) una serie di viaggi che pongono
domande fondamentali sulla natura della società, dell’uomo e sulla psicologia di chi scrive,
cioè Swift.
• “Le città invisibili” di Italo Calvino.
INTRODUZIONE ALLA LETTERATURA COMPARATA
Il viaggio rimane sempre alla base di ogni narrativa, sulla base dell’archetipo di viaggio della
cultura occidentale che è l’Odissea.
La letteratura comparata è relativamente recente come disciplina a se stante, ma non è così recente
allo stato di fatto delle cose. Le prime cattedre di letteratura comparata sorgono a fine Ottocento. La
prima ad Harvard, in America, nel 1890, mentre la prima europea a Lione nel 1897.
Il termine letteratura comparata compare agli inizi del Novecento: il fondatore è Paul Van Tieghem
(che scrive in francese), che nel 1906 scrive un articolo intitolato “La nozione di letteratura
comparata”, nel 1921 fonda la rivista di letteratura comparata “Revue de littératures comparées” e
nel 1931 scrive un volume sistematico intitolato “La letteratura comparata” il continuo ripetere il
nome è sintomo della necessità di fondare la disciplina.
Lo studio della letteratura comparata ha avuto precedenti interessanti nell’Ottocento: il concetto di
Weltliteratur di Goethe e una serie di studi nell’ambito della filologia romanza che ricostruivano il
cammino di un testo attraverso varie letterature di vari secoli. Anche il problema delle fonti è
fondamentale per la comparatistica, perché c’è un’evoluzione dei testi che può essere rintracciata
partendo dalle fonti, ma questo aspetto verrà messo in discussione nel Novecento perché ritenuto
riduttivo, meccanico, un mero elenco di successioni è un concetto ritenuto troppo positivistico e
deterministico. Si preferisce invece uno studio sincronico e tematico e che utilizzi gli strumenti più
sottili della comparazione (nei quali si includono le arti visive, il cinema, la letteratura extraeuropea,
…).
Esaminando i testi di poetica, di retorica e quelli che tracciano un quadro letterario, fino al
Settecento sono di tipo globale, sovranazionale, cioè non sono solo di una lingua, ma ne includono
di più e trattano la letteratura come un corpus unico c’è l’idea che ci siano una cultura e una
letteratura generale che assumono varie particolarità e che fino al Rinascimento sono ristrette
all’Europa.
In termini quantitativi, la cosiddetta letteratura nazionale è, da un punto di vista storico, l’ultima
arrivata la letteratura nazionale si sviluppa con la nascita degli Stati Nazionali, soprattutto dal
Rinascimento in poi, ed esprime lo spirito di una nazione sarà un modello molto forte per tutto
l’Ottocento il canone letterario è fondato su un grande nome: Shakespeare, Goethe, Dante, … Le
prime storie letterarie nazionali iniziano nel Settecento.
Anche oggi le principali antologie letterarie, soprattutto di letteratura italiana, hanno una parte
comparativista, cioè trattano di altre letterature messe in relazione e a confronto con quella italiana
il discorso comparativista è entrato nel modello nazionale perché oggi il modello esclusivamente
nazionale non corrisponde più ad una società che non è più strettamente nazionale.
All’inizio del Novecento nasce la letteratura comparata come disciplina, però prima che come
disciplina accademica, la comparatistica nasce nelle opere dei grandi scrittori di inizio Novecento;
infatti, grazie alle nuove condizioni della tecnica e dei viaggi, si ha la possibilità di leggere ed
entrare in contatto con opere di tutto il mondo; inoltre, c’è l’esigenza di allargare il discorso
letterario e di farlo uscire dal modello nazionale gli scrittori del modernismo sentono l’esigenza
di allargare i confini all’interno dei loro testi. Questo accade ad esempio nell’Ulisse di Joyce, che è
modellato sull’Odissea: tutta l’architettura dei 24 capitoli dell’Ulisse sono costruiti sui 24 libri
dell’Odissea, e in più ritornano anche i nomi.
“The waste land” di Eliot è scritta in inglese, ma contiene citazioni in altre lingue (latino, tedesco,
provenzale, francese, indiano, sanscrito, …) e situazioni narrative tratte dalla letteratura europea e
dai testi sacri indiani.
I “Cantos” di Ezra Pound sono scritti in inglese, ma incorporano canti in italiano, cinese, francese,
provenzale, … i confini linguistici, tematici e di cultura nazionale esplodono.
In questa situazione, in cui la compenetrazione di vari testi di varie epoche viene sentita come
necessaria, nascono i primi studi comparativisti, tra cui quelli di Mario Praz, Curtius e Auerbach,
che nascono tutti a fine Ottocento.
• PRAZ è il primo a produrre la prima opera moderna di tipo comparatista e tematico, “La
carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica” (1925), un’opera che sconvolge le
gerarchie letterarie. La letteratura romantica viene vista in inglese, italiano, francese,
spagnolo e con qualche accenno ad altre lingue. Il Romanticismo è visto in senso lato dalla
fine del Settecento fino agli inizi del Novecento e include le letterature più conosciute, ma
rintraccia presenze della letteratura romantica anche indietro nel tempo, ad esempio nella
letteratura classica. Praz parla del Romanticismo in modo insolito per l’epoca: ne presenta
l’aspetto cupo e oscuro, non tanto la natura o il mito del fanciullo o la presenza dello spirito
nelle cose, bensì il demonismo, le deviazioni della sessualità, la donna fatale, le malattie.
Questo libro è stroncato da Benedetto Croce che, in una recensione, dice che Praz ha ripulito
le stalle e le latrine della letteratura romantica questo commento dà l’i