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III ATTO
Nel terzo atto succedono due cose importanti.
Nora spera che il marito quando saprà verrà in aiuto di lei ma in realtà quando Kronstadt mette la lettera nella buca delle
lettere e lui scopre tutto il pasticcio, non pensa per niente a salvarla, anzi, inizia ad insultarla e lei rimane stravolta da
ciò. Poi arriva la seconda lettera perché Kronstadt si mette in coppia con Kristine e per farsi perdonare manda una
lettera con la firma falsa per non farlo preoccupare.
(p. 214) Nora, saputo lo scandalo, vuole suicidarsi. Nel dialogo tra Nora e Torvald, l’uomo confessa di aver salvato il
padre di lei soltanto per sé stesso, cioè per averla in moglie. L’accusa di avergli distrutto la carriera. Lei continua a
pensare al fatto che si ucciderà. Quella che si svolge è una scena terrificante. Poi arriva la cameriera che porta la
seconda lettera.
Arriva una lettera indirizzata a nome di Nora, ma lui come marito la prende perché vuole leggerla prima di lei, da notare
il maschilismo. La cosa terrificante di questo finale è che Ibsen dimostra in maniera feroce l’egoismo e la crudeltà di
questo uomo che quando scoppia lo scandalo pensa solo a sé e la insulta. Poi quando arriva la seconda lettera, pensa di
nuovo a sé stesso dicendo:
“Nora sono salvo!!” 18 Anna Rita Zappatore |Prof. Roberto Alonge
Ma non solo quest’uomo è burattinesco, ma come viene a sapere di non correre nessun rischio, improvvisamente
diventa gentile e dice che ha sofferto per tre giorni e tutto questo solo per amor suo. Tutte le considerazioni che avrebbe
dovuto fare prima gli vengono solo dopo, Ibsen mette a fuoco in maniera veloce questo egoismo del maschio che tratta
la moglie come una bambolina, che non capisce il gesto eroico che lei ha fatto e non è affatto razionale. Nel momento in
cui però la seconda lettera lo salva, la riprende ed è intollerabile perché fa nuovamente tutti i discorsi in cui le dice che
la proteggerà lui e che la salverà lui da qualsiasi cosa. Lui è uno che si riempie la bocca per il gusto di giocare un ruolo
di protettore della donna ma quando non deve pagare pegno. Nella scena finale lei ha una specie di epifania, in cui il
marito la riempie di ingiurie e le fa capire all’improvviso tutta la sua vita: questo è l’elemento debole del dramma,
perché è un po’ difficile immaginare una donna che per 30 anni è vissuta nella bambagia, come una bambina,
sottomessa ai valori maschilistici ed improvvisamente incomincia a ragionare. Neanche le tre gravidanze la aiutarono a
maturare un profilo di donna. Quindi il problema viene ad un certo punto superato e lei diventa una donna forte che se
ne va dalla sua casa e quando Torvald le fa presente di essere madre e di avere tre figli, a lei non interessa perché lei ha
all’avventura.
un diritto ed un dovere verso sé stessa. Se ne va
→
Differenze con Pirandello tutto ciò è molto diverso con Pirandello perché in Pirandello la donna quando diventa
madre si realizza, nel senso che come madre la donna si appaga nella sua missione. In Ibsen autore luterano e non
c’è l’importanza della maternità. Nel mondo nordico la donna sente il dovere dell’analizzare sé stessa e
cattolico, non
quindi qui Nora se ne va.
In un teatro tra 800 e 900 che si presenta come occasione della borghesia di guardare in faccia i propri problemi, Ibsen è
quello che riesce a far andare avanti due tipi di indagini: l’indagine sui fantasmi professionali, sul fatto che i maschi
borghesi sono assetati di carriera, non tanto di denaro, ma di carriera. Torvald è un esempio abbastanza convincente di
fare soldi e riesce a realizzare i suoi sogni passando sul cadavere della moglie. L’altro pedale è il rapporto
crescere e di
uomo-donna. Fin ora la critica ha sempre visto questo testo come un grande manifesto di femminismo, però è facile
poter osservare ciò che tutti vedono. Diventa complicato però poter vedere ciò che si nasconde tra le righe. Quello che
viene intravisto in casa di bambola è tutta la psicologia un po’ perversa, un po’ contorna di questo personaggio di
teatrino e coinvolge il marito. L’altro elemento interessante è
Torvald. Nora è il personaggio che porta avanti questo
incentrato sulle fantasie erotiche di Torvald, straordinariamente moderne perché questo rivangare d T in riscorsi e così
via è la riscoperta che fare l’amore non è solamente in atto fisico ma è anche uno scambio di parole e fantasie. La
coppia a letto tira fuori tutti i suoi fantasmi. La grandezza di Ibsen è che lui ha il coraggio di dire queste cose pur
essendo un personaggio serio che vive in una società vittoriana.
19 Anna Rita Zappatore |Prof. Roberto Alonge
Lezione 4 – 15 febbraio 19
Il costruttore Solness
Il costruttore Solness è un uomo che si è fatto da solo. Ibsen è interessante perché mette spesso in scena questa figura
fondamentale della borghesia. Solness è figlio di una famiglia contadina, non è andato all’università, quindi non si può
far chiamare architetto, perché non ha una laurea, però cominciando come muratore è diventato il maggior costruttore di
case o di chiese, è diventato il leader dell’edilizia di questo paese. La storia è ambientata presso l’abitazione del
costruttore che ha uno schema tipico della fase capitalistica originaria, perché per risparmiare si organizzavano con la
bottega al piano terra e al di sopra l’abitazione del costruttore, quindi, l’unione dello spazio abitativo con quello
professionale: casa-bottega. Questo obbedisce ad una logica economica.
Questo schema procede fino alla metà del ‘900. Il costruttore Solness ha nella sua abitazione un paio di stanze: uno
studio dove lavora un padre con il figlio, dove fanno dei disegni ed un’altra stanza con la segretaria e lui. Poi ci sono le
altre stanze dove c’è tutta la sua famiglia. Solness ha una moglie che si chiama Aline. Questo fatto di tenere uniti casa e
bottega fa nascere delle tensioni all’interno della famiglia. Ibsen è bravo perché scopre la dimensione dell’origliamento,
la casa borghese ha tante stanze e tante porte e di conseguenza molto spesso i servi origliano i padroni, e in questo caso
nella casa di Solness che è una casa-lavoro la moglie origlia il marito con la segretaria.
Ibsen comincia questo dramma tirando un po’ per le lunghe: nella casa c’è la segretaria, l’aiutante ed il padre. Il padre
dell’aiutante era anche lui un costruttore, vecchio rivale di Solness che ha perso e viene recuperato da Solness. Chi
vince mangia quello che ha perso, riducendolo a proprio servo. Il dramma di Brovik è che cede crescere suo figlio e
vorrebbe morire vedendolo sistemato. Solness è un tiranno che vuole fare tutto lui, quindi usa Brovik e suo figlio
Ragnar, come due strumenti ai suoi ordini. Il desiderio di Brovik è di vedere che suo figlio possa fare un progetto di
casa al posto suo. Quindi ad un certo punto chiede a Solness di poterlo considerare nel suo lavoro. Dei clienti hanno
chiesto loro di fare una villa e Solness dice di no e fa capire che non ha voglia di fare la villa a quella coppia che si deve
sposare e Brovik pensa che sia un’ottima occasione per suo figlio, il quale ha già fatto vedere dei progetti di come lui ha
pensato di poterla fare. Ma in quel momento Solness controbatte dicendo di averci ripensato e di volerla fare.
Solness ha paura della concorrenza, ovvero che il figlio di Brovik possa superarlo nel lavoro. Solness sente che la sua
vita ormai è sulla scia del non ritorno e quindi ha paura della gioventù, che arrivino i giovani a spodestarlo. Quando
sente che l’assistente vuole fare la villa a quei clienti ci ripensa e vi riattrae a sé.
→
Su questo schema si innesta il rapporto con la segretaria Kaja è la fidanzata di Ragnar e qui Ibsen ha un colpo di
genio. Solness infatti arriva nel suo studio dove c’è anche la segretaria e chiede sussurrando a Kaja:
“Sono (riferito all’assistente e a suo padre che avevano il loro studio adiacente a questo).
andati via?”
Lei si toglie la visiera, la visiera è un oggetto che la ripara dalla luce per riparare gli occhi, Solness attraversa la stanza e
getta le sue cartelle sulla scrivania. Kaja è nervosa ed inquieta, questo perché vuol dire che c’è qualcosa di losco tra il
capo e la segretaria, che è anche la fidanzatina dell’assistente. Kaja è molto sensibile.
2 volte compare nelle prime battute il verbo sussurrare perché i due non dovevano farsi sentire dalla moglie e dal
fidanzato. Kaja toglie la visiera tutte le volte che lui entra perché non vuole di certo apparire brutta ai suoi occhi. Ibsen
molto diretta, giocando su questo filo del rasoio perché da una parte c’è il
crea una situazione shock, in maniera
fidanzato, dall’altra c’è il datore di lavoro che è anche colui che lei ama, ma non sappiamo se lui ama lei. Lui è un uomo
di quasi 60 anni, mentre Kaja ha sui 20 anni, per cui lei lo ama ed è forse infatuata di lui; Solness è ovviamente
compiaciuto, perché ciò è evidente dal fatto che lui chiede come mai lei toglie la visiera ogni volta che lo vede,
ovviamente lui è contento di sentirsi dire che lei lo fa per lui, perché si sente brutta davanti a lui.
Perché lei è innamorata di un uomo anziano?
Kaja vede in Solness un uomo in carriera e ne è affascinata, quindi preferisce un uomo anche molto più vecchio al
fidanzatino che invece è alle prime armi. Solness è effettivamente un uomo di successo. Ad un certo punto Brovik sta
male e ovviamente Ragnar lo accompagna e Kaja vorrebbe andare anch’essa via con loro, ma Solness la blocca nello
studio, con la scusa di doverle dettare una lettera.
chiedendo della lettera da tradurre, ma ovviamente non c’era nessuna lettera.
(p. 814) Kaja si reca verso la scrivania,
C’è un dialogo quindi tra Kaja ed il costruttore: se Solness lascia il suo assistente fare una villa da solo, probabilmente
avrà successo perché Solness è a conoscenza delle sue capacità, allora Solness pensa che si metterà a lavorar da solo,
facendogli la concorrenza. Se Solness lascia accadere tutto ciò probabilmente perderà anche Kaja, perché lei seguirà
Ragnar nel suo nuovo lavoro. Da notare il fatto che Kaja non dice mai di amarlo esplicitamente ma in terza persona,
questo dialogo quindi non è esplicito, perché lei che appartiene al mondo ottocentesco in cui i maschi comandano e
sono affascinanti seppur vecchi, è come se lui fac