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Tutti tacquero
Doveva lui metter fine all'incidente, facendosi riconoscere, rivelando al signor Seehaase di non essere un filibustiere senza fissa dimora, di non essere di nascita uno zingaro nel carrozzone verde, bensì il figlio del console Kröger, della famiglia dei Kröger? No, non ne aveva voglia di farlo. E non erano un po' dalla parte dell'ragione, in fondo, questi uomini dell'ordine pubblico? In un certo senso era d'accordo con loro... Scrollò le spalle, restandosene muto.
"Ma cos'ha là?" domandò il poliziotto. "Lì nel portafogli?"
"Qui? Niente. È una bozza di stampa," rispose Tonio Kröger.
"Una bozza di stampa? E come mai? Mi faccia un po' vedere."
E Tonio Kröger gli consegnò il suo lavoro. Il poliziotto lo aprì disteso sullo scrittoio e cominciò a leggerlo. Anche il signor Seehaase si accostò per partecipare alla lettura.
Tonio Kröger guardò da sopra le loro spalle per vedere a che punto fossero. Un punto buono era. Un momento d'effetto che lui aveva elaborato eccellentemente. Era soddisfatto di se stesso."Beh, questo basta!" disse il signor Seehaase con decisione e, afferrati i fogli, li ripiegò restituendoglieli. "Deve bastare, Petersen!" ripeté brevemente mentre socchiudeva furtivo gli occhi scuotendo il capo in segno di diniego. "Non possiamo trattenere ancora il signore. La carrozza aspetta. La prego di scusare il piccolo disturbo, signore. Il funzionario ha fatto solo il suo dovere, ma io glielo avevo detto subito che era sulla pista sbagliata...""Guardi!" disse. "Qui c'è il mio nome. Questo l'ho scritto io, e ora viene pubblicato, capisce."
Il poliziotto non sembrava molto d'accordo; obiettò ancora qualcosa di un "individuo" e "esibire".Ma il signor Seehaase, con ripetute espressioni di rammarico, guidò l'ospite di nuovo nell'atrio, in mezzo ai due leoni, lo accompagnò alla carrozza dove, tra dimostrazioni di stima, chiuse personalmente lo sportello. E poi la carrozza ridicolmente alta e larga, s'avviò traballando, tintinnando e strepitando giù per le ripide stradette, verso il porto. Questo fu lo strano soggiorno di Tonio Kröger nella sua città natale. VII Cadeva la notte e in uno splendore argenteo stava levandosi la luna, quando la nave di Tonio Kröger entrò in mare aperto. A prua, avvolto nel cappotto per la forza sempre più crescente del vento, guardava l'oscuro incresparsi e rincorrersi delle onde forti e lisce che, accavallandosi, s'incontravano frangendo sonore, fluttuando in direzioni impreviste e scintillando di colpo schiumose. Si sentiva pervaso da uno stato d'animo instabile e da un'estasi muta. Era rimasto un po'scosso che nella sua città volessero arrestarlo come un filibustiere qualsiasi, è vero... sebbene in un certo senso lo avesse trovato giusto. Poiperò, dopo essersi imbarcato, s'era trattenuto a guardare, come a volte da ragazzo con suo padre, le operazioni di carico delle merci con cui, tra un vociare misto di danese e di basso sassone, veniva riempito il ventre profondo della nave, aveva visto calare oltre a balle e casse, anche un orso bianco e una tigre reale, rinchiusi in gabbie dalle inferriate solide, appena arrivati da Amburgo e destinati a un serraglio danese; così s'era distratto. Mentre poi il vapore scivolava tra le piatte rive del fiume, aveva dimenticato del tutto l'interrogatorio del poliziotto Petersen, e quanto invece era accaduto prima, i sogni tristi e dolorosi della notte, la passeggiata, la vista del noce, aveva ripreso vigore nell'anima sua. E adesso, dato che il mare s'apriva, vedeva lontano la spiaggia su cui dabambino aveva origliato i sogni estivi del mare,Ma guarda! pensò Tonio Kröger.
vedeva il bagliore del faro e le luci dell'albergo dove aveva abitato con i suoi genitori...
Il mar Baltico!
Appoggiò la testa contro il forte vento salato che, libero e sfrenato, soffiava avvolgendo gli orecchi, provocando un capogiro lieve,
uno stordimento soffocato in cui si perdeva, inerte e beato, il ricordo di tutte le cose cattive, di tormenti ed intrighi, di intenzioni e fatiche.
E in quel sibilare, frangere, spumeggiare e gemere intorno a lui, credette di sentire il fremere e il cigolare del vecchio noce, lo stridio d'un cancello...
Annottava sempre più.
«Le stelle, o Dio, guardi un po' le stelle,» disse d'un tratto una voce dalla cantilena pesante, che sembrava venire dall'interno d'una botte.
La conosceva.
Apparteneva ad un uomo fulvo e semplicemente vestito, con palpebre arrossate e un aspetto freddo-umido come se avesse appena fatto il bagno.
A cena, sottocoperta, era statovicino diTonio Kröger, e aveva mangiato, con movimenti trepidi e modesti, una straordinaria quantità di omelette di gamberi.Era accanto a lui, adesso, appoggiato al parapetto e guardava su verso il cielo tenendosi il mento tra pollice e indice.Senza dubbio si trovava in uno di quegli stati d'animo eccezionali e solenni-meditativi in cui le barriere tra gli uominis'abbassano, il cuore s'apre anche agli estranei e la bocca pronuncia cose davanti alle quali, di solito, si chiuderebbevergognosa.
«Guardi, signore, ma guardi un po' le stelle. Eccole là, scintillanti, e tutto il cielo Dio sa come n'è pieno. E orasi figuri, guardar su e pensare che molte di esse sono più grandi della terra, come ci si deve sentire? Noi uominiabbiamo inventato il telegrafo e il telefono e abbiamo fatto tanti progressi nell'epoca moderna, sì, ecco quel cheabbiamo fatto. Ma se guardiamo lassù, dobbiamo pur riconoscere e capire che
in fondo siamo vermi, miserabili vermi enient'altro... ho ragione o no, signore? Sì, siamo proprio vermi!" rispose a se stesso, e annuì umile e compunto verso il firmamento. Ahi... no, quello la letteratura in corpo non ce l'ha!, pensò Tonio Kröger. E gli venne subito in mente qualcosa che aveva letto da poco tempo, il saggio d'un celebre scrittore francese sulla visione cosmologica e psicologica del mondo; belle ciance aveva fatto quello! Rivolse al giovane una specie di risposta all'osservazione profondamente sentita e poi continuarono a parlare appoggiati al parapetto, guardando lontano nella sera agitata e dai chiarori irregolari. Venne a sapere che il compagno di traversata era un giovane commerciante di Amburgo il quale approfittava delle ferie per quel viaggio di piacere. "Devi andartene un po' con il piroscafo a Copenaghen, penso, e adesso eccomi qua," disse, "e finora è persino tutto bello. Ma la storiadelle omelette di gamberi no, non era una cosa giusta, signore, lo vedrà lei, perché ci sarà tempesta stanotte, lo ha detto il capitano stesso, e con un mangiare così indigesto nello stomaco, non sarà certo un divertimento...” Tonio Kröger ascoltava tutta quella balordaggine premurosa con un senso familiare e amichevole. “È vero,” disse, “da queste parti il mangiare è sempre troppo pesante. E fa diventare pigri e malinconici.” “Malinconici?” ripeté il giovane guardandolo sconcertato. “Lei è forestiero, signore?” gli domandò improvvisamente. “Sì, certo, vengo da lontano!” rispose Tonio Kröger facendo con il braccio un movimento vago e protettivo. “Ma lei ha ragione,” disse il giovane. “Lo sa Dio se lei ha ragione su quanto dice della malinconia; io sono quasi sempre malinconico, specialmente poi in serate come questa, quando"in cielo ci sono le stelle." E di nuovo puntellò il mento tra pollice e indice. Certamente scrive versi, pensò Tonio Kröger, versi da commerciante, sinceri e profondi...
La sera stava avanzando e il vento soffiava con tanta violenza da impedire la conversazione. Così decisero di dormire un pochino e si augurarono la buona notte.
Tonio Kröger si distese, in cabina, sulla piccola cuccetta, ma non riuscì a riposarsi. Il vento forte e quel suo acre odore gli avevano provocato una strana eccitazione, si sentiva agitato quasi attendesse impaziente qualcosa di dolce. Inoltre le vibrazioni formantesi quando la nave scivolava su un'onda ripida e l'elica girava con un crampo spasmatico fuori dell'acqua, gli causavano un brutto malessere. Si rivestì completamente e salì all'aperto.
Davanti alla luna stavano inseguendosi delle nuvole. Il mare ballava. Non in cavalloni tondi e uniformi di una normale increspatura, ma dilaniato, sferzato,
sconvolto, il mare, lontano, in una luce pallida e tremolante, guizzava erimbalzava alto, con lingue giganti appuntite a forma di fiamma, sollevando accanto ad abissi schiumosi, immaginifrastagliate e inverosimili, quasi in un gioco furibondo scagliasse in aria, con la forza di braccia enormi, la schiuma. Ilvapore stava navigando con difficoltà; arrancando, rullando e scricchiolando, s'apriva il varco in quel tumulto, e a voltesi sentivano urlare, nella stiva, l'orso e la tigre che soffrivano il mal di mare. Un uomo in impermeabile di tela cerata, ilcappuccio sulla testa e una lanterna appesa alla cintola, andava su e giù a gambe larghe, tenendosi faticosamente inequilibrio sulla tolda. Là dietro invece, proteso oltre il bordo, c'era il giovane di Amburgo che se la passava male. «ODio,»disse con voce cavernosa ed esitante non appena ebbe scorto Tonio Kröger, «guardi un po' l'insurrezione deglielementi,signore!» Poi però, essendo stato interrotto, si voltò in fretta.
Tonio Kröger, tenendosi a una gomena tesa, guardava fuori in tutta quella violenza sfrenata. Con una sensazione di gioia in cuore, si sentì abbastanza potente da coprire il fragore della tempesta e dei flutti. Un canto al mare, infiammato d'amore, echeggiò in lui. Tu, amico furioso della mia gioventù, eccoci di nuovo riuniti...
Poi però la poesia era finita. Restò senza conclusione, non prese forma precisa, non venne forgiata con serenità in qualcosa di compiuto. Il suo cuore viveva...
A lungo se ne stette così; poi si distese su una panca del ponte e guardò su nel cielo, dove tremolavano le stelle.
E s'assopì persino un poco. E quando la schiuma fredda gli schizzava in viso, nel dormiveglia, sentiva come una carezza. Scogliere cretacee a piombo sul mare, spettrali al chiaro di luna, furono in vista e s'avvicinavano; era Möen, l'isola.
A colazione, si sedette al tavolo e gustò una tazza di caffè fumante accompagnato da una fetta di pane tostato. Il profumo del caffè riempiva l'aria, mentre il sapore intenso e amaro si diffondeva nella sua bocca. Dopo aver terminato la colazione, si alzò e si diresse verso la finestra per osservare il panorama. Il cielo grigio si estendeva all'orizzonte, mentre le onde del mare si infrangevano dolcemente sulla spiaggia. Il suono rilassante delle onde lo avvolgeva, portando con sé una sensazione di pace e tranquillità. Decise di trascorrere la giornata in riva al mare, godendosi la brezza fresca e l'atmosfera serena.