Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
ATTORI
1. Gli attori avevano sempre la maschera come il coro, ciò permetteva
l’interpretazione di personaggi femminili (le donne non recitano), l’uso
della maschera spiazza perché è chiaro che il lavoro dell’attore su un
personaggio non passava attraverso una mimica facciale.
2. Interpreta con la voce e il corpo, la faccia no, quindi usa solo quello.
3. Corpo: come il coro, deve saper cantare e danzare, sappiamo di esercizi
fisici pesantissimi, si allenavano insieme agli atleti perché l’uso del corpo
doveva essere totale, doveva avere l’agilità dei grandi atleti. Non
sappiamo come il drammaturgo potesse lasciare come tipo di
comunicazione del significato all’uso del corpo. Evidentemente era
ingigantita la possibilità di coinvolgimento fisico di due personaggi, di
comunicazione con il corpo tra due o tre personaggi, quindi non solo
comunicazione del corpo verso il pubblico ma anche uno verso l’altro
(prosemica).
4. L’attore doveva possedere e far esercizi di ampliamento vocale, abbiamo
alcune notizie che sono però tarde, sugli esercizi, sicuramente c’era quello
di riempirsi la bocca di sassi o ghiaia, pare che un altro esercizio fosse
quello di far a gara con gli eventi naturali quindi andare lungo la riva del
mare in tempesta o nelle montagne per far risuonare la sua voce. Era una
cosa di pochi essendo un lavoro difficile e alcuni li conosciamo come Polo.
5. Lo status era molto importante: nella tradizione latina l’attore aveva uno
stato servile, non è un cittadino, invece nel mondo greco essi avevano
posizione sociale molto importante tanto che hanno delle facilitazioni a
carattere sociale che ne fanno personaggi privilegiati, perché lavora
all’interno del santuario quindi è intoccabile. Ad esempio, l’attore non va in
guerra e non fa servizio militare, diventa come un diplomatico, in
qualunque città del mediterraneo toccate dalla tournè, sono ricevuti come
ambasciatori della città quindi hanno privilegi sociali che sono quelli di
essere ospitati a carico della città in cui vanno, di avere anche un’attività
di tipo politico, proprio perché alla pari di ambasciatori, spesso la città gli
conferisce incarichi di comunicazione politica nelle città in cui va. Non
pagavano le tasse, in qualunque teatro avevano il diritto di proedria, i
primi seggi d’onore per i capi e i sacerdoti. Sono personaggi che hanno un
ruolo sociale elevato, poi questa cosa si perderà.
6. Il personaggio dell’attore è un professionista.
LEGGE DEI TRE ATTORI
Ogni drammaturgo aveva a disposizione 3 attori. Ciò vuol dire che ogni
drammaturgo aveva 3 attori per smazzarsi tutti i personaggi delle 3 tragedie e
del dramma satiresco (con la maschera cambiano identità); in alcune opere è
abbastanza evidente quando un attore esce e quando rientra sotto un’altra
identità, in altre si fa difficoltà perché non esiste solo un attore che deve fare piu
personaggi ma esiste il singolo che viene interpretato da piu attori. Ad esempio il
personaggio di Antigone nella stessa tragedia, è rappresentato dall’attore che
prima faceva un’altra parte.
Non solo c’è questa legge, ma esiste la possibilità del personaggio muto: quello
che è il cofoncroso, non è una comparsa, è un personaggio non secondario, ma
fondamentale della vicenda che non ha battute perché in scena ci sono già 3
attori e quindi dato che più di 3 non si può, il 4 non può parlare. l’identità di
questo è fondamentale per la vicenda quindi non è una comparsa. Il personaggio
più straordinario (muto) è Yore nelle tragedie, è la fanciulla per la quale Eracle
verrà uccisa dalla prima moglie di Eracle, è il personaggio della piangente; ciò
che non può dire lo dicono gli altri personaggi, piange e basta.
11/10
Figura del corifeo: membro del coro che ha la possibilità di staccarsi dal gruppo
del coro e dialogare direttamente con i personaggi. Compito di capo del coro,
non ha una sua identità di personaggio (cambia da dramma a dramma).
Alla norma dei tre attori corrispondono dei nomi dal punto di vista professionale.
Le compagnie si chiamano artigiani di Dioniso. Il primo attore è il protagonistes:
primo attore in gara, primo agone, è il più bravo e più pagato; deuteragonistes:
secondo attore, un po’ meno bravo; il terzo attore il tritagonistes. Questi nomi
non sono relativi all’importanza del personaggio interpretato, bensì dell’attore.
Non sappiamo quanto si differenziava lo stipendio di primo secondo e terzo
attore. Il primo attore era anche capocomico: dirigeva la compagnia. I costumi:
non sono strettamente individuanti. Dagli elenchi di Polluce è chiaro che non
esisteva una maschera, un costume per un personaggio: erano pochissimi i
costumi sempre uguali (tra questi quello di Eracle) maschere e costumi si
distinguono in base all’età, al sesso e allo stato sociale del personaggio:
nell’elenco troviamo indicati “maschera di giovane coi capelli neri, di vecchia, di
fanciulla, di principe, vecchio re...”ecc. certamente non corrispondeva a ogni
personaggio una faccia speciale.
I costumi più individuabili son quelli del coro: cambia notevolmente da un’opera
all’altra, corrisponde a un gruppo sociale non regale e deve essere ridefinito e
ricontestualizzato volta per volta. I costumi e le maschere sono una scelta
registica (il poeta si identifica con il regista, compone oltre al testo le musiche,
dirige lo spettacolo e probabilmente le danze). Il corego non era obbligato a una
cifra fissa: alcuni spettacoli con un corego più generoso potevano avere costumi
più ricchi (litigi tra poeti) abbiamo testimonianze del lavoro di artigiani che
costruiscono maschere e scene ecc. durante tutto il corso dell’anno. La
caratterizzazione del coro la vediamo soprattutto nelle opere della commedia di
Aristofane: i protagonisti della vicenda sono persone del popolo, normali, e il coro
è uno dei momenti in cui il poeta può dare sfogo alla fantasia: sono spesso cori di
invenzioni ( la nuvole, le rane, le vespe, gli uccelli ) soprattutto nella commedia
c’è questa sfasatura tra protagonisti che sono esseri umani, di basso rango, e il
coro che sono esseri non umani: segnalare anche col costume il tipo di bersaglio
cui io poeta voglio indirizzare gli spettatori.
I personaggi e quindi gli attori della commedia e del dramma satiresco (es. coro
dramma satiresco sono sileni), il corifeo è (come si vede nel vaso di Pronomos) il
Papposileno, il padre dei sileni, il vecchio sileno che sempre ha questa funzione
del corifeo. Cosa che caratterizza i personaggi della commedia e che ritroviamo
anche nel coro del dramma satiresco, la commedia di Aristofane prevede che
tutti gli attori indossino il fallo dionisiaco, una cintura di cuoio, con davanti il
fallo, simbolo della religione dionisiaca. La stessa cosa per il coro del dramma
satiresco, da quel che capiamo non per i personaggi del dramma satiresco. C’era
una differenza sostanziale: mentre il fallo dionisiaco del coro dei sileni è itifallico,
cioè raffigurato in un momento di erezione; il fallo della commedia di Aristofane è
in uno stato di riposo, perché nella commedia bisogna ridere di tutto, il vero
simbolo dionisiaco era itifallico, mentre nella commedia, che è il rovesciamento
di tutte le posizioni abituali e consuetudinarie della società, anche il fallo è
qualcosa su cui si può e deve ridere.
Esempio di teatro derivato dal rituale: osservazioni di antropologi riguardano
società moderne, anche dall’Ottocento in poi, ma nessun antropologo ci racconta
per l’VIII-VII sec a.C.; tutte le verifiche antropologiche che si possono fare oggi o
uno/due secoli fa sono su popolazioni piccole e distanti dalla civilizzazione ma
distanti duemila anni e mezzo da quello che stiamo analizzando. Non si può mai
scindere un discorso culturale da un discorso cronologico. Il problema è che noi
non possediamo testimonianza di rituali antecedenti il momento della nascita del
teatro greco che ci possano veramente indicare una derivazione del teatro dal
rituale. Abbiamo solo due testimonianze di rituali sicuramente antecedenti il
momento dell’instaurazione del teatro così come lo conosciamo, risalgono
certamente al VII sec, forse anche all’VIII. Il resto è ignoranza nostra, noi
conosciamo solo questi due momenti. Questi due rituali appartengono al
santuario di Delfi e sono attivi tra VIII e VII, ce ne parla Plutarco, testimonianza
importante ma tarda (I sec d.C., era funzionario in Delfi, conosce bene la realtà
sacrale del santuario di Delfi), ci dice che questi rituali, ancora attivi alla sua
epoca, non sono mai cambiati e sono già attivi nel momento in cui il santuario è
stato installato, nella sua forma più primitiva tra VIII e VII sec. Abitudini alla
drammatizzazione: è certo che raccontano una vicenda di quel luogo, di Delfi,
attraverso un’azione drammatica, mimetica; non raccontano attraverso la
preghiera, il racconto, la danza, il canto; raccontano un evento fondamentale
della propria religiosità attraverso un’azione (drama, azione, o mimema, azione
basata sulla mimesi). Questi due rituali che conosciamo si chiamano septerione
(non siamo sicuri, alcune varianti riportano un nome diverso) e carilla, nome di
una ragazza. Il rituali di septerione era un rituale solennissimo, veniva svolto
ogni sette anni (nel mondo antico una festa era tanto più solenne quanto più era
celebrata distanziata nel tempo; quelle annuali erano meno solenni, quelle
quadriennali erano molto solenni come le Olimpiadi; quelle solennissime erano
ogni sette anni); davanti al tempio (il santuario del dio è area molto ampia
all’interno della quale ci sono tempio del dio, ippodromo, teatro, ecc.) di Apollo
ogni sette anni si svolgeva questa azione sacra, veniva costruita una capanna,
dentro cui c’era una tavola, dall’esterno un gruppo di ragazzi capitanato da un
ragazzo singolo entrava correndo, distruggeva la capanna e rovesciava la tavola.
Dopodiché, il gruppo usciva di nuovo di corsa dall’area sacra; dopo rientravano,
questa volta cantando. Tutta questa azione che viene svolta è fatta in silenzio,
invece quando i ragazzi e il ragazzo che li comanda rientrano cantano le lodi di
Apollo. L’altro rituale, di Carilla, sempre a Delfi, prevede una sacerdotessa, che
prende delle bamboline di terracotta e le appende a un albero, le bamboline
oscillano nel vento. Questi due rituali hanno dietro storie molto complesse,
entrambi i rituali sono azio