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IMPLICITA,

·Prologo, primi nove capitoli del libro primo : presentazione della

situazione italiana del 1490;

·1° fase della crisi aperta dalla calata di Carlo VIII in Italia (1494)

fino al 1511/12 con la scomparsa del ducato di Milano, occupato dai

francesi, e il Regno di Napoli in mano agli spagnoli (cap. IX lib. I fino

cap V. lib. X);

·2° fase in cui la nefasta politica di Giulio II con la sua Lega santa

conduce l'intera penisola alla perdita della libertà (fino cap. II lib.

XX);

·breve epilogo sulla condizione della servitù in cui verte l'Italia tra

1530 e la morte di Clemente VII.

Gli ordini delle cause che Guicciardini individua come autentici motori della

tragedia d'Italia sono due:

1) FORTUNA

di coloro che avevano le responsabilità politiche e militari.

2) ERRORI

Il capriccioso potere della fortuna interviene continuamente, a partire dalla

fatale morte di Lorenzo il Magnifico che, cieca, investe le azioni umane ora

annichilendole ora esaltandole. Nonostante la fortuna i protagonisti. Sono le

azioni umane, spesso mosse da cupidigia e malvagità, a mettere in moto la

storia. I principi sono fino in fondo responsabili delle proprie azioni; la

provvidenza divina non ha alcun ruolo nella storia. L'uomo è il protagonista

della storia ma non sempre le sue volontà coincidono con ciò che accade

perchè vanno a scontrarsi con le molteplici circostanze. Ne risulta che

l'uomo in realtà non è artefice del proprio destino poichè l'azione individuale

si scontra con l'interferenza delle azioni altrui dando talvolta esiti imprevisti.

Ma ciò che sta alla base delle cause, alla base dell'indagine guicciardiniana,

non sono i fatti o le aioni compiute bensì le intenzioni; è per questo che il

principale strumento di spiegazione storica diventa l'analisi psicologica dei

personaggi. Il racconto viene condotto attraverso il punto di vista dei

personaggi.

IL LIBRO SEGRETO

Dal libro di famiglia ai quaderni di Spagna

Rientrando dalla Spagna nel 1512 Guicciardini portava con sè un quaderno

che intitolò "é Ghiribizzi" e che conteneva la relazione di Spagna, alcuni

discorsi politici e una raccoltina di 29 brevi riflessioni che a loro volta

provenivano dalla rielaborazione di un'altra raccolta di appena 13 riflessioni.

Questi due testi costituiscono la prima prova di scrittura breve che di lui ci

sia giunta e l'essenziale tavolozza tematica di cui poi si servirà per dar vita

all'elaborata raccolta dei Ricordi (inteso come pareri, consigli). La raccolta

breve viene indicata con Q1, quella maggiore con Q2.

Il termine Ghiribizzi viene utilizzato per le raccolte Q1 e Q2 ed indica la

brevità e una certa noncuranza di modelli letterari alti, nel termine c'è anche

una sfumatura autoironica e minimizzante.

Con i Ricordi Guicciardini inaugura un nuovo genere testuale anche se di

genere non si può parlare poichè si tratta di un insieme di riflessioni su

argomenti morali, politici e sociali. Vi fanno parte i libri di famiglia.

Nelle raccoltine Q1 e Q2 sono presenti tre pensieri identici nel contenuto che

torneranno in tutte le redazioni dei Ricordi : Q1-Q2 n°2 = c32. Nelle due

raccoltine erano presenti una serie di riflessioni sui fondamenti del vivere

popolare (repubblicano) di Firenze. Queste riflessioni furono escluse nella

redazione A ma reintrodotte nella B, la redazione del 1528, quando espulsi

nuovamente i Medici un nuovo governo repubblicano sedeva a palazzo

vecchio. In Q2 vi è un ricordo destinato a perdurare in tutte le successive

redazioni (Q2 n°12= C6 ) dove si esprime l'avversione guicciardiniana nei

confronti della regola scolastica o libresca, e vi è la prima menzione di

quella che verrà individuata come la vera bussola della prassi: la discrezione.

La redazione A dei Ricordi

Della redazione A dei Ricordi non ci è pervenuto alcun autografo e la sua

esistenza è stata ricostruita sul fondamento delle stampe cinquecentesche.

L'anno 1525 è indicato dallo stesso Guicciardini nella redazione successiva.

Ne assaggio dalle precedenti raccolte ad A i ricordi diventano 161.

Caratteristica di A è l'eliminaione delle riflessioni repubblicane in favore di

riflessioni indirizzate a un principe.

Consolatoria, Accusatoria, Defensoria

Prima di giungere alla redazione C dei Ricordi la grande crisi intellettuale e

umana provocata dalla catastrofe della lega di Cognac e del sacco di Roma

trova espressione in un trittico che Guicciardini compose nell'autunno del

1527 quando temeva di subire un processo per ciò che era accaduto.

Consolatoria: Settembre 1527, a Finocchieto. La fittizia figura di un amico

che a lui si rivolge per confortarlo consente a Guicciardini uno

sdoppiamento che non è solo tra un sè che consola e un sè che è consolato

ma anche tra un sè che osserva e un sè che è osservato. L'innominato amico

ha cura di lenire soprattutto le ferite lasciate dall'accusa di aver lasciato

devastare il dominio fiorentino per profittare delle paghe dei soldati. La

Consolatoria è ricca di citazioni e di riferimenti letterari, storici e filosofici;

ma la lettura più citata è proprio quella dei Ricordi con i quali il testo si

mostra intessuto quasi ad ogni pagina. Anche il motivo centrale sul quale

deve poggiare la persuasività dell'amico ovvero la vanità sostanziale degli

onori e delle ricchezze che ha perduto l'amico, confessa di averlo tratto dai

Ricordi (C 15). Ciò vale anche per l'argomento che sorregge l'esortazione a

volgersi verso un onesto e laborioso ozio letterario apparecchiandosi a ben

vivere la nuova vita privata (C 216)..

Nell'Accusatoria, arringa contro Francesco, il profilo dell'accusatore, pur

rimanendo senza nome, si concretizza e si storicizza. Egli mostra di

conoscere Francesco, la sua vita privata, la sua infanzia, la sua famiglia,

cosicchè nel complesso le sue accuse possono suonare quelle di un uomo

equo, quindi tanto più fondate e severe. Dopo aver sostenuto la specifica

imputazione di Francesco (ossia le malversazioni delle paghe dei soldati),

l'accusatore ricostruisce il profilo politico di Guicciardini con velenose

insinuazioni sulla sua lealtà. La radicalità con cui è condotto questo esercizio

di autoaccusa consente a Guicciardini di pervenire a un autentico esame di

coscienza e di prendere consapevolezza di quanto per lui contassero l'azione

politica e il potere, e di come il suo ormai non potesse essere che dalla parte

dei Medici. Si pone completamente dal punto di vista dell'avversario. Anche

qui la presenza dei Ricordi è avvertibile, anche se in maniera minore e

talvolta usati per capovolgerne il senso.

Le redazioni B e C dei Ricordi

La redazione B dei Ricordi (1528) è per un verso una riscrittura e una

ridisposizione di molti dei ricordi di A, per un altro verso un recupero di

alcune delle riflessioni di Q1 e Q2 che erano state escluse da A e il cui

contenuto tornava d'attualità con la restaurazione del governo popolare in

Firenze.

La redazione C (1530) , ultima e definitiva , contiene 221 ricordi di cui 91

del tutto nuovi. Ultima ma non necessariamente sentita come definitiva

dall'autore, infatti l'opera viene utilizzata come riferimento costante per la

Storia d'Italia, e all'interno di questa raccolta compare un ricordo, assente

nelle precedenti, che esprime insoddisfazione e forse il desiderio di

riprendere in mano la raccolta per snellirla (C 210). I Ricordi costituiscono

una sorta di manuale in cui trovare il frutto di una complessa saggezza civile

e privata. Il lettore si trova davanti a un'opera dalla difficile identità, lo

dimostrano la tormentata vicenda compositiva, l'accanimento con cui

Guicciardini rielaborò, limò, ridispose le sue massime e la sostanza stessa

dei suoi pensieri con l'insistenza sul carattere antintellettualistico e

antilibresco. La raccolta è indirizzata a destinatari diversi che coesistono e

talvolta si sovrappongono. Nei tanti casi in cui l'autore si rivolge ai lettori,

con un "voi" o con un "tu", il destinatario è in linea di massima la famiglia,

quei discendenti che potranno far tesoro dei saperi del proprio antenato.

Alcuni ricordi pertanto (più presenti nella redazione B) fanno riferimento

alla "famiglia nostra" o alla "nostra casa", o a Piero Guicciardini indicato

talvolta come "nostro padre" o "mio padre" (C33-39-44). A questa

dimensione possono ricondursi ricordi di carattere più contingente o

aneddotico, alcuni dei quali furono eliminati dalla serie C, ma molti

conservati o aggiunti. Per queste motivazioni i Ricordi si collovano nelle

"scritture di famiglia".

Accanto alla dimensione privata e familiare, che nell'ultima redazione è più

accentuata, si collocano tanti ricordi tendenti a definire su un piano

universale i caratteri della conoscenza storica, dell'azione individuale e delle

varie forme politiche. Il pubblico a cui questi ricordi sono indirizzati è quello

vasto e indeterminato dei posteri.

Eppure compaiono riflessioni particolari il cui destinatario non può che

essere l'autore stesso conferendo a questa raccolta un'aurea che conviene a

un libro segreto, di colloquio con la propria anima, di interrogazione sul

significato della vita o della morte (C 15-32-60-61-63-160-161).

La raccolta ha un carattere asistematico, quasi a voler aderire ai movimenti

del pensiero che circolano al suo interno. Nei Ricordi non esiste un centro o

una periferia, nè un autentico filo conduttore. Sono attraversati da

un'antinomia di fondo: dovrebbero essere il veicolo di un sapere speciale che

integra e sorpassa il sapere tradizionale dei libri; ma sono un libro, e perciò

stesso comporta regole e non contiene le distinzioni e le eccezioni proprie

dell'azione. Guicciardini non nega nè l'essenza metafisica delle cose nè i

giudizi divini ma ne asserisce l'inconoscibilità (C92). L'unico orientamento

possibile per conoscere quel che è alla portata dell'uomo è la discrezione alla

quale nessun libro può offrire accesso (C6). Egli riflette da diversi punti di

vista sugli aspetti di una realtà mutevole e complessa, nei cui confronti la

ragione, tanto quella degli antichi quanto quella dei moderni, non può

elaborare strumenti di comprensione e orientamento validi una volta per

tutte. Come si vede in C117 Guicciardini usa l'immagine della vista come

metafora di discrezione (= capacità che permette di avere un parziale

domin

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Publisher
A.A. 2014-2015
16 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher velody di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi della Tuscia o del prof Grazzini Filippo.