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CLEMENTE REBORA

Clemente Rebora nasce a Milano il 6 Gennaio 1885. Il padre è un ex garibaldino fedele agli

ideali laici di Mazzini; la madre ha origini cattoliche, ma Rebora non riceve un educazione

religiosa. Si iscrive alla facoltà di Medicina di Pavia, ma presto l’abbandona per seguire gli

studi letterari a Milano, dove si laurea in Lettere nel 1910. Insegna quindi presso le scuole

tecniche , e spesso nelle scuole serali. Inizia intanto a collaborare ad alcune riviste letterarie,

fra cui la “Voce” presso la quale pubblica nel 1913 i “Frammenti lirici”

Dal 1914 al 1919 dura la sua relazione con la pianista russa con la quale convive alcuni

anni. Partecipa alla prima Guerra Mondiale finche l’esplosione ravvicinata di una bomba gli

provoca un violento choc nervoso per il quale viene congedato. Insegna quindi in istituti

privati , dedicandosi anche ad un opera di traduttore (dal russo soprattutto) .

Nel 1922 pubblica i Canti anonimi. Nel 1929 giunge la conversione al cattolicesimo,

annunciata da precedenti crisi. Nel 1930 entra nel collegio “Rosmini” di Domodossola; nel

1936 è ordinato sacerdote. Il resto della vita è dedicato interamente all’attività religiosa.

Muore a Stresa (Piemonte) il 1° Novembre 1957.

Rebora appartiene alla tendenza espressionista dei poeti della Voce che dettero il meglio

della loro produzione nel corso degli anni Dieci.

La forza , o addirittura la violenza, delle scelte formali di Rebora è la prima cosa che colpisce

il lettore. Il lessico è assai originale (non mancano neologismi e usi fortemente irregolari) e

selezionato sulla base delle durezze foniche. . La sintassi è caratterizzata dal ricorso

frequente allo stile verbale e nominale, con violente spezzature. La metrica. Libera e varia, è

anch’essa al servizio di una volontà di energia piuttosto che di musicalità : gli enjambement

tendono a creare rotture brusche, e così pure l’alternanza di versi brevi e lunghi.

Con la letteratura vociana, espressionistica e moralistica, Rebora ha in comune numerose

tematiche :

• Il contrasto città / campagna

• Presentazione della città come luogo degradato e ostile, rappresentato in termini

allucinanti e violenti

In realtà però Rebora è assai lontano dalle ambizioni di protagonismo intellettuale,

dall’esaltazione della forza della soggettività, dalle ideologie del negativo presenti nella

rivista La Voce: il suo moralismo aspira all’umiltà , a una riduzione del valore dell’io, a una

dedizione a umili compiti quotidiani. Con la sua vicenda umana egli mostra infatti quanto

forte ed essenziale possa essere ancora un’autentica esperienza religiosa, di fronte alla

rumorosa distruttività del mondo moderno.

La poesia di Rebora ha una fortissima capacità di creare azioni e reazioni tra le cose, le

immagini, le parole, le entità più astratte.

• I Frammenti lirici sono costituiti da 72 pezzi, legati tra loro da rapporti interni,alla

ricerca di una parola esterna all’io, dove la voce poetica, spinta da un impeto rosso,

dalla forza del grido possa uscire da se e ritrovare una coscienza collettiva. Questa

ricerca è però complicata da ostacoli e costrizioni imposte da una realtà insidiosa e

difficile, da un mondo cittadino senza amore, in cui tutte le esistenze restano rinchiuse

e prigioniere. A questo mondo malsano e oppressivo si oppone invece la campagna,

che suscita spesso visioni positive di natura salutare e serena. Ma più in generale tutta

la vita sembra spezzarsi e aggrovigliarsi in una situazione sospesa , come se non

riuscisse ad essere se stessa e fosse sempre diversa da come dovrebbe essere .

L’io si esprime in primo luogo attraverso ciò che non sa, si muove in una continua

interrogazione del “non detto”, di cose essenziali che restano però taciute. La poesia si

giustifica quindi per ciò che non dice e rinvia al dolore profondo di ciò che appunto

non viene espresso.

La successiva breve raccolta dei “canti Anonimi”(1922) vuole uscire, anche nel titolo,

• da ogni privilegio della voce individuale, e seguire così il bisbiglio , le tracce di una

verità che si annuncia nel rapporto con gli altri.

• Di altissimo livello altre poesie e brevi poesie liriche scritte tra il 1913 e il 1927

dove vi si distinguono alcuni intensi momenti autobiografici e alcune delle più

essenziali immagini poetiche, della sofferenza, dell’insensatezza , dell’orrore della

guerra: figure di morte percorrono un paesaggio nudo e svuotato.

• Interesse molto limitato hanno poi anche le poesie e i testi di devozione , scritti dopo

la conversione; ma il ritorno di Rebora alla poesia negli ultimi anni della sua vita ha

dato luogo ad alcune delle più autentiche espressioni di religiosità della letteratura

italiana di questo secolo.

CAMILLO SBARBARO

Camillo Sbarbaro nasce a S. Margherita Ligure (in provincia di Genova) il 12 gennaio del

1888. Il primo volumetto di poesie, poi rifiutato dall’autore, esce nel 1911 con il titolo

“Resine; a esso segue nel 1914 “Pianissimo”, la raccolta di versi più significativa di Sbarbaro

, che ne ha curato poi altre 2 edizioni. A questi anni risale anche la collaborazione del poeta

ad alcune riviste ( Riviera Ligure, La Voce, Lacerba) e la stesura dei poemetti in prosa e dei

frammenti di trucioli ( 1914-1918), pubblicati a Firenze nel 1920. Del 1928 sono invece le

prose raccolte in “Liquidazione”.

Sbarbaro condusse una vita molto appartata, sostanzialmente estranea agli ambienti letterari,

e solo raramente si allontanò dalla Liguria. Fu studioso appassionato di muschi e di licheni,

dei quali divenne uno specialista di livello internazionale. Vivissima fu la sua amicizia con

Angelo Barile, poeta ligure di valore non trascurabile , e con Eugenio Montale. Dopo la

drammatica esperienza della Prima Guerra Mondiale ( cui partecipò nelle file della Croce

Rossa) abbandona l’impiego nell’industria , che non aveva del resto mai amato, e vive dando

lezioni di greco e latino e facendo traduzioni. Trasferitosi a Spotorno durante la Seconda

Guerra Mondiale , vi si trasferisce definitivamente con la sorella nel 1951. Muore a Savona

il 31 Ottobre del 1967.

La poesia di Camillo Sbarbaro rientra all’interno delle coordinate dell’espressionismo che

caratterizza i primi decenni del secolo. È una poesia che da essenzialmente voce a una

condizione di aridità e di sofferenza, che in parte sembra ricordare i crepuscolari e Gozzano;

tuttavia Sbarbaro è lontano dal repertorio di immagini a dall’ironia dei crepuscolari, e si

riallaccia piuttosto alla recente tradizione ligure, mirando a scarnificare la parola, a scavare i

contorni delle cose, a ridurre la rappresentazione della realtà all’essenziale. Questa ricerca di

essenzialità conduce alla constatazione dello stato di vuoto che domina il mondo e il soggetto

costretto dunque ad abitare il nulla. Sbarbaro spaesato e stupefatto allora passa tra gli uomini

che non riesce a comprendere tra la vita che continuamente gli sfugge : egli cammina in

mezzo alle cose proprio come un “sonnambulo”. A tratti sembra venirgli incontro qualche

possibilità di emozione, qualche improvviso sbalzo di vitalità, che tuttavia subito ricade nel

nulla, in un esistere privo di eventi, poiché il mondo è un “grande deserto”, dove dunque non

si può far altro che contemplare la propria arida esistenza, sotto cui si nasconde un difficile

intreccio familiare. Secondo tale modo si entra dunque a contatto con il primo decisivo

carattere espressionistico delle tematiche sbarbariane. Il soggetto si presenta come un

“fantoccio” un “sonnambulo” come un esistenza del tutto privata di anima e di energie vitali.

La condizione del poeta dunque non è più quella di “vate”, ma quella degradata dell’uomo

della massa. Resta al poeta un estrema possibilità di conoscenza di tale condizione, che però

coincide con la necessità di guardarsi vivere all’esterno, di diventare uno spettatore di sé che

comporta inevitabilmente la scissione dell’io. E’ per l’appunto il tema dello sdoppiamento ,

tipico topos dell’Espressionismo.

Con un verso dal ritmo stanco la poesia di Sbarbaro attraversa frammentari momenti della

vita della città , e sembra voler portare l’io indifferente a identificarsi e a perdersi in mezzo

alle esperienze più degradate, confuse e distorte della vita cittadina.

La raccolta di versi più significativa di Sbarbaro è Pianissimo, dove le scelte formali

dell’autore definiscono volutamente un tono medio privo della tensione violenta degli altri

poeti espressionisti contemporanei ( Campana e Rebora). Il lessico è in generale un lessico

banale e quotidiano; lo stile prosastico ; la metrica tradizionale. Domina un tono pacato e

oggettivo, a metà tra la narrazione e l’autoanalisi. Ma anche se la materia è quasi sempre

autobiografica , è esclusa dal piano delle scelte formali qualsiasi urgenza di espressione,

infatti il taglio è piuttosto ragionativo e distaccato.

A Pianissimo seguirono pochi altri versi rivolti in primo luogo a fissare le immagini del

paesaggio ligure e raccolti solo nel 1955 in “Rimanenze”, dove spiccano soprattutto per

intensità di ispirazione e di novità “ I versi Dina” poesie d’amore di delicata essenzialità.

Ma la scrittura di Sbarbaro si rivolge poi con paziente continuità alla prosa, con

l’elaborazione di brevi testi che rivelano la misura tutta originale del suo linguaggio e della

sua personale cifra stilistica:

- la prima raccolta con il titolo “Trucioli” (1914-1918) apparve nel 1920. In Trucioli il

mondo si presenta come un “susseguirsi di figure e di immagini discontinue, prive di

causalità e temporalità o prospettiva o punto di vista . Periodi brevi ed elementari definiscono

la realtà nei suoi contorni più secchi , liberandola da ogni effetto o significato segreto.

LUIGI PIRANDELLO

Pirandello è lo scrittore italiano del Novecento più famoso nel mondo.

Con Luigi Pirandello entrano nella letteratura italiana alcuni dei caratteri fondamentali della

ricerca dell’avanguardia europea nel primo Novecento come :

 La crisi delle ideologie

 Il conseguente relativismo

 Il gusto per il paradosso

 La tendenza alla scomposizione e alla deformazione grottesca e espressionistica

 La scelta della dissonanza, dell’ironia , dell’umorismo e dell’allegoria

Tuttavia Pirandello a questi esiti non pervenne da subito. Anzi non bisogna dimenticare mai

che egli è un uom

Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
197 pagine
8 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/11 Letteratura italiana contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giovy227 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Acocella Silvia.