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PAPIRO FABIANO

Figura interessante, comincia la sua carriera come declamatore e fu allievo dei retori più importanti

dell’epoca.

Rinunciò poi alla sua carriera per intraprendere al via dell’insegnamento filosofico.

padre di Seneca

Abbiamo sue notizie grazie al , he infatti fu amante dei declamatori e che presenta Papiro

come un giovane perduto, che abbandona la sua brillante carriera per intraprendere la filosofia, che lui invece

non apprezzava.

Seneca padre ne parla nel secondo libro delle

Controversie  trattano del metodo delle declamazioni, ci sono ritratti dei declamatori che ha conosciuto, i

loro metodi.

Dedica queste opere ai suoi tre figli maschi:

• Gallione, conosciuto così perché viene dato in adozione

(forma di contratto familiare per rinsaldare i legami tra le

varie famiglie) ad un’altra famiglia di cui prende il nome.

Lo troviamo in opere storiche perché diventa governatore

della Caia a Cortino, ha quindi una carriera politica

significativa.

È inoltre citato negli atti degli apostoli, davanti a lui infatti si

presenterà l’apostolo Paolo e sarà lui a stabilire la prima

sentenza, cioè trasferire il processo a Roma.

.

• Abbiamo poi il secondo figlio, il Seneca filosofo (il nostro).

.

• Il terzo figlio, Lucio Anneo Mela, padre del poeta Lucano,

sceglie di rimanere un eques, di non entrare nella nobilitas e

quindi fare carriera politica, per curare da un lato gli interessi

economici della ricca famiglia, dall’altro per dedicarsi alla

vita filosofica.

Seneca padre, quando scrive le Controversie, offre i libri ai tre figli infatti ognuno ha una prefazione

dedicata.

La prefazione al 2° è dedicata appunto al figlio filosofo, per lui Anneo Mela, e gli chiede di non mollare del

tutto la retorica e gli fa l’esempio di Fabiano, che anche quando faceva il filosofo continuava a frequentare la

scuola del retore con grandissima diligenza.

Seneca (nostro) filosofo nella *100 in qualche modo risponde a suo padre, a distanza di anni, perché è

dedicata allo stile scritto e di predicazione di Fabiano e al problema dello stile del filosofo.

In altri passi Fabiano viene nominato in relazione alla cura delle passioni, come un filosofo interessato alla

terapia delle passioni, affectus, malattie dell’animo, da curare ma soprattutto da prevenire.

SOZIONE

Anche l’altro maestro, Sozione faceva parte della scuola dei Sesti.

Era interessato anche lui alla cura delle passioni, sappiamo che scrisse un trattato in greco, De ira: è

probabilmente quindi la fonte principale del De ira di Seneca.

Sozione, ci viene detto, praticò il vegetarianesimo nella forma pura.

ATTALO

Maestro per eccellenza di Seneca, che ne frequenta assiduamente le lezioni.

Grazie a lui Seneca probabilmente venne a conoscenza di un vasto patrimonio di testi stoici originali che

Attalo aveva conosciuto a Pergamo e portato con lui a Roma.

Il magistero di Attalo fu profondamente influenzato dalla morale dello stoicismo delle origini con forte

venature ciniche.

Attalo infatti ha una modalità di predicazione che doveva ricordare molto la predicazione cinica, quindi temi

morali, fustigazione dei costumi, paradossi, linguaggio ricco di metafore, esempi concreti, poca simpatia per

sistemi teorici…

Quando Seneca frequentò questi maestri?

Si pensa più o meno dal 13 al 19 d.C.

19 d.C.  decreto di Tiberio contro i culti stranieri che colpì anche questa scuola.

Da quest’anno infatti cessano le testimonianze sui Sesti, che furono molto probabilmente, a causa del clima

di sospetto e terrore in seguito al decreto, costretti a chiudere la scuola.

Dal 19 d.C. Seneca sarebbe passato al discepolato stoico presso Attalo, poi partì per volontà paterna per

l’Egitto: Seneca infatti si ammala gravemente e cambia aria (dopo anche queste esperienze filosofiche

giovanili, viste negativamente dal padre).

In Egitto c’è la zia materna di Seneca, sposa del governatore d’Egitto, donna estremamente energica descritta

nella Consolazio Elvia, alla madre, ritratta come donna colta e brillante  la zia prende il nipote sotto la sua

ala protettiva e gli costruisce la carriera politica: quando torna a Roma dopo qualche anno comincia infatti il

cursus honorus.

In Seneca si ha l’eredità della scuola dei Sestii e del magistero di Attalo in questi elementi :

1. Centralità della parenesi (= ammaestramento) etica;

2. Eloquenza che privilegia le res ai verba, ma non per questo rinuncia a una predicazione psicagogica;

3. Potenza icastica (lessico ricco, metafore spiccate).

tratti comuni

Seneca attribuisce a tutti i suoi maestri dei , passando sopra a eventuali differenze 

trasfigurazione autobiografica condotta nell’epistola 108 (Sestio, Sozione e Attalo sono trattati come ricordi

omogenei).

Le pratiche ascetiche più radicali sono nei [paragrafi 17 – 23] (pitagorici), ma sono incastonate tra la

menzione delle pratiche di astinenza apprese alla scuola di Attalo (non pitagoriche)  sembra che Seneca

tenda ad accomunarli.

L’epistola *108 ci mostra l’influenza di tali pensatori su Seneca, ma anche il ruolo che Seneca attribuisce a

filosofia

questi filosofi in relazione all’evoluzione che la filosofia aveva avuto a Roma  è la cosiddetta

togata , espressione usata da due studiosi anglosassoni di Oxford, Griffin e Barnes, che nel 1987 e una

decina di anni dopo pubblicato due volumi intitolati Philosophia Togata I e II.

È la prima volta che si parla di una filosofia a Roma, e non di una piazza in cui confluivano pensieri greci (e

orientali).

Essi identificano Cicerone e Lucrezio come i due personaggi principali, e primi, della declinazione romana

della filosofia greca.

Ne sono nati studi interdisciplinari sulla filosofia romana tra l’età repubblicana e quella imperiale  nasce in

seguito alla decentralizzazione delle scuole filosofiche che esplode e si estenda a partire da Atene.

Katharina Volk applica il nome di Roman Pithagoras a una serie di narrazioni, elaborate dai romani per

spiegare l’influenza di Pitagora nella storia del proprio pensiero  è una costruzione teorica, che si trova per

esempio nel XV libro delle Metamorfosi di Ovidio, in cui si arriva all’età storica: Roma era ormai stata

fondata (è essa stessa una metamorfosi), e Ovidio immagina che il re Numa, che sta costruendo lo stato

romano, decide di allontanarsi e di viaggiare.

Approda a Crotone, dove incontra un vecchio che lo introduce alla scuola di Pitagora  si trovano quegli

insegnamenti pitagorici che troviamo anche nell’epistola *108, soprattutto il vegetarianesimo.

Perché Pitagora ha così successo a Roma?

Probabilmente perché le dottrine pitagoriche non arrivarono a Roma sull’onda delle conquiste della Grecia e

dell’Oriente, ma molto prima, dalla Magna Grecia  il pitagorismo era filtrato nella cultura romana da tempi

molto antichi e in contiguità spaziale  si percepisce come una sorta di osmosi diretta, non come qualcosa di

importato.

Questo si lega al senso di inferiorità che i Romani sentivano nei confronti dei Greci.

[Doc. Ariel]

Nel Cato Maior, Cicerone chiama i pitagorici “quasi nostri abitanti”.

Questa insistenza torna nelle Tusculanae, in cui si sottolinea l’assuefazione filosofica a Roma  i pitagorici

giocano al tempo stesso il ruolo di “estranei” e di “nostri”.

Se rileggiamo Seneca alla luce di queste osservazioni di Roman Pithagoras, i ricordi senecano non sono solo

autobiografici, ma sono anche costanti della storia della cultura romana.

Pitagora romano

Alcuni dei tratti del si trovano anche nell’epistola *108.

prologo XV libro Metamorfosi di Ovidio

Tra questa epistola, [paragrafi 17 – 22], e il del delle (discorso

di Pitagora, a noi interessa quando parla del vegetarianesimo) si possono fare molti confronti.

Quali sono quindi i contatti, le somiglianze?

• schema narrativo

Lo  la trasmissione del vegetarianesimo pitagorico avviene in entrambi i testi in una

forma mediata: è un pitagorico più anziano (Sozione – il vecchio di Samo che accoglie Numa) che spiega

in modo didattico ed essoterico (per profani) la dottrina, e la insegna ad un discepolo fervente (Seneca –

Numa  Ovidio dice che è divorato dalla fame di sapienza, vuole imparare cose più arcane).

.

• due ragioni

In entrambi la spiegazione della dieta pitagorica si basa su , che sono alternative ma non

laica religiosa

concorrenziali: una più e una più .

Nella *108 la prima è la profilassi contro la crudeltà per Sestio, la seconda per Pitagora la metempsicosi;

in Ovidio c’è lo stesso schema, il vecchio dice prima la ragione laica (non c’è bisogno di uccidere e

dilaniare altre creature per nutristi  contro la crudeltà), poi espone la metempsicosi, con un forte

innalzamento di stile.

.

• Secondo uno studioso, il confronto con Seneca del prologo di Ovidio ci aiuta a scegliere tra due varianti

del manoscritto.

Siamo ai vv. 103 – 104:

Dopo che il dannoso inventore della dieta di carne,

“ (il primo che ha stabilito, trovato una cosa)

chiunque fu quello, invidiò il pasto dei leoni ”.

Deprecazione del primo inventore della dieta carnea, dannoso perché ha assegnato agli uomini il vitto dei

leoni. leonun deorum

Questa lezione è riportata da pochi codici, al posto di invece si trovava in molti codici ,

il cibo degli dei

“ ”, che veniva qui inteso come la carne offerta in sacrificio  cioè questo “inventore” ha

voluto elevare l’uomo dalla sua dieta vegetariana, facendolo mangiare come gli dei.

Accettando deorum la dieta carnea diventa un atto di ubris , tracotanza: l’uomo deve accontentarsi di un

cibo da uomini, non aspirare a quello degli dei.

Nel secondo caso, leonum, il mangiare carne è invece un abbassamento, l’uomo non deve mangiare

quello che mangiano le bestie.

I manoscritti si dividono tra queste due forme, i più però andavano in favore di deorum che compariva più

spesso.

A favore però di leonun è il confronto con il testo di Seneca, [paragrafo 21]; Quinto Sestio attraverso

ti tolgo gli alimenti di leoni ed avvoltoi

Sozione dice “ ”  questa immagine senecana ha convinto che in

Ovidio ci fosse leonum, e non deorum.

.

• Spiegazione della metempsicosi : il vecchio di Samo in Ovidio la giustifica connettendola alla legge

dell’eterno mutamento e stabilendo un nesso con il moto dei pianeti, e mette in guardia dall’incorrere

involontariamente nel crimine di mangiare i propri congiunti.

tutto muta, nulla muore nessuno spirito

[Paragrafi 19 – 20] di Ovidio “ &r

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A.A. 2016-2017
81 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/04 Lingua e letteratura latina

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher marta.sprea95 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura latina con Istituzioni e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Moretti Paola Francesca.