Anteprima
Vedrai una selezione di 7 pagine su 29
Letteratura latina - corso avanzato 2016/17 Pag. 1 Letteratura latina - corso avanzato 2016/17 Pag. 2
Anteprima di 7 pagg. su 29.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Letteratura latina - corso avanzato 2016/17 Pag. 6
Anteprima di 7 pagg. su 29.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Letteratura latina - corso avanzato 2016/17 Pag. 11
Anteprima di 7 pagg. su 29.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Letteratura latina - corso avanzato 2016/17 Pag. 16
Anteprima di 7 pagg. su 29.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Letteratura latina - corso avanzato 2016/17 Pag. 21
Anteprima di 7 pagg. su 29.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Letteratura latina - corso avanzato 2016/17 Pag. 26
1 su 29
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

TROILO

Connesso al ciclo troiano, Troilo è uno dei figli di Priamo, di cui si hanno due tradizioni: in una è il figlio più giovane,

nell'altra è uno dei più giovani. Non appare nell'Iliade ma negli altri poemi del ciclo, in cui veniva ucciso da Achille.

Abbiamo notizia di una tragedia eschilea a suo nome, ma non segnò importante fortuna nell'antichità, quanto dal basso

Medioevo (Boccaccio, Chaucer, Shakespeare, Christopher Morley, tradotto da Pavese, e il musicista inglese William

Walton, autore delle musiche dei film shakespeariani di Olivier). La seconda tradizione lo vede semplicemente come uno

dei tanti figli di Priamo ucciso da Achille; nell'altra è invece il più giovane, un ragazzino, che incontra Achille dopo essere

uscito dalle mura insieme alla sorella Polissena; il greco lo uccide mentre si fa un bagno in una fonte, perché nelle

profezie si afferma che Troia non cadrà fino al compimento di alcune condizioni: l'allontanamento del Palladio, il fatto

che i cavalli di Reso non bevano mai dai fiumi troiani, in particolare dallo Xanto (cfr. Il. X), la morte di Troilo. Perciò

Achille lo uccide brutalmente.

Verg. Aen. I, 466-493 Virgilio lo nomina in En. I: la tempesta porta i Troiani dalla Sicilia a Cartagine; Enea, consultatosi

con Acate e indirizzato da Venere, giunge dalla costa alla città, dove trova un tempio di Giunone, su cui sosta aspettando

Didone. Qui osserva le decorazioni (metope o statue o raffigurazioni pittoriche, non è chiaro), da cui capisce che i

Cartaginesi hanno notizia di Troia, e che quindi lui non è del tutto sconosciuto. Achille è posto in posizione forte a fine

verso e periodo, quindi Virgilio e il suo pubblico sono chiaramente lettori dell'Iliade, di cui i versi successivi riprendono

la trama. L'inizio del passo è simile alla VI egloga, poi si riprendono episodi iliadici man mano che si descrivono le scene,

fino ad eventi post-omerici come Memnone e Pentesilea. Qui Virgilio mostra Enea star fermo e riconoscere le scene (se

agnovit): è un riassunto dell'Iliade in cui però Troilo è “dislocato”, tale da essere incluso in mezzo al racconto omerico, e

non alla fine. Infelix indica uno su cui gli dei si sono accaniti (in genere è riferito a Didone): di Troilo si dice in questo

passo che è fuggito dallo scontro impari con Achille, senza armi ne auriga sul carro; viene poi trascinato dal carro in fuga;

è un puer, quindi si fondono le due versioni: si elimina l'omicidio brutale di Achille, ma è comunque un combattimento

impar. Nell'Eneide c'è una “legge economica” per gli scontri, il più forte vince sempre inesorabilmente, non può esserci

uno scontro come tra Davide e Golia; non è così nel mondo romano, cfr. Valerio Massimo, o lo stesso Ottaviano nelle

Filippiche: Virgilio sta andando contro gli ideali del suo tempo, quantomeno quelli della cultura media, come quella

dell'autore di exempla.

Virgilio mostra quindi che il destino di Troilo è fatale, ma vi aggiunge un giudizio, presente anche nell'episodio di

Pentesilea: il combattimento è tipico del vir, il puer è troppo puro per parteciparvi; altro termine per indicare il soldato è

iuvenis. Vir è il maschio che combatte e si riproduce. Ci sono dunque tre livelli, Troilo e Pentesilea non dovrebbero

partecipare al combattimento. Quindi Virgilio sembra sottolineare, tramite questa dislocazione, che Troilo è giovane,

come molte altre figure nell'Eneide; la sua virtù giovanile deve per forza scontrarsi con qualcuno più forte, e soccombere

(così anche per la virgo).

I latini sono fortemente influenzati dalla cultura giuridica, che condiziona l'uso delle parole e i

04/1 significati che vi stanno dietro: il puer è ben distante dallo iuvenis, il primo “puro”, in secondo “che

0 aiuta”, e a maggior ragione dal vir, padre di famiglia e soldato che si segnala rispetto agli altri, un

eroe.

La prima occorrenza di scena di lotta è proprio quella del tempio di Giunone (il poema si apre infatti con un

naufragio): da ciò si capisce che i pueri non possono che essere sconfitti, sono infelices. Tutto è mediato dalla

raffigurazione artistica e dalla letteratura omerica: Enea media verso il lettore tramite lo sguardo, tutte le scene non sono

spontanee ed immediate, come avviene per la letteratura. Troilo rappresenta una sorta di elemento dissociato, incoerente

perché piazzato tra scene omeriche, dove non dovrebbe esserci: è spiazzante, rompe l'equazione Enea : Iliade = noi :

Eneide. Nell'Iliade manca una figura di puer bellator: c'è un solo giovane, il figlio di Nestore, Antiloco, che compie

un'azione eroica morendo per salvare il padre (come succede nell'Eneide ed è raccontato nell'Odissea). Nell'Odissea viene

invece mostrato il puer Telemaco, creando il topos del romanzo di formazione (il primo romanzo in tal senso è proprio

Les Aventures de Télémaque dell'abate Fénelon); tuttavia raggiunge l'aetas pugnandi, non è un bellator. Il puer bellator è

presente quattro volte nell'Eneide: Pallante, Lauso, Eurialo e Niso e Marco Claudio Marcello.

Nel libro IX sono infatti presentati Niso ed Eurialo come pueri, cui sta appena spuntando la barba; così Niso, di poco più

grande, lo chiama, e così vengono chiamati da Ascanio. Il saggio Alete, consigliere di Ascanio, li chiama iuvenes, perché

per quanto giovani manifestano la volontà di combattere, di essere adulti: alla fine del discorso vengono perciò chiamati

viri. In realtà proprio la giovinezza sarà la causa della loro sconfitta, la mancanza di esperienza (chi combatte per scopi

economici è perduto, la guerra come bottino non è concepita nell'Eneide); comunque Virgilio li considera fortunati ambo.

Pallante appare nel libro VIII, ma è protagonista del X: Enea è assente perché andato a chiedere aiuto secondo i

consigli della Sibilla. La città arcade sul Tevere cui chiede aiuto è Pallante, su cui regna Evandro, padre di Pallante (nome

anche del nonno). Il re lo accoglie e concede quattrocento cavalieri guidati dal figlio, che si trova alla prima impresa

militare, al debutto come iuvenis: è però ancora puer, Virgilio sta mostrando il debutto sociale a Roma. Pallante viene

paragonato a Lucifero, l'astro del mattino che è luminosissimo ma dura poco. Nel X libro Enea torna all'accampamento

dei Troiani, nei pressi dell'odierna Ostia, con una flotta, e sbarca lungo la costa, prendendo i Latini assedianti alle spalle.

In questo viaggio sembra che Enea sia un padre per Pallante, che ancora deve essere erudito; al momento dello sbarco gli

Arcadi, cavalieri, sono rallentati dalle operazioni; si danno così alla fuga dai Latini, e Pallante cerca di fermarli, per dare

prova di onore. Diventa così un eroe, vir, per alcuni versi, uccide una serie di personaggi, ma l'arrivo del più esperto

Turno comporta la sua fine, il suo ritorno allo stato di puer.

Anche Lauso, figlio del lucumone etrusco Mezenzio, è un puer che diventa iuvenis e infine vir tramite atto eroico,

ovvero salvando il padre dal più forte Enea (come Antiloco per Nestore); il Troiano lo esorta a ritirarsi ma alla fine lo

uccide tributandogli onori. Il narratore commenta che, se ci fosse una giustizia al mondo, Pallante e Lauso si

scontrerebbero, cosicché almeno uno si salverebbe: ma così non è.

Verg. Aen. VI 854-886a Le date di inizio e di fine del poema, a livello cronologico, sono la caduta di Troia e la morte di

Marcello nel 23 a.C., perché nel VI libro si raccontano brevemente gli eventi fino all'età augustea. Nella storia di Roma il

punto di non ritorno è la caduta di Troia, che presagisce un'erede (come nel passaggio di testimone tra Priamidi ed

Anchisiadi): Roma è provvidenziale e teleologica. Altre profezie di lungo termine sono quella dell'VIII libro sullo scudo

di Enea (trionfo di Augusto del 29 a.C.) quella del XII libro: Giove rifà a Giunone la storia del mondo, l'unione perfetta

tra Latini e Troiani-Romani, ovvero la storia del I a.C., la pax Augusta (fino al 27 a.C.) per convincere la dea ad

abbandonare l'ostilità. Quindi il termine finale dell'Eneide è la morte di Marco Claudio Marcello, figlio di Ottavia e

Marcello, nipote di Augusto e suo designato successore in quanto unico maschio. La sua morte ripropone il problema

della successione cesariana: la propaganda si inceppa sulla mancanza di eredi, così nell'Eneide manca la visione

teleologica tipica della cultura romana. Marcello muore ancora puer, non fa in tempo a diventare iuvenis e soprattutto vir,

ovvero regnante su Roma.

La serie di personaggi presentati da Anchise è a tre ondate: Romolo e Augusto, i fondatori della città; i personaggi

di Roma dai re a Cesare e Pompeo; simmetricamente gli ultimi sono Marcello, vincitore di Annibale a Siracusa e dei

Galli, e Marcello nipote di Augusto. Le spolia opima sono le armi e l'armatura del capo dei nemici. Il giovane Marcello ha

tutte le qualità della καλοκαγαθία, ma un destino segnato dalla morte prima di poter dimostrarle (si dice ater), rimane per

sempre un miserandus puer, non può vincere i fata ed equiparasi al più noto Marcello. Il guaio di tutti questi pueri è il

non poter rompere i fata aspera, nonostante le loro imprese eroiche.

Prima di Virgilio, dunque, i pueri bellatores non esistono, dopo vengono ripresi dai poeti: Silio Italico scrive in età

domizianea un poema in XVII libri (come Virgilio nel complesso delle sue opere, al contrario dei XII che scelgono tutti);

in esso si parla di un puer che cresce fino a vir, Annibale: egli però non è un eroe, perciò viene sconfitto da un altro puer-

iuvenis, Scipione (l'opera finisce a Zama). Anche prima di Virgilio il giovane vincitore non è però estraneo alla cultura

romana, cfr. Valerio Massimo sullo sconosciuto Emilio Lepido; altri pueri balzati alle cronache nella storia romana sono

Scipione Africano e Ottaviano. Altro poeta che, pur molto più tardo, presenta dei pueri, è Claudiano: Onorio è mostrato

intorno ai vent'anni, ed è per forza figura eroica, non ammette nessuna ombra.

Non può invece esserci tale figura in Lucano perché Pompeo e Cesare sono anziani: tutto ciò che può fare il poeta è

“invecchiare” il primo e rendere molto più attivo il secondo, che in realtà sono quasi coetanei; Lucano ha due fonti

principali, il De bello civili di Cesare di cui riprende la sceneggiatura, e l'Eneide, pur con tutte le differenze. Allo stesso

modo non può esserci nelle Argonautiche di Valerio Flacco, così come le Argonautiche di Apollonio Rodio che pur

Dettagli
A.A. 2016-2017
29 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/04 Lingua e letteratura latina

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Gneo Giulio Agricola di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura latina avanzato e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Gioseffi Massimo.