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Lo stile della “lode” viene inaugurato con la canzone Donne ch’avete intelletto d’amore che
determina un primo allontanamento dallo stile del Cavalcanti dal momento che in questa canzone
l’amore non appare più come un qualcosa di negativo e distruttivo ma al contrario come un
qualcosa di nobilitante, via di ascesa spirituale e beatitudine.
Trent’anni dopo, nella parte finale del Purgatorio, Dante guardando indietro alle rime della sua
giovinezza, vorrà definire il momento esatto in cui la sua poesia si allontanò dallo stile del
Cavalcanti e dei suoi amici e decide di far sì che questo giudizio venisse pronunciato da Bonagiunta
Orbicciani, il poeta considerato anello di congiunzione fra la poesia volgare e quella fredericiana e
quindi provenzale.
Nel canto del Purgatorio, Bonagiunta riconosce Dante come colui che iniziò le “nove rime” con
Donne ch’avete intelletto d’amore.
Chiarissima è quindi l’idea di Dante, che la sua originale interpretazione della litica cortese
inaugurata con Donne ch’avete intelletto d’amore abbia segnato un netto superamento della
tradizione precedente. In altre parole il dolce stil novo con la sua tessitura di immagini e figure
basata su una musicalità e un equilibrio ritmico e fonico del tutto rinnovato nell’ispirazione e nei
contenuti ha segnato uno stacco stilistico incolmabile anche nei confronti di Guido e dei suoi amici.
4.3. Vita nuova.
Qualche anno dopo la morte di Beatrice, Dante pensò di raccogliere quasi tutta la sua produzione
poetica dedicata alla donna e di farne un libro che unisse i pezzi poetici ad una serie di commenti in
prosa ricchi di riferimenti extra testuali e spiegazioni su come e in che condizioni della sua anima e
del suo corpo, erano nati quei testi.
Fu così che nacque Vita nuova una raccolta in forma di prosimetro dove i testi poetici si dispongono
in una cornice di testi in prosa, di solito tra una prosa narrativa e una divisione cioè una spiegazione
scolastica delle parti del componimento.
Appare qui chiara l’influenza dei manoscritti provenzali dove le poesie dei trovatori erano
accompagnate da parti in prosa con il racconto della loro vita (vida) e l’interpretazione del testo
(razo).
La Vita nuova è un’opera in cui si sovrappongono riferimenti alle scritture profetiche e
apocalittiche, ai vangeli e alla numerologia che vede comparire più volte il numero 9 riferito a
Beatrice (in quanto segno di assoluta perfezione essendo prodotto del 3, numero della Trinità per se
stesso).
All’inizio dell’opera Dante finge di aprire il libro della memoria nel quale trova le parole della sua
giovinezza. Il racconto inizia con l’incontro con Beatrice a nove anni che provoca un totale
sommovimento nell’anima di Dante. Nove anni dopo, Dante diciottenne incontra di nuovo la
gentilissima e il suo saluto scatena in lui l’amore provocando il primo sogno: l’apparizione di
Amore e della donna con l’immagine del cuore mangiato e un primo presagio di morte: la figura di
lei che viene portata in cielo dagli angeli.
Al risveglio Dante scrive il suo primo sonetto A ciascun alma presa e gentil core in cui racconta
brevemente il sogno e lo invia ai suoi amici per chiederne spiegazione ma secondo Dante, nessuno
capisce il vero significato del sogno che sarebbe la profezia della morte di Beatrice.
La volontà di tenere segreto il suo vero amore spinge Dante a simulare amore per altre due donne
provocando lo sdegno di Beatrice e la negazione del suo saluto (che in senso Guinizzelliano poteva
dare salvezza). Profonda è la crisi di Dante che viene superata solo con l’erompere del dolce stil
novo con la canzone Donne ch’avete intelletto d’amore, recupero del valore positivo
dell’esperienza amorosa che sfocia in una dedizione totale all’amata qualunque sia il suo
atteggiamento.
Qui appare singolare non solo l’allontanamento dalla negatività di Cavalcanti ma anche il cambio
del destinatario che non è più l’amata ma tutte le donne che hanno intelletto d’amore, cioè un
pubblico elitario che comprende la dottrina d’amore per esperienza diretta e conoscenza teorica.
Il superamento di Cavalcanti avviene anche nel sonetto Tanto gentile e tanto onesta pare dove il
saluto di Beatrice viene percepito da Dante come un’apparizione (pare) in cui si rivela la nobiltà
interiore della donna (gentile) e il suo decoro (onesta) e l’esperienza amorosa non è più distruttiva
come in Guido ma al contrario è beatificante.
La storia continua fra continui presagi di morte, dalla morte del padre di Beatrice ad una visione
tragica modulata su immagini apocalittiche.
La morte di Beatrice non viene raccontata, ma la data precisa diviene occasione per Dante di
avviare una straordinaria digressione sulla misurazione del tempo in cui appare ancora una volta la
presenza magica del numero 9.
Eppure la visione di Beatrice non basta a Dante che viene travolto due anni dopo da un’altra donna
gentile. Tuttavia basta una nuova apparizione di Beatrice a far tornare il poeta sui suoi passi.
Qui il racconto si conclude ma il poeta si ripromette di ritrattarne in una nuova e più degna opera.
4.4. Rime della maturità.
Dopo l’esperienza del dolce stil novo assistiamo al ritorno di Dante allo stile comico, in uno
scambio di sonetti con Cecco Angiolieri e nella Tenzone per le rime con Forese Donati (per le rime
perché Forese riprende le rime dei testi danteschi) un botta e risposta a suon di tre sonetti ciascuno
che rappresenta per Dante un importante momento di sperimentazione nel campo del lessico basso e
delle rime difficili.
Su questa nuova base formale Dante ritorna a leggere l’eredità provenzale nel registro del trobar
clus del trovatore Arnaut Daniel. L’occasione per esprimere questo stile viene a Dante verso la fine
del 1300 quando in seguito ad una forte passione erotica per una donna impossibile che lo respinge,
ed è insensibile come una pietra, Dante compone le cosiddette “rime petrose” un insieme di quattro
componimenti che portano ai massimi livelli lo sperimentalismo dantesco.
Nella prima canzone Così nel mio parlar voglio esser aspro, si esprime l’amore per la donna pietra
con l’espressione di un desiderio di vendetta e di un vivace immaginario sadico.
Nella seconda canzone Io son venuto al punto della rota, la negativa condizione esistenziale si
proietta sulla natura morta dell’inverno e su di un mondo gelido che vuol essere rappresentazione
della morte dell’anima.
Nella terza canzone Al poco giorno ed al gran cerchio d’ombra Dante utilizza il difficile metro
della sestina: sei stanze di sei endecasillabi l’una e un congedo di tre versi. Ogni stanza contiene sei
parole-rima che tornano uguali ma si scambiano di posto seguendo lo schema della retrogradatio
cruciata: ABCDEF>FAEBDC).
Si tratta di un componimento fondato sulla simbologia del numero 6 che risulta ncarica di significati
negativi rispetto al 9 che rappresentava Beatrice nelle rime della giovinezza e può ben significare il
momento di crisi spirituale ed esistenziale, la terra desolata in cui Dante sente di essere arrivato in
questa fase della sua vita.
Nella quarta canzone Amor tu vedi ben che questa donna, l’uso della parola-rima si fa più difficile.
In questo testo infatti ci sono solo cinque parole-rima (donna, tempo, luce, freddo, petra) e il
martellamento della stessa parola che torna e ritorna ha lo scopo di portare ad un’esplorazione di
tutte le sue possibilità semantiche.
Dopo le rime per la donna petra, Dante scrive, nel periodo iniziale del suo esilio, la canzone Tre
donne intorno al cor mi son venute in cui gli si manifestano tre donne che rappresentano la
personficazione della Giustizia tema che si lega alla sofferenza del poeta vittima di una ingiusta
accusa di baratteria e di una condanna all’esilio e alla morte.
Ultima canzone di Dante fu Amor, da che convien pur che io mi doglia della la montanina
perché rinvia ad un paesaggio montano (probabilmente le valli fra i monti del Casentino dove Dante
era ospite dei Conti Guidi durante il suo esilio). Si tratta di un testo che ritorna alle rime petrose.
Dante infatti sembra aver incontrato una nobildonna bellissima che dopo averlo sedotto lo avrebbe
respinto con grande crudeltà.
Su quest’ultima storia erotica si interrompono le rime. Dante non penserà nemmeno a raccoglierle
in un canzoniere in quanto completamente assorbito dalla stesura della Commedia.
4.5. Convivio.
Intorno al 1304 Dante si rende conto che l’esilio sarà la sua condizione di vita permanente e cerca
un modo di riscattare la sua immagine di fronte al mondo.
Poiché questo riscatto non poteva avvenire né per vie politiche né per vie sociali, Dante si rende
conto che l’unica arma in suo possesso è la sua vastissima formazione culturale, tanto insolita
quanto straordinaria per un laico.
Il progetto di Dante è quindi chiaro: comporre un’opera attraverso la quale trasmettere tutto il suo
sapere come se fosse un convito di vivande da offrire agli uomini affamati di conoscenza. Nasce
così il Convivio.
L’architettura dell’opera segue lo schema dell’enciclopedia medievale, nella forma del prosimetro e
della srittua esegetica: all’inizio un proemio poi 14 canzoni dottrinali ognuna delle quali doveva
essere seguita da un libro di commento.
Il primo libro definisce le finalità dell’opera e spiega la scelta del pubblico e della lingua (il volgare
fiorentino) scelta coraggiosa da parte di Dante dal momento che mai una lingua volgare aveva
rimpiazzato il latino in un’opera di tale spessore e divulgazione culturale.
Il secondo libro tratta il sistema del sapere medievale nella scansione della arti liberali in trivio e
quadrivio e chiarisce il metodo di interpretazione allegorica secondo i 4 sensi delle scritture
(letterale, allegorico, anagogico e morale).
Il terzo libro si rivolge alla lode della donna gentile, cioè della Filosofia.
Il quarto libro affronta il tema della nobiltà considerata non una prerogativa ereditaria ma un dono
divino da confermare con l’esercizio della virtù. Qui il discorso si allarga al tema della nobiltà
dell’essere umano nell’ordine del creato, in una crescente ammirazione per le meraviglie della
Natura.
Intorno al 1308 Dante interruppe la composizione di questa opera in quanto l’ansia di comunicare il
suo mondo interiore era ormai confluita nella composizione della Commedia.
Il Convivio rimase perciò incompiuto segnando però, rispetto alla Vita Nuova, un passo avanti. In
esso infatti troviamo una più ampia e articolata architettura della frase e una maggiore chiarezza
comunicativa con uno spettro stilistico che va dal