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Filocolo si nasconde in un cesto di fiori e sposa l’amata. A differenza di Manzoni, Boccaccio descrive la prima notte di
nozze, con una rivincita dell’erotismo sul moralismo di circostanza proprio anche della corte angioina. Al matrimonio
segue una grande festa raccontata in modo molto incalzante e ritmico, a differenza del precedente stile narrativo
lento e ritardato da molti imprevisti. Il quinto libro racconta il percorso a ritroso che i due innamorati compiono e la
conversione dei due al cattolicesimo. Durante il pellegrinaggio a ritroso i due arrivano in un bosco di Pozzuoli, dove
Filocolo coglie un ramo e, come Enea, sente l’albero parlare. È l’anima sofferente del figlio di un pastore, un certo
Idalgo,il cuio racconto termina con un doloroso sfogo misogino da cui esclude solo Biancifiore. Poi arrivano a Roma,
dove padre Ilario, dopo aver ascoltato tutte le loro vicende amorose, li battezza ed afferma che tutto quello che hanno
sofferto è stato voluto da dio. Filocolo, ritornato ad essere Florio dopo il battesimo, dichiara di voler tornare dai suoi
genitori, ma non prima che i due si pentano per il loro peccato. Re e regina si convertono al cristianesimo e chiedono
perdono al figlio. Florio racconta, questa volta in modo indiretto (ennesima sperimentazione) le peripezie che ha
dovuto affrontare. Il romanzo si conclude con una grande festa e l’incoronazione di Florio, che succede al padre
defunto. Infine si ha un congedo finale dell’autore, che si ricollega al suo intervento iniziale del prologo (ring
composition).
In questa sua opera Boccaccio riprende molte opere classiche (Lucano e Ovidio in primis) ma anche i romanzi
alessandrino. Probabilmente conosceva il romanzo di Achille Tazio “Leucippe e Clitofonte”, del quale riprende alcune
scene e spunti per alcuni personaggi ( padre Ilario sembra assomigliare al sacerdote di Artemide che salva Clitofonte)
Poema eroico “Teseida delle nozze d’Emilia”
È un poema in 12 libri, come l’Eneide, che potremmo definire eroico-erotico di argomento classico-cavalleresco,
poiché Boccaccio unisce, come il suo solito, genere tragico, elegiaco e comico raccomandandoci una storia d’amore
all’interno di una cornice epica. L’opera è preceduta da una dedica a Fiammetta e da un sonetto proemiale che
contiene l’argomento dell’opera. Inoltre ogni libro è preceduto da un sonetto che riassume quanto accadrà in quel
libro. Nell’esordio si ha un’invocazione alle Muse, classica, accompagnata dall’invocazione a Marte e Venere, poiché la
storia che Boccaccio si appresta a raccontare è d’amore e d’armi. Il primo ed il secondo libro narrano le imprese di
Teseo, figlio del re d’Atene Egeo, che si presenta come pacificatore dei costumi primitivi (trasforma le amazzoni da
popolo semianimale a donne civilizzate) o barbarici. Nel primo libro è infatti intento a sconfiggere il popolo delle
amazzoni governato da Ippolita(che prende come mogli, portandosi dietro anche sua cugina Emilia), nel secondo
invece sconfigge Creonte, perfido governatore di Tebe che barbaramente nega che si rispettino le leggi divine
(Antigone). In mezzo ai feriti Teseo trova due giovani, Arcita e Palemone, che conduce come prigionieri al suo palazzo..
nel terzo libro si parla dei due, veri protagonisti del poema, che crescono e si innamorano della bella Emilia. Nel terzo
libro viene anche fatta una descrizione sia fisica che caratteriale dei due, che risultano essere molto diversi ma legati
ugualmente da una potente amicizia. Infatti, sebbene siano attratti dalla stessa donna, non soffocano nella gelosia ma
vivono un amore idilliaco, senza conflitti. Il nobile Peritoo ottiene la liberazione di Arcita. Questo calcola ogni
possibilità, prima di decidere se farsi liberare o meno, mentre Palemone ha un comportamento molto patetico e
rassegnato. Nel libro IV Arcita quindi viene liberato e cambia nome in Panteo. Viaggia ma a causa della nostalgia per
Emilia torna ad Atene, dove nessuno lo riconosce tranne la stessa emilia, che però fa finta di nulla. Viene però
scoperto da un servo che lo riferisce a Palemone, ancora imprigionato. Nel libro V Palemone viene liberato dal servo e
corre nel bosco dove si nascondeva Arcita. Tra i due non nasce un dialogo di amicizia, ma di rabbia. Non sono più due
giovani amici spensierati, ma due adulti che si contendono l’amore per la stessa donna. Inizia un duello ma
sopraggiungono dei nobili, tra i quali sono presenti anche Teseo ed Emilia. Teseo chiede spiegazioni e venuto a sapere
dell’amore dei giovani per la bella amazzone propone di organizzare una giostra. Chi dei due vincerà durante il gioco
avrà in sposa Emilia. Nel libro VI vengono descritti i guerrieri in modo classico, sebbene l’atmosfera non sia quella di
una battaglia ma di una giostra. Nel VII libro Teseo chiarisce il fine giocoso della giostra, che non è quindi un duello
mortale. I due tebani comunque implorano l’aiuto divino. Arcita si rivolge a amrte e la sua preghiera arriva fino alla
casa del dio, dove vi sono anche l’Ire, i Tradimenti, l’Impeti, la Paura, la Discordia ed il Furore. Palemone si rivolge
invece a Venere, attorniata dalla Vaghezza, da Cupido, dall’Ozio, dalla Voluttà, dalla Memoria, dalla Bellezza, dalla
Piacevolezza ecc… . Emilia prega invece Diana, chiedendo il suo perdono perché dovrà sposare un uomo e sottostare
alle leggi di Giunone. Nel libro VIII viene descritta la giostra. In un primo momento sembra vincere Arcita perché
Polemone cade da cavallo, ma poi anche Arcita è disarcionato a causa di una Furia mandata da Venere.(riprende la
Tebaide) lo scontro è sospeso, in quanto non è mortale, e nel libro IX Teseo da Emilia in sposa a Arcita. Questo però ha
riportato delle ferite mortali dopo la caduta da cavallo e nel libro X affida a Teseo le sue ultime volontà vuole che
Emilia non rimanga vedova ma che vada in sposa a Polemone, uomo pari a lui in valore e coraggio. Nel libro XI si
racconta il funerale di Arcita e della sua anima che guarda l’universo (riprende il paradiso di dante e il Somnium
Scipionis) questo libro risulta molto più erudito degli altri. È infatti carico di latinismi e neologismi che si ritrovano in
rima. Viene poi descritto il tempio a Giunone eretto in onore di Arcita. Nel libro XII vengono descritte le nozze e la
prima notte di nozze, durate la quale il matrimonio viene consumato non meno di 7 volte. Si ha quindi un lieto fine
romanzesco.
Il Filostrato: romanzo comico-elegiaco: poemetto in ottave diviso in nove parti cominciato nel 1339. La materia è
tratta dai romanzi francesi.
Nel proemio si apprende che Filosrato è lo pseudonimo di Boccaccio stesso che, in pena per la lontananza della donna
amata Filomena (Giovanna), decide di cantare le pene d’amore di Troilo, ultimo figlio di Priamo, per Criseida, figlia
dell’indovino Calcas. Questo si era rifugiato nell’accampamento dei greci, conscio dell’imminente sconfitta dei troiani,
mentre la figlia, rimasta vedova, si trovava ancora dentro Troia. Pandaro, amico di Troilo , si reca da Criseida e la
convince ad accettare un incontro con Troilo. L’incontro notturno segna l’apice della felicità dei due amanti, che però
è destinata a durare molto poco. Infatti durante una tregua tra i due eserciti viene fatto uno scambio di prigionieri e
l’indovino richiede la figlia Criseida. Troilo pensa alla fuga, ma poi viene dissuaso dalla donna, in quanto sembrerebbe
un gesto di viltà e porterebbe infamia su entrambi. Criseide viene quindi consegnata a Diomede, che la porta
all’accampamento. Il padre l’accoglie con gioia, alla quale Criseide risponde in modo molto moderato e taciturno. Nel
frattempo Troilo è disperato e pensa al suicidio, ma è dissuaso dall’amico Pandaro. Mentre Troilo ritorna in ogni luogo
della città che può portargli alla memoria i bei momenti passati con il suo amore, Criseide viene adocchiata da
Diomede e cede alle sue lusinghe. Troilo capisce che Criseide non è più a lui fedele poiché vede un suo fermaglio d’oro
in un vestimento che Deifobo aveva conquistato durante un combattimento contro Diomede. Troilo vorrebbe quindi
vendicarsi su Diomede ma viene ucciso da Achille. Si conclude quindi di botto la narrazione e l’ultima parte riporta non
commento dell’autore ai giovinetti innamorati dove li esorta d essere avveduti sulla scelta di amare una vergine o una
vedova in chiave personale potremmo dire se amare Giovanna o la giovane Fiammetta!
Alcuni critici hanno voluto leggere in chiave sentimentale quest’opera, come suggerisce lo stesso autore nel proemio.
In realtà però l’autore non si identifica con il dolore di Troilo, che non raggiunge mai vette del tutto tragiche. Il
narratore si distacca da dalla pateticità di Troilo con un fare comico e scanzonato che è ben sottolineata dal
commento che si trova nella nona parte dell’opera!
Comedia delle ninfe fiorentine: prosimetro allegorico e mondano
È conosciuta con il titolo di Ninfale d’Ameto o Ameto ed è dedicata all’amico Niccolò di Bartolo del Buono. L'opera è
strutturata dall'alternarsi di prosa e versi in terzine di endecasillabi
La vicenda si svolge in Macedonia dove il protagonista, un rozzo pastore di nome Ameto, scorge tra i boschi un gruppo
di ninfe di Venere guidate da Lia, una donna bellissima della quale si innamora. (riferimento ad Atteone, che secondo
la mitologia vede le ninfe di Diana e la dea stessa nude e viene punito). In attesa di poter rivedere Lia, Ameto si
strugge per il suo amore. La rivede durante i festeggiamenti per la dea Venere e le dichiara la serietà dei suoi
sentimenti.
Lia allora decide che, sotto la guida di Ameto, le ninfe si ritroveranno nelle ore più calde della giornata per raccontare
la storia del loro amore.
Dopo la tenzone poetica fra Alcesto e Acaten, nella quale esaltano, l'uno i benefici della pastorizia in altura, l'altro i
vantaggi del pascolo in pianura (canto amebico di stampo alessandrino), si apre la parte centrale dell'opera, nella
quale Mopsa che impersonifica la saggezza, Emilia la temperanza, Adiona la giustizia, Acrimonia la fortezza, Agapes la
carità e Fiammetta la speranza, raccontano in sequenza la loro storia concludendola con un canto mentre l'ultimo
racconto, che termina con un inno in lode a Cibele, viene narrato da Lia.
Al termine della storia di Lia appare Venere che, per ordine delle ninfe, prende Ameto e lo getta in una
limpida fonte dalla quale egli ne esce purificato. Ameto, presa consapevolezza di come la sua vita fosse stata fino a
quel momento incolta, dopo aver salutato le ninfe fa ritorno a casa. La narrazione termina con la voce del poeta che
celebra il destino del pastore ed invia all'amico la sua opera. Ogni ninfa però rappresenta una donna fiorentina, e le
vicende amorose che racconta