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Liedholm eseguiva dignitosi passaggi in avanti ma l’attacco del Milan era da fustigare. Mazzola

rifiutava ostentatamente la palla. Grillo si metteva le mani sui fianchi dopo il solito dribbling perduto.

Le ali, un piano. Né bastava Schiaffino, gamba saggia.

Vi fu ancora una stramazzata di Charles lanciato oltre il proprio limite dinamico e magari

anche chianchettato da Maldini in furibondo gomito a gomito. Rigato non volle vedere falli di sorta e

lasciò che lo strazio finisse.

Appunti su “Inter – Atalanta 6-0, 1961”: alla fine, comprensibili peana. Trombe

sonorissime. Campane trillanti. Perfino il gracchiare concitato di un radiomegafono. Tutto bene.

Herrera ha promesso adeguamenti tattici per ogni partita. La prima l’ha azzeccata con il WM

difensivo e con l’M all’attacco.

Ma Christensen azzoppa il Maciste e poi gli tende la mano. Maciste, bonazzo, accetta. Si

ripete poco dopo e Maciste rifiuta. Corretti sì, ma non ipocriti.

Appunti su “Milan – Juventus 5-1, 1961”: due squadre amministrate in modo piuttosto

strano hanno opposto ieri a San Siro le loro glorie antiche e i loro acciacchi presenti. Pioveva a

scrosci e tirava un gran vento dall’est, che porta sempre la pioggia in Val Padana.

Ghiggia è il vecchio castrone che sappiamo. Quando si sarà rassegnato all’essenziale,

senza intraprendere goffi dribbling fondati sullo scatto (che non ha più), il Milan avrà in lui un ottimo

rifinitore.

Al 32’, un gaudioso miracolo. Il Trap dribbla e dà a Barison in centro: costui vince un

dribbling di finta (sissignori) e libera Altafini sulla sinistra: proietto basso, Anzolin beffato.

Appunti su “Cile – Italia 2-0, 1962”: i tecnici italiani avevano giustamente valutato come

modesta l’avversaria, ma hanno sbagliato la formazione immettendo un David imbrocchito

paurosamente da mesi, e un Mora per giunta capitano (sarebbe come nominare me presidente

della Lega Anti-Fumo…).

Riprende il gioco al 7’, e Landa insegue Ferrini, calciandolo al fianco: Ferrini, sciocco,

sicuramente drogato oltre il lecito, esplode un calcione volante…Ferrini esce piangendo: insisto, in

anormali condizioni psichiche. Anzi, psicoaminiche.

Un disastro. Torneremo fra le solite pernacchie.

Appunti su “Bologna – Inter 2-0, 1964”: è nella dialettica stessa del contropiede questa

apparente contraddizione logica. Chi attacca e si squilibra, per eccessiva lentezza o per povertà di

schemi, alla lunga subisce le incursioni degli avversari più dotati di spunto e di inventiva.

Pochi istanti prima, il mio magnifico Fogli aveva chiarito le proprie intenzioni impegnando

Sarti con un tiro lungo, basso e carogna, diretto all’angolino. Chi avrebbe dovuto seguire Fogli, il

fievole Corso, assisteva con gli stinchi molli sopra le ignobili calzette a cacaiola.

Appunti su “Inter – Juventus 3-1, 1966”: note: pomeriggio soleggiato e ventilato da ovest;

qualche bellissima nube navigante alta nel cielo azzurro.

La Juventus si è accanita in forcing con la dignità della squadra di grande rango. L’Inter,

come annichilita, ha visibilmente rifiutato il gioco. Meline oziose, talora goffe e antipatiche sono

state intraprese davanti a Sarti.

Forcing interista con follie podistiche di Suarez e Bedin (come non esistessero le punte e

forse non esistono davvero).

Ammonito Cines per un tackle galeotto su Suarez, che fa lazzi da morituro. Un sinistrone di

Salvadore parato. Forcing juventino, paesano ribattere dell’Inter.

Appunti su “Corea del Nord – Italia 1-0, 1966”: Giornata amara, giornata di vergogna.

Una mesta broccaggine sembra essersi impadronita dei nostri giocatori. Undici ragazzi coreani

sprovveduti di tecnica ma non certo di coraggio né di slancio hanno messo sotto, votandoli ad

un’ignobile fine, i nostri miliardari, esaltati da megalomani dei quali purtroppo siamo stati complici.

Mi mancano parole per esprimere il dispetto che ha preso tutti noi all’indegno spettacolo cui

abbiamo assistito. Credo che abbiamo toccato il fondo e poiché quasi tutto è storto nel nostro

calcio e costume sportivo inerente il calcio, debbo, per consolarmi, pensare che questa figuraccia

giovi a riportarci su piani meno scandalosi nei confronti del mondo intero.

Lasciamo il campo di Middlesbrough fra risate giustamente beffarde e ingiuriose. Eravamo

venuti strombazzando prezzi ed ingaggi favolosi, mezzi miliardi, milioni a centinaia per brocchetti

vuoti come canne, paurosi e imbelli al punto da sdegnare chi appartiene al loro paese e da

esilarare chiunque, conoscendoli famosi, li ha veduti goffi e inutili.

Nulla è serio, nulla è fondato sulla realtà economica e sportiva nel nostro calcio.

La selezione venga attuata da tecnici e non da ignoranti eternamente condannati

all’empirismo. Si avviino al calcio gli atleti e non le smunte signorinelle che abbiamo veduto

miseramente pedalare e sentito fin troppo esaltare in questi anni di desolante penuria agonistica.

Per favore, non si parli ora di moduli, di catenacci, di sciocchezze, per giustificare una magra che

non trova spiegazioni se non in incongrui errori di fondo, le facilonerie, le leggerezze, gli sperperi

indecorosi e colpevoli. Il nostro campionato ritorna, deplorevole moloch, a scontare la sua

elefantiasi. La preparazione ha risentito del suo peso massacrante e dunque illogico. I non “atleti”

che Fabbri ha portato con sé non hanno vigore né riserve psicofisiche.

Intorno a noi, risate, soltanto risate. Al diavolo, dico al diavolo, tutto ciò!

Appunti su “Italia – Jugoslavia 2-0, 1968”: abbiamo soprattutto debellato la pistolaggine

che ci perseguita da trent’anni.

Mancavano i tecnici in grado di evolvere il disastroso WM a mezzosistema, cioè di involverlo

a metodo (come si fa dal 1960).

Bisogna dire, a discolpa dei tecnici, che i dirigenti avevano fatto peggio, aprendo le porte

agli stranieri, dunque umiliando il vivaio fino a scoraggiarlo. Su questo punto è bene insistere,

perché soltanto alla luce del provvedimento contrario si può capire il ritorno odierno ai grandi

risultati.

Per la verità ci si batte da vent’anni su queste colonne per: a) chiusura agli stranieri e

valorizzazione del vivaio; b) chiusura ai tecnici stranieri e istituzione di una scuola; c) definizione

giuridica delle società di calcio, finora amministrate secondo pistolaggine e disonestà giocosa; d)

riduzione delle squadre in campionato per lasciare tempo all’attività internazionale: perché il calcio

non è solo spettacolo, o beceri, ma gioco agonistico sul quale si regge tutto lo sport nazionale.

Il ritmo podistico è assolutamente frenetico. Mi dice Pepp Frattini, quando rientro dal Giro:

“Abbiamo visto la partita, all’inizio: e poi accusano noi di drogarci!”.

Io bestemmio, perché da quei corrotti che siamo parliamo solo in termini moralistici.

Prendere un caffè, due caffè, tre caffè diventa droga; infilarci in corpo tante vitamine da far muggire

taurinamente un vecchietto ottantenne è consentito.

Mi emoziono, porco boia. La Nazionale mi rende quasi vecchietto isterico.

Anastasi segna un gol bellissimo, per il quale mi alzo e urlo: e un sergente dei pompieri

vorrebbe abbracciarmi (poco prima mi ha detto: “Scusi, lei è giornalista? Strano: perché vedo che

capisce di calcio”: è l’elogio più squisito).

Intanto, scoprono tutti Mazzandro interno. Gli mando un biglietto in padre dialetto bassaiolo:

“Barbisìn, l’è queste l tò gioeugh. Firmato: Gioann”. Sarà così onesto da parlarne in TV. Se mi è

grato, come spero, io gli sono gratissimo.

Contenere e rilanciare, ecco il nostro motto.

Ma il dubbio sulla pistolaggine dei tecnici rimane, perché la critica trombone spara

pistolettate inneggiando alla vittoria, quale che sia: così apprendiamo che le punte erano quattro,

che attaccare bisogna (al tram)…

Non è questo vero niente. Però la seconda finale l’abbiamo giocata. Il forcing l’hanno fatto

gli avversari, come sempre accadeva negli anni Trenta. E noi abbiamo attaccato e vinto in

velocissimo contropiede. Questa, signori, la verità sugli ultimi trent’anni e sulle ultime cinque ore e

mezzo di calcio azzurro. Se ce ne ricorderemo, non dovremo aspettare altri trent’anni per

combinare qualcosa. Ho detto.

Appunti su “Cagliari – Fiorentina 1-1, 1968”: l’estate mediterranea sopravvive imperterrita

a se stessa e al calendario; soffia ventate ammorbanti sulla breve rada di Cagliari, tracima aride

selle montane, irrompe sullo stadio e abbacina e accalda. Noi parliamo di caldo stando beatamente

seduti. Abbiamo la maglietta di cotone traforato che portiamo in luglio e in agosto al nostro paese

padano. Una gnagnera ineffabile illanguidisce i nostri pensieri. Ci hanno prestato gli occhiali da

sole. È la prima volta che ce ne serviamo in uno stadio. Tuttavia, dobbiamo strizzare le palpebre

per resistere alla vampa del riverbero.

L’andamento della partita è stato – se possiamo dirlo – freneticamente monotono: ha

ripetuto e abusato degli stessi schemi: attacco in forcing del Cagliari, parata e risposta della

Fiorentina (fino al nuovo attacco in massa del Cagliari).

Appunti su “Cagliari – Vicenza 2-1, 1970”: note:…cercate in cronaca nera se è stato

linciato l’arbitro. Io ho altro da fare.

…Gigirriva, un ciclone ormai conosciuto da tutti i meteorologi della pedata mondiale…

Io intanto ero all’impiedi, non vergognoso dei miei cinquanta, e al modo dei primitivi che

sicuramente mi furono padri andavo cantando le laudi del più poderoso goleador da me visto in

ormai quarant’anni di calcio giocati e sofferti. Tento ora di descriverne la seconda e non ultima

prodezza.

Annibale Frossi era venuto a Vicenza per vedere e giudicare Riva. Ad ogni spunto di quel

demonio, Annibale faceva la bocca a cul di gallina, poi mi guardava e quasi in un gemito invocava:

Madonna!

Appunti su “Italia – Messico 4-1, 1970”: entrato Rivera dapprima si è avuta l’impressione

che il filtro da lui effettuato a centrocampo non avesse l’efficacia di quello di Mazzola. C’è da dire

però che Rivera è stato nettamente superiore a Mazzola nelle impostazioni di gol.

(pagella di Bertini): Bertini è un confusionario maledetto, però è animato da tale forza che se

avesse appena la metà intelligenza della forza sarebbe un marziano, non un giocatore di calcio di

valore mondiale. Si è battuto sempre con impegno, non ha mai brillato per lucidità né nella

costruzione né, tanto meno, nelle conclusioni che oggi non ha neppure tentato, per fortuna&h

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
15 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/11 Letteratura italiana contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Gerson Maceri di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana moderna e contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Genova o del prof Contorbia Franco.