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PCI
Parlamento Europeo. Anche questo nuovo impegno si trasforma per lui in
un’occasione di scrittura letteraria: da Strasburgo invia al “Corriere” una serie
di analisi e resoconti che costituiranno il Diario europeo (1993).
Il settembre 1990 Moravia muore nella sua casa romana.
2. Le componenti culturali della narrativa di Moravia
La scrittura di Moravia si concepisce per la sua fredda ed impersonale
oggettività, etichettata all’inizio come “realista”: infatti nel momento del
trionfo del Neorealismo, l’autore è considerato addirittura un iniziatore ed un
tipico esponente della nuova tendenza. E’ vero che ci sono molti romanzi di
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Moravia (La ciociara) che esplicitamente fanno riferimento al Neorealismo,
ma alcuni aspetti fondamentali della sua narrativa impediscono di legarla
troppo strettamente a quel movimento. Sul piano della poetica, Moravia
ritiene che lo scopo della letteratura sia la rappresentazione della realtà,
e non il suo cambiamento: non si ritrova alcuna finalità morale, ideologica o
politica nella sua opera giacché la sua è un’etica del disimpegno. Quello di
Moravia è poi un realismo “esistenziale”, che mette in primo piano i drammi
individuali piuttosto che quelli sociali, la psicologia piuttosto che la realtà
della storia.
E’ in effetti fondamentale l’influenza del pensiero esistenzialista e delle opere
narrative che a tale pensiero si rifanno, prime fra tutte quelle di Sartre e
Camus. Il legame, stilistico e tematico, con questi testi è molto stretto: per
un verso è proprio Moravia a fare da modello, con Gli indifferenti (1928), a La
nausée (1938) di Jean Paul Sartre e a L’etranger (1942) di Albert Camus; per
altro verso egli ne riprenderà le inquiete tematiche esistenziali – la nausea, il
senso di vuoto, l’angoscia – nella propria produzione del dopoguerra,
soprattutto ne La noia (1960).
Altrettanto importanti sono la psicanalisi ed il Surrealismo per la
formazione letteraria dell’autore.
Riguardo agli Indifferenti, Moravia ha più volte chiarito che non si tratta
affatto di una storia vera, bensì di un sogno ricorrente in cui si riflette
l’insopportabilità della vita familiare.
Sul piano politico, Moravia non assume all’inizio atteggiamenti critici di fronte
al Fascismo, tant’è che Gli indifferenti escono per la casa editrice Alpes di
Arnaldo Mussolini. Nel 1935 il M da l’ordine di ignorare il suo secondo
INCULPOP
romanzo, Le ambizioni sbagliate, e, dopo l’uscita del romanzo satirico La
maschera nel 1941, gli viene vietato di scrivere sui giornali e poi, in generale,
di pubblicare. Ma Moravia non s’imbatte soltanto nella censura fascista: la
Chiesa, nel 1952, mette all’Indice tutta la sua opera, poiché giudicato
immorale.
Nel dopoguerra lo scrittore sarà sempre più vicino alle posizioni politiche della
Sinistra: un impegno, il suo, sempre molto distinto da quello letterario. I suoi
interventi, a favore della libertà individuale e contro l’ingiustizia e la violenza
del potere, sono raccolti nei suoi vari saggi di argomento politico-civile, fra i
quali L’uomo come fine (1963), Impegno controvoglia (1980) ed Inverno
nucleare (1986).
3. Caratteri e motivi della narrativa di Moravia
Acquisita un’improvvisa fama col suo primo romanzo, il giovane scrittore
riesce ad evitare di essere “schiacciato” da tale successo e farà seguire alla
sua opera prima un gran numero di altri romanzi. In ogni caso è certo che ne
Gli indifferenti già si trovano le tematiche, gli ambienti e le tecniche narrative
che saranno caratteristiche della sua intera produzione.
Uno dei temi più caratteristici è certamente il sesso, concepito come l’àmbito
in cui la società ed i suoi individui si manifestano nella loro nudità morale ed
esistenziale. Sul piano narrativo appare come la degradazione morale e
l’atteggiamento avido dei suoi esponenti. In Agostino lo scrittore si concentra
sul tema dell’iniziazione sessuale dell’adolescente.
Al di là del sesso i rapporti interpersonali sono sempre descritti all’insegna di
continue complicazioni sentimentali, in cui domina incontrastata la
menzogna e l’ipocrisia. La psicologia dei personaggi è spesso complessa e
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contorta, al punto che per loro diventa difficile prendere una decisione ed
agire: essi tendono piuttosto all’apatia ed alla noia.
In tutti i romanzi si rivela poi un gusto per l’intrigo ben strutturato, secondo
rigidi schemi di causalità: esso è funzionale ad una volontà di indagine fredda
ed obiettiva degli eventi, che finisce per dar luogo ad una narrativa a tesi
gelida ed astratta.
La scrittura di Moravia potrebbe essere definita “neoilluministica” in quanto
essa tende anzitutto a costruire una trama razionale partendo da una tesi
filosofica da dimostrare.
Un carattere fondamentale della narrativa moraviana è quindi la sua sostanza
saggistica, che lascia anche spazio a severi interventi dello scrittore, che
s’impegna a rivelare la meschinità e la miseria dei suoi personaggi. L’intera
opera di Moravia può essere letta come una complessa indagine sui modelli di
comportamento della borghesia.
Dal punto di vista della struttura, la finalità di Moravia è fondere la tecnica
teatrale con quelle narrativa. La teatralità colora l’ambiente ed i dialoghi,
ma anche la costruzione delle scene. Una medesima concezione drammatica
è alla base della modalità di descrizione degli spazi, che sono in genere chiusi
e poco descritti. Ciò che interessa è l’idea, la parola, il dramma: la
comunicazione deve quindi risultare efficace e rapida, priva di fronzoli. Se si
sofferma sui particolari è per ribadire il senso di estraneità e di “nausea” che
il personaggio soffre in relazione ad una serie di oggetti che ne simboleggiano
il mondo sociale di appartenenza.
L’impostazione narrativa è sorvegliata ed oggettiva, secondo il modello del
realismo ottocentesco, ma da La noia in poi si fa ancora più rigidamente e
freddamente descrittiva, tradendo l’influenza della “scuola dello sguardo”,
una corrente letteraria francese che teorizza un’assoluta e rigorosa
impersonalità narrativa.
4. Gli indifferenti
Moravia inizia la stesura nel ’25 ma riscrive l’opera più volte. Dopo averlo
ultimato nel ’28, pensa di pubblicarlo presso l’edizione della rivista “900”, su
cui aveva esordito due anni con la novella Cortigiana stanca. Il libro viene
però respinto perché ritenuto inadatto, ma viene invece accettato dalla Alpes,
che lo pubblica ma a spese dello scrittore.
Il successo è immediato: in quattro anni vengono stampate quattro
edizioni. Anche la critica accetta entusiasta l’opera. Non mancano però le
critiche dirette da una critica più conservatrice e moderata, che giudica
l’opera addirittura pornografica.
Il libro esce in un periodo di scarsa attenzione per il romanzo: le preferenze
vanno piuttosto verso la prosa d’arte e verso la lirica. Moravia invece
riprende il genere narrativo, ritenendolo indispensabile per l’uomo
affinché possa descrivere i propri problemi esistenziali. Il suo romanzo ecco
che viene ad essere uno spaccato di una realtà italiana ben diversa ed
assai meno felice di quella proclamata dalla propaganda fascista.
Michele e Carla sono i figli di Mariagrazia Ardegno, vedova, la quale, molto
legata alle convenzioni ed al prestigio sociale, continua anche in casa a
simulare una garbata amicizia con il suo amante, Leo Merumeci. Costui è un
uomo senza scrupoli, che mira ad impadronirsi dei soldi di Mariagrazia,
seducendo pure la figlia Carla. Un altro personaggio femminile, Lisa, già
amante di Leo, donna matura e prosperosa, è attratta da Michele e prova più
volte ad iniziare una relazione con lui, ma egli si mostra “indifferente” a tutto:
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all’amore di Lisa come all’arroganza ed all’ipocrisia di Leo; alla madre come
alla sorella Carla, che pure sente vicina ed affine.
Tutti i personaggi appaiono irrigiditi ed incapaci di esprimere sentimenti
autentici. In particolare Michele, pur sapendo di doversi opporre a Leo e di
dover proteggere Carla, non ne è capace, ed anzi non riesce a provare né
rancore né imbarazzo quando scopre la relazione tra i due. La sua vendetta
nei confronti di Leo è continuamente rimandata e quando finalmente si decide
di ucciderlo, il risultato è nullo. Michele è un inetto perché la sua volontà è
inautentica.
L’indifferenza è la radicale mancanza di qualunque motivazione. Se “agire”
significa portare a compimento un’idea, si è invece indifferenti quando si
agisce per abitudine o per necessità. Michele e Carla si allineano così agli
inetti sveviani e rimandano a quella coscienza di una crisi irreversibile di
ogni valore che caratterizza la letteratura europea di inizio Novecento.
Paradossalmente è proprio la chiaroveggenza interiore nel cogliere la propria
condizione, che porta i personaggi all’abulia ed all’apatia. In questo modo, la
sorella Carla sa, fin dall’inizio, che prima o poi si darà a Leo ma, nell’illusione
di voler cambiar vita, rimanda sempre quel momento per valutare quella
situazione. Così come quando è divenuta la sua amante, sa già che accetterà
di sposarlo.
Moravia chiude l’azione narrativa nella misura più stretta di una sorta di
dramma, scandito in brevi scene dai dialoghi rapidi e concentrati. Tutto si
svolge in uno spazio minimo, quasi claustrofobico. Così come le battute
sono riportate con verosimiglianza, anche i gesti sono illustrati e sottolineati
come se i personaggi fossero attori sulla scena.
La tensione drammatica non trova sfogo nemmeno nel finale: la squallida
vicenda degli Ardengo non si risolve né in un happy ending né con una
conclusione tragica. L’episodio con cui si chiude il romanzo – la madre ed i
figli vanno ad un ballo in maschera – fa capire, nella sua banalità, che tutto
continuerà come prima: la facciata di perbenismo borghese non verrà
intaccata e l’ipocrisia trionferà.
Lo stile con cui è presentata questa lucida ed amara analisi esistenziale è
asciutto ed impersonale, del tutto privo di sentimentalismo. La chiarezza e
la razionalità del linguaggio sono funzionali ad una resa il più possibile
puntuale ed accurata di realt