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Ultima preghiera è una toccante poesia di Giorgio Caproni contenuta nella raccolta Il
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seme del piangere (1959). Non siamo davanti al più celebre tra gli autori del XX secolo, tuttavia
uno sguardo alla sua poetica può risultare particolarmente interessante per capire a fondo le
profonde angosce e le paure esistenziali che caratterizzarono in gran parte la sensibilità poetica e
artistica del Novecento . In effetti Caproni è poeta che molto bene sa esprimere il senso di
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«limitatezza e precarietà di ciò che è» , attraverso una lirica notevolmente permeata di malinconia e
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struggente rammarico per una vita che non trova una base stabile su cui fondare la propria felicità
(Italo Calvino definisce questo senso del vivere «ontologia negativa di Caproni» ).
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La poesia si apre con un invito alla propria anima, che salga in sella, su una bicicletta, e
pedali più veloce che può. Vi è un implicito richiamo alla classicità nel rivolgersi a una parte di sé
(che sia la propria anima, come in questo caso, o la propria voce, la poesia, il componimento stesso)
e nell’invitarla a dirigersi in un posto che - evidentemente - il poeta in carne ed ossa non può
raggiungere . L’anima di Caproni deve recarsi a Livorno sul far del giorno e guardarsi intorno
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cautamente, cercando una «figurina netta» che si reca al mercato. Si tratta di sua madre, Anna
Picchi, alla quale è dedicata l’intera raccolta. Anna è morta, e il suo rimpianto è forte nel poeta. La
sua poesia e, tramite essa, la sua anima, è l’unico mezzo che gli resta a disposizione per muoversi a
ritroso in un luogo e in un tempo (la Livorno negli anni della giovinezza di Anna) che non c’è più.
A partire dalla terza strofa, all’ordine di recarsi a Livorno per cercare la madre si aggiunge
un monito singolare: Caproni avverte la propria anima di non incorrere in distrazioni, di non perdere
tempo lasciandosi ammaliare da altre ragazze. Se così accadesse, il poeta vedrebbe fallito il suo
piano. Siamo di fronte, credo, alla più struggente delle strofe di questa poesia. La semplicità
lessicale e lo stile dimesso contribuiscono a rendere ancor più drammatica la possibilità di perdere
«Annina» - e il diminutivo colma d’affetto perfino il lettore più distaccato - una seconda volta: «e io
un’altra volta Annina, / di tutte la più mattutina, / vedrei anche a te sfuggita, / ahimè, come già alla
vita.» La perdita fisica della madre è fonte di rimpianto, ma l’ipotesi che ella possa sfuggire perfino
all’anima del poeta (vale a dire al profondo del suo sentimento, al suo ricordo) è drammatica. Il
poeta descrive poi la madre alla propria anima affinché questa possa riconoscerla. Ma il suo è un
ricordo sbiadito, reso indefinito dal tempo. Non c’è nessun riferimento alle sembianze della donna,
soltanto l’immagine di alcuni piccoli ma fondamentali dettagli, rimasti impressi nella mente del
poeta: uno scialletto nero e una gonna verde, e un borsellino tenuto stretto sul petto. Quanto basta:
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G C , Ultima preghiera, ne Il seme del piangere, in Tutte le poesie, Milano, Garzanti Libri, 2011
IORGIO APRONI
[1999], pp. 228-231
2 P Z , in Linea ligure. Sbarbaro, Montale, Caproni, Novara, Interlinea Edizioni, 2006, p. 102, addita in
AOLO OBOLI
questi tre poeti «una delle linee portanti […] della poesia italiana novecentesca».
3 I C , Alcuni scritti sulla poesia di Caproni, in G C , Tutte le poesie, Milano, Garzanti Libri,
TALO ALVINO IORGIO APRONI
2011, p. 1000
4 Ivi, p. 1000
5 «Caproni [opera] una squisita rievocazione stilistica, usa modi e cadenze della ballata d’esilio, e alla propria ballata o
ballatetta si rivolge, non perché si rechi in un luogo dove egli non spera di “tornar giammai”, ma, analogicamente,
perché voli all’indietro nel tempo». G R , Alcuni scritti sulla poesia di Caproni, in G C ,
IOVANNI ABONI IORGIO APRONI
Tutte le poesie, Milano, Garzanti Libri, 2011, p. 990
«non ti potrai sbagliare / vedendola attraversare.» L’anima a questo punto dovrà accostarsi a lei e,
mettendole un braccio intorno alla vita - e l’immagine, così fisica, aumenta la drammaticità del
ricordo, che è impalpabile - sussurrerà alla donna «ciò ch’io e il mio rimorso, / pur parlassimo
piano, / non le potremmo mai dire / senza vederla arrossire.» Non sapremo mai a che cosa si
riferisca Caproni. La tragicità della perdita sta anche qui, nel senso di irrisolto che l’autore prova
dentro di sé e trasmette al lettore.
L’ultima strofa conclude in maniera inaspettata. L’autore chiede all’anima di riferire alla
madre chi l’ha mandata da lei: «suo figlio, il suo fidanzato.» Chiarisce Paolo Zoboli, che parla de Il
seme del piangere come di un «singolarissimo canzoniere “amoroso” per la madre Anna Picchi», in
cui «il poeta compie un viaggio a ritroso nel tempo, fino alla Livorno che vede la giovinezza e il
fidanzamento di Annina» . Quando si dichiara «fidanzato» di Anna il poeta ci da le coordinate del
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tempo a cui ci riconduce. Non è la Livorno della sua infanzia, ma quella ancora più antica della
gioventù di Annina: nell’epoca del fidanzamento, la donna è nel fiorire degli anni, si mostra nel
pieno della sua bellezza. È così che a Caproni piace ricordarla. E si strugge nella rievocazione e
constatazione del «contrasto tra la leggerezza e la luminosità della giovane e l’incombere della
morte» , come evidenzia Zoboli.
7 Caproni riesce a esprimere con fortissima intensità il sentimento e l’affetto che prova per la
madre. Una mamma che è «la mamma-più-bella-del-mondo» , come si legge in un’altra delle sue
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poesie nella stessa raccolta. Una mamma che è descritta non per immagini fisiche, ma per colori,
per dettagli, e, altrove, per profumi e odori vivi e sensuali, che noi stessi percepiamo nel leggere le
sue liriche. In Eppure… Caproni ci parla della madre nel giorno del suo matrimonio presentandoci
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una «Annina tutta odorosa / di camicetta e di rosa». L’odore per Caproni è fondamentale, elemento
ricorrente in moltissime sue liriche. Odore (oltre a quello della madre) di mare, di vento che spira
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e di donne, altri tre elementi ricorrenti nelle sue poesie e tutti presenti in Ultima preghiera. Gaetano
Mariani rileva lo stretto legame che vi è tra essi, quasi fossero un tutt’uno inscindibile: il mare di
Caproni è «sempre ai limiti dell’apparizione, del mito, […] si tratterà sempre di un accenno breve
[…]. Così come sapore di mito hanno quelle donne che si illimpidiscono […] sullo scenario del
mare e valore di mito assumono quelle fanciulle […] che si muovono sulla scia di un vento
particolarmente introdotto» . In Ultima preghiera, come altrove, c’è tutto questo: il profumo di
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erbe e di mare (non descritto ma soltanto evocato, appunto) che rinfresca il mattino, e le ragazze che
sul far del giorno si riversano per le strade della città accompagnate dal vento, in una danza di
profumi e immagini lievi e sfocate. Mariani osserva a questo proposito la «volontà [di Caproni] di
pervenire a un linguaggio estremamente rarefatto, capace di dissolvere le sensazioni in un clima che
deve sfiorare la realtà senza rappresentarla» .
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6 P Z , Linea Ligure. Sbarbaro, Montale, Caproni, Novara, Interlinea Edizioni, 2006, p. 64
AOLO OBOLI
7 Ivi, p. 64
8 G C , Il seme del piangere, ne Il seme del piangere (raccolta omonima), in Tutte le poesie, Milano,
IORGIO APRONI
Garzanti Libri, 2011 [1999], p. 227
9 G C , Eppure…, ne Il seme del piangere, in op. cit., pp. 219-222
IORGIO APRONI
10 Si sofferma sull’argomento G C , in Poesia e tecnica della lirica del Novecento, Padova, Liviana
IORGIO APRONI
Editrice, 1983, pp. 445-446
11 G C , op. cit., p. 429
IORGIO APRONI
Sullo stile e sul linguaggio di Caproni in riferimento a Ultima preghiera molte sono le
considerazioni che potrebbero essere fatte. Si è già accennato a una certa semplicità del linguaggio e
a uno stile dimesso dato dalla facilità della rima (baciata) e del verso, di lunghezza media. Occorre
però fare attenzione a non incorrere in una banalizzazione. La poesia di Caproni non è semplice,
bensì appare come tale. Pasolini avverte, a proposito, di fare attenzione al «cristallo apparentemente
semplice della sua poesia, così complesso invece se posto in controluce critico» . E occorre anche
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sottolineare che l’impressione di semplicità è data anche da un altro fattore, che tutti i critici di
Caproni sono unanimi nel rilevare : l’importanza della sua esperienza di musicista, i cui frutti si
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ripercuotono sui versi. La musicalità è certamente l’aspetto più caratteristico ed evidente dello stile
caproniano. Se Giuseppe De Robertis parla di «semplicità cantante dell’eloquio» , Pasolini
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apprezza la «musicalità […] vibrante, risentita» e Italo Calvino riconosce in essa uno «degli
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elementi più accattivanti della poesia di Caproni» . Va infine sottolineato quanto afferma Raboni,
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quando dice: «La poesia di Caproni non è “musicale”: è, essa stessa, musica» . Mi sembra utile
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inoltre rifarsi a Raboni anche per altre considerazioni concernenti lo stile. Dal punto di vista
metrico, nota il critico, «Caproni finge o mima, spesso, il rispetto di forme tradizionali: […] i suoi
settenari hanno, molte volte, otto o nove sillabe» . È quanto accade anche in Ultima preghiera, i cui
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versi oscillano con disinvoltura da sei sillabe (v. 10) a più di dieci (v. 47), senza per questo far
percepire al lettore alcuno squilibrio metrico. C’è poi l’utilizzo insistito dell’enjambement («la sua
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tendenza a infrangere la corrispondenza tra frase e verso» ) e delle parentesi (che non hanno
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funzione «di sfumare o sottacere alcune frasi, ma […] di rafforzarle, di inserirle più
drammaticamente […] nel vivo del discorso» ). Tutti espedienti stilistici, questi, che ben si
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adattano a una poesia fatta di «impressioni, immagini, ricordi con figure, frammenti […] che la
memoria esalta» . Stile e contenuto concorrono insieme a trasmettere quel senso di precarietà e
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instabili