La solitudine del protagonista assume, negli ultimi capitoli del libro, tratti patologici.
La salute di Albino va in crisi e si aggrava un senso di persecuzione collettiva. Quando
denuncia dei tentativi di avvelenamento le istituzioni lo trattano male: i dottori sono
la voce negativa del potere. Gli ultimi capitoli si arricchiscono anche di riflessioni. Il
linguaggio diviene una forza che reagisce meccanicamente al lavoro e, sul finale, si ha
una razionalizzazione di pensiero-cervello-lavoro.
La conclusione di Memoriale di Volponi ci ha introdotto a Ottiero Ottieri, altro scrittore
che entra in contatto con molte realtà sociali e industriali. È un cultore di psicanalisi e
diviene il direttore del personale della Olivetti dove si occuperà, a partire dal 1956, di
selezionare i lavoratori in una fabbrica di Pozzuoli, uno degli investimenti al sud. Ottieri
è dentro alla cultura del neorealismo. Prendendo spunto da opere francesi, lo scrittore
parlerà di come non solo l’operaio ma anche tutta la famiglia di cui fa parte soffra il
ritmo della fabbrica la quale si inserisce anche nella dinamica privata.
Lezione 12 – 1/03/2013: Tempi Stretti pt. 1
Nel periodo di Volponi e di Ottieri il lavoro non manca affatto, ed è con Balestrini la
situazione inizia a cambiare. Gramsci, già nel 1931, scrisse una pagina sulla precarietà
e pare parlasse del presente, dicendo che il problema del disagio sociale che si prova
in un periodo di grande espansione non è diverso da quello che si prova quando
manca il lavoro. Si pensava che il cittadino medio leggesse molti romanzi d'avventura
perché, essendo il lavoro nell'industria monotono, il lettore poteva evadere con questi
romanzi. Gramsci, invece, diceva che il lavoratore è precario e cerca un'avventura
precaria che sostituisca la precarietà vera del suo lavoro. L'operaio per Gramsci è un
po' un “Sancho Panza”.
Tempi stretti è un romanzo con molti personaggi e con diversi intrecci fra loro. Il
narratore è esterno ma è una specie di psicologo che parla anche dei sentimenti del
personaggio di cui racconta. Ci sono elementi di non neutralità che ci fanno capire
come gli operai vengono presi in giro. Uno dei personaggi fa parte della fabbrica ma
non è nel ramo degli operai, dice che il capo dell'industria si è addossato le
responsabilità degli operai: è un mondo dei grandi padri che si addossano le
responsabilità della famiglia. Il noi rimarcato è un tentativo di costruire
un'appartenenza, il suo noi denuncia però la distanza tra chi appartiene a questa
categoria e chi no. Il personaggio nasconde una tensione mentale interna che spesso
si oppone alle parole pronunziate.
Nella terza pagina Marini e il direttore tecnico vengono chiamati dal capo (c'è sempre
sotto qualcosa in “Tempi stretti”). Si susseguono una serie di domande in terza
persona dal punto di vista di chi sta parlando: è il discorso indiretto libero di cui Verga
ne è un grande anticipatore. In questo modo si entra un po' nella prospettiva dei
personaggi, ossia degli operai. Il narratore ,in questo caso, si è messo dietro a loro,
vede esattamente come vedono gli operai. Il narratore è un dispositivo che regola i
rapporti di tensione all'interno della narrazione, prima risalta gli obiettivi dei
personaggi, ora invece non decifra i fatti che racconta. L’industria in cui lavorano si
occupa di stampa. Marini ha fatto la gavetta, quindi proviene dal basso della fabbrica:
è giovane.
Questo romanzo è multi-prospettico, con presenza di scambio emotivo. L'ingegnere
appartiene al partito democristiano e chiede ai due se ha senso stampare per un altro
partito. È preoccupato per la sua identità. La fabbrica è vista dal capo come se fosse
una persona.
Lezione 13 – 6/03/2013: ???
Lezione saltata causa: influenza.
Lezione 14 – 7/03/2013: ???
Lezione saltata causa: influenza.
Lezione 15 – 8/03/2013: ???
Lezione saltata causa: influenza.
Lezione 16 – 13/03/2013: Tempi stretti pt. 2
La narrazione procede in senso orizzontale. Differentemente al lavoro di Volponi, qui
è presente molto dialogo, più serrato, una vera rincorsa alle parole. Se Albino era un
personaggio molto definito che confronta il passato con la sua nuova vita in fabbrica,
in Temi stretti quest’ultima è già avviata e non ha nulla di così misterioso.
Il linguaggio del capo-fabbrica è da maestro, trasmette messaggi che vanno oltre il
mondo del lavoro. La parola chiave del libro è “necessità”.
Lezione 17 – 14/03/2013: Sereni pt. 1
Il primo settembre 1939 Hitler invade la Polonia e avvia quella che sarà la Seconda
Guerra Mondiale. Il 10 Giugno 1940 viene stipulato il Patto d’Acciaio fra Mussolini e
Hitler: l’italiano inizialmente non entra in guerra ma si limita ad aiutare la Germania,
anche il Giappone diverrà un sostegno. Contrapposti a queste forze sono gli Alleati:
Francia e Regno Unito inizialmente e America successivamente. La prima operazione
subita dall’Italia sarà, il 14 Giugno 1940, il bombardamento di Genova da parte degli
Alleati. Da questo evento nascerà la figura di Enea di Caproni: un personaggio
sconfitto, profugo, in cerca di una terra promessa che non troverà mai.
Vittorio Sereni, titolare di cattedra a Modena, a metà Giugno di quell’anno sarà
richiamato alle armi e raggiungerà la battaglia sul fronte Francese da cui verrà
congedato successivamente. Nell’Ottobre 1941 è chiamato di nuovo, questa volta
verso il fronte africano. Verrà però fatto prigioniero prima di raggiungerlo, in Sicilia, e
portato prima in Algeria e poi in Marocco come prigioniero. Questa prigionia esclude il
poeta dal mondo circostante: non prende parte alla guerra partigiana non solo per la
lontananza dal suo paese ma anche perché non saprebbe come schierarsi, qui nascerà
il Diario d’Algeria.
Sereni scrive poco, senza melodia e forma, la sua è una poesia che si sviluppa dalla
pagina mentre viene scritta, dà molta importanza all’accadere. Essendo fuori dall’Italia
in un continente così lontano e sconosciuto si sentirà sempre più perso. Anche
Ungaretti usa la forma di diario inserendo luogo e data. Il diario ha forma sintetica, fa
sentire cosa sta accadendo, di giorno in giorno, riguardo una vicenda concreta. Sereni
modificherà più volte i suoi testi, si sentirà sempre escluso, vive in riserva,
contribuendo ad una poesia molto interessante per lo sviluppo del ‘900: essa nasce a
contatto con la prosa e il racconto.
Le poesie degli ermetici non parlano direttamente dei fatti, le loro parole vanno
interpretate, decifrate. Sereni è lontano dal clima dell’ermetismo fiorentino, trasforma
rapidamente l’indeterminato in determinato (usa spesso, ad esempio, l’avverbio
“ora”). Viene definito come un poeta di arida vena che esprime solo quello che si deve
sentire: non gli importa come viene detto ma cosa viene detto. È un poeta di pensiero
piuttosto che di emozione.
Città di Notte è una poesia scritta in treno (Sereni amava scrivere durante i propri
viaggi, anche se questo non era di piacere) mentre vede la periferia di Milano. Il suo
non è realismo, presenta un unico termine realmente concreto: tradotta (la carrozza
che porta i militari dal fronte). Nella poesia è importante la collocazione delle parole, in
base alla loro posizione il senso cambia e i punti più importanti sono gli estremi
(l’inizio e la fine). Sereni presenta spesso un “tu”, una forma di dialogo che pare
rivolgersi ad una figura femminile, anche se per alcuni il poeta con questo sta
riferendosi a se stesso. La poesia richiama un mondo della giovinezza irrecuperabile (i
volti che si chiudono), un tempo irreparabile. L’antropomorfizzazione (in questo caso
della città) è un topos delle opere di Sereni.
Lezione 18 – 15/03/2013: Sereni pt. 2
I poeti novissimi si esibiscono con dichiarazioni di poetica, un’azione contraria alla
riservatezza di Sereni. Il poeta ha affrontato varie fasi della storia della poesia, nel
momento in cui la creatività stava diventando un fenomeno di massa. La sua è una
poesia che va verso la prosa, introduce un parlato gergale denso di modi di dire: vuole
liberarsi dal lirismo per rinnovare la forma della scrittura. Le grandi sperimentazioni
inizieranno dal 1956.
Italiano in Grecia è una poesia anti-retorica e anti-militarista, è scritta nel 1942 ma
parla di ricordi precedenti di due anni. Per l’autore la guerra in Grecia è qualcosa di
incomprensibile, lui ricorda solo le curve del territorio dichiarando di non riconoscere
nemico alcuno se non la propria tristezza. Anche in questo scritto è presente il topos
del bisogno di trovare un tu a cui potersi rivolgere (è possibile che l’io del poeta si
proietti fuori per generare un dialogo con se stesso). La presenza della sintassi
nominale che non chiude l’azione è l’impossibilità di Sereni di dare una reale risposta,
producendo uno stato di sospensione. Il tempo immobile è definito dall’espressione
“senza stagioni”, questa espressione descrive una distesa senza confini, luoghi non
delimitati non riconducibili ad una misura. L’uso del verbo “ho lasciato” presenta un
percorso di smarrimento dell’identità.
Il Male d’Africa è invece una poesia narrativa al limite del racconto, eponima della
sezione. Lo scritto inizia con un flash su Milano, un avvio non consono per la poesia
lirica, portando un dettaglio quasi realistico. Sereni si esibisce in un soliloquio. Lo
scritto è in mezzo a tensione interiorizzata e racconto, a metà strada fra l’una e l’altra
direzione. La poesia si conclude con un termine gergale: il rospo da sputare.
Nella poesia I Versi Sereni mostra la fatica con cui scrive e il suo non apprezzamento
a chi gli faceva domande a riguardo. Sono presenti versi volutamente trascurati e
sgrammaticati, mentre nell’ultima parte la poesia riacquista misura. È presente una
morale: c’è sempre qualche peso di troppo, si continua a scrivere per la presenza della
tristezza e la scrittura è qualcosa che aiuta a sgravarsi.
Nel lavoro intitolato Un sogno il poeta si confronta con la storia. Sereni è un poeta di
vuoti, di sparizioni di cose. Qui si mette a nudo e trova un dialogo con il proprio
inconscio. Nel 1960 le speranze del dopoguerra sono fallite e l’Italia è densa di
problemi (emigrazione, analfabetismo, la nascita della televisione, disoccupazione) e si
ha il bis