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SALVATORE QUASIMODO
La prima raccolta di Quasimodo, (1930), è incentrata sul tema della sua terra natale, la
Acque e terre
Sicilia, che l'autore lasciò già nel 1919: l'isola diviene l'emblema di una felicità perduta cui si
contrappone l’asprezza della condizione presente, dell’esilio in cui il poeta è costretto a vivere.
Questa condizione di dolore insopprimibile assume particolare rilievo quando il ricordo è legato ad
una figura femminile, come nella poesia Antico inverno.
Se in questa prima raccolta Quasimodo appare legato a modelli abbastanza riconoscibili (soprattutto
D'Annunzio, del quale viene ripresa la tendenza all’identificazione con la natura), in Oboe sommerso
(1932) ed (1936) il poeta raggiunge la piena e personale maturità espressiva.
Erato e Apollion
La ricerca della pace interiore è affidata ad un rapporto col divino che è, e resterà successivamente,
tormentato, mentre la Sicilia si configura come terra del mito, terra depositaria della cultura greca: non
a caso Quasimodo pubblicherà, nel 1940, una notissima traduzione dei Lirici greci.
Nelle (pubblicate insieme alle raccolte precedenti nel volume del 1942 e
Nuove poesie Ed è subito sera
scritte a partire dal 1936), il ritmo diventa più disteso grazie anche all’uso più frequente
dell’endecasillabo: il ricordo della Sicilia è ancora vivissimo ma si avverte nel poeta un'inquietudine
nuova, la voglia di uscire dalla sua solitudine e confrontarsi con i luoghi e le persone della sua vita
attuale. 15
Questa volontà di dialogo si fa evidente nelle raccolte successive, segnate da un forte impegno civile e
politico sollecitato dalla tragedia della guerra; la poesia rarefatta degli anni giovanili lascia il posto ad un
linguaggio più comprensibile, dai ritmi più ampi e distesi. Così avviene in (1947) dove le
Giorno dopo giorno
vicende belliche costituiscono il tema dominante.
In (1949) il Sud è cantato come luogo di ingiustizia e di sofferenza, dove il sangue
La vita non è sogno
continua a macchiare le strade (Lamento il rapporto con Dio si configura come un dialogo
per il Sud);
serrato sul tema del dolore e della solitudine umana.
Nella raccolta (1956) dove lo stesso titolo è indicativo di un’estrema incertezza
Il falso e vero verde
esistenziale, un’intera sezione è dedicata alla Sicilia, ma nel volume trova posto anche una sofferta
meditazione sui campi di concentramento che esprime «un no alla morte, morta ad
Auschwitz» (Auschwitz).
(1958) mostra un linguaggio più vicino alla cronaca, legato alla rappresentazione
La terra impareggiabile
della Milano simbolo di quella «civiltà dell'atomo» che porta ad una condizione di devastante solitudine e
conferma nel poeta la voglia di dialogare con gli altri uomini, fratelli di dolore. L'isola natìa è luogo
mitizzato, «terra impareggiabile» appunto, ma è anche memoria di eventi tragici come il terremoto di
Messina del 1908 (Al padre).
L’ultima raccolta di Quasimodo, risale al 1966 e costituisce una sorta di bilancio della propria
Dare e avere,
esperienza poetica ed umana: accanto ad impressioni di viaggio e riflessioni esistenziali molti testi
affrontano, in modo più o meno esplicito, il tema della morte, con accenti di notevole intensità lirica.
16
EUGENIO MONTALE
Montale, in (1925) edito da Piero Gobetti, afferma l'impossibilità di dare una
Ossi di seppia
risposta all'esistenza: in una delle liriche introduttive, egli afferma
Non chiederci la parola,
che è possibile dire solo "ciò che siamo, ciò che vogliamo", sottolineando la
non non
negatività della condizione esistenziale. Lo stesso titolo dell'opera designa l'esistenza
umana, logorata dalla natura, e ormai ridotta ad un oggetto inanimato, privo di vita. Gli ossi
di seppia sono una metafora che serve a descrivere l'uomo, che con l'età adulta viene
allontanato dalla felicità della giovinezza e abbandonato, al dolore, sulla terra come un
inutile osso di seppia. Gli ossi di seppia sono, infatti, gli endoscheletri delle seppie rilasciati
sulla spiaggia dalle onde del mare, quindi, presenze inaridite e ridotte al minimo, che
simboleggiano la poetica di Montale scabra ed essenziale. In tal modo Montale capovolge
l'atteggiamento fondamentale più consueto della poesia: il poeta non può trovare e dare
risposte o certezze; sul destino dell'uomo incombe quella che il poeta, nella lirica Spesso il
definisce "Divina Indifferenza”. Il libro si presenta diviso in otto
male di vivere ho incontrato,
sezioni: Movimenti, Poesie per Camillo Sbarbaro, Sarcofaghi, Altri versi, Ossi di seppia,
a questi fanno da cornice una introduzione (In e
Mediterraneo, Meriggi ed ombre; limine)
una conclusione (Riviere). 17
In (1939) la poesia è fatta di simbolo di analogia, di enunciazioni
Le occasioni
lontane dall'abbandono dei poeti ottocenteschi. Il mondo poetico di Montale
appare desolato, oscuro, dolente, privo di speranza; infatti, tutto ciò che
circonda il poeta è guardato con pietà e con misurata compassione. Simbolica
la data di pubblicazione, 14 ottobre 1939, poco dopo lo scoppio della seconda
guerra mondiale. La figura della donna, soprattutto Clizia, viene perseguita da
Montale attraverso un'idea lirica della donna-angelo, messaggera divina. I tratti
che servono per descriverla sono rarissimi, ed il desiderio è interamente una
visione dell'amore fortemente idealizzata, che non si traduce necessariamente
in realtà. Nel contempo il linguaggio si fa meno penetrabile e i messaggi sono
sottintesi, sintomo di un ermetismo irrazionale, espressione di una sua
personale tensione razionale e sentimentale. In la frase è più libera
Le occasioni
e la riflessione filosofica, molto presente nella poesia di Montale, diviene più
vigorosa. Il poeta indaga le ragioni della vita, l'idea della morte, l'impossibilità di
dare una spiegazione valida all'esistenza, lo scorrere inesorabile del tempo.
18
sono componimenti riguardanti temi di guerra e di
La bufera e altro
dolore pubblicati nel 1956. Nel poeta ligure confluiscono quegli
spiriti della "crisi" che la reazione anti-dannunziana aveva generato
fin dai Crepuscolari: tutto ciò che era stato scritto con vena ribelle
nel brulicante mondo poetico italiano tra le due guerre, in lui
diventa possibilità di scoprire altre ragioni per essere poeti.
(1966) è una raccolta di poesie dedicate alla propria moglie
Xenia
defunta, Drusilla Tanzi, amorevolmente soprannominata "Mosca" per
le spesse lenti degli occhiali da vista. Il titolo richiama xenia, che
nell'antica Grecia erano i doni fatti all'ospite, e che ora dunque
costituirebbero il dono alla propria moglie. Le poesie di Xenia
furono pubblicate insieme alla raccolta con il titolo
Satura,
complessivo nel gennaio 1971.
Satura, 19
NEOREALISMO
La seconda guerra mondiale, la conseguente lotta antifascista e il dopoguerra,
sinonimo di impegno nel reale, sono gli eventi storici che fanno da sfondo a un
nuovo profondo rivolgimento culturale e letterario. Mai prima d'ora, il nesso con
la realtà socio-politica è direttamente determinante anche nell'elaborazione della
nuova poetica. In Italia, nell'immediato secondo dopoguerra, si fa vivissimo negli
intellettuali il bisogno di un impegno concreto nella realtà politica e sociale del
paese. L'antifascismo, inizialmente represso, e la successiva adesione ai moti di
rivolta popolare determinano in molti scrittori l'esigenza di considerare la
letteratura come una manifestazione e uno strumento del proprio impegno.
Questo diffuso bisogno di impegno concreto nel reale dà origine a romanzi
ispirati alla Resistenza e a importanti dibattiti che hanno per tema il ruolo e i
doveri degli intellettuali nella società, il passato rapporto degli intellettuali col
fascismo e quello attuale col Partito Comunista Italiano. I temi affrontati
riguardano la lotta armata, le esperienze di prigionia e deportazione.
20
LINEA ANTINOVECENTESCA
Il termine “Antinovecentismo” è di origine recente. È stato usato
riprendendo la definizione di “Novecentismo” impiegata, nella
seconda metà degli anni Cinquanta, da Pasolini e dagli altri redattori
della rivista «Officina». Essi intendevano per “Novecentismo” il
filone principale della poesia del Novecento, che sarebbe
caratterizzato, a loro avviso, dalla poesia pura e dall’Ermetismo. In
particolare Pasolini rivaluta, nella sua ricerca critica, alcuni poeti,
come Saba e Penna, che contrastano questo indirizzo prevalente.
Egli stesso, con il suo sperimentalismo, intendeva ricollegarsi a una
tradizione antinovecentista. Per “Antinovecentismo” si intende
perciò una linea poetica ispirata all’impressionismo o al realismo, e
dunque antisimbolista e antiermetica.
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UMBERTO SABA
Pur essendo considerato tra i maggiori poeti del Novecento, Saba è
difficilmente classificabile all'interno di correnti letterarie. Lo stile "umile" che
lo caratterizza, l'amore conflittuale per la propria città, l'autobiografismo
sincero, il senso della quotidianità, sono però caratteristiche a lui generalmente
riconosciute, insieme a un tono profondamente malinconico. La poesia di Saba
è semplice e chiara. Nella forma adopera le parole dell'uso quotidiano e nei
temi ritrae gli aspetti della vita quotidiana, anche i più umili e dimessi: luoghi,
persone, paesaggi, animali, avvenimenti. Una vera e propria dichiarazione di
poetica la possiamo leggere nella lirica della raccolta
Il borgo Cuor morituro
(1925-1930). Il poi, da lui concepito come autobiografia totale,
Canzoniere,
raccoglie tutte le sue poesie. I temi della sua poesia sono Trieste, la città natale,
il mare come simbolo di fuga e di avventure spirituali, gli affetti personali e
familiari (principalmente Lina, la moglie, e Linuccia, la figlia), le memorie
dell'infanzia, il rapporto con la natura e le riflessioni sull'attualità.
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IL CANZONIERE
Il è progettato secondo il disegno di un itinerario poetico che segue fedelmente quello
Canzoniere
della vita dell’autore: la struttura del si pone quindi come parallela al flusso continuo e
Canzoniere
ininterrotto della vita dell'autore, narrandone poeticamente gli eventi significativi. La prima
edizione di questa vasta e organica raccolta poetica appare nel 1921, e presenta al pubblico il
risultato di venti anni di l