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CONFRONTO
NELLO STIL NOVO:
La poesia mira all’innalzamento dell’uomo;
Figura della donnaangelo;
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Emerge la figura di Dante;
Gli stilnovisti cercano di allontanarsi dalla realtà per innalzarsi.
NELLA POESIA COMICOREALISTICA:
Poesia con uno stile più ordinario, con elementi tratti dalla realtà;
Figura della DonnaReale;
Emerge la figura di Cecco Angiolieri;
Si rimane ben radicati a quella che è la condizione reale.
Perché in un ambiente pragmatico prevale lo stilnovismo, che presenta un certo idealismo? Ciò avviene per
evadere dal contesto reale e per darsi una propria dignità personale.
La cultura comicorealistica (pragmatica), richiama continuamente all’uomo e alla sua condizione. La cultura
stilnovistica richiama ad altro, a ciò che va al di là della realtà, avendo come fino ultimo la possibilità di innalzarsi.
IPERURANIO: luogo sopra il cielo dove risiedono le idee. Platone nel Fedro narra come le anime prima di
incarnarsi cerchino di contemplare la verità. Cioè quelle idee perfette. La maggiore o minore contemplazione di
queste idee farà dell’individuo un amante della verità o un bruto. Le persone si avvicinano alla conoscenza per
reminescenza di tutte le idee contemplate nell’iperuranio.
Questa posizione era di Dante quando scrisse la Vita Nova. Vi era l’innalzamento dell’uomo ma senza Dio. Poi
deve esserci stata la conversione di Dante che dalla concezione neoplatonica passò a quella cristiana.
Joy
Dante era un neoplatonico moderato come tutti gli stilnovisti. Quindi il concetto base era la della poesia
provenzale, l’esaltazione d’amore, principio di ogni cavalleria. Cioè la ricerca della gioia assoluta e continuativa.
Il cor gentile è la manifestazione della capacità dell’uomo di innalzarsi. Ciò che ci permette di capire se si ha un
cuor gentile è l’Amore.
POESIA TROBADORICA O CORTESE:
AMORE è il tramite che permette al cuor gentile di manifestarsi e di appagarsi nella Joy, quindi di farsi atto.
Per Dante l’iperuranio di Platone è l’Empireo. Lo sguardo della donnaangelo fa capire al poetaamante di avere un
cuor gentile. Vi è il passaggio attraverso gli occhi, il momento più importante è lo sguardo ed è il suo saluto a darne
cortesia. Per Dante non c’è la divisione tra res extensa e res cogitans.
L’uomo moderno si interroga al centro della storia, non c’è più il concetto di comunità, ma si manifesta in primo
piano l’Io. L’uomo diviene giudice di sé, del mondo e diventa artefice del proprio destino.
Dante, pur medievale, è un uomo moderno in quanto giudica tutto e tutti, non si pone il problema nel collocare
amici, politici e imperatori nell’inferno. Si percepisce quella che è la differenza tra il bene e il male, vi è la possibilità
di scegliere, l’uomo non è più statico ma in continuo divenire. 10
Nel ‘600 con Cartesio si inizia a pensare a quella distinzione tra res cogitans e res extensa (anima e corpo).
L’uomo diviene quindi centrale e artefice del proprio destino.
“Vita Nova” è un intero libro nato nell’atmosfera culturale dello Stil Novo, non si ha altra testimonianza, se non
singole poesie, di questo periodo. Possiamo, quindi, dire che Dante ha una concezione neoplatonica, diviene
interprete di quel mondo influenzato dalla concezione platonica, secondo cui l’anima dall’iperuranio scende nel
mondo sensibile per incarnarsi in un corpo, ma tende a ritornarvi pur essendo legata alla terra (v. concetto di Joy,
ovvero l’innalzamento dell’uomo).
Vi è un arco di tempo tra la stagione dello Stil Novo e la composizione della Commedia, in cui avviene il
cambiamento di Dante dalla concezione neoplatonica (Vita Nova) ad una concezione cristiana (Commedia).
Se nel primo periodo (Stil Novo) il fine ultimo è l’innalzamento dell’anima in cui è assente la figura di Dio
(l’innalzamento si esaurisce in se stesso, non vi è altro fine e nessun dio), nella Commedia, invece, che come fine
ultimo l’incontro con Dio, si ha un processo di redenzione del 1300. Ciò è necessario per la riconciliazione
dell’uomo con Dio, l’uomo che è caduto con il peccato originale, e continua a cadere quotidianamente, ha la
possibilità di redimersi (liberarsi da uno stato morale). Ciò che noi definiamo “il male”, le “tentazioni”, si presentano
a Dante in molte forme. Come nell’Inferno per i peccati, nel Purgatorio entra a conoscenza delle varie forme di
misericordia di Dio.
Tante sono le tipologie delle anime che risalgono il monte del Purgatorio per espiare le proprie colpe, qui si rimane
per un sacco di tempo stabilito da Dio, per poi prendere parte a quello che è il paradiso celeste.
Tutti i peccati sono perdonati (come è scritto anche nella Bibbia), se naturalmente interviene il riconoscimento dello
stesso in quanto tale, fatta eccezione per i peccati di superbia. Un esempio è proprio Lucifero, che per superbia si
ribellò a Dio e fu collocato nel girone più basso dell’inferno, quasi avesse (se così si può dire) un posto d’onore.
Per quanto riguarda la figura del Santo, santo era colui che aveva ricevuto il battesimo, mentre oggi facciamo
riferimento a dei battezzati che la chiesa propone come modello, per incoraggiare ad una vita giusta, non per
limitarla.
Alla sommità del Paradiso troviamo la “candida rosa” (una sorta di anfiteatro). Candida proprio a simboleggiare la
purezza. Dio è rappresentato in una grande luce.
La Divina Commedia è rivolta a tutti gli uomini, in quanto la redenzione è per tutti, è universale (non c’è peccato che
non venga perdonato). Si può ben supporre che Dante abbia vissuto una conversione al cristianesimo, anche se le
motivazioni di questa conversione non si conoscono, nulla impedisce di delineare questo come percorso di
redenzione.
De vulgari eloquentia
In questo trattato in latino Dante affronta la questione della lingua. Dante intende stabilire la superiorità del volgare,
“lingua naturale e materna”, rispetto al latino, lingua “artificiale”, nata successivamente ai diversi volgari e
perfezionata dai dotti come strumento di comunicazione universale. Dante aspira ad un volgaremodello in grado
di proporsi come lingua nazionale, punto di riferimento unitario al di sopra dei particolarismi regionali.
Convivio 11
Come nella Vita nova anche nel Convivio Dante combina testi poetici e in prosa. Si pone come una sorta di
enciclopedia del sapere del tempo.
Monarchia
Scritta in latino è l’opera in cui Dante sintetizza le linee portanti del proprio pensiero politico. Opera completata. Il
motivo del trattato è l’esame del ruolo e delle prerogative del potere imperiale nei rapporti con l’autorità religiosa.
Impero e papato, i due poteri universali del Medioevo, sono stati entrambi voluti dalla Provvidenza al fine di
condurre l’uomo al raggiungimento dei suoi fini naturali: di competenza esclusiva del primo è il mantenimento della
pace e della giustizia, premesse necessarie alla conquista della felicità terrena; del secondo la salvezza spirituale.
Scopo ultimo delle argomentazioni dantesche è difendere l’autonomia dell’imperatore, nell’ambito di sua
competenza, da qualsiasi interferenza da parte dell’autorità ecclesiastica.
LA COMMEDIA
La Divina commedia è un’opera complessa, non è un’opera di fantasia. Pur formandosi attraverso i testi antichi,
Dante non ha nessun legame con la cultura antica, in quanto è un uomo moderno. E’ vero che molti anche in
periodi diversi dal medioevo, sono stati i viaggi nell’aldilà (Enea, il Somnium di Cicerone, ma nessuno di questi è da
identificare con un percorso di redenzione. La sua opera non ha niente a che fare con le opere precedenti che
parlano dell’aldilà.
Per Dante, per redimersi dai peccati non è più sufficiente la tavola dei 10 comandamenti, in quanto diverse sono le
sfaccettature del peccato (es. vi sono diversi modi di uccidere). Dante, quindi, non compone un’opera di fantasia,
ma vuole percorrere i tre regni ultraterreni, proprio perché ogni uomo sarà chiamato la cospetto di Dio a rispondere
dei propri meriti e delle proprie colpe. L’unico elemento medievale all’interno dell’opera è la suddivisione dei peccati,
ciò avviene non per una forma di moralismo, ma per una semplice capacità e necessità di capire il mondo e la
realtà, di interpretarlo.
Nonostante il tempo trascorso Dante rimane sempre un poeta dello Stil Novo, ciò è testimoniato dagli elementi
stilnovisti presenti nel V canto dell’Inferno.
Il periodo che precede la Divina Commedia è sicuramente un periodo di conversione, che differisce dalla
conversione di Manzoni e di San paolo sulla via di Damasco, in quanto ogni uomo compie un percorso diverso. Lo
studio per la composizione della Divina Commedia prevedeva sicuramente la presenza di figli e mape per definire
tutti i punti.
Componendo l’Inferno non fa che rappresentare il mondo in tutte le sue fragilità, è una rappresentazione oggettiva
del mondo. La struttura della Divina Commedia è molto precisa, le descrizioni sono minuziose, tutto viene
registrato.
I contemporanei di Dane non avevano bisogno di commenti e spiegazioni alla Divina Commedia, infatti leggevano e
interpretavano con facilità; è solo nel ‘500 che vengono inseriti i commenti in quanto la cultura si modifica e, quindi,
vi è un cambiamento che necessita una spiegazione degli scritti danteschi.
Dante scrive la Divina Commedia ambientandola nel 1300, come se i fatti raccontati nell’opera non fossero ancora
accaduti. Egli immagina di essersi addormentato e di aver fatto un sogno, i personaggi dell’opera sembrano fare
una profezia di ciò che avverrà, mentre in realtà Dante ha già vissuto quegli avvenimenti. Sulla spiaggia del 12
Purgatorio avviene l’incontro con Casella, un musico contemporaneo di Dante. La Vanità è così grande che Dante
chiede al musico (a Casella) di intoanre un canto che dia sollievo alla sua anima angosciata per il viaggio
nell’inferno, e questi intona una canzone del “Convivio”: “Amor che ne la mente mi ragiona”. Ma giunge Catone
l’Uticense a rimproverare le anime e a spronarle verso il cammino di redenzione, e fa lo stesso con Dante in modo
implicito.
Dante racconta di aver compiuto questo viaggio dotato di corpo, e per