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ESORDIO

In questa parte l’autore fa un lungo giro di parole per dire che se è giusto che quelli che

volontariamente promettono di dare qualcosa ad un altro (che diventa creditore) debbano

mantenere la promessa fatta, allora all’autore, essendosi reso debitore di una delle sue novelle nei

confronti del monsignore (suo creditore), non pare solo giusto ma anche opportuno sentirsi

costretto per la promessa fatta ad adempiere ad essa. Tutto ciò per dire che gli avrebbe raccontato

e dedicato la novella che gli aveva promesso. Poi aggiunge che da ciò che avrebbe letto, sarebbe

venuto a conoscenza di un piacevolissimo e animoso inganno perpetrato da due truffatori romani

nei confronti di un “sagacissimo” dottore legista bolognese. Si presume che l’uomo sia molto

sagace per via del suo alto incarico ma in realtà è uno stolto, come tutte le figure giuridiche trattate

nel testo, tant’è che viene beffato per ben due volte. Dopodiché l’autore si sofferma sulla

professione dell’uomo: questo dottore legista, anche se passava molto tempo ad insegnare a

moltissimi suoi studenti a mettere il proprio senno a servizio degli altri, evidentemente non era

stato altrettanto bravo ad insegnarlo alla moglie, che “non seppe porre rimedio né prima né poi agli

inganni dei sopraddetti romani”. Si nota nuovamente l’opposizione tra la vita pubblica/professionale

e la vita privata.

LEZIONE 7 (26/10/2015)

NARRAZIONE

La moglie del dottor legista si fa raggirare due volte da due truffatori, prima scambia la coppa

d’argento per un pesce e poi restituisce anche il pesce, credendo alle parole del secondo

truffatore. Liello (uno dei due) avuta la coppa, si rifugia presso un priore romano, suo amico,

anch’egli esperto nell’arte dell’inganno; Andreuccio invece, l’altro furfante, nel frattempo era

rimasto in piazza intento ad ascoltare le voci che circolavano su ciò che stava accadendo a casa

del dottore. Intanto Liello si compiaceva con il priore della beffa con la quale si era impossessato

della coppa. Arriva l’ora di pranzo e Messer Floriano torna a casa senza ospiti, al che la moglie gli

chiede il motivo della sua solitudine. La domanda stupisce molto il dottor legista, che va a fondo e

dalle parole della moglie pian piano capisce di esser stato beffato ed inveisce in maniera vemente

contro la moglie, che chiama “insensata bestia”. Messer Floriano allora esce di casa in tutta foga e

si reca in piazza; nel tragitto domanda a chiunque incroci il suo cammino se avesse visto andare

nella direzione opposta un uomo con un pesce in mano, senza tuttavia ricavare alcuna

informazione utile. Inizialmente sperava che si fosse trattato di uno scherzo e che la coppa

sarebbe venuta fuori prima o poi. L’altro compare, Andreuccio, che era rimasto in piazza proprio

per cercare di venire a sapere qualcosa, se ne stava in disparte in un angolo della piazza

comportandosi come un uomo onesto, comune come gli altri. Anche se quest’ultimo sapeva che il

suo compagno Liello e la coppa erano ormai al riparo, era abbastanza scocciato di aver si

guadagnato la coppa, ma speso pure delle monete per comprare i pesci, senza aver potuto

neppure mangiarli. Perciò ardisce un altro inganno, non meno singolare del primo, atto a

recuperare le monete spese per comprare il pesce. Colto il momento opportuno, mentre Messer

Floriano è alla disperata ricerca della coppa, il truffatore si reca presso la casa del giurista e, salito

su, si rivolge nuovamente alla padrona di casa. Esordisce dicendo alla donna che le portava una

buona notizia, ovvero che il giurista aveva trovato la coppa, ed era stato tutto uno scherzo messo

in scena dai suoi compagni. Si è recato presso la sua dimora per prendere i pesci che stava 20

preparando, in maniera tale da darli al giurista, che li avrebbe consumati assieme a coloro che gli

avevano ordito la burla. Avrebbero festeggiato e riso tutti assieme. La donna crede anche alle sue

parole e, essendosi molto sentita in colpa per esser stata la causa della perdita della coppa, se ne

rallegra molto. La donna allora prende due grandi piatti di stagno con una profumata tovaglia

bianca e, dove aver posto all’interno i pesci, consegna lieta il tutto ad Andreuccio, il buon

Andreuccio: buono per lei ma inteso in senso antifrastico per i lettori, poiché ben sanno che egli

non lo è affatto. Allora il truffatore, dopo aver nascosto il pacco sotto il suo mantello, si reca a San

Michele. Qui, ritrovatosi con il priore e il suo compagno Liello, dà il via ai festeggiamenti. Finita la

festa i due furfanti lasciano i piatti in dono al priore in segno di ringraziamento per l’ospitalità a loro

riservata, la coppa la vendono cautamente e vanno via in tutta libertà e serenità. Intanto Messer

Floriano, non essendo riuscito per tutto il giorno a sapere nulla dell’accaduto, in tarda serata torna

a casa afflitto e sconsolato. E qui si ripete la stessa scena: la moglie non appena scorge i passi del

marito, gli va incontro e gli dice di esser felice che la coppa fosse stata ritrovata e che lei

ingiustamente era stata da lui chiamata bestia alla luce dei fatti. Il giurista, allora, con animo

infuriato le dice di andare via se non voleva beccarsi una cattiva sorte, perché oltre alla prima beffa

subita a causa sua, ora lei voleva addirittura beffarlo in prima persona. La donna allora gli dice di

esser seria, che non lo sta prendendo in giro; a questo punto il marito capisce di esser stato

beffato un’altra volta e comincia ad avere in odio la moglie.

ULTIMA PARTE INTITOLATA “MASUCCIO”

Secondo la struttura delle sue novelle l’ultima parte si intitola Masuccio ed è il commento

dell’autore stesso alla novella. Qui Masuccio dice che, anche se per i truffatori tutto è andato per il

meglio come programmato e desiderato, tuttavia non bisogna negare che queste beffe erano piene

di grandi pericoli e paure. Aggiunge che a volte capita di cadere tra le grinfie di volpi astute e di

non subire non solo la beffa ma di dover pagare anche gli interessi. Dopodiché fa un collegamento

con la novella successiva.

MATTEO BANDELLO (1485 – 1561)

(Castelnuovo Scrivia, Agen) Il linguaggio delle sue novelle è molto lineare, non ci sono problemi

di comprensione, ed è stato proprio questo il motivo principale del suo successo. Il periodo storico

entro cui si colloca questo autore è il ‘500. Egli non è solo stato un letterato ma anche un

ecclesiastico, ha svolto diversi incarichi lavorativi nella sua vita: non solo si è dedicato all’attività

letteraria ma anche a quella diplomatica, economica, militare e amministrativa, in quanto ha

praticato la vita di corte ed ha quindi potuto accumulare una vasta esperienza. Questa raccolta di

novelle è la sua opera più ampia e a cui ha dedicato più tempo. A partire dagli anni ’40 si

trasferisce in Francia, perché era al servizio del condottiero Cesare Fregoso. Quando quest’ultimo

mori, Bandello ne sposò la vedova, e quindi andò assieme a lei in Francia accolto presso la corte

reale. Bandello nelle sue novelle propone una grande varietà di temi, poiché varia è la realtà che

vuole rappresentare; lo fa anche attribuendo loro veridicità. Atteggiamento, quest’ultimo, che i

novellieri assumono sia per dare maggior credito e autorità ai propri racconti, sia per incoraggiarne

l’immedesimazione da parte del pubblico: infatti i lettori si immedesimano al meglio nelle storie

presentate come vere. Il punto di vista che Bandello utilizza è quello di un uomo di corte, in quanto

lui ha sempre frequentato gli ambienti cortigiani (i letterati appartengono nella maggior parte dei

casi a ceti sociali piuttosto elevati). Dunque l’autore presenta storie che sembrano essere

raccontate in una sorta di civile conversazione tra personaggi della corte, che si dilettano in questo

modo. Tant’è vero che in questi racconti si sente poco il rimprovero morale. A differenza di altri

novellieri, Bandello non mostra di giudicare moralmente le azioni dei suoi personaggi ma lascia

molto parlare la materia, come emerge anche dalla lunghezza di alcune novelle. Non da una

precisa struttura alla sua raccolta. L’autore si rifiuta di seguire il modello di Boccaccio, non vuole

dare alla raccolta una macrostruttura. Anche lui, come Masuccio Salernitano, inizia a comporre 21

novelle alla tenera età in forma spicciolata e solo in seguito decide di racchiuderle in una raccolta.

Lascia una naturale alternanza tra novelle lunghe e novelle brevi. Alternanza che risalta anche

nelle tematiche: si passa dall’argomento tragico a quello comico, dal serio all’avventuroso. Le

novelle complessivamente sono 214, suddivise in quattro parti: le prime tre pubblicate a cura

dell’autore che risultano quindi più elaborate, e la quarta pubblicata postuma che contiene le

novelle più corte e meno elaborate. Il linguaggio mostra poca ricercatezza linguistica e stilistica a

livello sintattico, lessicale, perché Bandello vuole soprattutto proporre racconti veri e quindi da loro

un tono da cronaca, evita la ricercatezza (che si nota, invece, in Boccaccio, dove c’è una forte

costruzione formale). In questo caso è la materia a fungere da protagonista e l’autore si mette in

secondo piano nell’usare, invece, un linguaggio semplice. E’ proprio questa semplicità a garantire

all’autore un grande successo soprattutto all’estero. Le novelle iniziano la loro diffusione in

Francia, luogo dove dimorava al tempo l’autore, e da qui si diffondono poi in Inghilterra e Spagna.

Talmente grande fu il loro successo che funsero anche da modelli di grandissimi autori del calibro

di Shakespeare e De Cervantes

NOVELLA XXVII (DELLA SECONDA PARTE)

Il tema della novella è quello della beffa e dell’inganno: i due amanti protagonisti Buonaccorsio e

Beatrice si fanno beffa del marito di lei. I due si amano sin dalla tenera età, passano molto tempo

insieme, tanto da divenire inseparabili. I parenti di Buonaccorsio, che era orfano, notando il suo

spiccato ingegno, pensano di mandarlo a studiare a Siena poiché, per quando appartenesse ad

una nobile famiglia, le possibilità economiche non erano tali da permetterli una vita agiata senza

crearsi una posizione; doveva quindi studiare e acquisirla. Quando i tutori comunicano la decisione

al fanciullo, lui capisce la situazione, ma subito corre a riferirlo a Beatrice, e assieme se ne

dispiacciono amaramente: si abbracciano in lacrime. Si promettono, dunque, amore eterno e

decidono di passare più tempo possibile assieme prima che Buonaccorsio parta alla volta di Siena.

Lui cerca un complice nella sua famiglia che trova nella figura di un fedele fattore, il quale gli

permette di scambiarsi lettere con Beatrice: questo fu l’unico modo in cui due

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A.A. 2015-2016
33 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher a.mangano di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Macerata o del prof Martellini Manuela.